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OPERA
DI
L 'UOMO FISICO
INTELLECTUALE E MORALE
di
Carlo Blasis
Milano 1868
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in 2012 with funding from
University of Illinois Urbana-Champaign
http://archive.org/details/luomofisicointelOOblas
(X
PROEMIO
SPIEGAZIONE BELLA TAVOLA PRIMA
o dea a/raom&itùo aeu> afiei«a.
J_j Uomo (V. fig. 6). La testa alta, lo sguardo diretto al cielo, indicano la sua divina origine. — Un raggio celeste colpisce il suo intelletto, l'illumina e l'infiamma. Una fiammella sul capo , simboleggia l'intelletto, lo spirito, il genio. — La sua mossa ed il suo contegno mostrano la forza fisica e la forza inorale , il che viene pure raffigurato da una clava che stringe nella destra mano. — La sinistra, posala al cuore, mostra la profonda sen- sibilità e la sede delle affezioni e delle passioni.
I Sensi: la vista (V* fig. 2), V udito (fig. 3), Y odorato (fig. 1), il palato (fig. 5), il tatto (fig. 11), questi organi, pei quali giungono all'anima le impressioni degli oggetti esterni, e vi pro- ducono sensazioni, sentimenti, passioni, fanno corona all'UoMo; essi formano il suo sentire, il suo pensare ed il suo agire.
Le Passioni raffigurate da quattro donne, le quali indicano la divisione fatta dall'Autore, sono: le passioni violente (fig. 7), le passioni calme (fig. 8), le passioni dolorose (fig. 1 0), e le pas- sioni piacevoli (fig. 9). — Una Furia , simboleggiando le pas- sioni forti, violente, tiene nella mano diritta un branco di serpi, e nella sinistra un pugnale, il che significa quanto coteste pas- sioni tormentino e straziino il cuore dell' Uomo. — • Le passioni calme, tranquille, acchetano l'uomo , lo moderano e lo lasciano nel suo giusto equilibrio. La donna che le rappresenta ferma lo slancio delle passioni violente. - — Le passioni dolorose rattri- stano l'uomo, lo disperano, come si vede nella donna col pian- to sul ciglio in atteggiamento cf implorare il divino soccorso.
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— Le passioni piacevoli spargono di fiori la esistenza dell'Uoiwo e la donna aerea, da cui sono raffigurate, porta le ali per dimo- strare la leggerezza di coteste sensazioni. — Le passioni alimen- tano l'UoMO, contribuiscono alla sua attività , non si allontanano giammai da lui, ed ognora lo signoreggiano.
L'Autore (V. fig. 15), spettatore di questo mistico quadro, preso di meraviglia e di curiosità, stringendo uno stile, esprime l'ardente e nobile desiderio di descrivere ciò che vede.
La Filosofia (fig. 1 6), nobile matrona, piena di morale possanza e V intelletto raggiante, incoraggisce il buon volere del suo di- scepolo, e sembra promettergli di essere suo consiglio, sua scorta e sua guida.
La Fisica (fig. 1 3), la Morale (fig. 1 4), e la Metafisica (fig. 42), scienze inerenti alla Filosofia, sembrano da questa essere disposte a prestare il loro ajuto all' artista che si accinge con amore all'opera.
Il Genio umano (fig. 17), che presiede a tutto e che domi- na sovra tutto, ordina alle sublimi sue figlie, la Pittura (fig. 1 8), la Scultura (fig. 19), la Poesia (fig. 20), ed anche la Geometria (fig. 21), di concorrere colle loro divine arti all'abbellimento del lavoro di uno de' loro più ferventi adoratori.
11 perchè da questa tavola sinottica ed effigiata resta aperto l'intendimento dell'Autore, e manifesto quali studi lo abbiano giovato in quest'opera che tanta parte di umano scibile comprende.
L'Uomo è composto di due parti: l'una materiale che è il corpo, e l'altra immateriale, V anima (1), la quale è dall'Auto- re divisa in parte morale e in parte intellettuale. Nello studio, nell'analisi, nella descrizione che egli fa dell' Uomo, lo considera facendone tre grandi divisioni, cioè : I'Uomo Fisico, I'Uomo Intel- lettuale e I'Uomo Morale. — L'Uomo Fisico comprenderà l'esterno della sua figura, delle sue membra, dell'insieme del corpo, de'
(i) Fu adottata fin dai primi metafisici la parola anima o spirito a far meglio persuasa con un'idea di cosa sottilissima quell'incorporea sostanza, che è in noi la parte migliore e senza di cui non avvi vita.
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suoi movimenti, che all'occhio rendono visibili le occulte sensa- zioni dell' anima , in fine la sua espressione corporale, la quale si compone del movimento della fìsonomia, dei gesti, e delle atti- tudini. Così l'uomo primitivo espresse all' altro uomo ciò che sentiva nell'anima , che si operava nella sua mente, e che dire non sapeva, non essendosi ancora formata la parola. Quindi il linguaggio de' movimenti corporali fu il primo linguaggio del- l' uomo.
NeirUoMo Fisico, nell'uomo operante fisicamente, l'Autore stu- dierà, analizzerà e descriverà :
La Bellezza; L'Espressione fisica;
Il Viso e la Fisonomia; Il Linguaggio naturale;
Il Tronco-, L[Età;
L'Insieme del Corpo; L'Umore;
Le Movenze; Il Temperamento;
I Gesti; L'Influenza del clima; Le Attitudini ; Le Razze umane ; ec. ec»
Per Uomo Intellettuale, l'Autore intende tutto ciò che com- prende la mente, il suo carattere, la sua forza, le sue qualità, le sue azioni, i suoi risultamenti. Quindi egli si è studiato di descrìvere le operazioni dell' intelletto, nell'uomo operante intel- lettualmente, le quali sono :
La Sensibilità, gli Istinti; L'Azione dell'Imaginazione;
Lo Spirito ; La Fantasia ;
Le Idee ; Il Genio ;
L'Intelligenza ; Il Talento ;
L'Azione del pensiero; L'Entusiasmo;
La Memoria; Il Gusto;
II Giudizio; Il Bello, il Grazioso; Il Buon senso; Il Forte, il Grande;
La Volontà; Il Patetico, il Terribile, il Tetro;
L'Imaginazione ; Il Sublime., il Sovrumano ; ec. ec.
L'Autore chiama I'Uomo Morale, allorché considera e descrive in esso tutto ciò che è all' opposto del fisico. Egli dirà fisico, ciò che spetta alla materia, e morale ciò che spetta all'anima. — Tutti i movimenti del corpo apparterranno al fisico dell'uo- mo; i movimenti dell' anima esprimeranno le affezioni morali. Nell'uomo operante moralmente l'Autore dipinge :
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La Sensazione ; II Senso intimo ;
La Percezione, l'Imagine degli L'Inclinazione ;
oggetti; Il Carattere;
II Piacere ; I Sentimenti, gli Stati delPanima ;
Il Dolore; Le Passioni, le Virtù, i Vizj ;
L'Istinto; I Costumi, le Condizioni, ec;
I Desideri, od Appetiti; Le Epoche;
La Ragione; Il Carattere di vari personaggi;
La Coscienza; Vari tipi dell'uomo; ec. ec.
EPILOGO.
QUADRO ANALITICO DEL TIPO DELLA NATURA UMANA.
L'anima ed il corpo agiscono contemporaneamente, e l'uno sopra l'altro reciprocamente; — l'uno comanda ed obbedisce al- l'altro; Fimo non si move se l'altro rimane nell'inerzia; l'uno influisce sopra l'altro , e godono e soffrono insieme. Uno de' grandi poeti della natura dipinge nel modo seguente l'accordo armonioso dell'anima e del corpo, e come entrambi progrediscono t
u In oltre il senso ne dimostra aperto
Nascer la mente in compagnia del corpo
E crescer anco ed invecchiar con esso :
Poiché siccome i piccioli fanciulli
Han tenere le membra, e vacillante
Il pargoletto pie; così vcggiamo
Che dell'animo lor debole e molle
È la virtù : ma se crescendo il corpo
S'aumenta di forze, anco il consiglio
Maggior diviene, e della mente adulta
Più robusto è il vigor ; se al fin crollato
È dagli urti del tempo e vecchio ornai
Langue il corpo e vicn meno, e se le membra
Perdon l'usate posse, anco l'ingegno
Zoppica, e delirando in un sol punto
E la lingua e la mente, il tutto manca n. (1)
Risiede nel nostro morale quella invisibile potenza motrice , (1) Lucrezio, trad. di A. Marchetti.
5 che tutte le molli del fisico governa. Ordinariamente Io spirito e la materia agiscono, come abbiamo detto , l'uno su l'altra e viceversa — quest'ultima però più spesso è la prima ad ope- rare. Il corpo, per esempio , riceve le impressioni degli oggetti esterni e, mediante gli organi dei sensi, le trasmette all'anima, che le riceve e le sente bensì immediatamente; ma ciò non to- glie che il corpo fu il primo ad operare, e V anima la seconda. È questa , dirò così , fra loro una percussione e ripercussione re- ciproca. Tale si è la teoria che serve di base all'Universo , che gli dà moto e vita : attrazione e ripulsione.
Nell'azione fisica del corpo concorrono quelle del morale e dell'intelletto — nell'azione dell'intelletto, concorrono quelle del fi- sico e del morale • — - nell' azione del morale concorrono quelle del fisico e dell'intelletto. —
I filosofi osservano « che questo fenomeno consiste in una scambievole e piena corrispondenza di tutte le azioni e passioni dell'anima e del corpo — e questa corrispondenza si sente da tutti. — Ogni azione e passione dell' anima nasce da corrispon- denti moti del corpo, che ne genera di corrispondenti nell'anima. Quindi è che le azioni e passioni dell'anima seguono il grado di vivacità , di forza , di elaterio , e in breve il temperamento del corpo : e vicendevolmente i pensieri e le passioni dell'anima affettano la natura del corpo; laonde ogni pensiero di mente, ogni passione di cuore, può leggersi sul volto ; come ogni buono e cattivo stato del corpo sentesi nell'anima. L'unione loro adun- que , quanto sembri un fenomeno , è però incontrastabile ; per- chè ogni sensazione , quando si prova , è incontrastabile che si sente » . —
Ove una delle tre azioni reciproche, del fisico, del morale, e dell'intelletto cessi , la grande e meravigliosa macchina del- l'uomo è imperfetta o guasta. — < Però ognuna di queste tre parti dell'uomo, quantunque non compiuta che pel mezzo delle altre due , possiede qualità e caratteri principali e distinti , di- versi da quelli delle altre due parti. Ed è questa analitica os- servazione, che ha spinto l'Autore a fare le tre distinzioni nel- l' uomo , distinzioni che generalmente i filosofi-naturalisti non fanno, ammettendo soltanto Vuomo fisico e l'uomo morale, con- siderando in quest'ultimo anche V intellettuale. — Sul suo sen- tire, sugli analitici suoi studj , sull'esperienza sono basate le tre
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divisioni dell'Autore —*■ e sovra coteste divisioni si aggira tutto ciò che comprende il suo lavoro.
Riflettendo intorno a' vari caratteri di queste parti, le quali compongono l'uomo, ed alle loro buone e cattive qualità, sem- bra precisa e naturale la divisione fatta delle suddette tre parti.
ANALISI
La grande facoltà del fisico dell'uomo è la Forza.
Le forze fisiche si sviluppano in tutti i generi di ginnastica , in cui desse si applicano , e con l'esercizio aumentano, e con- tribuiscono all'abbellimento ed al perfezionamento del corpo. — I giuochi e gli esercizj atletici, danzanti e ginnastici risguardano il fisico dell'uomo. —
La grande facoltà dell'intelletto dell'uomo è il Genio.
Le forze intellettuali si sviluppano nelle scienze e nelle arti, le quali aumentano codeste forze, e danno loro non solo mag- giore estensione, ma abbelliscono e sublimano la mente del- l'uomo. — Ogni ramo dello scibile può occupare il genio del- l'uomo. L'arte, prodotto dell'intelletto, intrattiene la nostra sen- sibilità ; la scienza perfeziona la nostra intelligenza (1).
La grande facoltà del morale dell'uomo è il Sentimento e la Ragione.
Le forze morali si sviluppano nelle virtù, le quali aumentano codeste forze, e purificano e fanno gentile il cuore. — • Si oc- cupa del morale dell'uomo, la filosofia morale, cioè lo studio delle virtù, le quali sono le passioni sottomesse al giuoco della ragione, da cui sono modificate e- frenate.
Le forze fisiche sono quelle che nascono dalle sensazioni del corpo. Quindi movenze, gesti, attitudini, salti, ec.
Le forze intellettuali sono quelle, che sorgono dalle idee , dalla mente. La più forte, la più grande, la più soda qualità dell' m- telletto è la ragione ; la più bella è la sublimità.
Le forze affettive o morali sono quelle che producono gli affetti del cuore, che è la sede delle passioni. — La più forte
(i) La luce, le cognizioni deWintelleiio non eccitano necessariamente le fa- coltà dei cuore, le passioni; ma desse ornano ed abbelliscono il loro linguaggio.
7 e la più bella è la virtù ; la più allettatrice e la più tenera è l'amore. La virtù è la più solida e la più duratura, perchè si compone di sentimento e di ragione.
La bellezza fisica dell'uomo è riposta nella giusta proporzione di tutte le parti del corpo, nella leggiadria delle forme e nel- Yeleganza de' movimenti. — I difetti sono caratterizzati dalla deformità delle parti, dalla mancanza di qualche membro, dalla sconcezza de' movimenti.
La bellezza intellettuale dell'uomo, è posta in luce, allorché egli spicca nell'esercizio delle scienze e delle arti belle. — I difetti dell' intelletto si appalesano con tutto quello che è stra- vagante, a mo' d'esempio col delirio.
La bellezza morale dell'uomo consiste nella saggezza e nella virtù. — I difetti stanno nella malvagità e nei delitto, che ri- cevono il loro impulso dalla spinta criminosa o ingenita intem- peranza, giusta la teoria dell'immortale Romagnosi.
Ogni facoltà dell'anima, ogni grado di forza o di debolezza di essa facoltà ha un carattere particolare, e produce un'azione nell'uomo, la quale azione varia in cento modi, secondo la co- stituzione tìsica, secondo il clima, secondo l'educazione, i costu- mi, le condizioni, le circostanze, ec: a questa cognizione si giunge con l'analisi psicologica e fìsica, la quale ci mostra tutte le fa- coltà che caratterizzano l'uomo, i suoi bisogni, i suoi istinti, le sue inclinazioni , le sue passioni — quindi succede lo stesso studio intorno all'influenza ch'esercitano su di lui il sesso, l'età, i temperamenti, la razza, le varie condizioni sotto le quali egli si mostra in società, le potenti circostanze di località, gli avve- nimenti che formano la sua esistenza , lo sviluppo di tutte le sue facoltà ed il suo destino. — ■ 0 prodigiosa creazione dell'uomo, in quante migliaja di atteggiamenti fisici, morali ed intellettuali si può mai riprodurti! — Epperò l'Autore si cimenterà a rappre- sentare il multiforme e versatile re del regno animale, fondato su principj che verrà a mano a mano dimostrando , e guidato costantemente dal disegno che fece dell' opera sua. Egli studiò attentamente l'uomo, ne osservò l'origine, le doti, le aberrazioni sì fisiche, che morali ; seguillo nel corso della vita , e con lui soffermossi negli svariati avvenimenti a cui è esposto; ne prese ad esaminare le diverse razze, le alterazioni dell'età, i tempera- menti , le impressioni , le sensazioni , le idee , i sentimenti , le
8 passioni, Io spirito, i caratteri, i vari tipi della specie , le con- dizioni, i gradi, i costumi, le usanze,, le epoche, e lo considerò sotto le diverse zone — selvaggio, nomade, cittadino, nazione. L'autore ha concepito il suo soggetto, in una grande sintesi, in cui tutto ciò che comprende l'uomo fisico , intellettuale e mo- rale, è collegato da lunghissima catena e in cui ogni parte s' i- nanella all'altra in quel modo più naturale che gli è stato con- cesso di fare.
Nel dar mano a questo lavoro egli pose a se la natura a modello, ed ebbe sempre l'esperienza per guida (maestre en- trambe che tutto insegnano all' uomo ) ; nulla di meno volle eziandio trarre profitto dagli altrui concepimenti, ogni qual volta avvalorati trovolli dal suggello apposto dall'esperienza sulle umane teorie.
In quanto all'adozione di un sistema filosofico, egli prese di mira l'eclettismo, esponendo tratto tratto però alcune idee non ancora da altri tocche ed a lui suggerite dalla propria persua- sione (1). E certo che l'Autore nel dedicarsi a questo lavoro ha
(i) La Fisica è la scienza delle cose naturali. — Fisico, naturale, che appartiene alla Fisica, materiale ; l'opposto del Morale, apparenza naturale , costituzione , e familiarmente, fisonomia. —
La scienza completa della Fisica dell'uomo, comprenderebbe, secondo noi: i.° l'Anatomia, che ne descrive tutte le parti organiche, i loro movimenti, il loro uso, infine tutto il loro meccanismo; — i.° la Fisiologia , parte della medicina, che tratta dei principj dell' economia animale , che fa conoscere il modo con cui sono esercitate le diverse funzioni vitali; — 3.° la parte, di- remo fisico-esterna, che imprendiamo a descrivere, nell'homo fisico, e che sem- bra quasi essere stata dimenticata nella descrizione generale dell'uomo, fatta dai naturalisti. S'intende per la parola fisico, tutto ciò che agisce immediata- mente sovra il corpo. La salute è un bene fisico; la malattia è un male fi- sico. — Per morale s' intende ciò che non agisce che in forza di conse- guenze più o meno vicine. La Maldicenza è un male morale; la Benevolenza è un bene morale : perchè l'una e l'altra occasionano a nostro riguardo delle disposizioni e delle abitudini dalla parte degli altri uomini , che sono utili o nocive alla nostra conservazione, e che attaccano o favoreggiano i nostri mezzi di esistenza. 11 Morale è la disposizione naturale, la tendenza naturale al bene o al male ; è il carattere morale di una persona , i suoi principj , i suoi co- stumi — moralmente , è secondo la sola luce della ragione. — La Morale abbraccia ciò che risguarda i costumi , ed è conforme ai buoni costumi, alla morale — consiste nella pratica del bene, delle virtù morali, astrazione fatta di ogni idea religiosa e della condotta conforme alla buona morale. La Mo- rale, scienza, dottrina dei costumi. La scienza dell'uomo morale pertiene con esclusivo diritto all'Etica. — L'addiettivo morale, deriva dal latino mot, moris, mores, moralis. Sembra dunque, considerando questo vocabolo nella sua etimo-
9 dovuto naturalmente penetrare ben addentro nelle proprie sensazio- ni, analizzare minutamente le proprie idee, cercare in se mede-
logia, che si dovrebbe pure applicare ad ogni modo di agire che è passato in uso, in pratica, in abitudine, e che si dovrebbe dire di una azione, che dessa è morale, per la ragione che ella è usata, che si costuma, che dessa è nelle abitudini dell' individuo o del popolo da cui è operata. Le opere morali di Aristotile, le quali trattano di tutto ciò che abbiamo indicato, si chiamano Eli- che, al plurale.
L'Estetica poi è la scienza dei sentimenti, delle sensazioni , la cognizione insomma delle bellezze di un'opera dell'intelletto, del genio ; è la teoria delle arti fondate sovra la natura ed il gusto.
Estetica, in greco oùfìyTxri , dal verbo sL^àopon, sento , non significa sola- mente la percezione de' sensi, ma anche dell' intendimento ; come è insegnato da Esichio nel suo Lessico, in cui considera GÙaSfam e voyatg come voci si- nonime. Onde si vede, che la voce aurdyrix^ (Estetica) è attissima ad espri- mere l'oggetto , che tende a qualificare.
Il Metafisico è l'opposto del materiale. — Quello che appartiene alla Me- tafisica, non è che in pensiero, una cosa astratta, e si dice essere metafìsico. — La Metafìsica comprende la scienza degli esseri spirituali, delle cose pu- ramente intellettuali; è l'arte di astrarre le idee. Astrarre, termine di logica, significa fare astrazione, staccare col pensiero una cosa dal soggetto a cui sta inerente. L' Astrazione consiste nell'operazione dell' intelletto , per cui dessa considera una qualità, una proprietà, come se fosse divisa dal soggetto a cui è inerente. Buffon dice: Yabslraclion est le simple des choses et la diffìculté de Ics réduire à celle abslraction fait le compose. L'idea astratta, cioè divisa dall'astrazione. — La scienza dell'uomo intellettuale, è ripartita fra il Meta- fisico, il Psicologo e Y Ideologista. La Psicologia è la cognizione dell1 anima o il trattato che si scrive intorno ad essa. L' Ideologia è la scienza e il trat- tato delle idee, delle facoltà intellettuali dell'uomo. La riunione di queste tre scienze può essere chiamata Ontologia, cioè Metafìsica generale. La cogni- zione generale della natura dell'uomo si chiama Jntroposofìa. La Fisiogno- monia è quella scienza che si occupa di descrivere 1' insieme dei segni carat- teristici di un individuo, di modo che essa comprende non solamente gli in- dizi de'tratti del viso, ma anco quelli che presentano le stature, le attitudini, i gesti, il camminare, tutti i movimenti ed apparenze dell'uomo, non che la scrittura ed altre azioni. L'arte Fisionomica è una parte della Fisiognomonia, e non è relativa che all'espressione de' tratti del viso. — Collo studio di queste scienze l'Autore si accinse alla elaborazione della sua opera, tralasciando soltanto la Fisiologia, cioè quella parte della medicina che tratta dei principj dell'economia animale, dell'uso e del movimento degli organi, e V Anatomia che si occupa del meccanismo del corpo umano, perchè sì fatte scienze non appartengono al disegno da lui formato.
Ove riflettere si voglia al vero significato di alcuni termini scientifici, si vedrà, che non pochi scrittori, seguendo le orme di uomini celebri, anche non corrispondono nel trattare un soggetto , al titolo che gli hanno applicato, per esempio: col titolo di Fisiologia si troveranno d scussi argomenti puramente psicologici ; — si vedrà trattare particolarmente , delle Facoltà intellettuali col titolo di Antropologia, termine che significa ragionamento, discorso, trattato
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simo l'opera per eccellenza della creazione — l'Uomo — onde dipingerne , secondo il proprio convincimento e attitudine , il corpo, l'anima e l'intelletto.
Avvalorato di analitiche osservazioni fatte negli studi più inde- fessi ed in frequenti viaggi, egli, per raggiungere più efficace- mente il suo scopo, stabilisce nuove teorie, tenta e propone nuovi metodi, descrive scale proporzionali, fissa punti di contatto, com- pila adatte nomenclature , espone tavole sinottiche e figure , il tutto corredato di appositi disegni relativi alle sue descrizioni del multiforme atteggiarsi del corpo, delle emozioni dell'anima, e dell'azione della mente.
L'Autore ha poi impiegato tutto quanto è in lui, perchè que- st'opera di tale riesca facile intelligenza che tenere si possa , a così dire , come popolare ; così procurò modo di dividere il suo ragionamento da que' gerghi scolastici e convenzionali che sono spesso dì obice pei giovani allo studio delle filosofiche di- scipline ; ed a sì fatto scopo del pari egli si propone di giungere col senso della vista, soprattutto quando tratterà delle cose mo- rali e intellettuali, eh' egli renderà, per così dire, palpabili, ri- correndo al sussidio delle positive e rigorose dimostrazioni geo- metriche , ai disegnati contorni della pittura e della scultura , alle prefisse immutabili leggi della fisica.
I giovani studiosi potranno agevolmente superare in cotesto modo ogni ostacolo e vincere ogni difficoltà.
sull'uomo, quasi trattato generale sulla natura umana ; — alcuni credono che la scienza dell' uomo fisico-esterno sia quella parte di anatomia , che istruisce i giovani artisti della cognizione de'muscolì , dei tendini , delle prominenze ossee.
L'Autore ha pure applicato tutta mai la cura ed attenzione al vero e pre- ciso significato delle parole, di cui sempre ha cercato di dare la definizione nel modo più possibilmente ad esse proprio, giacché da questo soltanto può derivare chiarezza ed espressione, tanto più che nulla avvi di più importante nell'esporre materie filosofiche, quanto il parlare con aperta chiarezza a tutte Je menti. Siccome poi eguale attenzione ed esattezza esigono i sinonimi o quelle parole tenute di sì fatto valore, non n'è stato dall'Autore ommesso al- cuno, poiché, ove vogliasi riflettere, sarà facile convincersi che ogni sensazione, ogni idea si sminuzza e diventa gradazione di un sentimento, ed acquista tale carattere , che lo distingue dalla sensazione , o idea principale e produttrice. Egli è anche troppo manifesto che sovente viene qualificato per sinonimo ciò che appartiene alla stessa famiglia, la cui differenza però è sempre visibile al- l'occhio del sagace osservatore.
INTRODUZIONE
DELLA NATURA UMANA
saati Slanci il
DELL' UOMO E DELLE SUE FACOLTÀ
oOofr
CAPITOLO PRIMO.
dell'uomo in generale.
Xl primo degli esseri, Tessere per eccellenza, il vero dominatore di tutti gli altri esseri creati, infine l'essere pensante, fatto per regnare sopra tutti gli altri esseri, è l'uomo. Cotesto essere quasi impercettibile, ove si raffronti alle cose grandi ed immense in cui fu gettato dalla Divina parola, è nondimeno il capo-lavoro della Creazione. La ragione, il pensiero, la forza formano l'impero ed il trionfo della specie umana. Inesauribili sono i mezzi che l'uomo trae dal dono di pensare, e coll'inlelletto egli sa innalzarsi al di sopra di tutto ciò che è stato fatto dalla Natura. Di tutti mai gli esseri animati l'uomo solo è grande pel pensiero , sublime per le sue manifestazioni. Egli solo può dominare qual re assoluto della Natura — a lui è persino concesso di poter sottoporre le opere del Creatore al proprio pensiero, di osservarle, di tesser- ne l'analisi, d'interrogarle, di decomporle, di formare conghiet- ture. — Il suo sguardo può abbracciare tutto l'universo e co- municare , a cosi dire , la sua mente col Creatore.
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Dante , Newton , Leonardo e alcuni altri uomini privilegia- ti mostrano sino a qual eccelso grado possa innalzarsi V intel- ligenza umana. Ovidio disse,, che Dio, il quale fé' curvi gli ani- mali e alla terra adimò lo sguardo loro, diede all'uomo fronte sublime ; e perchè guardasse il cielo , e ne contemplasse gli astri, volle che tenesse eretto il volto maestoso (1) — una os- servazione eguale è fatta dal biblico Milton. L'uomo quindi, il monarca di tutte le cose organizzate e materiali dell' universo, offre la riunione stupenda di tante parti diverse, di tanti con- trapposti , di tante accidentalità , che fa d' uopo all' osservatore filosofico mollo tempo , profondo studio ed esperienza lunghis-
(i) n Alle fiere il terren donar gli piacque
Ai vaghi augelli l'aere, ai pesci l'acque.
Fra gli animali il più sanlo e '1 più eletto Mancava ancor, ch'avesse arte e pensiero, 11 qual col più purgato alto intelletto la tutte l'altre cose avesse impero. Perciò l'uomo fra tutti il più perfetto, Quel che formò l'uno e l'altro emisfero, Oppur la nuova terra di quel seme, Che '1 ciel le infuse, mentre furo insieme»
Tatti Tuoni superò gli altri mortali Per l'elevato suo valore interno : Né prono il fé' come gli altri animali, Che guardan sempremai verso l'inferno. Perchè mirasse le cose immortali, L'alzò col grave aspetto al ciel superno; E per failo più amabile e più pio, L'ornò dell'alma immagine di Dio.
O che così Prometeo il componesse
Di terra schietta e d'acqua viva e pura, Poi col fuoco del ciel l'alma gli desse, Oppur che fosse la miglior natura: Con questa venerabil forma resse L'uom sulla terra ogn'altra creatura» E dato fin a sì nobil lavoro, S'incominciò la bella età dell'oro, u
Ovidio, Traci. delV Anguillara.
i» Exemplumque Dei quisque est in imagine parva, n
Manilius.
L' Uomo solo sulla terra , a Dio prestando omaggio , solo di Dio sulla ierra è imi debole imagine.
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sima onde poter giungere a capirlo, a moralmente anatomizzarlo ed a descriverlo. Se non che mentre l'uomo è dominatore del mondo, si converte in ischiavo di sé stesso. — Young dice — - « Quanto mai l'uomo è un essere sorprendente ! — Dopo Dio, egli è il più incomprensibile , e perchè giunger possa a for- marsi una giusta idea di sé stesso , conviene che derivare la faccia dal complesso di mille idee che tutte a lui sembrano eterogenee. Quale contrasto di ricchezza e di miseria, di avvili- mento e di grandezza — Ah ! come V uomo è abbietto ed in pari tempo augusto! — Unione maravigliosa di due nature di- verse , egli è il centro da cui partono due opposti infiniti e forma lo screzio dilicato che rannoda i due estremi. Anello scintillante egli occupa il centro della catena immensa degli es- seri, che dopo Dio diramasi sino al nulla , raggio spento della Divinità , abbozzo imperfetto , imagine smarrita della grandezza superna — esile figlio della polvere ed erede della gloria — • un debole immortale, un insetto infinito — un verme, un Dio! » . — L'uomo nel suo stato primitivo, osserva l'Hartley, è un com- posto di grandezza e d' ignobilità , di beni e di mali , d' igno- ranza e di sapere, di ragione e di passioni. La sua mente è ad una vastissima e limitata < — colà è dominato da passioni; qui va a soggiogarle tirannicamente — ora è riboccante di forza, ora, più debole di un fanciullo ; le virtù e i vizi dividonsi il suo cuore; ha desideri ardenti, incessanti, e da ogni cosa è tratto a stanchezza — timido, scorato, vile, strisciante, è in pari tempo fiero , audace , orgoglioso. Altro di veramente grande non ha l'uomo in sé stesso che il dolore. Dicesi che Prometeo impie- gasse le lagrime per plasmare il corpo dell'uomo, e questa fin- zione eloquente ne insegna che gli affanni formano una gran parte della essenza nostra. Il celebre Bernardino di Saint Pierre esclama , parlando della natura umana — Oh ! quanto mai è debole l'uomo nella gioia ! ei non sa resistere che al dolore. Instabile e cangievole costantemente, s'egli fugge da un pericolo, inciampa poco stante in un altro. Se l'esempio il trova saldis- simo, cade dall' amicizia sedotto; se insensibile serbasi ad ogni fomite dell' interesse, dal desiderio di gloria e di fama è stra- scinato violentemente; se giunge a sottrarsi da eccessi disordi- nati, debolissimo cede a passioni più miti e più pericolose; se per indole è repugnante alla dissolutezza e agli stravizzi , per
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compiacenza trovasi incautamente gettato nel baratro loro ; se egli è libero da sete di ambizione per sé stesso , da questa trovasi fortemente dominato pe' suoi figli ; se sempre fermo si astiene dal cercare le occasioni , non può di certo sottrarsi a quelle che a lui si mostrano inopinatamente, Sono in somma le contraddizioni e i contrasti umani che agitano senza posa il cuore e la mente.
CAPITOLO II.
l'uomo uscito dalle mani della natura
stato selvaggio.
La prima epoca della natura umana è lo stato selvaggio. Ecco il ritratto che l'autore del Contratto Sociale fa dell' uomo sel- vaggio. — Egli è un fanciullo vigoroso , privo di mezzi di esperienza , di ragione , d' industria , che di continuo esposto ai flagelli della fame e della miseria , vedesi ad ogni istante for- zato a lottare contro i bruti. Non conosce d'altronde altre leg- gi che i suoi capricci , altre regole che le sue passioni istan- tanee , altro diritto che la forza , altra virtù che l'audacia. Egli è un essere ardente, inconsiderato, crudele, vendicativo, ingiusto, che non vuole tollerare alcun freno, che non sa nulla antivedere , che ad ogni momento trovasi disposto a diventare la vittima della sua propria stranezza o della ferocia degli stupidi a lui simiglievoli. — ■ La vita del selvaggio alla quale alcuni siste- matici ipocondri volevano ricondurre gli uomini, l'età d'oro co- tanto vantata dai poeti, non è veramente che una condizione di miseria , d' imbecillità , d' insensatezza. — Un grande pittore della natura umana rappresentò in un personaggio drammatico, Calibano , lo stato selvaggio dell' uomo. — > Cotesto Calibano , creatura del genio di Shakespeare, è tenuto come generato da un demonio, e concepito da una maliarda perversa , sbandeggiata dai luoghi ove ebbe vita e relegata in un' isola deserta. Quel mostro al tutto condegno del padre infernale e della madre in- fame di cui era l'orribile frutto, è ritratto come un prodigio di crudeltà, di malizia, di orgoglio, d'ignoranza, di accidia, d'in- gratitudine — in somma qua! complesso di tutti i vizi più ver-
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gognosi. Ella è la parte cattiva del cuore umano che Shakespeare ha voluto dipingere in quel carattere sotto il manto grezzo e materiale dello stato selvaggio. Linguaggio al pari e sensi stu- pidi in lui ' — idee circoscritte ar primi bisogni della vita ed al servaggio — ad altra felicità non agogna se non se a quella di un vivere feroce, indipendente. Egli non è difficile compren- dere, che avvi in quell'uomo un fondo di ruvidità, di rozzezza, di ferocia, di coraggio, di uguaglianza, di franchezza, di co- stanza, di equità , d' indipendenza , di alterezza , di orgoglio, di despotismo e di egoismo. Nullameno vi sono tre cose a cui co- testo selvaggio mostrasi sensibile — la musica, il coraggio, la bellezza. - — > Difatti le impressioni, massime quelle dell'armonia e della bellezza esercitano potere sovrano sul fisico, e il corag- gio è naturale in coloro che sono sprovveduti di prudenza e di saggezza. Calibano ignorante, stupido, brutale, cattivo, fero- ce, odia le scienze e i benefìcii — ecco V uomo della Natura , l'uomo che al tutto è manchevole d'ingentilimento, Lucrezio nel suo poema sublime ne mostra l'uomo , che animoso intende a liberarsi della salvatichezza della primitiva sua natura e contrasta contro la natura selvaggia onde acquistare l'incivilimento (1). Ei Io fa lottare contro tutti gli ostacoli colle proprie sue forze e coi soccorsi che può trovare negli oggetti da cui è circon- dato ; finalmente dopo un lungo e costante combattimento la mente sua rimane al tutto rischiarata dalla luce soave e be- nefica della civiltà. Quel quadro è mirabilmente naturale. — - Quantunque gli uomini posseggano le stesse facoltà intellettuali e morali , e le stesse passioni , sì fatta riunione però di parti non trovasi in tutti nella medesima quantità, né in proporzione eguale; — che quelle sono disparatamente combinate in ogni individuo, ed in modo tale che da ciò procedono quelle gran- di diversità di caratteri , che servono a fare chiaramente con* traddistinguere un uomo da un altro uomo.
(i) Lib. y
16 CAPITOLO III.
DEL FISICO DELL'UOMO E DELLA DONNA.
Milton pose nel primo uomo e nella prima donna il tipo originale de loro figli e delle figliuole loro in su la terra. — « Ne' loro sguardi divini — così quel sommo — fiammeg- gia l'imagine del loro Artefice glorioso in un colla venta , la saggezza, la santità austera e pura — austera sì, ma vincolata a quella vera libertà, da cui deriva il vero potere degli uomini. Siccome di sesso diverso non possono essere conseguentemente eguali — quindi , egli formato per la contemplazione — ella per la mollezza, la grazia soave e seducente — egli per Dio so - tanto - ella per Dio in lui. — La fronte bella, spaziosa del- l'uomo ed il suo occbio sublime manifestano la sua potenza superna __ i capelli color giacinto scompartiti intorno la sua fronte, ondeggiano in assetto virile a foggia di racimoli, al di sopra però de' suoi larghi omeri. — L'aurea capellatura della donna, acconciata come un velo, scende sparpagliata e spoglia di orna- menti sin oltre le anche sottili — le treccie avvoltansi in anella capricciose, come il racimolo ripiega i suoi freni — il che im- plicitamente rivela la dipendenza , ma una dipendenza chiesta con un dolce impero; dalla donna accordata, dall'uomo con gioja ricevuta __ accordata con una sommessione modesta, un decente orgoglio, una resistenza tenerissima ... (1) » — La grandezza e !a dignità caratterizzano l'uomo, mentre gli attributi principali della donna consistono nella grazia e nella dolcezza. La statura dell'uomo è alta; ha nobile il sembiante, il contegno franco, sicuro _ i suoi movimenti sono liberi, agevoli — gli occhi scintillanti, energici — nella espressione del volto, alcun che di fierezza — andatura ferma, risoluta. I tipi più belli del corpo e delle forme dell'uomo sono stati mirabilmente rappresentati dagli autori del- l'Apollo, del Gladiatore, del Mercurio e del Laocoonte. Il tem- peramento dell'uomo, più forte che quello della donna, e caldo e secco. 11 primo produce l'ardire, il desiderio della gloria, la
(i) Paradiso Perduto, Lib. IV.
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magnificenza, il coraggio, la franchezza, la liberalità, la clemenza, la giustizia, la riconoscenza — dal secondo, cioè dal secco, de- rivano la fermezza, la costanza, la pazienza, la modestia, la fe- deltà , il senno. — La statura della donna è meno alta che quella dell'uomo — ha i contorni del corpo assai più morbidi e delicati; lo sguardo soave, modesto; il contegno soffuso di pudore ; i movimenti pieghevoli, gentili ; le pose leggiadre, i gesti miti e decenti. La Venere Medicea, la Venere di Arles (1), Niobe, Minerva, Giunone, Ebe, ne offrono le proporzioni più belle della statura diversa della donna. — ■ Debole è il temperamento di cotesta creatura nobilissima , freddo ed umido. Il primo pro- muove la timidezza, la pusillanimità, i sospetti, la diffidenza, l'astuzia, la dissimulazione, la facilità, la condiscendenza, la ven- detta, la crudeltà , V ingiustizia , V avarizia , l' ingratitudine , la superstizione — l'umore freddo produce la mobilità, la legge- rezza, l'infedeltà, l'impazienza, la persuasione, la misericordia, la loquacità. — L'altezza totale del corpo umano è soprammodo svariata. La statura più elevata negli uomini , secondo il Buf- fon, è da cinque piedi, quattro o cinque pollici, sino a cinque piedi, otto o nove pollici — la statura mediocre, da cinque piedi o cinque piedi e un pollice, sino a cinque piedi e quattro pol- lici — l'infima è al di sotto dei cinque piedi. — Le donne hanno generalmente due o tre pollici meno degli uomini. — Egli è nei capolavori dei Greci scultori, in cui trovansi principalmente le stature e proporzioni speciose e nobilissime de' due sessi e i loro caratteri diversi. Le statue di Giove, di Ercole, di Apollo, di Mercurio, di Zefiro, di Bacco, d'Antinoo rappresentano le di- verse stature del sesso maschile — quelle del femminile, le sta- tue suddette e quelle di Diana , di Flora , di Erigone , delle Grazie. Lattanzio , Leonardo da Vinci , Michelangelo , Rafaello , Alberto Durerò , Caraccio , Lomazzo , Guido , Lebrun , Wate- let ed altri molti applicaronsi colla euritmia più rigorosa alle proporzioni delle stature e delle forme del corpo umano. Tro- verassi nelle opere di que' sommi artisti , che il corpo della
(i) Questa statua, in ogni sua parte bellissima, fu scoperta nella città di Arles nel 1684 e donata a Luigi XIV — ristorata dall'illustre Girardon e collocata nella galleria di Versaglia , ora trovasi nel Museo del Louvre sotto il nome di Venere di Arles.
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18 donna meno elevato che quello dell'uomo , possiede contorni , come già altrove notossi , più morbidi , più delicati. La donna ha lunga capellatura, occhi sfavillanti, tenerissimi, aspetto dol- ce, amabile, una cascaggine soave che tocca, e che nulla umana parola varrebbe a ritrarre fedelmente , pieghevolezza nel corpo, flessibilità in tutte le membra, una espressione incantevole, un'an- datura leggiadra, sciolta, leggiera, un contegno nobile, elegante, modi gentili, tenerezza e civetteria. — L'aspetto di maestà , di grandezza , di nobiltà infuso nelP uomo e nella donna basta da sé solo a manifestare l'impero che esercitano su gli altri esseri organizzati :
u L'homrae seul eut de Toi ce front majestueux Ce regard noble et doux, fier et voluptueux, Du scurire et des pleurs l'intéressant langage (i) h.
Non avvi nulla di più tenero e di più possente come le la- grime di una donna :
u Si ce sexe en nos mains sans secours est livrea La nature, dans nous préparant sa défense, Lui donna pour soutien de sa tendre innocence, Ce qui de tous Ics coeurs flèchit la dureté, Ce qui désarme tout, les pleurs et la beauté (2) ir.
La bellezza delle forme nella donna è diversa da quella nell'uo- mo : in questo consiste nella forza e nell'agilità, mentre la soa- vità e la delicatezza formano il carattere distintivo della prima. La Venere Medicea rappresenta in modo mirabile la bellezza delle forme del sesso gentile ; nell' Ercole Farnese disvelasi la forza dell'uomo; e l'Apollo di Belvedere ne rappresenta l'altro carattere al tutto suo proprio , quello dell' agilità. La grazia però quasi sempre giunge a córre palme su la bellezza. La regolarità dei lineamenti nel sesso gentile, le giuste proporzioni loro sono mi- rabili, ma sempre terminano col generare monotonia. La grazia
(1) Delille.
(2) La Harpe.
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colpisce ed attrae maggiormente, perchè essa appunto è irrego- lare. La bellezza è osservata, ammirata, sa soddisfare i desiclerj, e questo è tutto quello che da lei può ottenersi. La grazia in quella vece sa farci ammirare ed amare insensibilmente, essa va sempre svolgendo nuove qualità, che senza posa fanno nascere sensazioni diverse di sorpresa e di piacere ■ — • ammiransi Giu- none , Minerva , Niobe , ma si è presi d'amore per Venere ed Ebe — • la bellezza tocca fortemente l'imaginativa; la grazia ha maggior potere sul cuore. Uno eie' più leggiadri poeti dell' anti- chità fé' la seguente comparazione sul potere e gli effetti della bellezza femminile :
Pose il corno a' tori in fronte
La natura, e intera diede
Pe' cavalli 1' unghia al piede.
Fé' le lepri al corso pronte,
E die' bocca ampia e vorace
Al lion fiero e mordace.
Diede ai pesci in mezzo al mare
Poter lubrici nuotare;
E agli augelli gire a volo;
Fece P uorn prudente, e solo
Senza scudo , e disarmata
Fu la femmina lasciata :
Pur che dielle aliìn ? — Beltade,
Che dell' aste e delle spade,
D' ogni scudo assai più vale ,
Anzi al fuoco ognor prevale :
Che la donna bella ognora
Vince il fuoco e il ferro ancora (i).
Il decoro massime nelle donne è il più insigne ornamento loro e dee tenersi quale perfezionamento della bellezza. L' attrattiva più possente d'una donna è formata dall'unione della decenza , della modestia e della leggiadria. La decenza è una mistura di modestia, di pudore , di ritenutezza, di bontà , di timidezza. 11 suono della voce , 1' espressione della fisionomia , i gesti hanno
(i) Anacrbonte, trad. di G. B. Ciapetti.
20 alcun che di soave e di grazioso, che sempre trae a cara sim- patia i cuori più teneri. Niun lezio, non pretensione, non amor proprio ridicolo in colei veramente abbellita da decenza. Ella non istudiasi giammai di spiccare , di attrarre a sé gli altrui sguardi , di convertirsi in eroina e dominatrice de' ritrovi — tutto è ragionevolezza nella donna dotata di quella qualità ama- bile. La semplicità presiede sempre al suo affazzonamento ; ap- lica cure particolari all'acconciatura , alle vesti , ma nulla scor- gesi in lei di straordinario, di affettato o di bizzarro. Il suo con- tegno , i suoi passi , il suo sguardo offrono V imagine d' una nobiltà soave , e l'eleganza che in lei ammirasi è al tutto na- turale, giacché la vera decenza, agli artificj sempre avversa, da sé ributta una civetteria intemperata. Finalmente lo spirito , i modi, l'assettatura, le espressioni, tutto è in lei condito dalle qualità, con cui trovasi composta la decenza. All'aspetto poi della danza si sentono le stesse sensazioni che fanno nascere in noi quelle statue incantevoli dell'antichità , rappresentanti le imagini delle giovani donzelle, la cui virtù ed il cui saggio allevamento resero condegne di si fatto onore.
CAPITOLO IV.
DEGLI ATTRIBUTI INTELLETTUALE, MORALE, CORPORALE.
Il carattere dell'umanità rappresenta la storia universale, ac- compagnata da tutti i suoi elementi. I caratteri fondamen- tali e principali dell' uomo sono : — le operazioni intellettuali — le affezioni morali — le azioni corporali — cioè le idee, le passioni, le azioni. L'uomo è ad una volta sensibile e ragione- vole, e in esso operano a vicenda i sensi, il corpo, la ragione, l'intelletto. Concitato dall'istinto e dalla sua sensibilità egli cerca il piacere e studiasi di evitare il dolore. Lo scopo principale di sì fatte azioni è la conservazione del suo essere ed uno stu- dio incessante di raggiungere Infelicità. A questo diretti sono i suoi pensieri, le sue azioni. Come sensibile, egli possiede dei sen- si , dalla cui mone nascono le idee — ■ quindi i desiderj , gli appetiti , i quali producono i sentimenti , e che estendendosi e fa-
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cenciosi a grado a grado sempre più forti si convertono in pas- sioni. In sì fatta operazione della macchina dell'uomo agisce pure T intelletto o la ragione, la quale serve di guida alle sue azioni, che procura di rendere a sé stesso aggradevoli e profìcue, per riirarne non solo soddisfazione, ma per farle servire al suo be- nessere — coli' istinto quindi, colle idee, colle sensazioni egli raggiunge quella sua indispensabile meta. L'uomo è stato forma- to a vivere nel consorzio de' suoi simili , ed è mediante que- sto contatto, che riceve le impressioni più forti , le quali com- movono la sua sensibilità, il suo intelletto, e conseguentemente fanno in esso sviluppare i sentimenti più naturali — le passioni , le virtù, i vizi. L'eccitamento di tutte mai le facoltà e la costante attività loro debbesi quindi alla scambievole comunicazione fra- tellevole. Se l'uomo vivesse isoiato , i suoi desiderj, le sue oc- correnze , le sue azioni non lo farebbero riescire giammai nò virtuoso , né colpevole, e collocato sempre si troverrebbe al li- vello de' bruti. — L'uomo onde progredire nel modo con cui gli è conceduto di operare, dee investigare e conoscere sé stesso, meditare profondamente su le sue interne sensazioni , su le sue facoltà , su le sue azioni onde potere degnamente giungere ai suo termine nobilissimo. Egli coll'acquistare una vera cognizione delle sue facoltà fisiche, morali ed intellettuali , riesce natural- mente ad operare cose utili,, belle, onorevoli. Mentre l'istinto co- mincia a dare in lui il più forte impulso alle sue facoltà , la coscienza è sempre la sua prima vera guida. ■ — • L'uomo rozzo y senza ingentilimento alcuno, privo di qualsiasi specie di addot- trinamento, l'uomo insomma a pena uscito dalle mani della natu- ra vive da prima sotto l'impero della sbrigliata sua imaginativa, e delle sue ardenti, sregolate passioni — colla mente riboccante d'illusioni e di fantasimi , sempre proclive all'entusiasmo e alla violenza, la sua è di continuo vita di disordini e di orribili ec- cessi. — Si rifletti in quella vece all'uomo ingentilito, la cui mente e il cuore furono retti da un saggio e benefico allevamento — tutto in lui si raffina, si raddolcisce, si ricompone, si modifica, la sua indole, i suoi costumi , le sue voglie • — temperato ri- mane il calore del sangue, modificata la complessione — rego- late si fanno le sue azioni, mitigate le forze delle sue passioni ■ — a grado a grado ammorzansi le sue illusioni, la foga della sua imaginativa si raffrena , moderasi 1' entusiasmo , il fanatismo è
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attutito, e l'uomo diventa sociabile ed utile alla sua specie. — - L'istinto è uno dei fenomeni, che sopravvanza, a così dire, la perspicacia della mente umana, mentre a noi pare che esso sia la prima operazione della facoltà dell'animo. Quel senso comune organico primitivo coll'età e coli' uso talmente progredisce , che diventa intelligenza, spirito, ragione, genio, da che trovasi svi- luppato , ingrandito, corroborato, perfezionato e sublimato. L' i- stinto*, questo principio segreto che è, secondo noi., l'agente del- l'età infantile, vuoisi che sia l'unico motore dell'azione de' bruti. Ma di quale natura è mai cotesto principio ? Quale potere o qual estensione può ad esso attribuirsi ? Malgrado 1' opinione di molti sommi filosofi , tra' quali il Cartesio che considerava gli animali come automi destituiti d'istinti, di sensibilità e persino d' anima , egli è evidente che i bruti sentono , conservano le paterne abitudini , sono sospinti naturalmente verso ciò che è necessario alle occorrenze loro, sono dotati di memoria e domi- nati da uno spirito conservatore della loro propria esistenza. Ma i più che scrissero intorno l'istinto fecero di soverchio abuso del raziocinio loro.
CAPITOLO V.
PRINCIPALI MOTORI DELLE AZIONI UMANE, 0 ANALISI DELLE OPERAZIONI
DELL' UOMO.
L'istinto, i bisogni, i sentimenti eie passioni, l'intelligenza, la ragione, il retto giudizio, rimaginativa originano, dirigono ed illuminano le nostre azioni. Una forza interna ne rende atti a sommettere l'istinto all'intelligenza — le determinazioni inconside- rate ai consigli della riflessione. Questa è tutta opera della ragione e dell'insegnamento, che viene poscia perfezionata dalla filosofìa e dalla saggezza. Senza imaginativa e senza passioni l'uomo sa- rebbe incapace ad agire — . senza intelligenza e senza ragione ei sarebbe di continuo esposto ad agire malamente. D'altronde mancante dei mezzi di sottoporre la passione alla ragione, quale profitto trarre ei potrebbe mai da quest'ultimo senso? In tal caso assai meglio sarebbe che al pari dei bruti ei fosse stato abban- donato alle semplici impressioni dell' istinto , anzi che avere ri-
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cevuto in dono la ragione senza la possanza d'irradiarsi alla sua luce, giacché l'impossibilità assoluta di giovarsi d'un tanto bene, ne colmerebbe la vita di amarezza e di rincrescimento. — Que- sti tre ordini di facoltà — il sentimento — l'intelligenza — la virtù — non isviluppansi giammai nel tempo medesimo, giacché l'uomo da prima altro non segue che la sua imaginativa e le sue passioni, e le azioni della sua infanzia sono parimente istin- tive. A mano a mano di poi Ja sua intelligenza si svolge e si forma ; comechè l'abitudine ed il moto generale che governano tutto il suo essere continuino a dirigerlo nella via delle sue pri- me impressioni, e persiste lungo tempo ad agire tortamente, an- che dopo di avere riconosciuto che regolari e ben ordinate po- trebbero essere le sue azioni. Finalmente dopo un tirocinio spi- noso impara a porre qualche concordanza tra le sue operazioni e le sue cognizioni, tra i movimenti delle passioni e l'esercizio della sua intelligenza. Egli nello sviluppo delle sue facoltà se- gue lo stesso cammino in qualsiasi direzione che vogliasi osser- varlo, sia nelle sue operazioni o nella sua condotta , sia nelle relazioni co' suoi simili o ne' movimenti della propria anima — che mentre egli incomincia ad agire istintivamente, viene in appresso a poco a poco fatto avveduto dall'esperienza ed illuminato dal- l'osservazione. Finalmente giunge a modellare le sue azioni su le cognizioni che ha saputo acquistare, e in modo tale che dato a lui è non solo di potere raffrenare ciò che sente, ma di mi- norare d'assai l'impeto della sua imaginativa e di operare con ferma riflessione.
• CAPITOLO VI.
DELLE PASSIONI.
Le passioni svegliano attività ed energia nell'anima , ne for- mano 1' alimento , e ci fanno sentire la vita in tutta la sua estensione. L'uomo privo di passioni è quasi un nulla, ed esse sole , ove sieno ben dirette , lo fanno grande. Gli stoici colla loro erronea filosofia pretendevano innalzare l'uomo al di sopra della condizione mortale liberandolo da qualsiasi passione. Se cotesto orgoglioso sistema avesse potuto mettere radici profonde,
24 tolti ne avrebbe tutti i mezzi che ci sono conceduti onde giun- gere all'esercizio delle virtù morali e cristiane. Le virtù morali prescritte dalla ragione, formavano l'attributo del Paganesimo — . le virtù cristiane sono quelle dettate dal Vangelo. Come mai potrebbe l'uomo praticare codeste virtù qualora fosse scevro da sensibilità, da sentimento e da passione? — Tolte le passioni, Ja nostr'anima sempre sarebbe in preda all'indolenza e posta in uno stato d'inerzia assoluta; anzi il divino Alighieri onde designare gli uomini che mai non ebbero passioni, gli appellava colla sua so- lita maniera franca e ricisa, uomini che non fur mai vivi. L'anima dalle passioni riceve il movimento, l'azione, e da esse è trasportata là dove ama poggiare. Le passioni, puossi dire francamente, sono il seme di tutte le virtù, né diventano perniciose, se non quando sono disordinatamente o perversamente impiegate. Si ascolti a sì fatto proposito Metastasio, grande filosofo morale e grande poeta :
« Ma se gli affetti umani
Tutti fosser distrutti,
Dov'è più l'uom? Dalle insensate piante
Chi Io distinguerà? Venti inquieti
Son nel mar della vita
Gli affetti, anch' io lo so ; ma senza venti
Non si naviga in mar. Son schiere audaci
Facili a ribellar; ma senza schiere
Combatter non si può. Spingono quelli
E in porto, e a naufragar; producon queste
E tumulti, e trofei ; tutto dipende
Dal nocchier, che prudente,
Dal capitan, che saggio,
Usi l' impeto loro a suo vantaggio ;
Perchè l' impelo stesso,
Che sciolto è reo, se la ragion lo regge,
Virtuoso si rende. Il genio avaro
Providenza esser può, decoro il fasto,
Modestia la viltà, zelo lo sdegno;
Fin l'invido livore
Bella può farsi emulazion d'onore.
Della ragion vassalli
A servir destinati
Nascon gli affetti, e finche servi sono,
Non v' è , chi lor condanni ;
Chi gli lascia regnar, gli fa tiranni ».
25 Nulla vi ha di più tormentoso della guerra che a vicenda in- cessantemente si fanno nell' interno nostro la ragione e le passioni • — ■ F una , la facoltà ragionevole , altamente biasi- ma ciò che opera la seconda, senz'avere bastevole forza a rin- tuzzarla — l'altra , la facoltà passionata , opera ciò che è bia- simato dalla prima, senza che sottrarre si possa al giudizio che quella fa della sua condotta , dipendenza ineluttabile che avve- lena e intorbida ogni suo piacere. — - Unione stupendissima di contrasti che formano F esistenza dell' uomo ! — Tale è la di- vina saggezza, che ciò che ne presenta l'aspetto del disordine e del caos , altro non è che F effetto d' una mente sublime , di un'arte sovrumana , che tutto sa , tutto vede ed invigila sovra tutte le cose che ha create. L'uomo che giunge ad acquistare ricca suppellettile di cognizioni, ma che non vuole impiegare forza ba- stevole onde comandare a sé stesso, è un essere fuor di modo meschino. Mentre costui a cagione del suo sapere conosce di- stesamente ciò che v'è di biasimevole in un'azione cattiva; dalla sua debolezza , dalla sua inclinazione sviata e corrotta trovasi sempre sospinto ad operare quello che dalla sua mente e dalla sua ragione è riprovato acerbamente. — Ma ove può trovarsi il rimedio? — In una saggia educazione e in un esercizio costante delle più sode virtù , pel cui mezzo unicamente si possono in- frenare le passioni , educare la mente a retta riflessione , vol- gere a corso regolare e salutevole tutti mai gli affetti , cono- scere fondatamente quello che serve a purificare e nobilitare il proprio essere. Nulla avvi più degno dell'ammirazione universale quanto la stretta unione della virtù e del sapere in un uomo; solamente giunge ad ottenere vera preminenza sovra tutti gli altri colui, che a distinte qualità del cuore sa rannodare quel- le al pari distinte della mente.
CAPITOLO V1L
DELLA PAROLA.
« Tosto che ci ebbero due persone su la terra, esse parla- rono. L' uomo concitato dalla foga del sentimento , potè in un
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attimo svelare la sua anima alla sua compagna, manifestarle gli affetti che lo agitavano , che lo trasportavano , la sua ammira- zione in line, la sua tenerezza. Da quali ostacoli d'altronde po- teva essere rattenuto? Il desiderio di parlare non forma egli parte della sua essenza ? Non è egli un bisogno imperioso, eguale ai bisogni tutti cui è assuggettito? E egli privato degli organi necessarii per quest'effetto? Gli occorrono forse ammaestramenti onde porlo in pratica ? — Chiedere qual fosse F origine della parola egli è lo stesso come chiedere, quando e in qual modo l'uomo cominciasse a vedere, a udire, a camminare. La parola è una facoltà semplice al pari delle altre, il suo esercizio egual- mente naturale, il bisogno parimente indispensabile — il muto stesso ne cimenta il potere. — Se fosse convenuto per parlare, che F uomo avesse inventato la metafisica del linguaggio , che avesse indovinato quest'arte,, noi saremmo per ancora muti; il nostro cuore non sarebbe giammai stato smagliato dalla viva emozione di un discorso soave ; giammai non avremmo posto Y orecchio agli accenti allettatrici di persone amate; giammai i poeti non avrebbono cantato colla lira le bellezze maravigliose della natura; giammai la ragione e lo spirito non avrebbono parlato nelle opere immortali di quegli scrittori illustri, che for- mano la gloria del loro secolo e la delizia del genere umano. — . Noi stessi, noi non saremmo atti ad investigare, quale sia slata 1' origine della parola. Gli uomini fra loro intendonsi in conse- guenza di quello stesso principio, che trae una grande parte degli animali ad avvertirsi a vicenda con grida delle loro occorrenze, delle loro sensazioni, dei desiderii loro (1) ». — L'espressione delle idee non è solamente un carattere distintivo dell' uomo ,
(i) Noi abbiamo estratto queste osservazioni dalla Storia Naturale della Parola o Grammatica Universale di Court de Gobelin, opera pregevole e van- taggiosa a tatti coloro che amano anali<uare la mente umana.
JNel iy5i G. Harris pubblicò in Londra un libro intitolato — Hermes or Philosophìcal inquiry concerning Language and Universal Grammar (Ermete, o Investigazioni filosofiche intorno la parola e una grammatica universale). — In qucll' epoca il Court De Gobelin toccava i ventisei anni, e noi crediamo, che allo scrittore inglese debbasi il primo pensiero di trattare quell'argomento; ma avendo noi letto attentamente le due opere, ne sembra che la superiorità spettar debba all'autor francese. 11 disegno di un Linguaggio Universale di Leibnitz dovette di certo somministrare moltissime idee a quo' due scrittori.
27 ma ben anche 1' energia , Y effetto della riunione delle sue più belle facoltà , vale a dire della sua ragione e de' suoi lega- mi sociali. Ogni secolo ha un carattere particolare , i suoi co- stumi , le sue usanze , e conseguentemente il suo linguag- gio, che ne è l'espressione fedele, il che fé' dire a Buffon, che lo stile è V uomo. Difatti ove consultare vogliasi la storia di tutti i popoli , si troverà , che i grandi rivolgimenti delle idee sono stati esteriormente ritratti dalla parola , perchè la parola è Finterpetratrice dell'anima. L'uomo vivendo ed errando fra le selve , senza amore , senza regola , senza commercio , senza legge, col mezzo della parola fecondatrice, si unì al suo simile, formò la società , naturalmente si sottopose al santo freno de' civili statuti ed insensibilmente edificò le città. Dalla parola na- quero le arti che dirozzarono ed incivilirono gli uomini , e la parola, espressione dell'intelletto e del cuore, fece l'uomo quasi onnipossente. La ragione e la parola diedero all'uomo il primo seggio fra tutti gli esseri animati. Delle tre sorgenti delle nostre idee, cioè dei sensi, della imaginativa e della ragione, le due prime lo sono parimente di tutte le nostre passioni. Egli spetta alla ragione discernere le une e correggere le altre, e senza il soc- corso di quella la mente non può giudicare su la realtà degli oggetti, né determinare ciò che merita la sua dilezione. La poe- sia, l'eloquenza, il raziocinio formano tre generi di scritti as- suggettiti a que' diversi oggetti. La prima si rivolge all' imagina- tiva , ed il suo scopo è quello di piacere ; la seconda si serve della stessa voce per eccitare le passioni ed è diretta a per- suadere; ma alla ragione è appropriato il genere argomentativo, il quale altro oggetto non ha se non se l'addottrinamento.
CAPITOLO Vili.
DELL UNIONE DEI DUE SESSI.
In ogni sesso ci sono alcune qualità, di cui l'uno va debitore al- l'altro, ed è per sì fatta scambievole comunicazione di attributi parti- colari, che formasi l'armonia e la bellezza della natura. Da questo deriva quella inclinazione quasi invincibile, che sempre ne regge,
28 di compartire ad altri le belle qualità di cui andiamo adorni, il che è l'effetto dell'attrazione , della simpatia , dell'amor pro- prio che domina la nostra natura. L' uomo che possiede qua- lità pregevoli tanto fisiche , quanto morali , non ne sente nel suo interno grande soddisfazione, perchè da una forza incognita è sospinto a desiderarne delle maggiori — rimane però lusingato e , a così dire, ammaliato da quelle che scopre in altri, perchè son pure a lui proprie e fatte egualmente per esso. Questo movimento incessante e universale per cui i due sessi non sono fra loro disgiunti che per rannodarsi a vicenda più strettamen- te , è una delle leggi fondamentali della natura. Di fatti veg- gonsi di continuo i due sessi chiedersi l'un l'altro quella por- zione di loro stessi di cui sono manchevoli, e comandarsi reci- procamente la comunicazione delle più squisite loro qualità onde non formare riuniti che un solo essere, il quale possa col mezzo di sì fatta unione aumentare le proprie forze e prolungarne col- l'esercizio la conservazione.
Non avvi poi nulla di più interessante come vedere due esseri fatti l'uno per l'altro cedere alla voce imperiosa della natura , seguire l'inclinazione che li trascina seco; e, per un reciproco cambio delle loro sensazioni , confondere la loro esistenza onde moltiplicarne la durata ! Essi si fanno un dovere di dividere i dispiaceri della vita , affine di provarne doppiamente le gioie. La sorgente della loro felicità è una fiducia senza limiti , una mutua espansione , un attaccamento a tutta prova. Allorché un primo ardore incomincia a rallentarsi , nuovi pegni della loro felicità vengono a ristringerne i nodi; eglino gioiscono vedendo trasfusi i loro sentimenti negli stessi esseri che ne sono il frutto; e le cure di provvedere alla conservazione di quelle tenere crea- ture li avvicina più intimamente ancora , e confonde due vo- lontà in una sensazione. • — « Milton, uno dei grandi poeti delle meraviglie dell'Universo, ha dipinto sublimamente in Adamo ed Eva, l'amore puro, delizioso, possente dell'unione conjugale.
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CAPITOLO IX.
LA RAGIONE E L'iSTINTO i/uOMO E GLI ANIMALI.
Nella classificazione degli esseri V uomo s'innalza portentosa- mente sovra tutti gli animali: domina dovunque; è re del mondo ed a tutto impone la sua legge. Egli diritto tiensi sul vertice della grande scala di tutti i corpi organizzati, e tale ne è la pos- sanza, ch'egli esercita una preminenza assoluta su tutto ciò che ha vita. Quello che maggiormente dislingue cotesto capo-lavoro della creazione, è l'intelligenza della sua mente cotanto superiore all'istinto. Il suo forte sentire , i suoi bisogni , le sue passioni lo rannodano ai suoi simili — gli ama , porge loro un ajulo fratellevole, e col sovrano suo intelletto ergesi verso il suo Crea- tore divino, il quale avendolo dotato di qualità sublimi , lo fa solo oggetto privilegiato del suo amore. L'uomo ha comune coi bruti alcune qualità , che però possiede in un grado sempre assai superiore e come si addice a colui che fu creato per do- marli e farli suoi sudditi. Nei bruti il pensare e 1' agire sono circoscritti in picciola sfera , ma nell' uomo estesissimi sono i limili della forza intellettuale ; e mentre a poche riduconsi le occorrenze e gli appetiti dei bruti, sterminati sono i desideri e le passioni dell'uomo. L'istinto muove i bruti, ma la ragione è l'agente superno dell'uomo, e mentre quello opera con semplicità e trovasi ristretto in limiti angusti, l'umano intelletto tutto abbraccia e spazia per ogni dove. Tanto la ragione supera l'istinto, quanto l'uomo supera il quadrupede. Ne' bruti, come nell'elefante, nel satiro od orangutang, nel cane, vedesi sin dove giungere possa l'istinto; ed in Socrate, in Aristotile, in Alessandro, in Varrone, in Dante, in Galileo, in Newton, in Leibnitz , in Cornelio, in Pietro il Grande, in Cervantes, si ammira sino a qual grado V intelligenza umana possa essere sospinta. L'istinto di continuo aggirasi nello stesso monotono circolo, mentre l'intelligenza esten- desi a tutte le cose innumerevoli della creazione. L'uomo colla sua ragione sa conoscere, apprezzare, scegliere, ricordarsi il passa- lo, prevedere l'avvenire, sperare, far conoscere se stesso, ri-
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flettere, studiare, agire con utile, gradevole e necessario scopo, sentire amore a' suoi simili , gustare tutti i godimenti a lui conceduti, evitare il male, cercare il bene, odiare il vizio, ono- rare la virtù, emendarsi, udire la voce terribile del rimorso e adorare l'Essere supremo da cui ricevette la vita. - — Chiamasi Ragione quella facoltà accordata all'uomo di ragionare e di con- dursi a seconda de' suoi ragionamenti , che si fondano sopra giudizj , i quali sono altrettanti confronti d' idee ; e queste , risultamenti di sensazioni o d' imagini. La ragione è quindi la facoltà di potere paragonare le proprie sensazioni, di formarne delle idee a grado a grado sempre più generali, di rannodare insieme sì fatte idee secondo il modo più conveniente , di con- frontare finalmente i giudizj prodotti da quelle riunioni e di de- durne delle proposizioni che servano di regola — ■ tutto questo in somma consiste in astrazioni successive , sempre più elevate e più generali. Inutile è osservare, che esistono diversità ster- minate tra 1' uno e Y altr' uomo riguardo Y estensione di quella facoità, e che la distanza tra l'ingentilito ed il selvaggio, tra un sapiente e un ignorante è parimente immensa. Nullameno que- sto selvaggio, questo ignorante non difetta che dell'educazione e dell'addottrinamento convenevole onde ravvicinarsi all'uomo inci- vilito, al sapiente. I bruti trovansi ancora a una distanza assai più indeterminata dall'uomo, giacché i limiti delle facoltà asse- gnate a ciascuna specie sono insuperabili, né vale l'insegnamen- to o l'addestramento più studiato ed indefesso a farli sorpassare. Tuttavolta dall'attenta osservazione siamo chiariti, che dall'espe- rienza essi ricevono idee di cui conservano lunga rimembran- za , che da esse deducono norme di condotta , e che mentre sanno evitare certi atti, altri ne eseguiscono, malgrado l'impos- sibilità loro al piacere od all'affanno; e tutto questo in virtù della previdenza di cui sono dotati, dell'esperienza del passato e delle conseguenze che ne attendono. Tali sono manifestamente le molli che agiscono sur i cavalli, sur i cani e su gli animali domesti- ci ; tali in parte quelle che agiscono su gli stessi animali fero- ci, che l'uomo giunge con pazienza a rendere mansueti. Cotesti esseri imparano persino il significato di molte parole e senza ingannarsi sommessi e ubbidienti piegansi ai nostri ordini ver- bali. — Nullo istinto avvi però in tutto questo ; egli è una specie di ragionamento in quanto alla forma , assai analogo al
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nostro , ma racchiuso in limiti assai più angusti , che mag- giormente a grado a grado si ristringono col discendere dalla scala degli esseri. Ma a misura che si giunge agli animali più deboli e più piccoli, veggonsi eseguire per la conservazione delle specie loro certe operazioni più raffinate , più sapienti, più dif- fìcili che non alcun' altra di quelle a cui gli animali di un or- dine assai più superiore sono proclivi. L'ape, per esempio, im- piega nella formazione delle cellule la geometria più eccelsa, né avvi artificio , né disegno ingegnoso che non sia da qualsia- si insetto applicato al magistero delle fabbricazioni — né cre- dasi per avventura , che sì fatte operazioni sieno V effetto del- l'insegnamento; che sono dall'individuo praticate appena viene alla luce , senza che abbia veduto agire i suoi affini e i suoi compagni , ed assolutamente senza il soccorso loro ; spesso per- sino quelle operazioni , il che non accade giammai tra gli uo- mini, sono al tutto disinteressate, né è per sé stesso o per la pro- pria conservazione che l'insetto lavora, ma per una posterità che non deve giammai vedere. Tutti gli impulsi morali difettano in sì fatte operazioni, e tutti i mezzi esterni d'istruzione difettano egualmente — conviene dunque che abbiavi un impulso interno dato dalla natura, che, probabilmente col mezzo di alcune imagini interne ingenite, scolpite primitivamente nel sensorio, agisce su di essi, come se queste fossero l'effetto d'impressioni esterne. E sì fatte impressioni esterne, cui conviene applicare il nome d'i- stinto, sono sempre particolari in ogni essere , sempre simiglie- voli in ogni specie , e mentre incapaci sono di perfezionamen- to, ciascuna di esse è stata accordata in dominio ad ogni specie di animali nella proporzione conveniente alla sua propria conserva- zione, e in modo tale che sono come altrettanti ausiliarj alla fe- condità, alla forza, alla intelligenza, alla perfezione. — Gli ani- mali non avendo che pochissimi bisogni, posseggono conseguen- temente pochissime idee. Eglino sentono vivamente il desiderio della conservazione loro, comechè non abbiano presentimento al- cuno del loro fine mortale, e non cerchino che i cibi più sem- plici e ad essi più convenevoli. I piaceri più facili sono i soli cui agognano, e i loro oclii , i loro sdegni, gli amori loro sono transitorj : tutto in essi si opera per momentaneo istinto , ed in essi i sensi hanno dominio fuor di modo maggiore dell'in- telligenza. Quasi tutti gli oggetti scorrono loro dinanzi agli occhi
32 senza lasciare impressione alcuna nel loro spirito ; niuna cono- scenza hanno della durata delia vita e del tempo, poca rimem- branza del passato , non alcuna previdenza dell' avvenire , non alcuna speranza. Le osservazioni che rimangono ancora a farsi sul cervello degli animali , secondo gli anatomici ed i fisiologi più esperti, sono immense, ed esigono studi tanto più profondi, in quanto che 1' osservatore non può essere guidato nelle sue conghietture che dalle azioni stesse degli animali, le quali sovente altro non sono che la sola espressione della loro volontà. Egli è quindi col porre in correlazione il cervello, la sua struttura, il suo sviluppo nelle di lui relazioni col sistema nervoso, che posso- no dedursi norme scientifiche, le quali servono a somministrare dilucidazioni proficue sull'azione di quell'organo negli animali. La natura in cotesti enti è non solo semplice , ma puramente ma- teriale: eglino non sentono né combattimenti interni, nò opposi- zioni, né perturbamenti ; non posseggono né i nostri rincresci- menti, né i nostri rimorsi , né le nostre speranze , né i nostri timori. Sceveriamo da noi tutto ciò che appartiene all'anima, l'in- telligenza , 1' imaginazione , la memoria , quello che ne rima- ne sarà la parte materiale , per cui noi siamo animali — • noi avremo ancora bisogni , sensazioni , appetiti ; avremo dolori e piaceri , avremo persino passioni , giacché una passione è una sensazione delle altre più forte, che rinnovasi ad ogni momento. Ora , le nostre sensazioni potranno rinnovarsi ne' nostri sensi interni materiali, e quindi noi ci troveremo dotati di tutte le passioni, di tutte quelle passioni cieche cioè, che l'anima, que- sto principio dell'intelligenza, né può produrre, né fomentare. Cotesta analisi rapidissima dell' uomo e dei bruti farà bastevol- mente conoscere, crediamo, le facoltà per cui l'uno è tanto dissi- mile dagli altri. L'impero dell'uomo, come osserva l'illustre Buffon, è un impero legittimo , che non può essere giammai da nullo rivolgimento distrutto — desso è l'onnipotenza dello spirito su la materia , ed un diritto non solo di natura , un potere im- mutabile , ma è pure un dono di Dio , col cui mezzo l'uomo può riconoscere ad ogni momento l'eccellenza del suo essere; ed egli è appunto per questa onnipotenza dello spirito sulla mate- ria, per questa eccellenza del suo essere, che lo rende il più per- fetto, il più forte o il più accorto della creazione animale, che sur essa egli tiene il suo scettro ; che se altro non fosse che il
53 primo dello stesso suo ordine, gli altri insieme rannoderebbonsi onde contrastargli l'impero. — L'intelligenza è una facoltà as- sai distinta da quella che costituisce il sentimento, e l'operazio- ne del pensiero non può succedere senza un sistema particola- re di organi , da cui è resa possibile : questo sistema di or- gani soprammodo composto , non esiste , né può darsi che in quelle organizzazioni animali maggiormente complicate — ora, la volontà essendo una determinazione del pensiero ed ogni mo- vimento volontario la conseguenza d'un atto della volontà , egli è manifesto, che il movimento volontario non può operarsi che in quegli animali , la cui organizzazione è bastevolmente pro- mossa onde sviluppare si possano i fenomeni dell'intelligenza. Esaminando la creazione animale ci è dato conoscere, che un piccolissimo numero solamente è dotato di quella facoltà emi- nente, i cui effetti d'altronde non possono essere confusi col- Tistinto che agisce senza senno e conseguentemente senza l'in- tervento cfel pensiero. Il sentimento di cui si è formato uno dei caratteri distintivi degli animali, non può essere prodotto senza l'influenza d'un sistema nervoso abbastanza complicato per ori- ginare si fatto fenomeno organico, il quale è talmente positivo che da nessun fisiologo è inesso in dubbio. Un altro fatto pa- rimente positivo e chiarissimo a tutti coloro che appena posseg- gono alcuni rudimenti d'anatomia comparata , egli è quest' uno, che il sistema nervoso degradasi e rendesi meno elaborato a mi- sura che l'organizzazione diventa meno complicata e che intie- ramente si estingue quando sta per raggiungere l'ultimo anello della catena animale. Per sì fatto modo la facoltà di sentire co- me pure quella di agire volontariamente non esiste in un gran numero d'animali. Alcuni zoologi pensano, che gli animali sieno corpi viventi dotati di parti irritabili, contrattili istantaneamente e reiteratamente sopra sé stesse , da cui deriva per tutti la facoltà di agire e per un gran numero quella di spostarsi conti- nuamente. L'organizzazione dell'uomo è la più complicata e la più perfetta di tutte mai le creazioni. Gli animali , riguardo la composizione dei corpi loro , offrono una disuguaglianza im- mensa, per cui puossi asseverare, che quanto più una organiz- zazione animale si avvicina a quella dell' uomo , tanto più essa s'avvicina alla sua perfezione , mentre quanto più se ne allon- tana , tanto più è semplice ed imperfetta. Difatti ove vogliasi
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34 percorrere la serie degli animali, incominciando dall'uomo con- siderato soltanto sotto P aspetto dell' organizzazione , sino alle nomadi (1), che sembrano essere il termine della vita anima- le, si troverà, che l'organizzazione animale in conseguenza dei fatti risultanti dalla composizione loro forma realmente un or- dine evidentissimo in niun modo arbitrario, procedente da fatti manifesti, e che ogni qual volta vogliano sommettersi a disami- na, si troveranno sempre i medesimi (2). Qualunque facoltà ani- male per quanto possa essere eminente , è un fenomeno pura- mente fisico risultante dalle funzioni d'un apparecchio d'organi, da cui è posta in azione ed a cui trovasi soggetta necessariamente. Quanto più un sistema d'organi è complicato, tanto più la fa- coltà che ne deriva trovasi estesa. Ogni facoltà appartiene a un sistema particolare atto solamente a produrla ed è per conse- guenza dalle altre indipendente. Tutti gli animali non essendo dotati degli stessi organi , tutti egualmente non posseggono le stesse facoltà. L' esercizio degli organi produce P abitudine di
(i)Così dall'illustre Leibnizio furono denominate le particelle semplici e non estese della materia , da cui egli concepì la formazione dei corpi. Nella sto- ria naturale poi è nome di un verme polipo amorfo , che non ha cioè forma propria , od animaletto infusorio molto semplice , trasparente ed in forma di punto.
{i) Varj antichi e moderni autori, e specialmente il famoso Porta , che il pittore Lebrun e Lavaler hanno preso a studio ed anche espilato , istituirono riscontri giustissimi dell'uomo e degli animali; delle forme, de' caratteri, dei gusti, degli umori di questi con i primi. Ma a torto si crede generalmente che di tutti gli animali , il porco sia quello la cui organizzazione abbia più somi- glianza con quella dell'uomo. Il Cuvier, uno dei primi anatomici della nostra epoca, ha osservato in proposito , che Io stomaco dell'uomo e quello del porco non hanno veruna rassomiglianza fra loro. Neil' uomo , questo viscere ha la forma di una piva , nel porco è globuloso ; in quello il fegato è diviso in tre lobi, ed in questo è diviso in quattro; nell'uomo, la milza è corta e ac- cumulata, nel porco dessa è lunga e piatta; il canale intestinale nel primo uguaglia da sette a otto volte la lunghezza del corpo , nel secondo uguaglia da quindici a diciotto volte la stessa lunghezza ; l'epiploon è molto più esteso e carico di grasso; il cuore del porco presenta delle notabili diversità paragonato a quello dell'uomo ; ed il volume del cervello del porco è anche mollo meno considerevole che quello dell* uomo. — Cuvier pose ogni cura nella sua ammirabile opera dell' anatomia comparata ; egli ha studiato fino alle minime fibrille, è penetrato in tutti i misteri dell'organizzazione degli esseri; nulla è sfuggito alla sua sagace mente ed al suo acuto sguardo. Questo naturalista può essere di santa ragione tenuto in Francia , come il celebre Spallanzani è ri- putato in Italia,
35 servirsene, o a meglio dire accresce coll'uso la facilità delia loro azione, e sì fatta facilità mentre modifica l'organizzazione interna dell'animale, l'esercizio delle facoltà corrispondenti diventa un bisogno non solo, ma poco stante una inclinazione insuperabile ove l'animale sia privo d'intelligenza, e difficile a superarsi ove sia arricchito di quella facoltà. Fra le facoltà dell' anima molte ve ne sono, che la maggior parte dei rimanenti animali posseg- gono in comune cogli uomini, come , per esempio, l'attitudine a percepire, e l'attenzione o la possanza d'accudire a quanto va loro a mano a mano succedendo ; e moltissimi animali ci sono pure, i quali posseggono apertamente quelle altre facoltà dell'a- nima, che noi chiamiamo sensi interni, cioè la memoria, eia forza imaginativa o la fantasia — ma non in grado sublime co- me in noi, perchè dotati non sono di un'anima eguale alla no- stra. Egli è per la memoria massime, che noi sì maravigliosa- mente spicchiamo su tutte le altre creazioni animali ; egli è per quella facoltà in noi perfettissima, che operiamo tante cose utili , splendide e sublimi. L' uomo acquisisce le idee con i due seguenti mezzi: la sensazione e la riflessione ; ed è prin- cipalmente negli alti riflessi della mente , pei quali egli con- templa le sue operazioni e richiama le sue idee passate , che consiste la differenza fra l'anima dell'uomo e quella del bruto. Ella è la memoria che testimoni vivissimi ne rende , a così di- re, di ciò che avvenne in tutte mai le età trascorse, che a noi accomuna tutte le opere dei viventi , e che fratellevole catena indissolubile forma tra l'universa creazione umana. La storia è figlia della memoria, e a noi rimembrando le azioni dei nostri avi , esempi incessanti ne porge come a regola di condotta. Ella è in fine cotesta facoltà in noi cotanto raffinata, quella di cui maggiormente difettano gli animali.
CAPITOLO X.
azioni; e analisi dell istinto umano.
Tolgasi la ragione all'uomo, e pongasi mente allora a ciò che egli rimanga , diretto unicamente dal suo istinto. I suoi ocelli
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sono offuscati, alterato è il suo udito , la sua voce sonora ed armoniosa come gli attalenta, altro non manda che suoni rochi e male articolati, ei vacilla su le sue ginocchia ed assuefassi a piegarle umilmente. La fame, la sete, le malattie insorgono a flagellarlo, e la luce del giorno è, a così dire, della metà smi- nuita per lui. Mentre ridotto in tale stato dato gli è ancora di sentire, egli però non possiede il dono di ragionare ; non avvi più alcun dovere che lo rannodi a' suoi simili , e manchevole di que' desiderii che sono dal godimento eccitati , soltanto è dominato da quelli che a lui sono suggeriti dal bisogno; s'egli comunica co' suoi simili, ciò avviene unicamente per quella ten- denza naturale che un uomo sospigne a ricercare un altro uo- mo. E egli stimolato dalla fame ? — Avidamente divora i frut- ti più nauseosi che in se racchiudono sovente il germe della corruzione e della morte ; la sola necessità è sua guida. — È egli sazio ? — Nulla prevede, a nulla pensa, non desidera nulla — egli si addormenta senz1 essere giammai svegliato dal biso- gno del suo simile meno forte o di lui meno operoso — che la debolezza allora è convertita in colpa. L'amore, questo dono pre- zioso, l'amore, balsamo benefico, che l'Onnipotente generoso ed indulgente si è degnato versare su l'uomo, l'amore che offresi sotto mille e mille forme incantevoli a coloro che hanno cuore te- nero e delicato per cimentarne tutta la possanza, che mitiga gli affanni della nostra vita, che vivifica le nostre anime, esalta la nostra imaginazione, ci rende capaci di azioni e di sentimenti genero- si -r- T amore non ha per esso che l'incitamento del bisogno. La donna, questa creatura angelica una delle più belle formazio- ni della Divinità, altro non è a' suoi occhi che un essere pas- sivo ed infimo, e non qual compagna amabile fatta per raddol- cire le pene di cui è ingombro il cammino della vita. La pri- ma ch'egli incontra, eccita in lui lo stimolo del godimento; el- la ha attrattive bastevoli, giacché possiede l'organo della sensa- zione brutale eh' egli ricerca e la sola da cui è dominato pos- sentemente. La complice o la vittima di quel godimento fugace, insensibile alle dolcezze di portare nelle sue viscere il frutto di un amore legittimo, giunta al termine della creazione non sentesi rapita da gioja al vedersi riprodotta nell'essere che per opera di lei respira; ella non è che sospinta dal bisogno di obbedire al grido della natura, e se largisce al suo bambino l'alimento pre-
37 zioso die chiude nel seno, egli è per alleggerirsi di un peso, che senza quella effusione troppo le diverrebbe pericoloso. La creatura che è debitrice della luce a quell'unione momentanea, non può allorché comincia a svilupparsi il suo debole istinto, riconoscere coloro da cui ebbe vita — essa non sente per essi quell'amore filiale tenerissimo , che gli uomini ragionevoli cotanto rende fe- lici di essere padri , che fa loro versare lagrime di gioja alla vista di quegli esseri delicati, i cui giuochi infantili e le carez- ze innocenti danno consolazione negli affanni, dissipano le nubi che talora insorgono anche tra le unioni meglio assortite , e fanno dimenticare le amarezze dell' indigenza , la ingiustizia di taluni j le astuzie di un concorrente , la bassa adulazione de' loro eguali, e la prepotenza di un superiore ingiusto o geloso. Gli uomini in somma diretti dal solo istinto loro sono cattivi e crudeli , giacché non essendo da alcun obbligo rannodali gli uni verso gli altri, né possedendo alcune idee relative ogni cosa attribuiscono a sé stessi , e privati essendo di senno e di me- moria egualmente sono incapaci di conoscere il prezzo dei ser- vigi che possono prestare e di conservare la rimembranza dei beneficii che possono ricevere, per cui vivendo per sé solamente muoiono senza ottenere il compianto da alcuno.
CAPITOLO XI.
DELL ISTINTO DEI BIU1TI.
II cane è l'animale in cui l'istinto domina maggiormente e dì cui meglio puossi giudicare , giacché più degli altri animali trovasi in relazione continua coli' uomo. I cani di guardia, per esempio, di razza pura, hanno l'istinto di scernere l'occorrenza, nella quale deggiono latrare o tacere. L'esperienza di cerio ag- giunge soprammodo a sì fatla qualità, ma egli è parimente ir- refragabile , che anche senza quella , il solo istinto è bastevole in molli casi. L'istinto è negli animali ciò che il buon senso è negli uomini. La natura provide gli uni e gli altri di quella guida sicura , ma l'eccedente di cui volle arricchire l'uomo, a questo fa spessissimo tenere a vile il dono che in comune ei divide?
38 cogli animali — dal che ne consegue allora ciò che operasi nelle specie degenerate. Le cognizioni che l'esperienza può aggiungere all'istinto, non eccitano il cane di razza pura in qualsiasi circo- stanza, se non dopo di avere, a così dire, consultato dei sensi da cui non è ingannato giammai. Un affetto inviolabile , una fedeltà ad ogni cimento, una fermezza sublime sono i principali caratteri del nobile istinto del cane , che degno lo rendono di essere il fido compagno dell'uomo. Mentre gli animali obbe- discono quasi sempre all'istinto loro, non di rado l'uomo disco- nosce il suo proprio. Il cane da caccia nelle sue azioni avvici- nasi assai all'intelligenza umana :
ti II garde les troupeaux, les défend et les aime; Il règie et suit leurs pas, il est berger lui-mème (i;
Egli dà prova di memoria , di riflessione , di prudenza, di pa- ragone, di calcolo straordinario , di perspicacia , di previdenza, di osservazione incessante, di precauzione, di simpatia, di rico- noscenza, di acume, di perseveranza — - egli sa dirigere i meno esperti de' suoi simili , insegnare loro , riprenderli ed ove non vi riesca , abbandonarli.
Ma qual memoria è sì tenace, e salda, Com'è quella talor del fido cane ? O qual d'animo grato, e di costante Altri può meritar più chiara laude ? S'ardisce il fido can con fero assalto Scacciar empio ladron dal caro albergo , Vietando i frutti al predator notturno? Ed al pugnare ed al morire è pronto Con l'amato signore, o per l'amato Signore almeno e conservarlo in vita , Sé stesso offrendo a gloriosa morte ? Spess'innanzi al sublime altero seggio De' Giudici severi il fido cane Fu de' nocenti accusator latrando. E spesso il muto testimonio indegno
(i) Rosset.
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Non fu di fede, e cadde in giusta parte Sovra il reo la temuta orrida pena.
Ma chi potria le meraviglie antiche Narrar de' cani ? e i rari illustri esempi ? E chi sepolti entro l'istessa tomba Mostrarsi col Signore ? o in rogo ardente Co' medesimi onor gli accesi ed arsi ? O 'n guerra pur tra folte schiere ed armi Celebrar la nativa invitta fede ? Chi da tiranni, o da nemici estinti Oserà di sacrar sanguigne spoglie Alla gloria de' cani ? e 'n viva pietra Scolpirgli ? e 'n lui segnar l'imprese , e i nomi Di quei famosi, che da lunga guerra, E lungo esilio trionfando insieme Co* fidi amici, ritornaro al fine Nell'alta patria che circonda il mare ? Seppelo ben la Grecia antica, e '1 vide, Che tant'isole in seno inonda, e chiude (i). »
Moltissime sono le relazioni fra l'istinto dell'uomo e quello de' bruti , siccome pure avvene nella organizzazione loro. La bellezza delle forme e la ragione determinano la preminenza estrema dell' uomo. La natura ba largito con soprabbondanza l'istinto all'uomo affine di guidarlo con sicurezza nel suo cam- mino vitale, ma moltissime cagioni che possonsi chiamare non naturali per virtù de' progressi della civiltà , ha fatto in ciò degenerare la maggior parte del genere umano. Sembra che negli eventi complicati della vita, il buon senso non sia sempre posto in opera, né che sia in ogni circostanza una certa guida delle nostre azioni; che esso realmente non manifestasi in noi se non allorquando siamo stretti da necessità assoluta, giacché freddi e riflessivi allora rendendoci, accorgere ne fa de' nostri errori e disnebbiare la mente da quelle illusioni sterminate della società creata dagli uomini con dose maggiore di spirito che di ragio- ne. L'età che giunge a perfezionare le più belle disposizioni , attutisce negli animali, allorché trascorso hanno un cerio perio-
(i) Tasso.
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do, quella squisitezza di sensi, da cui l'istinto trae il suo princi- pale vigore. Eglino nondimeno vi suppliscono , comechè imper- fettamente , a forza di esperienza e di acquistate cognizioni. In quella vece quanto più l'uomo progredisce nell'età, ove però le sue facoltà morali non sieno giammai state alterate, tanto più, siccome diretto da una lunga esperienza, trarre sa profitto da* lumi del suo intelletto. Il cane tra le tante sue prerogative è mas- sime mirabile in quest'una — pel suo costante attaccamento al- l'uomo, per la sua grande riconoscenza e per l'illimitata devo- zione al suo padrone — in ciò spiccano soprammodo intelligenza, cognizione e memoria indelebile del bene ricevuto, qualità con- giunte a vivissimo sentimento! (1)
L'istinto, questo certo sentimento e movimento naturale che dirige gli animali , è dal Plinio francese spiegato nel seguente modo: egli dice che, « l'istinto non è che il prodotto di tutte
(0 AI sanguinoso combattimento di Caxamarca, la prima linea del piccolo esercito di Pizarro era formata da una fila di cani messi come balestraj , i quali si scagliarono con tanto impeto e valore sovra i Peruviani , che il comandante soddisfattissimo si determinò a far pagare loro un soldo rego- lare come alle altre truppe, e questo soldo era percepito dal soldato che pren- deva cura del mantenimento di uno di quegli animali. Si vede ancora in un antico ruolo militare di quell'epoca , che l'alano Berecillo, il terribile cane di guerra del prode Padines , guadagnava due reali al mese per i servigi da lui resi in guerra. — Un tale aveva nella sua muta una cagna eh' egli moltissimo affezionava , che godeva il privilegio di mangiare e dormire nella sala. Quella avendo figliato , il padrone approfittando della sua assenza , ne affogò i piccoli in uno stagno vicino. Essendo poco tempo dopo ritornata la cagna , molto mostrossi agitata non vedendo più i suoi figli ; si die quindi a cercare per ogni dove e finalmente avendoli trovati annegati, li portò l'uno dopo l'altro ai piedi del suo padrone , e quando fu giunta coli' ultimo , lo guardò fisamente e spirò sull'istante ! — Sorprendenti pure sono i fatti del- l' Elefante. Anche V istinto del gatto è suscettibile di sviluppo. Cartesio , e Pardies nel suo libro intorno all' anima, delle bestie , pretesero come alcuni antichi, che gli animali non sono che semplici macchine prive del sentimento di cui hanno gli organi , ma questa opinione smentisce apertamente l' espe - rienza ed insulta l'Autore della natura. Dire che uno spirito puro gli anima, è attestare ciò che non si può provare. Ma riconoscere che gli animali sono d itati di sensazioni e di memoria , senza sapere come ciò succeda , sarebbe parlare da uomo saggio , il quale sa che /' ignoranza vale più che l'errore. Quale è mai l'opera d'Iddio di cui si conosca veramente i primi principj ? -=— l migliori filosofi sempre in cotesto modo pensavano ed agivano nello stu- dio della natura. — Malebranche che si nutrì d'illusioni, e Buffon, vero filo- sofo, ammettono la stessa opinione cartesiana intorno all'anima de' bruti. In questo Buffon errò, e Pardies fé' manifesto, ch'egli era migliore geometra, che naturalista.
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le facoltà tanto interne che esterne dell'animale. » — Nell'uomo l'istinto è il primo movimento che precede la riflessione , ed è anche un sentimento indeliberativo. Perciò si dice di un movi- mento che facciamo senza il consenso della mente, essere quello un movimento macchinale, cioè prodotto dalla sola macchina del corpo, dal solo fisico. Ma sì fatto movimento si opera sempre con la forza di una impressione, malgrado la nostra volontà. Que- sta è la grande prova della facoltà sensitiva dell'uomo.
CAPITOLO XII.
UNIONE DELL'ANIMA E DEL CORPO.
Che la nostr' anima abbia delle percezioni di cui non riceve giammai conoscenza e di cui ella non ha né pure la coscienza, o che l'anima acquisti solamente quelle idee che le è dato di- stinguere, talmente che la percezione diventi il sentimento stes- so o la coscienza che fa avvertita V anima di ciò che opera- si in esse , questi due sistemi non danno spiegazione alcuna del modo con cui il corpo agisca su l'anima e questa su quello vicendevolmente. Elle sono due sostanze soprammodo fra loro diverse, giacché noi non conosciamo l'anima che pel mezzo delle sue facoltà , e queste facoltà che pel mezzo degli effetti loro ; questi effetti sono a noi manifestati coli' intervento del corpo; noi con ciò vediamo l'influenza dell'anima sul corpo e a vicenda quella del corpo su l'anima, ma non ci è dato oltrepassare si fatti confini. La natura dell' anima essendo coperta da un velo impenetrabile , noi non possiamo sapere ciò che sia un' idea considerata nel profondo dell' anima o come si possa in essa produrre — questo è un fatto, e la causa rimane per ancora avvolta neli' oscurità. Lo spirito e il corpo , vale a dire il pen- siero e 1' azione , questi fenomeni possenti sono tra loro nella più stretta ed assoluta dipendenza. Le facoltà attive non si svi- luppano che per servire di appoggio e di perfezione al domi- nio acquistato su gli oggetti esterni col semplice esercizio dello spirito o del pensiero — poiché l'uomo è un essere individuale, e tutto in lui è assuggettito all' influenza d'un principio unico f
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permanente, fondamentale. L'uomo agisce, perchè ei pensa, e diremo persino che V io che agisce, altro non è in lui che una rappresentazione impetuosa dell'io che pensa, manifestato in un atto, in un movimento. Da ciò procede la scienza dell'azione, che è di certo quella del pensiero. Ove formare vogliasi l'ana- lisi del fenomeno di cotesta sensazione, sembra che la sensa- zione di un piacere futuro, che deve essere reale e benissimo inteso, è quella da cui dipende la determinazione di tutte mai le azioni umane.
Quinto Sesto Sammonico spiega così l'influenza reciproca del fisico e del morale, la loro unione , quella dell'anima e del cor- po : de' varj membri del corpo, lo stomaco è il re ; la sua forza li sostiene e dà loro la legge, mentre che languiscono della sua debolezza. La forza e la pieghevolezza delle fibre del cervello provengono dallo stomaco , il quale , fatto per governare , può tutto mantenere e tutto porre in rovina. Basato su questa grande verità fisica, La Fontaine ordì la sua favola morale-politica: Les membres et l'estomac (1).
(i) Il seguente bizzarro e fisiologico monologo sviluppa la prova della mente e del corpo.
PRIMA DI PRANZARE.
Mio Dio, che cosa sono io venuto a fare su questo malaugurato pianeta ? Perchè non sono io rimasto sepolto nel nulla ? Quante noje , quante pene , quanti tormenti io avrei evitati! Ma no, era scritto colassù che io nascere i, che soffrirei , che morirei , come quella mandra che si agita innanzi a me , eguale alle ombre di una lanterna magica. Che cosa fare senza beni di fortuna ? Quali godimenti aspettare, quali piaceri sperare? — Niente, assolutamente nien- te, ì — Fa d' uopo ogni giorno impormi nuove privazioni : altri mortali più felici di me vivono agiatamente , si danno in braccio all' allegria , soddisfano tutti i loro desideri, e a me tocca essere testimonio delle voluttà ove coloro s' immergono , senza che mai mi sia dato di assaporarle. Venti impazienti creditori , di cui temo vedermi assalito allo scendere del letto, mi obbligano di alzarmi prima dell'alba ed a fuggirmene, poiché , una volta uscito , nulla
più arrischio, essendo sicurissimo che non sequestreranno le mie suppellettili
La mia cera malinconica allontana i pochi amici che mi erano rimasti; la mia timidezza vicino alle belle galanti sembra scoprire lo stato della mia borsa , circonda il loro cuore di un muro di bronzo e si oppone alle dolcezze di un tenero affetto , il quale spargerebbe alcune consolazioni sopra la mia di- sgraziata esistenza. — Se mi accingo a scrivere , la mia imaginazione fredda
43 CAPITOLO XIII.
POTERE DEL CORPO SU L'ANIMA E DELL'ANIMA SUL CORPO.
Il corpo e l'anima sono formati l'uno per l'altra, e trovansl in una unione perfetta. Queste due sostanze, di cui l'una cor- porea, l'altra spirituale, fortemente tra loro rannodate, comechè si distinte e sì eterogenee, esercitano entrambi l'una su l'altra
e impigrita non produce nulla, o non compisce che idee tetre e fatali che su- bito mi fanno gettare la penna.
Nulla possiede il passato che possa sorridermi, il presente è un ghiaccio, e F avvenire non mi lascia travedere che una fosca prospettiva . . . Ma in fine, chi mi sforza a vivere? Chi m'impedisce di porre un termine ai giorni il cui peso mi abbatte ? . . . Andiamo, il dado è gettato, la mia risoluzione è presa, moriamo! — sì, ma prima, voglio godere delle mie ultime risorse, voglio che un buon pranzo , il solo forse della mia vita, sia il segnale della mia partenza per un mondo migliore . . . Uno scudo! . . -, basta, partia- mo! —
DOPO AVERE PRANZATO.
Per Bacco, posso vantarmi di avere fatto un famoso pranzo! — Bisogna convenire che la vita ha veramente i suoi piaceri e che Fuomo è un essere singolarmente privilegiato dalla natura ... Gli udite voi quei barbari censo- ri tonare contro il destino della nostra povera specie? .... Per mia fé, mi fanno ridere con la loro smania di vedere tutte le cose sotto uno as- petto .... In quanto a me , di che cosa mi lagnerei ? ho l'anima conten- ta , la mente allegra ; V universo a me sembra sommesso , non so chi mi tiene di considerarlo come mio dominio . . . difatti, niuno vi si oppone, nem- meno quei Cresi che mi schizzano di fango dall' alto di un rapido carro e che m' inspirano compassione . . . Quanto godo a ridere della loro vanità , del loro orgoglio, dei loro inutili tesori, quanto li vedo al disotto di me! — Se io fossi al loro posto, quante belle cose farei! — Almeno ho del talento . . . che dico, talento ? — ho del genio, è ciò mi viene rivelato dalla mia chicchera di caffè ... — ed in questo caso, chi m'impedisce di abbandonarmi alle mie ispirazioni? — Che io scriva, e l'oro pioverà nella mia stamberga! — Cam- bio il mio quinto piano con il primo; i miei abiti sdrusciti con i più bei pan- ni ; il mio letto , la mia vacillante tavola e le mie due scranne con sontuo- si arredi — I miei amici ritornano e vantano il mio merito ; le
più belle signore ambiscono i miei omaggi, i loro sguardi chieggono i miei; ognuna teme una rivale e cerca a trionfarne ; il mio andamento è più fran-
44 un potere assoluto , e di tutte le facoltà loro prevalgonsi mutuamente. La natura ha stabilito una legge non tanto per la relazione di que' due esseri d'una qualità al tutto diversa, quanto per gli effetti delle loro azioni scambievoli, di modo che Fani- ma prova delle affezioni nell'atto di certi movimenti del corpo, e questo eseguisce dei movimenti nell'atto di certe affezioni del- l'anima. L'anima, comechè dominatrice, è sommessa al corpo, e il corpo spesso diventa il di lei dominatore , giacché quella rimanendo scossa dal piacere, dal dolore e da tutte mai le passioni che ne derivano, queste sono dai sensi comunicate all'anima — il corpo è l'agente loro, parla per esse, e da ciò hanno origine le espressioni fisionomiche. Il corpo , sì fatto stromento delle sensazioni, talmente agisce su l'anima , che questa di continuo rimane eccitata, e non può trovare riposo né pure durante il sonno. A vicenda V anima impone leggi al corpo ed assogget- tandolo al suo potere superno, nulla vale a porre qualsiasi freno alla sua volontà — ella vuole che si muovi , che agisca ed è incontanente obbedita. Se il corpo fa sentire Io stimolo della voluttà in modo che la virtù sia volta a sbigottimento, l'anima esercitando sopra di lui austerità severa attutisce rapidamente que' desideri che furono da esso provocati. Il combattimento della virtù contro i sensi e il suo trionfo, sono il trionfo del- l'anima sul corpo, e la ragione che giunge a superare le sen- sazioni fisiche, è la vittoria parimente dell'anima sul corpo. La gloria dei martiri è quella dell' anima , mentre la filosofia de- gli stoici puntellasi su la forza del corpo. L' anima è la guida del corpo, regola le sue funzioni, ne dirige con saggezza tanto le operazioni più semplici , quanto le più complicate , invigila incessabilmente sur esso e lo allontana dagli scogli cui potrebbe
co, sicuro j la convinzione che cosa valgo, si legge sulla mia fronte; infine rive- sto l'esterno, adotto i modi leggiadri e nobili, adopro il linguaggio di un uomo addottrinato, gentile, di un uomo dell'alta società ... E perciò nulla a me re- siste ! ... — O Providenza, d'uopo è essere giusto, tu hai, nel crearci, cir- condato l'umana specie di varj vasi, gli uni contenenti la dolce ambrosia, e gli altri T amaro assenzio ; sta a' mortali la scelta ; peggio per quelli che si sbagliano ! . . . Quale sensazione io provo ? un peso gravita sopra i miei oc- chi, le mie palpebre si chiudono . . . Venite a me incantevoli sogni t prolun- gate la mia ebrezza ... o se la verità deve distruggere tanta felicità rende- te eterno il mio sonno e non mi richiamate alla vita! —
45 dar contro. Allorché l'anima agisce in sì fatto modo, è l'ufficio più nobile e più conforme alla sua origine divina. Posciachò il sistema di Gali fu ovunque diffuso, veggonsi sovente i padri am- mirare le grosse teste de' figliuoli loro e preconizzare l'energia delle facoltà morali e intellettuali (1) — ma quanti individui non si fanno tristamente distinguere per qualità di un ordine soprammodo inferiore, comechè forniti sieno di teste grossissi- me ? Gli artisti dell' antichità tali ne hanno trasmessi modelli , perchè cadere non deggiasi in inganno. Eglino facevano dipen- dere l'energia delle qualità intellettuali dalle teste grosse e dalle fronti spaziose, mentre attribuivano qualità inferiori ed ordinarie alle fronti ristrettissime e compresse, e alle teste globose su le parti posteriori. Deggionsi forse que' capolavori del bello ideale giudicare quali regole stabili , fondate su la testimonianza dei fatti?. — No certamente, giacche l'energia delle facoltà intellet- tuali è anzi dovuta all'organizzazione particolare degli organi del cervello, che alla loro grandezza. L'analogia, quest'arme cotanto necessaria nei ragionamenti fisiologici, Io cimenta evidentemente. — L'uomo il cui apparecchio dei nervi ottici è non meno grosso che vigoroso, ved'egli più dell'aquila, i cui organi visuali sono non meno sottili che delicati? Di quanta finezza non sono egli- no dotati moltissimi insetti nei sensi del tatto , del gusto e del- la vista malgrado la piccolezza degli organi loro? Quale energia non ispiega la scimmia , il cui cervello è assai più piccolo che quello dell'uomo, nell'esercizio delle sue facoltà intellettuali, co- mechè sia manchevole di una struttura particolare negli organi della voce per servirsi al pari dell'uomo del linguaggio dei se- gni che cotanto estende la sfera dei mezzi morali ed intellet- tuali? E quante teste bellissime non veggonsi colpite e anneb- biate da ignoranza in alcuni popoli che succedettero a nazioni incivilite e sapienti? Egli conviene quindi accuratamente colti- vare gli organi cerebrali coi più sani metodi di educazione pub- blica e privata, onde che le nostre facoltà morali ed intellettua- li riescano meglio modellate e perfezionate. Maestri saggi ed av-
(i) Emanuele Swendenberg, profondo matematico ed erudito distinto, svez- zese, è l'inventore del sistema cronologico, rinnovato ed esteso a' dì nostri dal dottore Gali. Egli opinava pure, che le inclinazioni viziose indicate dalle protuberanze del cranio potevano essere modificate dall'educazione.
4,6 veduti, esemplari luminosi e sicuri; l'amore allo studio e la bra- ma di attecchire potranno maggiormente giovare agli uomini, che non una grossa testa ed organi vigorosi. — Le facoltà morali e intellettuali si sviluppano, si fortificano, si perfezionano e s'indeboli- scono in diverse epoche della vita secondo il modo di vivere e l'influenza delle malattie. L'illustre Cabanis ha al tutto sapien- temente esaurito si fatto argomento nella sua relazione del fisi- co e del morale dell'uomo, scritto e monumento eterno di ana- lisi e di erudizione. Nullameno allorché certi organi dell'econo- mia animale non seguitano nello sviluppo loro il cammino na- turale dei loro periodi, altri organi aumentano di energia e di delicatezza; egli è per sì fatto modo che gli organi della vista aumentano di attività, quando quelli dell'udito sono mutilati o perduti e viceversa , e che uno delle braccia acquista una for- za sorprendente, mentre che l'altro è impacciato nel suo mo- vimento naturale, o che è diventato debole o paralizzato; egli è pure in sì fatto modo che il manifestamento delle funzioni in- tellettuali nei gobbi e nei rachitici è precoce ed acquista un grado straordinario di attività, perchè lo sviluppo del loro cor- po si allontana dall'ordine naturale e comune; egli è finalmen- te, per sì fatto modo, che gli uomini soprammodo studiosi col- l'abbandonarsi a meditazioni profonde ed incessanti, indebolisco- no con questo sistema di vita gli organi fisici , mentre gli in- tellettuali aumentano di energia e di vigore.
CAPITOLO XIV.
AZIONE DELL INTELLETTO E DEL MORALE.
Ove si analizzi l'intelletto ed il morale dell'uomo, e l'azione loro tanto contemporanea che reciproca, scorgesi nel risultamen- te di quelle due facoltà dell'anima, la quale più che ogni altra serve a contraddistinguere l'uomo da tutti altri esseri viventi, e lo fanno loro padrone e dominatore:
1.° L'apprezzamento del bene e del male; del buono e del cattivo; del bello e del brutto ;
2.° La cognizione di sé stesso; le proprie osservazioni e riflessio-
47 ni intorno al suo essere, le sue sensazioni sovra le cose da cui è circondato, e colle quali si mette in contatto; l'influenza degli oggetti sovra di lui e di lui sovra di essi;
3.° La cognizione delle sue occorrenze e de' suoi desideri; quel- la di operare conseguentemente onde soddisfarli affine di trar- ne il suo benessere e il suo diletto, e procurare i godimenti del corpo e della mente — in sì fatto modo veggonsi tutte le sue facoltà concorrere allo scopo delle sue azioni, scopo che ne for- ma il risultamento;
4.° Giunto l'uomo a questo suo interno sviluppo, sa conosce- re non solo la sua debolezza e la sua forza, e a un dipresso si- no a qual punto esse possono agire e produrre il suo male o il suo bene;
5.° Mentr' ei perviene a conoscere l'azione degli affetti, sa a vicenda goderne, sminuirli o superarli; si ricorda del passato ed ha la coscienza dell'avvenire; sente tutta la possanza della vir- tù, del vizio, del rimorso]; studiasi d'incamminarsi verso il be- ne e di evitare il male; sa vergognarsi ed apprezzare l'onore; ama la virtù , si sottopone a qualsiasi sacrifìcio per essa , ab- borre il vizio e tutti i suoi allettamenti; punisce il delitto e lar- gisce premio alla virtù; sente l'amore ed è infiammato da inte- resse pel bene de' suoi simili; forma nodi sociali, tocca l'apice della civiltà, detta leggi, perfeziona e nobilita il suo essere, e du- rante tutto questo grande movimento egli agisce sempre diretto dall' intima idea dell' Ente da cui fu creato , eh' ei adora , che lo consola e sorregge, e che lo ricolma di un timore sacro e soave. L' Eterna giustizia è ognora a lui presente e persino la vede nel suo avvenire. Nulla avvi di più consolante in su la terra per l'uomo come l'adempire a' suoi doveri e considerare la virtù come l' unico suo vero bene.
Questa è la meta più eccelsa cui è permesso giungere alla natura umana, ed è la base e la guida delle azioni dell'uomo. Generalmente egli è mosso ad operare pel suo diletto e pel suo vantaggio, e procura di evitare tutto ciò che gli può riescire disaggradevole e nocivo. Ove il fisico, l'intelletto ed il morale sieno accoppiati con giuste proporzioni, formano dell'uomo il sag- gio reggitore di sé stesso e di quelle cose che possono essere con lui in relazione. I bisogni, i desideri svolgendo e rischiaran- do il di lui intelletto, gli fecero inventare le arti. Quindi inven-
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tò il linguaggio, la scrittura, l'architettura, l'agricoltura, l'astro- nomia, la navigazione, il traffico, e tutti gli altri mestieri ed in- dustrie; in allora si pose a pensare più rettamente e più pon- deratamente, fé1 tesoro agli altri delle proprie idee, de' suoi sen- timenti, e diffuse dovunque l'azione della sua mente, le leggi, l'ordine civile, le arti della pace e della guerra, la statistica, la cronologia, la storia, la geografia, la fisica, le matematiche, la filosofia, le lettere, le arti gentili, la stampa, la polvere, la bus- sola, il telescopio e il microscopio, l'orologio, nuove arti mecca- niche, il telegrafo, il parafulmine, i globi aerostatici, il vapore, e via dicendo; ei operò di grandi scoverte per le scienze natura- li e seppe trarre profìtto incessante da tutto quello che era al- la sua perspicacia offerto dall'accidente. In somma noi diremo con uno dei grandi storici della natura, con Buffon, propagato- re dell'importante ed utile studio delle opere maravigliose della Creazione: — « La nature est le tròne extérieur de la rnagni- « ficence divine, L'homme qui la contemple, qui Tétudie, s'élève « par degré au tròne intérieur de la Toute-puissance. Fait « pour adorer le Créateur, il commande à tuotes les créatu- « res ; vassal du ciel , roi de la terre , il Tennoblit , la peu- « pie et l'enrichit ; il établit entre les ètres vivans l'ordre , t la subordination , l'harmonie; il embellit la nature mème, « il la cultive , l'étend et la polit , en élague le chardon et « la ronce, y multiplie le raisin et la rose. »
CAPITOLO XV.
AZIONE E POTERE DELL IMAGINAZIONE.
Tutta la vita dell'uomo sta nell'imaginazione, e questa quanto più è feconda, tanto più tende a formare la felicità dell'uomo. Ella addolcisce e calma i mali inerenti alla nostra esistenza, ma ove sia penosamente travagliata, forma il nostro infortunio, giac- ché ne toglie allora di godere dei beni che ci largì la sorte, e ne fa vedere tutti gli oggetti ammantati soltanto da tristezza. L'ima- ginazione rende i potenti trangosciati e felicissimi i pastori nelle
49 umili capanne loro ; mentre inventa titoli e dignità , in un al- limo talvolta pare dilettarsi nella loro distruzione. La gloria è forse lo scopo più bello dell'imaginazione. L'imaginazione dispone la sorte delle nazioni, ne segue la prosperità e la miseria, e giunge al colmo del delirio, allorché accende la face della discordia e su- scita lotte sanguinose tra i popoli. L' esaltamento dell' imagina- zione crea i conquistatori , i poeti, gli artisti. — A quanta su- blimità ella non giunse nelle menti di Alessandro, di Platone, dell'Ariosto ! — L'imaginazione abbandonata a' suoi traviamenti fa credere a Tersite , d'essere un Achille , ad Avito più saggio di Socrate. Ella produce il bello, il grande ed il sublime ; e per quella versatilità che cotanto caratterizza la specie umana , dà parimente origine al ridicolo ed allo stravagante, come non di rado vediamo in Lucano e nel Marini , uomini dotati di fervidissima imaginazione. L'imaginazione abborre l'inerzia; giorno e notte agisce incessantemente, e spessissimo i sogni delle tenebre sono più assennati dei progetti concepiti alla luce del sole. L' ima- ginazione in fine oltrepassando i limiti, a lei prescritti dalla ra- gione, diventa l'eroina di Erasmo, che seppe con tanta caldezza, (ilosofia e verità intesserc l'elogio della forza e debolezza della mente umana.
CAPITOLO XVI.
L UOMO E FATTO PER AGIRE.
Il fuoco è 1' anima del mondo , V agente creatore e motore di ogni cosa; senza di esso, la materia, priva di vita e di mo- vimento, non offrirebbe che una inerzia funesta e lo spet- tacolo di una morte generale. Il calore e il movimento costi- tuiscono la vita fisica ; nell' uomo le sue facoltà intellettuali e morali scaturiscono dall'anima. Egli sente, pensa, vuole, agisce, e le sue azioni hanno per iscopo l'udire, il giudicare, il volere, l'operare. Tutto muovesi nell'universo; il sole con la sua azione produce le stagioni , e la terra di continuo fecondata, produce le piante e i fiori, mentre ai mari è stato concesso un perpetuo movimento. II corpo colla circolazione del sangue , e 1' anima
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col rinnovamento esalto ed incessante delle sue idee e de'suoi desiderii, ne mostrano che, qualsiasi l'essere, esso è nato per l'azione e pel lavoro. Quanta copia di esempi non ci offro- no pure gli animali? Gli uccelli fanno il loro nido ; le formiche provedono alle occorrenze dell' avvenire ; il castoro si fabbrica la casa 5 le api compongono il miele ; il baco da seta fila la seta; il bue, l'asino, il cavallo dividono i lavori e le fatiche coll'uomo e lo ajutano validamente. Quanta intelligenza, quanta industria e operosità nei quadrupedi ! —
» Les arts sont Ies cnfants de la necessitò . . . n (i)
Manilio osserva filosoficamente , che le utili cure della ne- cessità, hanno dato all'uomo per istitutori, i suoi bisogni; essa insegna alla sciagura a vincere la fortuna ; il suo stimolo ci serve, allorché ci tormenta; ed in cotal modo, moltiplicando le nostre fatiche, i nostri lavori, l'esperienza alfine, premia i no- stri sforzi con un esito felice. La società nella sua formazione, nel suo sviluppo, ne' suoi addottrinamenti progressivi, nella sua divisione in classi , ne mostra gli uomini sempre occupati in lavori voluti dalle occorrenze e dalle circostanze che impongono a loro stessi, e tutti poi hanno per iscopo di rannodare l'utile al dilettevole. Finalmente tutto ci rammemora che la vita non è punto fatta per l'inerzia, per l'ozio, per la tranquillità.
Omero , grande istruttore degli uomini , inculcando loro di lavorare, aggiunge ch'essi debbono sempre accingersi a operar bene e procurare di essere utili a' loro simili (2). Se ne è
(1) La Fontaine.
(2) Osserviamo con Vauvenargucs e gli altri analizzatori della natura del- l' uomo che alcuni , senza molto riflettere , considerando le agitazioni e le miserie delf umana vita, ne accusano la nostra attività troppo sollecita, e non si rimangono dall' invitare gli uomini al riposo ed al godimento di se me- desimi. Ma costoro non sanno che il godimento è il frutto e la ricompensa del lavoro ; che anzi è un'azione esso medesimo, che l'uomo non può godere se non in quanto egli opera , e che la nostr' anima insomma non è veramente arbitra di sé , se non quando essa esercita tutte le sue facoltà. Si fanno premura questi falsi filosofi di rimuovere l'uomo dal suo fine e di giustificare la disoccupazione , ma la natura accorre al nostro ajuto in questo cimento. L' ozio ci slanca più presto che il lavoro , e restituisce all'azione noi disin-
51 latto ili tutti i tempi un precetto di politica e di morale di un tal dettame, e fu riconosciuto valevole mezzo ad attutire le pas- sioni perniciose all'uomo stesso. Il poeta latino però cantava :
a Otia si tollas pericrc cupidinis arcus. n
Senza allegare cento altri aforismi consimili. La prima condizione imposta all'uomo e V agire, il lavorare; egli ha tracciato solchi sovra un suolo arido; è disceso in or-
gannati della fallacia delle sue promesse. La quale verità non è sfuggita ai creatori di sistemi, i quali poi si brigano di porre in bilancia le opinioni dei filosofi e di tenere un giusto mezzo fra loro. Ci permettono costoro di ope- rare, col patto però di regolare la nostra attività, e di determinare, secondo le loro mire , la misura e la scelta delle nostre occupazioni. Nel che sono essi forse più inconseguenti dei primi; imperciocché vogliono farci trovare la felicità nella soggezione della nostra mente, effetto sicuramente soprannaturale il qual non appartiene che alla religione e non già alla ragione. — La na- tura ha segnato a tutti gli uomini , nella loro indole , il cammino naturale della vita, e nessuno è tranquillo, savio, buono, fortunato, se non in quanto egli ben conosce il proprio istinto, e fedelmente lo segue:
<t .... Se tu segui tua stella, Non puoi fallire a glorioso porto. » Dante.
n Ne forcons point notre talent; Nous ne ferions rien avee gràce. » La Fontaine.
Quelli che nati sono per operare, seguano adunque il loro istinto coraggio- samente; l'essenziale sta, come abbiamo detto qui sopra, nel far bene; se ac- cade dopo di ciò che il merito non sia conosciuto , e che la sola prospera sorte venga onorata, si perdoni liberamente all'errore. Gli uomini non sen- tono le cose che nel grado in cui hanno intelletto, e più oltre non possono gire. Quelli che nati sono mediocri, non hanno braccia per misurare le qua- lità prominenti; la reputazione li soggioga più che l' ingegno , la gloria più che la virtù, od almeno hanno di bisogno che il nome delle cose gli avverta e ne risvegli l'attenzione assopita. — Coloro che nacquero per l'ozio e la mollezza , in esse muoiono e giacciono sepolti. L' eroico Guidi , con forte yocc dice:
ii Sia vergogna il giacer vile, e sepolto, E '1 risorger sia gloria. »
52 rendo abisso onde estrarre massi informi che ha cangiati ira lucenti metalli e che ha sottoposti ad innumerevoli forme; ha seoverto in cielo segni certi pel periodico ritorno delle stagioni, de'climi, delle seminagioni, della coltivazione e delle raccolte; ha studiato le misteriose leggi che presiedono alla riproduzio- ne delle piante ; ha soggiogato gli animali che lo nutriscono , lo vestono e Io ajutano nell' opera sua laboriosa ; ha potuto a sua voglia traversare i monti con le strade da lui dischiu- se , soprapporre loro una corona di boschi , e disporre sopra i seni dei campi e spiche dorate, e verdeggianti praterie; ha ereato e sparso nelle pianure borghi , villaggi , opulenti città. Chi potrebbe mai numerare tutto ciò che 1' uomo ha fatto ed ognora fa? Sembra non esservi più ostacoli all'ardente suo ingegno , al suo coraggioso e indefesso operare , e questo si conosce, allorché si riflette ch'egli ha indovinalo il sistema dell'u- niverso, che ha quasi tutto misurato, che ha rischiarato i secoli più remoti , che ha diretto il fuoco del cielo , che ha potuto descrivere le specie di animali la cui razza si è perduta da moltissimo tempo, che ha descritto l'età del mondo, calcolato l'età de'monti, che ha formato ipotesi sul passato, sul presente e sul- l'avvenire, che ha diretto l'uomo sull'instabile e formidabile ele- mento dell'acqua , che ha sottoposto al suo comando i capric- ciosi slanci del suo vapore, trasformandolo in docili, rapidissimi ed instancabili corsieri. Tutto questo è il risultato del lavoro, il quale ci toglie al nostro primiero stato selvaggio, e dall'igno- ranza ci fa passare all'incivilimento ed all'istruzione. Senza que- sto stato voluto dalla dignità dell'uomo, noi saremmo semplici, rozzi, ignoranti; andremmo ancora nudi, vagando per le selve; saremmo privi delle ricchezze della terra e dei tesori del no- stro intelletto; non potremmo capire, apprezzare, godere di que- sto magnifico universo, le cui innumerabili minutissime parti in- cessantemente si sviluppano a' nostri sorpresi e maravigliati sguardi, e i cui limiti si allontanano a misura che si ingrandiscono le no- stre cognizioni (1). Ma quanti secoli, quante circostanze favorevoli
(i) Allorché l'uomo è immerso nell'ignoranza, che vive in piccola società, lungi da sormontare ostacoli , ne è scoraggiato , ne è spaventato ; fugge , si avvilisce , si degrada e diviene un bruto , di poco superiore alla scimia. Dove l'uomo non si è stabilito, o da dove si è allontanato, o non abbia messo
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ha dovuto impiegare l'uomo per uscire dal suo primitivo stato! A quale immensità di fatiche , di lavori ha dovuto assoggettar- si ! — il pensiero non regge al calcolo. Tutto però è stato con trionfo eseguito. — Ma come la natura lavora incessantemente, e che incessantemente distrugge le opere dell'uomo, così fa d'uopo che 1' uomo lotti perpetuamente contro di essa, onde mantenersi nelle conquiste che ha fatto. S'egli ardisce sospendere un istante la sua attività, la fame, la miseria, le inondazioni, le privazioni, il soffrire, la morte lo punirebbero della sua negligenza , della sua inerzia. Tale è una delle possenti ed immovibili leggi che imperano sulla esistenza dell'uomo.
Le arti con comune armonia concorrono alla nostra istru- zione al perfezionamento del nostro essere ed a farci felici per quanto è a noi dato. Schiller dice : « È per 1' unione indis- solubile de' loro sforzi che la vita si fa nobile , attiva , ed in tal modo diventa veramente vita. » — Con V esercizio delle arti sentiamo meglio il valore di ogni cosa, acquistiamo l'arte di godere , ed il tempo non vola impunemente. Non auguria- moci i beni della fortuna, se non che accompagnati dal talento di saperne fare buon uso (1).
in opra la sua attività., i vegetabili si moltiplicano al segno di nuocersi e di soffocarsi col loro numero; le selve tra loro intralciate diventano impenetrabili; il letto de' fiumi si gonfia dappertutto , le acque si spandono nelle pianure, formano melme, i cui vapori infettano l'aria; i rettili ne fanno loro dimora, gli insetti si moltiplicano all'infinito, gli animali feroci vi stabiliscono le loro tane, e, allorché l'uomo si presenta, assediato da tutti, fa d'uopo che li com- batta, che ne trionfi, e che in appresso egli ponga argine alle acque, che puri- fichi l'aria, e che fecondi la terra, la quale sempre benefica provederà a tutte le sue occorrenze.
(r) Gli Egizj punivano l'ozio come un delitto di Stato, e non soffrivano presso loro nò accidiosi, nò vagabondi. Gli antichi Germani, secondo ciò che ne scrive Tacito, tuffavano i poltroni nel fango in cui li lasciavano perire. Questo rigore era reputato come saggia legge ; essi pensavano che un men- dicante che ha braccia e corpo sani, poco diverso è da un malfattore ; onde il Poeta assai a proposito usciva a dire :
li La gola, il sonno e l'oziose piume Hanno dal mondo ogni virtù sbandita, n
E prima ancor del Petrarca , V Allighicri ci aveva detto nella Divina Com- media :
u
L'ingegno e l'attività dell'uomo, la necessità di soddisfare ie sue occorrenze ed i mezzi a raggiungere questo scopo nelle si- tuazioni persino più difficili e pericolose sono ampiamente ri- tratti nel libro eccellente di Robinson Crusoè, con una cogni- zione acutissima della natura umana. Il suo autore, Foè, rivela tutto quello che l'uomo colla mente e col corpo può operare per soccorrere sé stesso, per procurarsi il suo ben essere , per evitare il male. In quel famosissimo romanzo si vede 1' uomo gettato nel mondo, solo, e in società ; — nella reggia, o nella prigione, fra gli agi, o fra gli stenti , e sempre gli avviene il bisogno di adoperare le sue proprie forze, e di dover dire: Se tutti mi abbandonano, io basto a me stesso. — Questa grande idea fa dell'uomo ciò ch'egli dev'essere. Una potente volontà, un deciso coraggio, una ingegnosa industria, danno tutta la dignità che gli è stata concessa dal suo Autore. L'uomo col solo sussidio delle proprie forze tali lavori può compiere, che sembrano a prima giunta impossibili. Il volere e la necessità sono moventi efficacissimi della forza di tutte le facoltà umane. Gli antichi dicevano che la necessità è cieca, crudele, tirannica, inflessibile e dominatrice ingegnosa delle nostre azioni. — -
CAPITOLO XVII.
UNIONE DEL r-OTERE DELL UOMO E DEGLI ANIMALI , E RISULTAMELO DELLE FORZE LORO.
Ella può dirsi cosa indubitata, che l'uomo dee gran parte della sua possanza agli animali che seppe addomesticare. La
« ... . seggendo in piuma, In fama non si vien, né sotto coltre. Senza la qual chi sua vita consuma Cotal vestigio in terra di sé lascia Qual fumo in acre od in aqua la schiuma, u
A tutte queste osservazioni di fatto siam debitori degli odierni varj stabilimenti d'industria tanto importanti ed utili, «die sommamente onorano chi li regge.
55 sussistenza de' popoli inciviliti è quindi dovuta interamente al lavoro del bue, del cavallo e dell'asino. Se l'uomo non fosse aju- tato e sollevato da que'scrvi robusti , le famiglie sarebbero ri- dotte a dissodare colle mani loro la terra onde trarne alimento. Separati a vicenda da boscaglie immense , tutti sarebbero stati sempre coltivatori o cacciatori , né traffico alcuno sarebbesi tra loro stabilito. Occupato ognuno solamente di sé stesso, la barba- rie e l'ignoranza regnerebbero ancora in su la terra; le città non si sarebbero innalzate ; le arti non avrebbero fatto bella mostra delle meraviglie loro, e l'uomo sarebbe disceso nella tomba senza conoscere la forza e la grandezza della sua mente , perché tre animali cui comanda e dispregia , mancati sarebbero al sovve- nimento delle opere sue. D'incalcolabile ajuto ed utilità è al- l'uomo il cavallo, ed immensamente opera col suo mezzo (1). Mentre gli animali hanno il loro clima particolare, l'uomo, qual re dell'universo, stanzia egualmente nelle terre del mezzogiorno, come tra i ghiacci del settentrione. Egli impera sulla terra, ve- leggia a sua voglia sovra gli abissi delle acque, e audace e trionfan- te innalzasi nel seno dell'atmosfera (2).
(i) L'arte del cavalcare fu ritrovata in Italia, da Mares, il quale montò a cavallo prima assai di Bcllerofonte e de' Lapiti.
(2) Origine delle invenzioni di scienze e d'arti prese dagli animali.
Le opere della natura precedettero ovunque quelle dell'uomo, il quale trovò nell'istinto e nell'industria degli animali, l'origine di quasi tutte le sue in- venzioni. Questi, che sono i suoi antecessori nell'ordine della creazione, die- dero all'uomo i primi esempi della forza intelligente.
La scorza degli alberi fornì i tessuti ; il bruco insegnò alla donna a svolgere le fila, il ragno a tesserle. I legni secchi, sfregati insieme, gli daranno il fuoco, quando avrà veduto i rami degli alberi resinosi, strofinandosi, produrre l'in- cendio di una foresta. Mercè del fuoco , scoprirà l' arte culinaria. Lo stra- ripamento dei fiumi mettono ai lavori agricoli dell'uomo, alle sue cacciagioni, alla pesca, a'suoi pascoli tali ostacoli che per anco egli non potò vincere. I castori gli insegnano a deviare le correnti, ad arrestare l' impeto delle onde, opponendovi solide dighe. Il castoro si serve della coda a stemperare la terra e ammonticchiare le pietre eh e cementa con quello smalto ; difeso da codeste dighe , costruisce la sua capanna. 11 primo uomo impiegherà le sue mani a far l'opera del castoro. Per impedire il furore dei torrenti, egli co- struirà la sua capanna al sicuro delle acque, la coprirà delle foglie del ba- nano e del cocco; vi stenderà sopra le spoglie degli animali uccisi.
Poscia , coltiverà il campo vicino alla sua casa , lo cingerà di un'aia per guarentire i suoi frutti dall' avidità degli animali. I tronchi degli eleganti cocchi gli offriranno il modello del fusto delle sue colonne ed i pilastri , i
56 CAPITOLO XVIII.
dell' uomo.
L'uomo è un essere incostante, sempre soggetto a cambiamenti, secondo i casi da cui è dominato ; i suoi più forti motori però sono
cui capitelli prenderanno i loro più begli ornamenti dalla disposizione delle foglie del loto. Gli archi delle grotte, la volta delle capanne del castoro sa- ranno gli archetipi delle sue volte, delle sue impalcature. Le embricò l'ar- desia le copriranno a quella foggia che le scaglie difendono i pesci. Ed ecco l'origine dell'architettura rurale.
Ben presto la forma degli uccelli acquatici e i loro organi natatori sa- ranno suoi modelli. A questa scuola furono gettate le prime fondamenta della costruzione dei navigli. L'uomo tagliò dei ceppi degli alberi, a' quali si affidò, dietro le curve che la natura aveva disegnato sui pesci, e ciò ch'egli poi chiamò prora, poppa , carena , fu foggiato sulla lor testa , sulla coda e sul tronco. La forma dei pesci servì fors'anche a rettificare i modelli delle prime navicelle; come quelli allungarono la prora , la poppa , tondeggiarono a'fianchi e si terminarono in carena , e 1' uomo slanciò la sua macchina im- perfetta nel mare; ed ivi, come i pesci, s'aiutò con natatoi per avanzare o indietreggiare a suo talento. Così nacquero i remi; per loro impulso la na- vicella ridesi della calma delle acque e dell'inerzia dei venti.
Ma quale non fu la sorpresa del primo navigatore , quando vide che era stato prevenuto, avanzato e vinto da semplici conchiglie che vagavano anche in fastose navicelle , che strette insieme formavano innumerevoli squadre ? Più abili di lui, questi piccoli navigatori spiegavano all'aria certe vele che i venti gonfiavano; più felicemente organizzati che esso noi fosse, nelle tempe- ste, essi raccoglievano prudenti le loro vele, si calavano al fondo delle acque, e attendevano che ritornasse il bel tempo per continuare le loro evoluzioni.
L' argonauta gli offerse lo spettacolo di tante maraviglie. Ei ricevette da questo nuovo maestro lezioni utilissime : sul suo esempio, zavorrò la sua barchetta , e cosi ne assicurò il cammino che l'incostanza dei flutti faceva troppo spesso vacillare , stese in aria informi vele che venivano accarezzate dai venti, e si diresse secondo la stella, in mancanza di bussola, a meno che il cielo non fosse oscurato da notte tenebrosa.
La lepade conosceva la potenza della pressione dell'aria, e s'attaccava agli scogli che cingevano i bassi fondi, facendone il vuoto con la sua conchiglia piramidale, molto prima che si fosse inventata la macchina pneumatica. La tor- pedine col tatto comunicava la scossa elettrica, prima che Nollet facesse le sue esperienze. La rana prediceva la pioggia prima della scoperta del barometro. 11 gallo annunziava il ritorno deli' aurora prima che s' inventassero gli oro-
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l'amor proprio, l'ambizione, la sete del dominio, delle ricchezze, degli onori. L'uomo tramuta di carattere, di costumi, di senti- menti secondo le circostanze, secondo i luoghi in cui stanzia e
logi. La rondinella , giungendo alla nostra zona temperata e partendo per le regioni del tropico , annunziava il ritorno della primavera o dell' inver- no , prima che 1' uomo avesse scoperto la sfera e il calendario. Le quaglie conoscevano l'equinozio di autunno , i cigni e le anitre selvagge i gradi di iatitudine, e le fregate quelli di longitudine, assai prima degli astronomi e dei navigatori.
11 lumacone era armato di telescopi prima de' nostri astronomi. 1 cocco- drilli , gli struzzi e le tortore non ebbero mai bisogno di termometro per assicurarsi dei gradi di calore delle sabbie d'Africa per l' incubazione delle loro uova. Avanti che Archimede desse le leggi dell'idrostatica, tulli gli ani- mali si gettavano nell'acqua, e conoscevano quindi la pesantezza dei corpi.
La formica, senza sospettare la nostra meccanica > implorava il soccorso della sua compagna quando, nel trasporto del grano , giudicò che nella leva che bisognava adoperare, la potenza era al di sotto della resistenza, e per antivenire la germinazione dei grani che raccoglieva nel suo granaio, ne ro- sicchiò l'estremità senza sapere i primi elementi della nostra fisica dei vege- tabili. Minerva e le arti tutte stavano in pace nel cervello di Giove, quando l'ape, senza corde, senza squadra , livellava le strade e fabbricava le case della sua popolosa città, cui pareva il compasso ne avesse determinalo colla più severa precisione il piano ottagono. Il ragno conosceva tutto l'effetto della gravità dei corpi, quando, a calarsi da un luogo molto elevato, vi at- taccava il filo a cui s'aggrappava , e che svolgeva a misura che discendeva per evitare gli accidenti della eadula.
La nozione dei colori, delle loro affinità, de'loro contrasti, non è estranea ad una infinità di animali; alcuni ne traggono partito per la loro sicurezza. )l lepre ha la scaltrezza di nascondersi sotto gli occhi del cacciatore fra le zolle , Jl cui colore confondesi con quello della sua pelle. 11 rosiguuolo , il merlo, il canarino ed altri uccelli cantavano e carolavano prima che l'uomo avesse espresso la sua gioia col canto e colla danza. 11 geometra non aveva tracciato circoli col suo compasso, e gli uccelli arrotondavano già il loro nido a cono, e il filugello dava al suo bozzolo la forma clittica ; l'ape aspirava il succo de'fiori, e l'elefante l'acqua de' fiumi, avanti la scoperta delle pompe e delle belle esperienze del Pascal e del Torricelli.
L* uomo prese ancora dalla natura il modello degli strumenti che secon- dano gli sforzi della sua industria. La sega trae la sua origine dalla difesa del pesce di tal nome. Il martello ricevette il nome dalla condizione che gliene diede l'idea, la forma.
Noi abbiamo preso dalle aguglie degli alberi la forma delle nostre. Col- l'osservare gli unghioni onde la natura armò i piedi degli animali solipedi e bipedi, abbiamo formato la prima scarpa. Fino le bottiglie e le caraffe furono arrotondate sulla foggia delle zucche. Pare che l'uomo abbia dato una prova della sua riconoscenza agli originali che copiò, dando loro dei nomi relativi agli istrumcnti, ai mobili de' quali essi gli fornirono l'idea, e che ci modellò secondo le proporzioni di quelli. — D. F.
58 le persone con cui ha relazione (1). V uomo nella solitudine, rinchiuso nel suo penetrale opera naturalmente; la sua anima è al tutto libera, e alla specie dei monologhi ch'ei fa, affida l'e- spressione della sua anima e della sua mente. Se taluno d'im- provviso mostrasi a lui, egli cangia di sembiante, di atteggia- mento, di modi, di sentimenti, e cerca di foggiarsi alla circo- stanza in cui è posto dalla presenza di colui. Egli cangia di (isonomia secondo gli interessi e i sentimenti che in suo cuore destano i diversi caratteri e le condizioni diverse di coloro co' quali dee trattare. Gli avvenimenti , le situazioni lo trasformano quasi ad ogni istante. Ove esaminare lo vogliamo nel seno della famiglia, in un ritrovo d'amici, in un luogo pubblico, in un'as- semblea, in una sala regale, alla campagna, presso un semplice
(i) Democrito, in una commedia di Rcgnard, descrive, co'scguenti versi, il carattere e l'umore dell'uomo :
a 11 est à tout moment
l.a dupe de lui-memo et de son changement.
11 aime, il hait, il craint, il espòre, il projette ;
il condamne, il approuve ; il rit, il s'inquiète;
11 se fàchc, il s'appaisc; il ovile, il poursuit;
Il veut, il se repent; il elève, il détruit:
Plus lèger que le vent, plus inconstant que l'onde
11 se croit en effet le plus sagc du monde;
Il est sot, orgueillcux, ignorant, inégal :
Je puis rire, je crois, d'un pareil animai »>.
Erasmo nel suo Elogio delia Pazzia, e Swift nc'suoi Viaggi di Guìlivcr, hanno fatto la critica filosofica e spiritosa della specie umana e della vita umana. Rabelais, con cinico sorriso, beffeggiò ogni cosa ; ma , per mostrare impunemente una delle più forti satire che si siano dirette contro l'umano in- telletto, ei si coprì della maschera della Pazzia , e prodigò con derisione e malizia le buffonerie e perfino le più alte stravaganze. Grandi motteggiatori degli uomini sono Luciano e Casti. — Dell'uomo
(4 Despréaux et Pascal en ont fait la satire.
Pope et le grand Leibnitz, moins cnclins a médirc, Semblent dans leurs écrits prendre un sago milieu; IIs descendent à l'hommc, ils s'élévent à Dieu. h
Voltaire , autore di questi versi , ed il grande Orazio con maestra mano descrissero 1' uomo quale egli è , ma però alcune volte con stile lucianesco. Noi godremo di mostrarlo in tutto il suo splendore , allorché , trattando del genio , svilupperemo questa più bella sua facoltà in tutta la sua azione ed estensione.
39 privato, al cospetto di un personaggio a luì superiore, o a taluno a lui inferiore, non si troverà giammai perfettamente lo stesso uomo — che di continuo operasi con una facilità indicibile nel suo con legno, nelle sue maniere, ne' suoi occhi, nella sua voce, ne' suoi discorsi, i più osservabili cangiamenti. Egli è un vero atto- re che assume varie parti , dettate da' suoi interessi e da' suoi sentimenti. I diversi abiti che talora è obbligato di indossare, pro- ducono altresì un cangiamento in tutto il suo individuo. La guar- naccia o veste di camera, l'abito della campagna, quello di cit- tà , l'abito di rispetto, la divisa, la toga, l'abito ecclesiastico contribuiscono a caratterizzare l'uomo. — Invano tentasi di al- levare, come si vorrebbe , gli animali naturalmente più docili ; si può benissimo assuefarli ad alcuni tratti e portamenti pia- cevoli ; ma siccome essi non sono dolati che di spirili ma- teriali ( esprils-corps ) , come diceva l'ingegnoso La Fontainc , cosi si scorge sempre ne' movimenti loro , per quanto sie- no regolari , certa stupida apparenza , che di soverchio pa- tisce del bestiale per poter meritare il nome di maniere, Non avvi propriamente che V uomo , il quale sia suscettivo di maniere. I di lui movimenti , i gesti , le attitudini aggiun- gono soprammodo alla sua bellezza , e sono la sorgente di ogni sua espressione. Gli alti gentili hanno una relazione es- senziale colla grazia. I movimenti comuni od ordinarli sono can- giamenti di attitudini o di alcune azioni del corpo o di alcune parti del volto. I movimenti eccelsi, i movimenti più espressivi, più interessanti sono quelli comunicati ai corpo dalle passioni. Le forme, i movimenti, la ragione e le passioni formano la pre- minenza immensa dell' uomo sopra gli altri esseri tutti della creazione. Questi movimenti esterni sono il linguaggio dell' a- nima e dei sentimenti; essi fanno scorgere il pensiero e preve- dere le azioni (1). Il movimento della macchina fisica dcll'uo-
(1) L'uomo dozzinale arrossisce e si confonde allorché presentasi in un crocchio; sconcertasi allorché parla, risponde con difficoltà, nò sa come disporre delle sue mani; in quella vece un uomo bennato che abbia praticato il mondo, mostrasi in compagnia con sodezza convenevole, mcntr'c perfettamente acco- stevole, ne mai imbarazzato. — L'uomo elegante e di mondo esprimési fran- camente ed è naturalmente affabile senza alcuna ostentazione ; ma colui che sempre è vivuto alieno da ogni civile società , non può che esprimersi roz- zamente e fare a tutti palese l'assoluta mancanza in lui d'una buona educa- zione. — Chcslerfield.
60 mio presenta il quadro sterminato delle complessioni , dei tem- peramenti , dei caratteri , dello spirito , delle inclinazioni , dei bisogni, delle passioni, dei costumi, delle età, dei sessi, dell'e- ducazione , delle varie istituzioni , delle condizioni , delle vir- tù, dei difetti, de' vizi della specie umana e della specie uma- na modificata ed elaborata dall'uomo. Le emozioni , le inclina- zioni, le passioni e i loro manifeslamenti esterni sono visibilis- simi nelle persone volgari 7 giacché la natura non avvinta in quelle dai legami della società incivilita, opera liberamente e senza niun ritegno. Egli è perciò che i pittori , gli scultori studiano in quella classe la vera ed energica espressione delle passioni, giacché l'uomo in questa mostrasi tal quale egli è real- mente, tutto allo scovcrto apparisce il suo cuore (1).
L' uomo giusto e filantropo, e che adempisce ai doveri della società, è degno del suo nobile destino. — « L1 uomo magnani- mo e potente forma la gloria del suo paese e diventa il discor- so de' posteri , i quali rammentando le sue belle qualità , ap- profittano di ciò ch'egli ha fatto di utile (2).
(i) Tra gli scrittori che più acconciamente studiarono^ conobbero e descris- sero l'uomo e il cuore umano, spiccano Giobbe, il cui libro è profondo, e sublime, Mosè, Salomone, Davide, Omero, Dante, Shakespeare* eglino lutti ritrassero l'uomo e la vita coi colori più vivi ed energiei. In Platone, Aristotile, Bacone,. Machiavello, Cartesio, Pope, Locke, G. G. Rousseau, Montesquieu, Filan- gieri trovasi una conoscenza profonda del cuore umano. Citeremo pure Ovidio, Lucrezio, Virgilio, il Tasso, l'Ariosto, Boccaccio, Petrarca, Corneille, Racinc, Sterne, Molière, Voltaire — questi due ultimi sono in Francia gli scrittori che hanno maggiormente approfondito gli uomini e ritrattili fedelmente — Teofra- sto, Seneca, Cicerone, Plutarco, Montaigne, La Bruyère, Fénélon, Metastasio, Goldoni, La Rochefoucauld, Alfieri, Sofocle, Milton, Richardson, Ficlding, Walter Scott, Byron e taluni de'nostri contemporanei , drammatici e roman- zieri approfondirono e dipinsero magnificamente il capo lavoro della Crea- zione. — G. G. Rousseau fé' un quadro di una verità indicibile dell'uomo e della donna nella sua opera immortale , VEmilio. La Bruyère , Thomas x Prévost, Duclos, Ségur e Legouvè parlarono diffusamente del sesso gentile.
(i) Ma l'uomo non sempre dipende dalla sua ragione, egli è pure schiavo delle circostanze, degli eventi \ influisce su di lui come ognun sa l'educazione e le istituzioni a cui è sottoposto, e che lo guidano nelle sue azioni. Fondato su questa osservazione , Voltaire , nella sua tragedia di Calitina , fa dire a Cicerone, dipingendo questo grande cospiratore :
h Un courage indompté, dans le cceur des mortels, Fait ou Ics grands héros ou les grands criminels t
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11 filosofo di Ferney, combatte gloriosamente le idee di quello di Ginevra intorno al destino dell'uomo; egli osservandone le im- perfezioni e le miserie, lo giudica più sensatamente e non gli toglie la sua vera dignità — ei dice: « Ragione, mani industriose, testa capace di generalizzare delle idee, una lingua bastante- mente pieghevole onde esprimerle , ecco i grandi beneficii ac- cordali dall'Ente supremo all'uomo all'esclusione degli altri ani- mali ». — Con tali mezzi l'uomo si rende grande e superiore a tulli gli altri esseri.
Il clima , l' educazione , V esempio , le leggi , la professione, gli avvenimenti formano il carattere dell'uomo , guidano le sue azioni, lo avviano al bene od al male, alla virtù o al delitto , quindi le varie tendenze al mutar di essi , avvertite dagli sta- tistici , formanti anzi la più nobile parte della statistica stessa. — La forza dell'uomo è sempre quasi superiore a quella della donna ; egli è più agile, ed avendo tutti gli organi più forti, è più capace di una attenzione continuata. Tutte le arti sono stale inventate da lui e non dalla donna.
In cotesto modo tutto essendo fondato sulla forza, l'uomo na- turalmente e generalmente è superiore pel suo fisico e pel suo intelletto alla donna ; questa è meno forte, riconosce neh" uomo il suo signore , ma è suscettiva dell' istessa forza morale e fi- sica, e non rare sono queste eccezioni. L'uomo guida la donna, e la donna ognora domina sull'uomo. L' uomo tutto si adopera per la donna, mentre questa non vive che per l'uomo. Plutarco, nobile dipintore dell'amore e della donna, ne loda con sublime affetto il cuore , e particolarmente l'amore di cui cotanto de- lizia 1' uomo. — Il destino dell' uomo dipende dal modo con cui tratta la donna. Questa è il centro di tutti i piaceri terre- stri, e 1' uomo è il suo appoggio, il suo sostegno, il suo pro- lettore.
Il fisico ed il carattere dell'uomo hanno spesso alcun che di somigliante con quelli di certi animali, analogia di cui abbiamo parlato nel Capitolo VIII , e che fu studiata da Aristotile, Ada-
Qui du crime à la terre a donne Ics cxemples, S'il cut aime la gioire, eùt meritò des tcmples. Catilina lui-meme, a tant d'horreurs instruit, Eut etc Scipion, si je l'avais conduit. «
G2 manzio, Polemonc , Ippocratc, Tcofrasto, Pitagora, Platone, So- crate, Galieno, Avicenna ed altri. Il Porta, più di ogni altro, si estese sopra questa materia, e l'ha trattata con moltissima per- spicacia. Varj moderni hanno pubblicato volumi intorno allo stesso oggetto, ma quasi tutti copiarono gli antichi ed il Porta. — Checché ne sia , cotesto osservazioni sovra la figura del- l'uomo e di alcuni animali, sono fondate sul vero. Johnson, nel suo Rambler , dice che : « Spesso gli uomini si distinguono con nomi di animali a cui si suppone che somiglino. Quin- di si chiamò l'eroe, un leone; l'intrigante, una volpe j il concussionario , un avvoltoio ; il cicisbeo , una scimmia » . — La ferocia della tigre , la timidezza del cervo , la fedeltà del cane, l'industria dell'ape, la vanità del pavone, ecc., sono spes- sissimo applicate all'uomo. — Gli animali, la cui figura si av- vicina molto a quella dell' uomo , si chiamano : antropoformi. I fisici osservano che il cervello dell' uomo essendo più gran- de , ammette maggiori idee , e lascia maggior estensione al- la sua memoria ; i suoi denti ed i suoi intestini gli per- mettono di essere frugivoro o carnivoro a sua scelta , la sua mano gli dà la superiorità sovra tutti gli altri animali ; il suo piede procura una base solida al suo corpo che non può avere la scimmia, la quale è un quadrumane ; la sua massa gli somministra una forza capace di resistere alla maggior parte degli urti o di rovesciare la maggior parte degli ostacoli ch'e- gli incontra; la lunga durata della sua vita, che sorpassa quella di quasi tutti gli altri animali, gli permette di acquistare delle cognizioni e di trasmetterle alla sua posterità.
CAPITOLO XIX.
DELLA DONNA.
La donna essendo il sesso più debole, è per questo più su- scettivo di movimenti appassionati. L' acutezza della sua intel- ligenza, la sua delicatezza di sentire, la mobilità delle sue idee, la pieghevolezza della sua imaginaliva, i capricci delle sue vo-
G3 glie , la sua credulità superstiziosa , i suoi vani timori , le sue fantasie e lutti i vizi della puerilità — la sua modestia , il suo candore, la sua innocenza semplice e timida, la sua dissi- mulazione, la sua destrezza, la sua cedevolezza e compiacenza, tutti mai i raffinamenti dell'arte di sedurre e d'interessare (1), il suo amor proprio, la sua vanità, i suoi trasporti, la sua im- petuosità e pertinacia , la sua sensibilità ed incostanza , i suoi eccessi, le sue frenesie , la sua penetrazione , i suoi talenti, il suo spirito, la sua previdenza , tutto in somma la guida al suo destino (2). Le donne sono tratte ai desideri estremi ed ai sen- timenti smodati. 11 loro essere pare formalo dall'amore , e l'a- more è il primo elemento loro. L' amore , giudiziosamente os- serva la signora di Staél , altro non è che un episodio nella vita degli uomini e forma l' intera esistenza della donna (3).
(i) Uno de' più possenti motori della donna è la civetteria. G. G. Rous- seau dice, che la donna è civetta per natura, ma la sua civetteria cangia di forma e di oggetto secondo le sue mire. La prima arma di una donna ò l'acconciatura e l'abbigliamento. — Altrove quello scrittore osserva, che le fan- ciulle sin quasi al loro nascere sono inclinate alle lisciature , e non paghe di essere belle , vogliono essere trovate tali ; ne' loro lezii puerili scorgesi che quel desiderio occupa già la mente loro , e appena trovansi in grado di capire ciò che loro si dice, che possono essere dirette parlando loro di quello che si parlerà di esse.
it Or non sai tu com' è fatta la donna ? Fugge, e fuggendo vuol, ch'altri la giunga. JNiega, e negando vuol, ch'altri si toglia. Pugna, e pugnando vuol, ch'altri la vinca. *i
Tasso.
{i) L'imperatore di Giava impiega sempre donne nelle sue ambasciate, e per lo più ne fa scelta fra le vedove. Si crede in quel paese che esse acco- stumate dall'infanzia a simulare, sieno più atte alla politica che gli uomini.
(3) a L'amore è la sola passione delle donne; l'ambizione, l'amor della gloria sì poco loro convengono che giustamente un piccol numero di esse vi si consacra. — La metà appena della vita può essere occupata dall'amore; rimangono ancora per lunghi anni da percorrere, dopo che l'esistenza è di già compiuta. L'amore è la storia della vita delle donne; è un episodio in quella degli uomini ; riputazione, onore, stima, tutto dipende dalla condotta che a questo riguardo hanno le donne tenuta , mentre le leggi della stessa morale sembrano sospese nelle relazioni degli uomini colle donne, n
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La donna tratta seriamente la grande passione dell'amore; essa sente che quando si ama , nulla è piccola cosa ; da un nulla sorge la felicità o l'infortunio ; un nulla consola ; un nulla di- spera; un nulla aumenta il dolore; un nulla dona il piacere; il nulla non esiste pel cuore ; tutto l'interessa, mentre la minima cosa gli arreca tormento o delizia. Per un cuore indifferente, per un cuore di ghiaccio, tutto è un nulla , e pel cuore sensibile , ardente , un nulla è tutto per esso. — Sempre così pensa la donna della passione di cui è regina, e da cui trae alimento e forza. Le dignità della corte e della chiesa, gli allori bellicosi, i doni della fortuna sono la parte dell'uomo; l'orgoglio, la gloria, l'ambizione a lui somministrano con che colmare il voto del suo cuore — pochissimi, o, a meglio dire, rari, son coloro che sanno resistere a quelle seduzioni. Tali sono i doni compartiti all'uomo — uno solo ne ha il sesso gentile — amare... seguitare ad ama- re... — e perdersi sempre. — Le donne nella ridente fortuna diventano più orgogliose degli uomini , perchè essendo da essi assuefatte a blandizie incessanti, credonsi a loro superiori. Elle piacciono, e gli uomini non ne sentono invidia alcuna, dal che ne consegue che si fanno di tutti dominatrici. Dall'amore soltanto vengono poste al livello degli uomini. Elleno però sopravvanzano d'assai nell'amore la maggior parte degli uomini, ma da questi sono superate nell'amicizia. La donna è di una fattura sopram- modo complicata, cui può applicarsi difficilmente una vera de- terminazione, tanto svariate ed infinite sono le forme alle quali ella può senza violenza alcuna piegarsi. I difetti che general- mente in essa più spiccano, sono la leggerezza, l'incostanza, la vanità, la civetteria, il capriccio, la pretensione. Coteste passioni derivano dalla sensibilità estrema delle fibre nelle donne , che essendo di soverchio pieghevoli alle impressioni , sono pure as- sai facili a cangiare di sentimenti. In generale elle sono smo- derate nel desiderio loro di piacere, e la loro passione più forte è quella di tutto soggiogare e sopra tutto dominare.
ti ..... . totumque incauta per agmen
Femmineo praedae et spoliarum ardebat amore » (i).
(i) Virgilio.
65 Elle al pari esigono, che i loro capricci sieao convertiti in leggi , le ricompense loro sono arbitrarie; mostransi severe in propor- zione dei desiderii che fanno nascere e dilettansi di alimentarli a forza di contraddizioni; abusano spessissimo delle convenienze e non danno importanza che alle cose frivole; sono facili a cedere alle apparenze fastose e lusinghiere. — Questi sono i principali caratteri della maggior parte del sesso gentile, che la sua forza con arte singolare ed indicibile sa sempre fondare sulla debolezza degli uomini. La bellezza ed i vezzi delle donne, la loro naturale arte di sedurre, la loro scaltrezza, la loro finezza, la loro malia dominatrice, fecero nascere in varii popoli barbari, soggiogati dall'attrattive del bel sesso, l'idea che le donne fossero dotate di qualità sovrumane, per il che ne erano affascinati e signoreg- giati. Essi credettero che le donne conoscessero l' avvenire e che possedessero in sé non so che di sacro, di profetico, di di- vino; l'ignoranza e la superstizione alimentavano queste false idee. — L'opinione che la divinità si comunicasse più facilmente alle donne, si scorge in varie antiche nazioni e fra molti po- poli selvaggi. I Germani, i Bretoni e tutti i popoli della Scan- dinavia credevano che la divinità s' incarnasse di quando a quando in alcune donne della loro nazione, che adoravano in buona fede. Così Tacito. In Grecia le donne vendevano gli oracoli, e famose incantatrici erano consultate. Presso i Romani dominavano le fatidiche sibille, e le predizioni delle donne egiziache erano tenute in gran credito perfino alle corti degl' imperatori. Gli Ebrei veneravano le loro Pitonesse.
Fra i popoli non ancora illuminati dall'incivilimento tutto ciò che ha l'impronta di soprannaturale, come la religione, la magia, la medicina , la chimica , sono nel dominio delle donne. La storia ed i poeti ne fanno altissima testimonianza. Con assai acume taluno disse, che i capricci di una bella donna sono tanti folletti inesplicabili, che a vicenda le entrano in capo e ne esco- no. Il carattere di una bella donna è mirabilmente ritratto nell'Armida del Tasso (1); quello della Ninon di Lenclos ne
(4) Un giorno , raccontò Bernardino di Saint-Pierre al suo amico De Gaston (valente traduttore francese dell'Eneide), che passeggiava a' Champs-Elysées con G. G. Rousseau, questi trasse dalla tasca un librettino in-18, legato in pergamena: Vedete, gli disse, si pretende che le nostre arti fanno ogni giorno dei progressi; in quanto a me non ho ancora veduto un libro così ben legato come questo
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66 mostra uno dei tipi più straordinari. Codesta sirena della corte di Luigi XIV, morta ili età soprammodo provetta, sino al ter- mine della sua vita seppe inspirare amore; tanto sottile e pos- sente era in lei l'attrattiva e lo studio dell' arte di piacere. Libera ne' costumi; casta e modesta nella vestitura; leggiera negli amori più che farfalla; costante e salda nelle amicizie; ella accoppiava i capricci e le passioni al retto senso ed alla ragione; aveva spirito pieghevole, gentile, motteggevole, riboccante vivezza; era di una probità scrupolosa, di una filosofìa amabile, epicurea ; a tutte le qualità leali ed onorate congiungeva la vita volut- tuosa delle cortigiane dell'antica età; in somma costei fu la Poppea, la Taide de' suoi tempi, ed offrì il ritratto fedele della donna, che in sublime grado possiede l'arte della seduzione, dei lezii , della civetteria (1). I contrasti, le contraddizioni, cotanto naturali nel- l'umana specie che vivissimi scaturiscono da quel carattere singo- lare, provano che le donne generalmente posseggono maggiore spirito e sensibilità che non gli uomini. — Convinti delle prero- gative di un sesso, oggetto di costante adorazione, gli uni troppo di leggieri credevano poter ottenere colla forza una preminenza,
(Era il Tasso in lingua italiana, e Rousseau sempre Io portava seco). — « Ma si- gnore, disse allora De Saint-Pierre, sono stupito che voi non diate la preferenza a Virgilio sopra il Tasso. — Ve Io confesso, amo di più Armida che Didone. — E perchè di più? — Essa è più donna, essa è civetta. » — Il giudizio delu l'autore della Nuova Eloisa merita di essere considerato. — Cotesto aneddoto, sia perchè relativo al Tasso, gran dipintore del cuore umano, sia per la giusta inte- ressante ammirazione di Rousseau, è pochissimo conosciuto.
{ì) Saint-Evremont fece per questa famosa donna la seguente quartina, la quale perfettamente la ritraeva: •
« L'indulgente et sage nature A forme l'àme de Ninon De la volupté d'Epicure, Et de la vertu de Caton. »
Altro gran tipo del sesso femminile fu la celebratissima Aspasia. Anche la signora di Sévigné è tipo di carattere femminile. Essa aveva anima casta e mente libertina. Era ad un tempo gaia e ragionevole, vivace e pensierosa, libera e grave, espan- siva e seria. Quantunque possedesse molto criterio e buon gusto , lodava il me- schino poeta Pradon, e negava apertamente ogni sorta d'ingegno al grande Ratine! — La signora di Staèl e la sua eroina Corinna sono tipi rimarchevoli del bel sesso. L'Italia fu fertile di donne che gloriosamente gareggiarono con gli uomini, sia per virtù, per eroismo, per ingegno, per studi letterari , scientifici ed artistici.
67 che dev'essere soltanto il premio di qualità amabili e di chiare virtù; eglino per lunghe età vollero con vano consiglio tenere lontano dall'educazione delle donne quella preziosa cultura che può arricchire e perfezionare la mente loro, e sì fattamente pretende- vano che tutta la loro scienza dovesse consistere nell'arte di piacere, che quasi ad esse fac.;vasi un delitto di pensare solidamente. Ma in fine le menti loro furono affrancate dal progresso glorioso di ogni cosa, ed ora elle sono giunte a gareggiare in genio e in sapere cogli uomini. Da qual parte pende il vantaggio? Da qua! parie la posi- zione delle donne è veramente conforme alle leggi della natura e favorevole alla felicità universale? Risposta al certo non ardua. — La natura non può esigere che la compagna dell'uomo, quella che forma la delizia e il conforto di tutti gli istanti della sua vita, sia da lui scemata colle doti della mente, né al secol nostro., è permesso di credere, che una condizione in cui si frappongono osta- coli al collivamento delle facoltà intellettuali e morali, tornare possa favorevole a chicchessia. Non ostante, a malgrado dei falsi sistemi, dei pregiudizii inveterati, e delle cautele persino irra- gionevoli, le donne hanno in ogni età e da per tutto manifestato l'impero che è loro proprio, e molte di esse seppero cogliere pal- me nobilissime sul Parnaso, e persino nei campi di Marte. No, che il genio e il coraggio non sono punto doni rari nel sesso gen- tile (1); — esso su noi tiene scettro per mezzo di prerogative di-
Veggasi a quest'uopo la Storia del medio evo, delle corti de' principi italiani, del risorgimento delle lettere e quelle dello scorso secolo.
« Le donne son venute in eccellenza Di ciascun'arte ov' hanno posto cura , E qualunque a 1' Istoria abbia avvertenza , Ne sente ancor la fama non oscura.
« Ben mi par di veder, ch'ai secol nostro Tanta virtù fra belle dame emerga. Che può dar opra a carte ed ad inchiostro, Perchè. ne' futuri anni si disperga. »
Ariosto.
(4) Margherita d'Angiò si distinse come grande guerriera e gran capitano; fu donna veramente eroica. La contessa di Monfort meritò eguale gloria. Il coraggio e l'ardire di Giovanna d'Arco sono degni delle eroine dell'Ariosto e del Tasso. — Carlotta Corday, al pari di Bruto, mostrò coraggio, intrepidezza, ed il più eroica
68 stilile e reali. La vaghezza del tisico, l'espressione, i modi, la grazia, la sensibilità, la delicatezza, lo spirito seducente, l'amabilità, la dolcezza ineffabile ed i vezzi infiniti delle donne soggiogano il più orgoglioso, acchetano i più ribelli, ammansano i più formi- dabili. Mentre pene atroci non varrebbono a strappare da uno stoico una lagrima, bastano due begli occhi a fargli mandare un sospiro. Le attrattive del sesso gentile sono lo scoglio contro cui frangesi la nostra vanità, per ii che di continuo siamo costretti a confessare la nostra debolezza (1). Il potere è uno dei caratteri principali dalla natura conceduto alle donne, e l'uomo, a mal- grado della sua forza, non può sottrarsene giammai. Nuliameno non è di sì fatta prerogativa che quella faccia maggior conto, giacché se talora se ne compiace o se ne dà vanto, sovente ne riceve stanchezza o noia. C'è un altro trionfo, ch'ella non dee né ai nostri capricci, né ai nostri difetti; una gloria tutta a lei pro- pria, che non ritrae giammai dalle nostre passioni. Più riflessiva,
amor patrio. — Da uomo fortissimo morì la Roland, affrontando la scure dei car- nefici della sua patria. — In tutti i tempi vi sono state delle Amazzoni che hanno operato, al pari degli uomini , de' prodigi di valore. Da ciò che le donne hanno fatto, da ciò che ponno fare, e dall'ardente desiderio di superiorità dell'uomo, Swift ha osservato che « l'amore dell'adulazione nella maggior parte degli uomini proviene dalla debole opinione che hanno di loro medesimi; nelle donne questo è il contrario. »
(\) «Usa ogn'arte la donna (Armida), onde sia colto
Nella sua rete alcun novello amante; Né con tutti, nò sempre un stesso volto Serba, ma cangia a tempo atti e sembianti. Or tien pudica il guardo in sé raccolto: Or lo rivolge cupido, e vagante: La sferza in quegli, il freno adopra in questi, Come lor vede in amar lenti, o presti.
Se scorge alcun, che dal suo amor ritiri L'alma e i pensier per diffidenza affrene, Gli apre un benigno riso, e in dolci giri Volge le luci in lui liete e serene; E così i pigri e timidi desiri ,
Sprona ed affida la dubbiosa spene; Ed infiammando l'amorose voglie, Sgombra quel gel, che la paura accoglie. >i
Tasso
69 più saggia di noi ne' suoi disegni, più stabile, più risoluta nel! V perare, le sue idee sono più giuste, più tenaci i suoi sentimenti, e quel che più vale, ella spessissimo ci supera coll'acume della mente e coll'elevalezza del cuore.
« Une femme prudente est la source des biens. »
Dkstouches (1).
Sì fatto asserto che intera racchiude l'apologia del sesso gen iile, troverà, siam certi, dei contradditori; ma per quanti argo-
(4) Fra gli antichi francesi era uso di considerare le donne come intieramente dipendenti da' loro mariti che riguardavano come loro padroni. Una dama, nelle formule di Marculfo, dirigendo la parola al suo marito, si serve dei seguenti ter- mini: Mio signore, e mio sposo, io vostra umile serva (Domini et jugalis mei ego ancilla tua). L'uso di prender una moglie senza dote, e quasi come comprarla, la faceva più dipendente e più sottomessa. — In varie epoche e fra molte nazioni si spinse il disprezzo ed il rispetto per le donne a incredibili ec- cessi. Nel reame di Suida le donne non parlano al marito che in ginocchio. I Tartari del Daghestan prendono le mogli come i servi, pel fasto; più se ne può mantenere, e più si è stimato. Neil' isola di Unamack, scoperta dai Russi, le donne sono la moneta del commercio; il prezzo delle vendite e delle compre si calcola in donne; si dà una, due, tre o quattro donne per un tale oggetto. I negri delle colonie francesi non si degnano di pranzare con le loro mogli, queste pranzano dopo di loro. - Ecco l'opposto. Fra alcuni popoli Uroni la dignità di capo è ereditaria per le donne, e se il ramo regnante finisce, la più nobile matrona della tribù è padrona della scelta. Quest'ordine di successione è stabilito in varie con- trade, e si è immaginato cotesto espediente, perchè l'impero sicuramente passi ad un erede del sangue reale. Alcune donne dei Medj prendevano un certo nu- mero di mariti, come in altri paesi gli uomini hanno un certo numero di mogli
0 di concubine. Strabone dice altresì che quelle le quali non ne avevano che cinque, erano considerate come male provviste. Nell'isola di Ceilan, le donne erano immuni del diritto di dogana ne' porti e su' passaggi Le terre di cui ereditavano avevano lo slesso privilegio, e da una legge che è senza esempio, ciò che porta una bestia di carica femminina, non pagava nulla. F'erò, affine di conservare la subordinazione della natura , si proibiva a tutte le donne , senza divario alcuno di nascita e di qualità, di prendere posto sopra un sedile in presenza di un uomo.
1 Galli, dice Tacito, avevano per la donna la più grande venerazione. Gli antichi Galli affidarono l'amministrazione ad un senato di donne: i vari Cantoni ne sceglievano un certo numero; ed era per loro ordine che si faceva la pace o la guerra; giudicavano esse stesse le liti dei privati , e si è conservata la seguente clausola di un trat- tato di pace: «Se alcun Cartaginese si trova offeso da un gallo, l'affare sarà giu- dicato dal consiglio supremo delle donne della Gallio. - — Fra i moderni, Elisa-
70 menti l'amor proprio ferito volesse opporre, sempre vani riusci- ranno a petto a fatti ed a prove incontrovertibili. La storia ne offre moltissimi esempi di donne che colle loro azioni, colle loro virtù e co* talenti loro eguali al tutto mostravansi agli uomini più ce- lebrati. Sulla fine dello scorso secolo la condizione delle donne tanto nel mondo, quanto nell' interno delle famiglie era ristretta entro spazio angustissimo, ed eccetto quelle che per nascita e per ricchezza trovavansi collocate in grado altissimo, le rimanenti te- nevansi ed educavansi come esseri agli uomini soprammodo infe- riori, né i progressi delio spirito umano avevano ancora recato alcun cangiamento nella loro condizione. Dimenticate nell'oscu- rità delle loro occupazioni casalinghe, sembrava non vivessero che per consacrarsi a quelle costantemente, e mentre tutto ciò che era loro pure spettante progrediva e riceveva ogni di luce maggiore, senza querelarsene o fors'anche senza accorgersene le intelligenze loro mantenevansi sempre inerti. Nel modo con cui venivan trattale c'era alcun che della natura dei popoli orien- tali. — Ella è però una opinione generalmente accolta, che la civile comunanza dee alle donne tulle le attrattive e tutte le dolcezze; dotate di tutto il prestigio delle grazie, esse sem- brano soltanto destinate ad abbellire ed a ravvivare ogni cosa nelle relazioni della vita (1). Piacere, amare, regnare, ecco tutta la donna. Essa sacrifica tutti i suoi interessi a quello della sua passione. 11 Boccaccio, il Petrarca, il Tasso, l'Ariosto, Brantóme, il Landò, il Cardinal Colonna, il Ruscelli, il Maggio, Cartesio, Bossuet, Fléchier, B. Spina, da Costa, L. P. di Ribera, Diunilgo Valderio, Racine, La Fontaine, Metastasio, e prima di loro Plutarco, Valerio Massimo, Ovidio ed altri poeti erotici dipinsero coi colori
betta in Inghilterra, Maria Teresa in Germania, Caterina in Russia, Isabella in lspagna diedero prove che vi sono donne degne di regnare, di essere legislatrici di popoli. II gran Pericle approfittava de' saggi consigli d'Aspasia, e Semiramide era la sovrana richiesta dal genio e dalla condizione dei popoli del suo secolo. Zenobia regnò con grandezza, e si rese illustre per forti virtù, per valore guer- riero, per la protezione concessa alle scienze ed alle lettere. Ella si era scelto a ministro il filosofo Longino. Vinta da Aureliano , fu trattata coi più grandi ri- guardi, ed in contemplazione delle sue rare qualità, i Romani le perdonarono le conquiste che l'eroica regina di Palmira fece su di loro.
(4) « Les femmes polissent les manières, elles donnent le sentiment des bien- séances, elles sont les vrais précepteurs du bon tbn et du bon goùt. » ,
Legouvé.
lì
più vivi e sfolgoreggianti il sesso gentile, e per riguardo al fisico, ai morale, all' inlelleltuale ne descrissero le qualità più belle, la pos- sanza, le azioni eccelse che sovente le posero a fianco dell'uomo» Thomas, Legouvé e Byron tra gli scrittori moderni ne fecero gii elogi più pomposi. Che avvi mai di più interessante., di più com- movente dell'accento flebile di una donna? Quale impero ha sui nostri sensi la voce di lei! La voce di una donna che conforta è come rugiada benefica allo sgraziato! E in allora si vede quanto la donna sia I.' amica naturale dell"' uomo ; ogni altro affetto è debole o sospetto in confronto di quello. La voce di una madre è la più soave di tutte le voci... è la poesia del più delicato ed affet- tuoso sentimento. Con vero convincimento disse Demoustier, che,
l'amour maternel
Est de tous Ies amours le seul qui soit réel. »
Il tenero e delicato Desmahis, dice: — « Tout ce quM y a de beau dans la nature s'éclipse devant une belle femme, ou plu- lòt se réunit en elle. C'est un assemblage de perfections contra- sìèes: l'amour et la pudeur sont dans sesyeux, la Umidite et la persuasion sur ses lèvres; la blancheur des lis, l'incarnat des ro- ses> se mélent sur ses joues; un charme secret est répandu sur toute sa personne. Elle fait les délices de tous les sens; son nom seul éveille fame; sa puissance n'a presque point de bornes, lorsqu'elle joint à la beauté et aux graces des vertus et des talents. Quel est l'homme sensible qui puisse resister aux charmes des belles femmes, quand son cceur est d'accord avec la raison ? »
11 bel sesso scrive con una delicatezza di sentimento, una fi- nezza di spirito degne di ammirazione. Esso giudica gli affetti , le passioni, i caratteri con un tatto ed una esattezza che alle volte recano stupore. 11 suo stile è soave, facile, naturale, e le grazie ne compongono l'unico ornamento. Spesse volte la lettera di una donna sensibile e spiritosa scoraggisce un grande seritlore(l). Il sen-
(1) Fra le donne di spirito , i cui talenti onorano il sesso , che ho avuto il piacere di conoscere, cogliendo il destro mi piace qui nominare la signora Vir- ginia Leon , che fu leggiadrissima danzatrice, donna di una educazione com- piuta, di eleganti modi e di molto spirito, e la quale, lo dico con pieno e sincero convincimento, scriveva con tutta la disinvoltura, la grazia e il J)rio della signora
72 limenlo è l'arma del bel sesso, arma piena di dolcezza, arma potente, irresistibile, la quale movendo i cuori colpisce con più certezza che i dardi lanciali dallo spirito e dalla ragione. Le donne furono de- stinate a ingentilire le nazioni ; per esse la virtù e la felicità hanno sede su questa terra: in esse il genio, i talenti trovano premii atti a raggiungere la perfezione; senza di esse lo spirito si ottunderebbe, l'immaginazione si raffredderebbe.— Quando la donna conserva le sue amabili qualità, i suoi modi soavi e attraenti, vien rispettata dall'umanità e dalla ragione; ma subito che si snatura, e si degrada , si dilegua anco l' ombra della virtù. — E per mancanza di un corso regolare negli sludi che il sesso femminile rimane, nell'istruzione, addietro degli uomini, quantunque esso sia pure capace di cognizioni utili e dilettevoli.
Le donne posseggono l'arte di ammantare persino i difetti, e sovente accade che più dei doni della natura in esse ammiriamo quelli dell'arte La natura non ha ella forse largamente privile- giata la donna? — Ebbene, ella lo sa, e sì fatta conoscenza appunto a forza d'arte si studia di lasciar ignorare agli uomini , avve- gnaché coll'appagare il suo amor proprio essa invigila ai nostri godimenti. L'arte di piacere e la civetteria sono nelle donne in- genite. Noi siamo avvezzi a mostrarci sempre cedevoli con loro, mentre esse arrogansi in quella vece il diritto di pretendere ogni cosa da noi, perchè siamo sempre più esposti ad essere sedotti che a sedurre. Il giusto e dolce omaggio da noi renduto al sesso gentile contribuisce d'assai alla preminenza ch'elle esercitano so- pra di noi. La stagione della vita in cui noi siamo capaci delle più forti impressioni, è in balìa del sesso gentile. Quello che Ca- tone diceva dei Romani può applicarsi a lutti i popoli — le donne governano coloro che tengono su gli altri impero. Egli è dun- que necessario e vantaggioso di accostumare con una saggia edu- cazione a un governo legittimo quelle che sostanzialmente ne deggiono reggere il freno. Sino dai nostri più teneri anni ven- gono offerti alla nostra emulazione i più grandi modelli del genio e della virtù, mentre già tempo cercavansi d' inceppare con ogni sorta di vincoli lo spirilo e le idee di quelle ch'essere deg- giono nostre compagne indivisibili. 11 reggimento di una famiglia
di Sévigné, ma più di questa aveva cuore ed imaginazione. — Lo stesso elogio si meritò da tutti, la mia defunta sorella Virginia, che fu considerata come una delle primissime attrici-cantanti d' Italia e di Francia.
73 richiede sovente prudenza e virlù superiori a quelle dell'uomo., e se il vigore dell'anima spicca massime ne' cimenti, quante donne non ci sono le quali passano i giorni amareggiati da angoscie con tale un coraggio, che meriterebbe di essere eternalo con monumenti publici , se l'eroismo non fosse pregiato più per Io splendore che pel valore reale delle azioni.
CAPITOLO XX
IMPULSI E ISTINTI DELL' UOMO.
Quattro sono i grandi, forti e principali impulsi, che fanno agire, pensare, e servono di guida all'uomo dovunque ei venga destinato dalla sua natura. In tutte le varie situazioni della vita tutto ciò ch'ei prova^ tutto ciò che pensa, tutto ciò che esegui- sce, rannodasi strettamente a codesti quattro impulsi primitivi, i quali sono:
d.° L'istinto della conservazione;
2.° L'istinto d'imitazione;
3.° L'istinto di relazione e di corrispondenza co'suoi simili ;
4.° L'istinto della riproduzione.
Noi riferiamo il primo istinto all'amore di sé slesso; gli altri tre, all'amore compagnevole o di sociabilità. Per mezzo dell'istinto di convenzione l'uomo rifugge da tutto ciò che è doloroso; sa re- sistere, sopravvive ad ogni genere di mali da cui è assalilo, per cui egli mostrasi di un coraggio, di una inlrepidità, di una co- stanza, di una fermezza, di una rassegnazione, di una forza, di uno stoicismo in somma inespugnabile, che lo solleva al di sopra degli uomini ordinari, facendone un uomo eminente, un uomo grande, un eroe ad ogni cimento. Da sì fatta fonte derivano le passioni forti, vigorose, le magnanime e sublimi virtù. — Coll'istinto d'imi- tazione l'uomo diventa scrittore od artista ; sa imitare la natura in tutte le produzioni umane e gareggiare con loro. — Coll'istinto di relazione e di corrispondenza l'uomo si fa amico del suo simile, a lui si consacra interamente, diventa filantropo, si
io
74 «ingiunge con affetto alia terra che Io vide nascere, alle cose che producono in esso sensazioni piacevoli, che interesse gli danno e diletto. — Coll'islinto di riproduzione si sviluppano nell'uomo l'amore pel sesso gentile, l'amore coniugale, l'amore materno, pa- terno., filiale e va dicendo, il dolore di un padre, di una madre che veggonsi orbati de' loro figli, dei discendenti loro e via via.
QUADRO DELL ORIGINE , DELL AZIONE , DELLA DIVISIONE , DELLA GLkS> SIFICAZIONE DEI PRINCIPALI CARATTERI DEI SENTIMENTI E DELLE PASSIONI.
L'istinto detta conservazione produce:
L'amore di sé stesso, del pro- prio interesse;
L'attaccamento alla vita;
Il timore della morte;
Il desiderio di sensazioni pia- cevoli; il ribrezzo alle sensa- zioni dolorose;
L'egoismo;
La cupidigia;
L'avarizia;
L'amor proprio;
L'orgoglio;
La superiorità;
La vanità;
La fatuità;
La stupidezza;
La corruzione;
li coraggio;
L'intrepidezza;
La paura;
Il rimorso;
Lo spavento;
La prudenza ;
La speranza;
La simulazione;
La modestia;
L'infingardaggine ;
L'inerzia;
La noia;
La sazietà:
L'ozio;
L'intemperanza;
Il disprezzo;
La beffa, Io scherno;
Il risentimento;
L'indegnazione;
L'ingratitudine;
La collera, l'odio;
La vendetta;
L'amore della guerra, della
do-
na, dell'immortalità, del co mando, della terra natia
75
L'istinto della imitazione produce
Il desiderio di uguagliare;
L'emulazione ;
L' invidia ;
Il desiderio di superiorità ;
L'ambizione.
L'istinto di relazione e di corrispondenza co' suoi simili produce
La simpatia; La pietà; L'inclinazione verso il suo si- Il pentimento;
mile; La considerazione; Il desiderio di unirsi al suo si- L'ammirazione;
mile ; La sensibilità ;
L'umanità; La generosità;
La filantropia; La magnanimità;
La benevolenza; L'entusiasmo;
L'amicizia; La giustizia;
La stima; La riconoscenza;
Il rispetto; L'amore della patria;
La compassione , commiscra- La gloria, l'onore;
zione; Il desiderio d'immortalità.
L'istinto di riproduzione produce:
L'amore del sesso gentile; L'amore conjugale ; L'amore paterno; L'amore materno; L'amor filiale; L'amor verso i parenti.
76 Questa dottrina di sentimenti sembra in sino ad ora la meglio ragionata. Noi abbiam fatto qualche cambiamento nella serie di varie nomenclature ed aggiunti alcuni sentimenti, a ciò indotti dal nostro sentire e dalla nostra analisi indefessa. I sentimenti sviluppandosi coll'azione degli oggetti da cui sono promossi, di- ventano passioni, delle quali distesamente parleremo quanto me- riti questo vastissimo argomento nell* Uomo morale.
CAPITOLO XXI.
IL CUORE.
Quest'organo del corpo avente la forma di conoide, è cavo e muscolare ; è desso l'agente principale della circolazione del san- gue, e vien considerato come la sede delle passioni, il fondo del- l'anima. Il cuore è il focolare delle affezioni, è la fucina ove si temperano le mille passioni che agitano e signoreggiano l'uomo. — Il cuore, secondo le vive sensazioni, si apre e si chiude; si riapre, si serra, si ristringe, si spande, s'indurisce, si ammollisce, si commove, si opprime, s'innalza, s'infiamma, si raffredda., vien ferito, si agita, vien tormentato, si strazia, si calma, gode,, s'attrista. Codesti moti danno carattere e colore alle passioni, le quali dapprima agitano r interno , quindi si manifestano esternamente. Questa azione fu bene esposta da Raeine' nel seguente .verso:
« Tu lui parie du coeur, tu la charme des yeux. »
11 cuore è un organo essenzialmente attivo, è il principale cen- tro della vita; esso possiede nel più alto grado quella forza di elasticità e di moto la quale si comunica a tutti gli organi del corpo, e principalmente alle braccia. Il cuore si adopera in si- gnificato opposto di mente, e si riprende allora per sentimento, sen- sibilità. I versi di Boileau piaciono alla mente , la poesia di Racine commove il cuore; Newton parla alla mente, e Shak- speare al cuore ; il Tasso innalza la mente e blandisce il cuore. —
77 Uno scrittore dice; « Il cuore umano è un albero a rami fles- sibili, il quale si lascia scuotere ed agitare da tutti i venti, e di stagione in stagione cangia di foglie e frutti." — Le grandi sensazioni del cuore sono l'amore, l'amicizia, il piacere, il dolore, la gioia., l'odio, la tristezza, la pietà, il timore, il desiderio, la speranza, l'orgoglio, l'ambizione, la collera, la vendetta., la clemenza, l'emu- lazione, la gelosia,- l'invidia, l'onore, la gloria, l'eroismo, il desiderio di dominare e quello dell' immortalità. La bontà, la delicatezza, la forza, il coraggio, il valore, l'intrepidezza, il rimorso o coscienza accusalrice, si annoverano per le prime tra le grandi qualità del cuore, e lo nobilitano ; perciò diciamo non ha cuore, a chi manca di sensibilità, di delicatezza., di sentimento, di energia., di forza, di coraggio, chi non ha coscienza, chi non sente il rimorso. — aprire il nostro cuore, significa dire tutto ciò che sentiamo e pensiamo. Le passioni sono i movimenti del cuore , e com' esse operano rapidamente e con impelo senza che altra facoltà possa porvi un freno, così sogliam dire che il cuore non ragiona. — Omero, Aristotile, Platone, Seneca, Epiteto, Teofrasto,Dante, Tasso, Richardson, La Fontaine,, Boccaccio, Petrarca, Shakspeare, Mo- lière, La Bruyère, La Rochefoucauld, Racine, Metastasio, Alfieri, Gol- doni, Gessner, Schiller, ed altri grandi scrittori conobbero, scru- tarono a fondo e dipinsero il cuore umano. Tacito s'interna, fruga con rara ssgacità l'interno del cuore degli uomini. Nulla sfugge al suo sguardo indagatore., né le minime gradazioni delle passioni, nò i più riposti motivi de' grandi pensieri de' grandi personaggi, né il destro e misterioso maneggio delle corti de' suoi tempi, né il vero scopo de' loro andamenti, né il carattere contralto e si- mulatore di quelli che toglie a descrivere. Tutto è da esso pen- nelleggiato con precisione, chiarezza, forza e concisione ammira- bili. Montaigne, studiando in sé stesso l'uomo in generale, fece dotte, profonde e briose annotazioni intorno al cuore umano, e ne mostrò co' suoi Saggi la veritiera storia. — Questo filosofo descrisse l'uomo qual è sempre dappertutto. Vellejo Patercolo, non mai lodato abbastanza, fece prova di molta cognizione del cuore nella descrizione che ci lasciò de' ritratti e caratteri di uomini celebri. Il Piaggio Sentimentale di Sterne è una raccolta di vere e spi- ritose osservazioni sovra le sensazioni del cuore. Niuno più di Marivaux fece con acume l'analisi de' movimenti del cuore, come si può vedere nelle sue commedie , neJ suoi romanzi e nel suo Spettatore francese. Questo ingegnosissimo scrittore conobbe le
78 più sottili, le più nascoste latebre del cuore; il suo acutissimo e perspicace sguardo scopre e mostra oggetti morali su cui la verità sorprende e che senza di esso sarebbero stati spesso nascosti. Un critico disse di Marivaux : « Cet esprit pénétrant a observé le cceur humain cornine au travers d'un microscope, et il y a fait des découvertes...» Un altro critico disse: « qu'il avaitconnu tous les sentiers du cceur , mais il en ignorait Ies grandes routes. Molière peignit la nature; Marivaux faisait un commentaire sur la nature » (1 ). Goldoni e i due fratelli Carlo e Gaspare Gozzi anch'essi con molto ingegno ed originalità descrissero il cuore umano. Quale più grande indagatore, apprezzatore e descrittore del cuore umano, che quegli stupendi ingegni di Machiavelli e di Casti? — Allorché il cuore si agita ed opera, tutte le fibre dell'organiz- zazione gli sono subordinate, e non lo provedono che dei mezzi necessari alla sua espansione ed espressione.
CAPITOLO XXIL
ORIGINE DELLE PASSIONI — AMORE DI SÉ STESSO — AMOR PROPRIO, ORGO- GLIO — MUTUA DIPENDENZA DEGLI UOMINI — STATO DI SOCIARILITA' — SOCIETÀ'.
L'amore di sé stesso non tanto è la prima delle passioni, quanto la sorgente generatrice a cui rannodansi tutte le altre. Quell'amore è il veicolo, che dà moto alla moralità generale dell'uomo, è il perno su cui aggiransi tutte le azioni umane. L'amore di sé stesso è l'anima del moto nell'ordine morale, il generatore pri- mitivo di tutte le virtù e di tutte le passioni. Noi non veg-
(ì) A noi sembra che codesto giudizio risguardi piuttosto il genere adottato da Marivaux, che il suo talento. I personaggi che egli rappresenta, i loro sentimenti, le loro azioni non sono sempre in istato di dovere esprimere le grandi e forti passioni, ciò che ha fatto ne' suoi romanzi. — Uno scrittore ha detto con molto spirito, parlando de' varii modi di dipingere il cuore: «madame de Staél, drape le coeur humain; madame de Genlis, le dissèque; et madame Cottin seule le metà nu. • — Fa d' uopo di straordinaria penetrazione per conoscere tutte le vie più recondite del cuore umano, vera imagine del dedaleo labirinto.
79 giamo però soltanto nell'uomo insito l'amore di sé slesso ed il freddo egoismo, ma ben anche quella benevolenza,, quella simpa- tia, quella inclinazione che lo trae verso il suo simile, e da cui procede il legame universale tra gli individui. Da ciò siamo indotti a pensare, che il sistema sensibile è fondato sopra le leggi di conservazione e di sociabilità. Ogni uomo riceve una organizza- zione ed una costituzione morale, le quali servono necessaria- mente a coordinare la sua esistenza, il suo modo di essere., la maggior parte delle sue determinazioni e de' proprii atti relativa- mente ai suoi simili. Egli è in seguito di sì fatta disposizione naturale, che d'altronde degenera spesso nelle sue conseguenze., che tutte le abitudini, tutti i gusti, tutte le azioni dell'uomo ri- cevono la maggior parte delle loro relazioni dall'opinione altrui, e che l'uomo stesso sembra operare in tutto quello che fa molto meno per lui che per gli altri. Ordinariamente suolsi confondere l'amore di sé slesso coll'amor proprio; ma ove si voglia bene riflettere vedrassi la grande differenza che esiste tra que' due sentimenti. L'amore di sé stesso invigila alla conservazione di ogni essere vivente; — l'amor proprio è un sentimento che avvivasi nel conversare co' suoi simili, ed in modo tale che ogni individuo estimasi infinitamente superiore a tutti gli altri. Un uomo sospinto dall'amore di sé stesso può privatamente impicciolirsi dinanzi a colui che è a lui inferiore ond'ottenere alcuna cosa che gli torni vantaggiosa o aggradevole, ma eccetto questo caso, s'egli con lui accontasi pubblicamente, a fatica si degnerà rispondere al saluto rispettoso di colui che dianzi reso gli aveva un servigio, e ciò perchè, avvampando al cospetto altrui di amor proprio, tiensi a quello di gran lunga superiore. L'amore di sé stesso ove sia di- retto dalla ragione, mentre contribuisce fuor di modo al nostro bene, diventa l'origine di tutte le nostre virtù; diversamente, rotto ad ogni freno, produce ogni genere di vizii che servono di flagello alla società. Un conoscitore profondo del cuore umano dipinge nel seguente modo codesto sentimento primitivo :
« È l'amor proprio, se ragion lo guida, Il primo fonte d'ogni onesta brama. Chi se stesso non ama, Altri amar non può mai. Dal proprio nasce L'amor d'altrui. Quell'inquieto affetto, Ch'ei risveglia in un'alma, Non resta in lei, ma si propaga, e passa
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Alla prole, ai congiunti,
Agli amici, alla patria, e i moti suoi
Tanto allargar procaccia,
Che tutta alfìn l'umana specie abbraccia. »
Metastasio.
I filosofi lo chiamano amore di noi stessi,, per distinguerlo da quel cieco amor proprio, che fa il tutto per sé e che produce i vizi e le scelleragini che avvengono sopra la terra. In guisa tale essendo 1' amor proprio il principio di tutte le nostre azioni , e facendo per conseguenza la nostra buona o cattiva sorte ; eli' è cosa importantissima il ben regolarlo; il che non può farsi se non colla cognizione di noi stessi, e de' nostri doveri. I più po- tenti mezzi che V amor proprio suole impiegare per arrivare alla felicità sono : l'amore de' piaceri, l'amore delle ricchezze , e l'amore della gloria. Ecco i tre grandi motori di tutte le azioni degli uomini. L'amor proprio ci rende aggradevoli e slimabili a noi stessi, e spesso diventiamo agli occhi altrui oggetto di ri- dicolo , di disprezzo , e anche d'odio. L' amor proprio troppo spinto j o troppo irriflessivo, ci fa credere sempre superiori agli altri, e questa supposta superiorità è ciò che dispiace. Le donne specialmente sono tanto famigliarizzate con l'amor pro- prio, che sembrano avere il diritto di poterla dare ad intendere sul loro preteso merito. Le une, si danno la preferenza sulle loro compagne, per la nascita , il grado e le ricchezze ; — le altre., per l'avvenenza della persona, i vezzosi modi, l'amabilità dello spirito; — le brutte, soventi volte, s'imaginano possedere grazia e talenti, onde fare sparire i difetti della persona ; — le belle , si credono poi, che la sola bellezza sia sufficiente per tutto sog- giogare. — Gli uomini in generale considerano le donne molto al disotto di loro, ma desse con l'ajuto dell'amor proprio e della vanità, una delle passioni che più le caratterizza, si consolano col preferirsi a tutti gli uomini del mondo; difatti, la storia e l'espe- rienza , spesso ci mostrano quanto può il sesso debole sul sesso forte. —
Le massime di La Rochefoucauld hanno a base, che l'amor proprio sia il motore di tutte le nostre azioni. Siccome altrove dicemmo, il difello di questo libro famoso è di mostrare il cuore umano sotto un aspetto sfavorevole. L'autore spesso calunnia la natura umana col supporre che quanto essa ha di migliore procede
81 da un principio vizioso, per cui le sue massime sono in gran parte suscettibili di censura o di discussione(i). Il suo sistema disvela un ingegno penetrante, e fu adottalo da varii filosofi, che gli hanno dato maggiore sviluppo; alcuni però, senza alterarne l'essenza, hanno voluto sostituire la parola interesse a quella di amor pro- prio (2). G. G. Rousseau e La Rochefoucauld sovente scrissero con un senso disgustoso di misantropia. Un gran numero delle massime di quest'ultimo scrittore, quantunque giuste per alcuni riguardi, hanno il peccalo imperdonabile di rendere disamabile Ja virtù col presentare le azioni più belle come il risultamene inevitabile dell'interesse personale. Un uomo bene conformalo nelle sue facoltà intellettuali e morali, né guaslo da vizii non agirà di certo a seconda del principio filosofico di La Rochefou- cauld, ma esclamerà colPamabile e sensitiva Deshoulières:
« L'homme ne vit que dans autrai, Et n'existe qu'autant qu'il aime. »
Se r indole sistematica di La Rochefoucauld gli avesse permesso di ammettere delle eccezioni ., alcuno non si sarebbe alzato contro i suoi principii; ma col volerli rendere generali ed assoluti è derivalo., che qualche verità desunta dalle sue Massime, è stala immersa in paradossi generali da menti fallaci e superbe. La fi- losofia di La Rochefoucauld e di Elvezio, soffoca la sensibilità, annienta i sentimenti più nobili e generosi, affievolisce la slima di sé slesso e degrada l'uomo; essagli toglie nobili facoltà; quella specialmente della compassione , che in lui eccitasi a' patimenti de' suoi simili, e quella di godere del bene loro, semi di umanità e di carità infusi in noi da natura. Que' due filosofi propagarono le loro teorie fra gran numero di scrittori. Elve- zio vuole di soverchio rassomigliare l'uomo ai bruii e lo mate'
(1) Vauvenargues, uno dei migliori moralisti, possiede più elevatezza di pen- sieri che la Rochefoucauld , e tanto rialza l'uomo , quanto da questo è stato de- presso. Vauvenargues , scrittore saggio , di cuore sensibile , di mente moderata viene a conferma della nostra opinione.
(2) Hobbes riponeva il principio di tutte le nostre azioni ne\Y interesse perso- nale; egualmente pensava Elvezio; Hutcheson, col seguire Platone, assegnava per origine alle nostre azioni la benevolenza; Adamo Smith, la simpatia, o attrazione, o polarità.
lì
82 rializza interamente; La Rochefoueauld lo tratta quasi egual- mente e Io fa inoltre un mostro di egoismo; né dissomigliante è l'opinione di altri uomini d1 ingegno , il che prova l'aberrazione delle loro menti.
L'amor proprio, consideralo qual motore di tutte le nostre azioni, è teorica antichissima, quella, cioè, di Anassimandro, il quale succedette a Talete nella scuola Jonica (1), 600 anni avanti G.C. Anassimandro colla solenne pubblicazione del suo sistema filoso- fico diceva: — « consultiamo la natura, penetriamo in tutte le latebre del cuore umano , interroghiamo gli uomini di tutte le nazioni, e noi vedremo, che l'amor proprio è non solo la sor- gente di tutte le nostre azioni, di tutte le nostre passioni, ma anche di tutte le nostre virtù. » Platone, mostrando gli uomini degenerati, dice che il falso amore di sé stesso — l'amor proprio, mentre è il padre di tutti i vizii, genera la voluttà, fonte di tutti i mali (2).
L'amor proprio rende gli uomini idolatri di sé stessi, il che fu eloquentemente ritratto dagli antichi nella favola di Narciso , il quale reso follemente appassionato della sua propria bellezza, cui servito aveva di specchio una fonte, sul margine di quella lasciò consumarsi a forza di desiderio e di amore. L'amor proprio ridotto a sfrenatezza convertesi in orgoglio, ed allora l' uomo ac- cecato estollendosi fieramente sopra gli altri, tutti dispregia, e si compiace nel conculcarli e nell'avvilirli, e mentre giudica ine- sorabile mostrasi a' più lievi difetti loro, crede persino che i suoi proprii vizii sieno altrettante virtù. Egli ama di comandare , è intollerante di ostacoli , ed in qualunque caso mostrasi sempre superbo. Questo difetto è con sublimità dipinto da Milton nel suo Satana tremendo, e con versi energici e filosofici dal Bernis \ che qui amiamo riferire:
« Il n'est rien de si vrai, que l'orgueil ne profane, Rien de si révèré que l'orgueil ne condamne; Introduit dans les coeurs qu'il n'a point avilis , En serpent tortueux il sonde leurs replis.
(4) Aggiunto della prima scuola o setta de' Greci filosofi, di cui fu fondatore Talete , perchè instituita in Mileto città della Ionia , provincia che il suo nome ricevette da Jone che vi tenne scettro.
(2) Vedi la Poetica e filosofìa mitologica di codesto sommo ingegno-,
§3
Si parici leurs vertus une l'aiblesse errante
Tcrnit de ce miroir la giace transparente,
il la suit sourdement de détour en détour,
L'annonce avec éclat, l'exposé au grand jour;
Mais si la verité démasquant l'artificc,
De ses projels obscurs ébranle l'édifice,
Quels attentats affreux! Quels dessins! Quelle horreur!
L'orgucil humilié bientòt devient fureur;
Ce n'est plus un serpent qui rampe sur la terre,
C'est un géant arme qui brave le tonnerre,
Qui pour anéantir l'auguste vérité,
Il irait jusqu'au sein de la Divinile
Perccr de mille coups sa rivale obstinée,
Et blasphèmer le Dieu doni clic est émanée » (1).
Uno scrittore cosi descrive l'orgoglio personale : — « Come il nostro amor proprio ci fa credere che noi abbiamo soli la sa- pienza in dono, lutto ciò che non si attaglia alle nostre viste ed alle nostre cognizioni nell'ordine delle cose del mondo, trova in noi la sua condanna e la sua censura. Noi vorremmo che gli impieghi e le dignità fossero distribuiti secondo la nostra volontà; che le nostre vedute ed i nostri consigli regolassero la sorte pu- blica; che i favori non si spargessero che sopra quelli a' quali la nostra approvazione gli aveva già destinati; che i public! av- venimenti non fossero diretti che dalle misure da noi slessi pre- scelle — noi biasimiamo lutti i giorni la scella dei nostri pa- droni , e non troviamo alcuno degno del posto che occupa ;
(4) Gli antichi davano alle figure allegoriche dell'Amor proprio, dell'Orgoglio e della Vanità un pavone. La Vanità derivando dall'amor proprio è un ardente desiderio di occupare gli altri di sé e delle proprie qualità. Si potrebbero asse- gnare a coteste passioni gli attributi della Lusinga, poiché esse sono le più co- stanti e le più scaltre de' lusinghieri. Senza che ne sia fatto quasi accorto, giac- ché V uomo non sempre riflette sopra sé stesso , né esamina profondamente le sensazioni da cui è commosso, egli impiega l'arte di sedurre sé stesso con false lodi e compiacenze abbiette. La lusinga trae origine dall'amor proprio affascinato, da cui è incoraggiata ne' suoi desìderii e nelle sue azioni. La figura simbolica della lusinga ha una vesta color cangiante ed a' suoi piedi giace un camaleonte; essa tiene una rete, imagine degli agguati dell'uomo lusinghiero, e suona un flauto, il cui concento attrae varii animali. Si pone anche presso questa figura una pira di profumi, il cui olezzo inebriante simboleggia la Lusinga, che corrompe ed am- malia la mente, e la rende impenetrabile alla verità. Quando si dà alla Lusinga uno sciame d'api, si vuole con ciò alludere che la sua voce nasconde inganni.
84 dall'eccessivo amor proprio spesso nasce l'erroneità dei nostri giudizii:
Oh come
Siam degli altri a svantaggio
Facili a giudicar! Misero affetto
Del troppo amar noi stessi! Al nostro fasto
Lusinga è il biasmo altrui. Par che s'acquisti
Quanto agli altri si scema. Ognun procura
Di ritrovare altrove
0 compagni all'errore,
0 l'error ch'ei non ha. Cambiam per questo
Spesso i nomi alle cose. In noi veduto
Il timore è prudenza,
Modestia la viltà! Veduta in altri
È viltà la modestia,
La prudenza è timor. Quindi noi siamo
Sì contenti di noi; quindi succede,
Che tardi il ben, subilo il mal si crede. «
Metastasio.
Mutua dipendenza degli uomini e stato di sociabilità. — Noi non cerchiamo quello che deggia piacerci , ma quello che può piacere agli altri. Poco occupati di ciò che conviene a noi stessi, noi non consultiamo che una opinione estranea, né sappiamo godere che negli altri, talmentechè l'uomo per la sua naturale dipendenza è giunto a valutare sempre l'opinione de' suoi simili qua! regolatrice delle sue azioni. Imitatore per natura, egli è prin- cipalmente inclinato a spiccare fra gli altri. L'amore di sé che nasce con lui gli crea un bisogno di una qualsiasi superiorità, e sì alto prezzo gli fa assegnare all'opinione altrui. Ogni uomo è una collezione di facoltà affettive e di facoltà intellettuali, delle quali non gli fu conceduta alcuna dalla Divinità senza uno scopo, per cui egli non ha la possanza di toglierne una sola dal suo cuore, né di farne nascere delle nuove. È concesso a lui soltanto lo studio di stabilire tra tutte sì fatte facoltà, più o meno nobili, più o meno energiche, tale una coordinazione che ne risulti per la sua anima se non la vera e compiuta felicità, almeno quello stalo che può maggiormente avvicinarsi ad essa. Egli è in virtù di alcuna di queste facoltà — parti essenziali e costitutive del suo essere — che l'uomo è costretto alla vita sociale, per cui la comunanza
85 civile altro non è che una vasta agglomerazione delle facoltà del- l'anima e della mente, di cui è impossibile potere aumentare o di- minuire il numero. Quindi a noi non è dato che di coordinarle, ed egli è dalla coordinazione loro più o meno perfetta che ri- sulla maggiore o minore felicità pel corpo sociale (1).
La Società. — La riunione co' suoi simili è il primo legame che unisce l'uomo all'uomo e costituisce la società, la quale di- venta per tutti un bisogno e un piacere. Distruggete la comu- nanza civile, l'uomo ritornerà allo stato selvaggio: che con quel- l'annientamento cesseranno tulle le amichevoli e gentili relazioni; i costumi diventeranno rozzi, ferini; l'amore altro non sarà che un istinto eli brutalità; rotto cadrà ogni freno e l'uomo a grado a grado pochissimo dissimile diverrà dei bruti. Il solo accomu- namene civile produce l'intero sviluppo morale dell'uomo e da esso è guidato a' suoi destini nobili , sublimi. La permutazione incessante della parola, de' desiderii, de' sentimenti forma il gran- dioso sociale edificio ed eminentemente innalza l'uomo al di so- pra dei bruti. Anche V antichissimo sistema filosofico di Pita- gora è poggiato su questa verilà incontrovertibile. Egli è si av- veralo essere l'uomo fallo per la società, che da esso è amala avanti perfino che ne abbia conoscenza. Quell'amore di qualsiasi oggetto creato è tanto possente ed universale, che non avvi al- cun animale che non sia sensibile al piacere di comunicare col suo simile, e la sola cosa che può recare nocumento a sì falla unione è quasi sempre l' ingordigia o il bisogno di cibarsi. La natura vuole che l'uomo incominci presto a diventare umano.,
(1) Coloro che occupansi intorno al perfezionamento della macchina sociale, osser- vano che onde compiere il divisamento loro, occorre studiare profondamente le facoltà che determinano nell' uomo delle relazioni obbligatorie co' suoi simili , i varii gradi di possibile energia in ognuna di codeste facoltà ed insieme l'azione che risulta da que' varii gra'di. L'energia e la direzione delle umane facoltà da un lato, e le istituzioni sociali dall'altro, sono due cose la cui influenza scambievole non può essere rivocata in dubbio, e sempre allontanerassi dalla verità colui che vorrà considerare una di coteste cose esclusivamente, e l'altra pure esclusiva- mente come effetto. Ci sono sentimenti che possono essere tenuti come po- tenze o mezzi di azione per un governo già costituito e che esistono nel cuore umano avanti la formazione di quel governo, dimodoché questi sentimenti hanno una grande influenza nella sua creazione e nel suo cammino. Lo schiarimento di sì fatte osservazioni ed il profitto che ne risulta sono maestrevolmente espressi nell'opera immortale del Filangeri.
86 compagnevole , e ad essere cittadino se non di tale o tal altro paese, almeno del mondo, lalmentechè è assioma antico questo « che un vero cittadino del mondo sarà sempre un soggetto prezioso io qualsiasi governo. » Ove convenisse convincere taluno, ch'egli è creato per vivere in società co' suoi simili, basterebbe a lui vivamente ritrarre quali e quante sarebbono le sue miserie se condannato fosse a menare lavila in solitudine assoluta. Col- l'amare sé stesso si comprende che non si può fare a meno degli al- tri uomini. D'altronde ci sono altri principi! che uniscono l'in- fluenza loro a quella deli'amor proprio e che inducono con mag- giore efficacia gli uomini a rannodarsi tra loro. Que5 filosofi che hanno preteso essere l'amore di sé stesso il solo motore di tutte le nostre azioni, sembra non abbiano bastevolmente studiata la nostra natura; che diversamente avrebbono potuto scoprire in essa affezioni e passioni che si riferiscono anzi ad altri og- getti che a noi stessi, e che in varie circostanze non operano meno possentemente dell'amor proprio, sia col concorso delle loro determinazioni , sia formandone delle opposte. A puntello di questo diremo : — La vista di una persona sofferente eccita in noi quel sentimento che è chiamato compassione. È questo un sen- timento doloroso, parrebbe perciò che gli uomini evitare dovessero gelosamente tale spettacolo. E pure tutto all'opposto avviene, giacché eglino veggonsi anzi attratti come da uno incanto incom- prensibile verso quegli oggetti stessi, la cui presenza suscita am- bascia nel loro cuore. Egli è per ciò che noi veggiamo avidamente correre a quelle sceniche rappresentazioni, che quanto sono più lugubri, e sensi destano di pietà, di raccapriccio e persino di orrore, tanto più ottengono plauso e concorso numeroso. L'interesse e la sollecitudine che ne sospingono in que' luoghi, dove i nostri si- mili sono flagellati da mali fisici o morali, le cure, le consolazioni che con intenso amore loro prodighiamo, provano che la natura ci arricchì di cuore tenero e pietoso. Taluno per avventura po- trebbe forse opporre, che questo è l'effetto di una semplice cu- riosità , un bisogno di svariate forti sensazioni e di nuove im- pressioni — ma saremmo noi da questo malgrado nostro ecci- tati, commossi, se lutto ciò che ne circonda non fosse di alcuna attrazione, di alcun legame per noi ? — Diremo ancora: — A taluno è rapito da morte una persona che gli è fuor di modo caro — allora più requie, più lietezza per lui ; rimembranza e pianto amarissimo; solo conforto nel suo dolore, in una vita mesta
87 e solinga ; le notti insonni, sempre ritraenti 1J affettuosa imma- gine dell'estinto.
L'obbligo poi di ubbidire alla legge civile deriva dalla legge naturale — che la costituzione della natura nostra richiede che noi dobbiamo vivere in comunanza civile, e che questa, qual ne sia la specie., è sempre retta da leggi che comandano obbi- dienza e sommissione. I bisogni, le imperfezioni ed i vizi, per- sino degli uomini provano, ch'essi sono creati per formare delle società civili e per essere vincolati da leggi non solo, ma la mag- gior parte sommessi a governi, di cui aitri tengono il freno. Ed egli è per quest'istinto impermutabile, che sono stati fondati na- turalmente e necessariamente i eodici diversi., i diritti dell'uomo, la filantropia universale, la ragione delle genti, i governi, la bilan- cia degl'imperi. L'istinto di sociabilità infine congiunto all'amore individuale, sono la principale sorgente di tutte le nostre passioni e delle nostre azioni.
CAPITOLO XX11I.
ESPRESSIONE ANATOMICA DEL CORPO UMANO.
II pittore, Io scultore, l'attore, che hanno dovuto necessaria- mente studiare i rapporti, la connessione degli effetti, che sono fra i muscoli e la fisonomia, a cui essi danno espressione, cioè il sentimento che li muove e ch'essi poi trasmettono al viso, vedo- no apertamente le passioni che agitano l'uomo e che con molle difficoltà egli spesso cerca di nascondere. Perciò l'osservatore vede che gli uomini non dissimulano, o non sono attori che acciden- talmente. La vita domestica, la vita publica, gli affari d'interesse, le professioni, l'ambizione, la vanità, l'amore, la famigliarità, i divertimenti , i piaceri , tutte queste situazioni dell' uomo lasciano in piena libertà l'azione naturale, e provocano fa mani- festazione del carattere. Avvi mille occasioni di mostrarsi a- pertamenle , contro una che determina a nascondersi. I linea- menti del viso, e Fazione di tulle le altre parti del corpo, i loro cangiamenti, le loro alterazioni, dipendono dalla posizione come dall' azione dei muscoli, o meglio, dei nervi che li coprono e li
88 traversano in ogni senso. — Con una leggiera cognizione della macchina del corpo umano, si sa che ogni passione dell'anima, che ogni stato del corpo, durevole o fuggitivo, ha muscoli che sono ad esso particolari ; avvene per il riso , per la col- lera, per la gioia, per il dolore, ecc.: la facilità del giuoco di queste specie di corde dipende, come tutte le nostre abitudini , dalla frequenza delle circostanze che ci sollecitano al molo, o che ve lo imprimono ; questo moto cambia od altera la forma esterna s e a forza di essere replicalo lascia una impressione che mai non si cancella, o che la più leggiera occasione deter- mina a ricomparire. — I duri e frequenti lavori del popolo s stiracchiando continuamente i suoi muscoli, li difformano e spesso li contrariano ; ed è per ciò che facilissimamente lo distinguono., anche nel suo più bello abbigliamento, da coloro che hanno sem- pre goduto di una vita commoda ed aggradevole. — Poiché adunque le passioni imprimono dei caratteri all'esterno, come lo dimostrano l'anolomia ed anco la semplice osservazione, si devono leggere quei caratteri, studiarli, onde poterli descrivere, e con ciò dare base e forma ad una scienza utilissima a chi esercita le arti belle e la cognizione del corpo umano. — Questa scienza sa- rebbe assai più facile e più estesa se gli uomini de* nostri climi si mostrassero, come gli altri animali, sotto le vesti della semplice natura. In forza dei costumi non si vedono che alcune estre- mità del corpo umano , e non pertanto si sogliono stabilire principii di fisonomia, desumendoli dal solo volto; ma non avvi però anatomista , giudice competente in questo , che non pro- testi contro la precipitazione di questo giudizio. E che ! Le altre parti dei corpo vanno esse prive di muscoli e di nervi ? Nello stupore, nella paura, nell'indignazione, nell'orrore, tutto il corpo è in agitazione, le arterie battono, le vene si gonfiano, e tutte le parti sono commosse, agitate. — Nel languore, nell'affli- zione, nel dolore, il corpo si curva, e tutto in esso appalesa uno stato di rilasciamento. Che se ciò si ravvisa quand'anche le membra siano coperte, quanto meglio non si scoprirebbe a corpo nudo?— - Vero è che i caratteri delle passioni hanno principalmente stabilita la loro sede sul volto, ed a buona ragione pel gran numero di muscoli di cui la natura ha provveduta questa parte del corpo. Il dorso, molto più esteso, non ne ha altrettanti. Il solo occhio, compresovi le palpebre che Io difendono, quantunque piccolis- simo in paragone del rimanente, ha otto muscoli per eseguire i
89 suoi moti : lJ orbicolare , o quello che chiude le palpebre , ed il rialzatore della palpebra superiore, gli altri sei appartengono al suo globo e sono: il superbo, l'umile lo sdegnoso, il bevitore ed i due patetici, chiamati altrimenti il grande obliquo, ed il piccolo obliquo. Aggiungendo a questo gli effetti risultanti dalle loro a- zioni combinate, ognuno si potrà fare qualche idea della prodigiosa varietà di espressioni di cui è suscettibile codesto organo. —
Bellezza fisica. — Per Io più gli uomini non hanno rispetto che per quelle persone dotate di una statura vantaggiosa, di bella apparenza, insomma per quelli che la natura ha favoriti de' doni esterni. — Il volgo crede volontieri che coloro i quali sono slati più abbondevolmenle largiti di qualità fisiche, siano più alti a fare grandi cose. Ciò è talmente in natura , che i selvaggi , i popoli barbari, scegliendo il loro capo, il loro re fra i più belli di loro, danno il comando, lo scettro a chi supera lutti gli altri colla statura , colla bellezza delle forme , colla forza. « E non eravi alcuno in tutto Israele così bello, e avvenente fuormisura, come era Assalonne; dalle piante de' piedi sino alla cima del capo egli era senza difetto. — Quando si tagliava la capigliatura (Io che egli faceva una volta all'anno, perchè essa lo incomodava) i capelli della sua lesta pesavano dugento sicli al peso comune (cioè cento oncie). V. Bibbia, lib. Il, de3 Re, cap XIV.
Bellezza morale. — Si osservava in onore del celebre Polignoto, che i personaggi de'suoi quadri avevano l'impronta della bellezza morale, la cui idea era profondamente scolpita nella di lui anima. Una era l'espressione fisica e morale; perciò debbesi considerarlo come un pittore filosofo.
Bellezza nelle belle arti. — È l'unione della verità naturale e della verità ideale. Su ciò è riposta la perfezione delle arti belle. —
m Siccome Fidia d'Alessandro invitto Dopo facendo il simulacro illustre, La magnanima fronte al Ciel rivolse; E ripiegando la cervice altera Gli alti di lui costumi in guisa espresse, Ch'ei non contento del terreno impero, Par ch'aspiri alle stelle, e chieda il Cielo: Così '1 Fabro primier la fronte e gli occhi Alzò dell'uomo alle stellanti sfere, Perchè là guardi, onde celeste origo Ebbe l'alma immortai, ch'eterno regno
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Par che chieda per grazia al Padre Eterna; Ma tutt'altri animali a terra ei volse Pendenti e proni, a rimirar costretti Per sempre la commune ignobil Madre, Come fian nati ubbidienti al ventre; Perchè 'I lor fine è pure il pasto, e '1 cibo, E terreno piacer gli alleila, e moice » (l)k
CAPITOLO XXIV
ELVEZIO
Questo scrittore nella sua Opera sullo Spirito ha intaccato tutte le fondamenta della morale con paradossi e strafalcioni, tanto nella fisica, quanto nella metafisica, il tutto sostenendo con una logica debolissima. Se non sì tosto publicata quell'Opera fu con virulenza assalita malgrado i grandi applausi che ottenne per la sua singolarità attraente; verità esige si dica, che l'orditura di quel lavoro è certamente di un merito non comune (2). Nul- lameno essa esercitò una grande influenza., giacché il suo autore possedeva lutto quello che può contribuire a dar pregio a un'o- pera — censo ricchissimo, dignità alla Corte, considerazione in- dividuale e meritata — oltre ciò Elvezio offeriva una dottrina
(ì) Questi versi del Tasso, come altri già citati, sono estratti dalla sua erudi- tissima opera il Monda creato , vastissimo quadro ove la sua faconda musa di- pinse le meraviglie dell'Universo. Il grande Torquato vi sparse tutte le cogni- zioni de' suoi tempi che erano pure il corredo del suo profondo e sublime ingegno, e stemperò in facili e sonori versi la filosofia socratica, platonica, aristotelica, lo spirito della Bibbia ed il sapere de' Santi Padri della Chiesa. Molti , fra i quali Milton, Dubartas, Dulard, Delille, ed altri si giovarono del sacro poema del Tasso, che diede la forte spinta a' poeti che trattarono materie filosofiche, alla imitazione di varii poeti dell'antichità: Empedocle, Parmenide, Arato, Ovidio, Lucrezio, Ma- nilio. — Il Mondo creato (1600) è stato pei poeti naturalisti moderni, ciò che gli scritti del celebre Aldovrando sono stati pe' nostri naturalisti, e niuno più lo seppe che Buffon ed i suoi continuatori.
(2) A canto i paradossi trovansi verità fondamentali , forse per la prima volta esposte; gli argomenti più oscuri risplendono per bella lucentezza; le idee sono ardite e lo stile eloquente. Elvezio trasforma le idee , ma dalla sana filosofia, la quale sa tutta esattamente contra.ppesare, sono collocate in un ordine diverso.
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morale che lusingava l'inclinazione del secolo cui apparteneva: — « quella, cioè, che il dolore e il piacere sono i soli motori del- l'universo morale, e il sentimento dell'amore di sé slesso è la sola base su la quale si possono gettare le fondamenta di una morale vantaggiosa. In sì fatta guisa l'unica prospettiva offerla all'uomo è la felicità individuale; l'unico sentimento consacrato, l'egoismo. La storia universale di tutte le età ne mostra in quella vece, che nel sacrificare sé stesso al dovere rifulge massimamente la dignità umana e si manifestano con maggiore energia le gioie di una coscienza soddisfatta. Liberi dalle false idee di qualsiasi sistema e riflettendo maturamente noi vedremo dappertutto le prove, che le nostre azioni sono fondate su le leggi della conservazione e della socialità. — Quale immensa distanza avvi tra l'opera su Io Spi- rito e il suo autore! — Elvezio era uomo di costumi man- sueti, di sentimenti nobili, generosi, di un conversare amabile., di forte intelletto e di ricca dottrina : eppure egli è 1' uomo di sì fatta tempera, che ha dettato con sì aperta fiducia e sicurezza un gran numero di paradossi , in cui la falsità dei ragiona- menti emerge al pari del pregiudizio notevole delle con- seguenze. Ma sì fatti contrasti, sì fatte contraddizioni sono dis- graziatamente inseparabili dalla natura umana , come noi ver- remo a dimostrare nel progresso del nostro lavoro. Egli sembra altresì, che una vana e malaugurata sete di celebrità, tanto do- minatrice delle anime ardenti , lo sospingesse a scrivere razio- cinii ingiusti ed impotenti onde distruggere i sentimenti più ge- nerosi, e le gioie soavi e consolatrici dell'amicizia. Elvezio calpestò il sentimento , senza cui V uomo vede i suoi più be' giorni tri- stissimi, e alla cui azione le più amare disgrazie ottengono bal- samo confortatore — eppure chi altri meglio di lui seppe in- spirarlo, darne prove incessanti, ricolmarne i doveri con solerte cura e delicatezza ? — Chi meglio di lui seppe fare un saggio e magnifico uso delle ricchezze? — Le azioni di Elvezio onorarono il suo cuore^ ma la sua penna reca disonore al suo ingegno. — Noi amiamo intrattenerci di quest'uomo celebre, perchè ne offre un carattere di profonda osservazione composto di qualità squisite ad un tempo e di una singolarità pochissimo comune. Sì fatto carattere è uno di quelli, che maggiormente rivelano la natura dell'uomo, di cui noi qui vogliamo presentare i lineamenti prin- cipali, che porgerà una idea e servirà , a cosi dire , di peristilo al nostro lavoro. Elvezio, cui conviene pure applicare il titolo
92 ^di saggio, consideralo nelle sue azioni e ne' suoi sentimenti, rac- chiudeva in cuore tutte le virtù, che invano col suo spirito adope- ravasi a rintuzzare; da quelle inspirati erano i suoi desiderii e vivi- ficate le sue azioni — l'emulazione, l'amore della gloria, della fama, gli onori largiti soltanto a sommi ingegni, lo indussero a elabo- rare un'opera importante, che eternasse il suo nome., ma che è in aperta contraddizione coll'esempio morale offertoci dalla sua vita. — Quale contraddizione! (J) — Egli che alla natura doveva doni preziosi, co* quali primeggiava altamente, mentre, rifiutando di rico- noscerli , afferma che tutti gli uomini, nati perfettamente eguali riguardo al morale, non presentano in appresso gradi sì diversi d'intelligenza, né sviluppano tra loro caratteri sì opposti che in conseguenza dell'educazione cui hanno attinto. La smania di far ammettere questo paradosso singolare, lo getta in sottigliezze di lui pochissimo degne , e dopo essersi innalzato secondo l'osser- vazione di Locke con una forza atletica contro l'abuso delle pa- role, sorgente avvelenata da cui sono stillati i disastri più or- ribili che hanno flagellato la terra, egli stesso se ne rende colpe- vole. Nella speranza di eludere gli esempi numerosi, al cui solo cospetto i suoi ragionamenti capziosi cadono annientati , tu lo vedi dare una tale ampiezza all'educazione, che non è più se non un fantasma ideale, di cui formano parte il nutrimento, la ve- stitura, l'aria, non che il minimo avvenimento, la parola più in- differente. E chi mai ignora che spesso tutte le cure de' padri e più ancora quelle degli ammaestratori sono rese infruttuose e su- perflue da un concorso di circostanze non prevedute dall'espe- rienza anche più sagace , che niuna possanza può evitare o in- terrompere? — L'uomo al suo nascere racchiude in sé stesso tutti i germi della virtù e dei vizii; egli è l'età, il clima, l'educazione, l'opinione , le circostanze , i casi della vita , che ne formano il maggiore o minore sviluppo, e che danno origine piuttosto a una virtù che a un vizio; oppure, anzi a un vizio che a una virtù. L'abitudine esercita un' influenza possentissima su la nostra esi- stenza e su le nostre azioni. Abitudini viziose possono soffocare le più nobili virtù e far disperdere i frutti più belli dell' alle- vamento. Le abitudini diventano una seconda natura , opposte
(4) Elvezio seppe dipingere con molta eloquenza gli errori ed i vantaggi dello spirito. Le grazie e le rare qualità di sua moglie gì' inspirarono il leggiadro poema
sulla Felicità ( Le Bonhenr).
93 conseguentemente alla prima, e giungono ad operare tale can- giamento negli uomini, che non sono più riconoscibili, e ciò av- viene tanto tra le nazioni, quanto tra privali. Nulla avvi di così bizzarro e di cui si possa rendere meno ragione di quello che appar- tiene all'introduzione delle usanze e delie abitudini. Un esempio sin- golare di sì fatte verità l'abbiamo in Nerone, il quale, dotato delle più belle virtù poscia traboccò nel profondo delle scelleraggini. Sa- rebbe egualmente ingiusto attribuire all'educazione, quanto vo- lere disconoscerne i suoi effetti possenti. Ella modera, rettifica le nostre facoltà fisiche ed intellettuali, ma non le è dato giammai di poterle produrre. Le cure, le fatiche, le spese, gli ammaestra- tori più destri ed assennati nulia assolutamente valgono per colui che è sprovvisto di doli naturali, mentre quegli cui natura fu largo de* suoi tesori sa superare tutte le difficoltà, arditamente in- frange tutti i legami impiegati onde porre indugi od ostacoli al suo corso. Cangiamenti di fortuna , rigori di parenti , persecu- zioni di ogni genere diventano anzi altrettanti stimoli pungenti pel mortale creato con mezzi altissimi. Se l'educazione ha !a pos- sanza di bonificare , di migliorare , di alterare alcune qualità , ella non ha però quella di crearne o di annichilire le preesistenti.
CAPITOLO XXV.
CONTRASTI E CONTRADDIZIONI DELLA NATURA UMANA.
Noi onde offrire la pittura dei contrasti e delle contraddizioni che osservatisi nel carattere dell'uomo e renderla più manifesta, analizzeremo quello di alcuni uomini dotati di un forte sentire , giacché è egli appunto ne' grandi scrittori e ne' grandi artisti, che ordinariamente sviluppansi vigorosissime le facoltà intellettuali e morali. In Orazio, per esempio, vedesi un uomo:
Riboccante di vita e di uno spirito gagliardo, nello stesso tempo all'indolenza e aHaccidiosità inchinevole. — Egli amava lo studio e le arti — e il riposo; — fu scrittore coraggioso — e guerriero codardo; — amico affettuoso — e incostante nel suo attacca- mento; — sensibile a un forte e vero amore — e dissoluto con tutte le donne; — filosofo severo — e uomo mondano , volut-
94 luoso; — assai temperato — e amante il vino, i banchetti, gli stravizzi; — religioso — e incredulo; — moralista — e vizio- so; — buono — e satirico; — serio — e faceto; — casto in molti suoi scritti — e licenzioso in altri; — socratico, platonico — e cinico ed epicureo; — dotato di estremo buon senso — e di capriccio estremo; — carattere fermo — e cuore incostante; — studioso
— e infingardo; — d'imaginativa vivissima — e d'anima lan- guente; — modesto — ed ambizioso; — apprezzatore della glo- ria — e spregiatore de* beni terreni; — amante la società — e la solitudine; — di tutto gaudente — di nessuna cosa vas- sallo; — fu costante — e volubile; sensibile — e insensibile,
— forte — e debole.
Orazio è la mente più versatile che abbia giammai esistito , ed è per questo eh' ei fu caro ad Apollo, a Venere, alle Grazie, a Cupido, alle Muse. Fu uno dei favoriti della filosofia, delle let- tere e delle arti; da ciò derivano il suo coraggio nel dolore e nella disavventura; la sua indifferenza per le ricchezze e per la prosperità. Ne' carmi del cigno di Venosa spiccano tutti i carat- teri più amabili, più svariati, più eleganti, più energici dello spirito umano, a cui diedero vita e colorito un'anima sensitiva, buona, affettuosa ed in pari tempo energica. Ecco i contrasti o le differenze offerte dalla parte intellettuale e morale dell'uomo.
— Ora, altri esempi.
Di Orazio ancora: Parte morale. Parte intellettuale.
Bontà, semplicità, candore; Forza, vigore, energia;
Franchezza, urbanità, amicizia; Grandezza, impeto, elevazione; Amabilità, saggezza, debolezza ; Sublimità, svariamento, versa- Amore, ecc., ecc. tilità;
Coraggio, ardire, nobiltà;
Commozione, sensibilità , sag- gezza, perfezione.
VIRGILIO.
Dolcezza, modestia, gentilezza; Grandezza, nobiltà, energia; Bontà, sagezza, affezione; Elevazione, magnificenza ;
Semplicità, coscienza. Sublimità, forza, eleganza;
Grazie, perfezione, amore, ecc.
OVIDIO.
Parte morale. Parte intellettuale.
Bontà, amabilità, mitezza; Energia, magnificenza, eleva-
Affezione, amore, debolezza; zione;
Pusillanimità, incostanza, versa- Fecondità, mutabilità, impeto; tilità. Varietà, sublimità, coraggio;
Forza, ardire (1).
TASSO.
In questo sommo la parte intellettuale e la parte morale sono di una tempra eguale.
Vigore, energia, coraggio, fermezza, concitazione, grandezza, nobiltà, magnificenza, sublimità, eroismo — soavità, grazia, varietà, fecondità, versatilità, affezione — amore, poesia, entu- siasmo, armi, gloria.
Anima, cuore, spirito tutto nel grande Torquato era della stessa natura; le qualità del cuore e dell'ingegno si scorgono nelle sue opere immortali — sempre egli serbasi immutabile — Io stesso può dirsi di Alessandro, di Cesare, di Dante, di Fénélon, di Alfieri.
Si può avere mente gagliarda ed essere manchevoli di co- raggio — puossi essere dotali di virtù ed essere privi di la- lento — avere genio e difettare di forza morale.
Filippo di Francia, duca di Orléans, fratello di Luigi XIV, fu una mistura di mollezza e di coraggio. Ne' combattimenti era si- miglievole a leone e spesso le sue vittorie strepitose infiammarono di gelosia il fratello. Non sì tosto il piede toglieva da'eampi cruenti di Marte, che d'Achille trasformavasi in Paride, e mostravasi il più voluttuoso, il più effemminato de' maggiorenti della corte. Gran- de diletto per lui era quello di coprirsi con vesti femminili — in Alcibiade troviamo le stesse contraddizioni. — Filippo, duca d'Orléans, figlio del precedente e reggente del regno durante la
(4 ) Marziale era in uno elegante poeta e sucido buffone ; — satirico mordace ed esagerato adulatore; — filosofo sublime ed uomo più che mondano. La'sua anima facile a tutte le impressioni , e la versatilità della sua mente , lo resero grande in tutte le parti che assumeva, perchè erano tutte nel suo carattere.
06 minorità di Luigi XV, offeriva parimente la riunione di qualità eccellenti e di vizj stomachevoli: — coraggio, cioè, — nobile orgo- glio, tolleranza, generosità, clemenza, talenti, addottrinamento, laboriosità — e incredulità, ed il più abbietto epicurismo con tutti i vizi che ne formano corredo La madre sua aveva sagacemente indovinato il di lui carattere, allorché ella disse, eh' ei possedeva tutti i talenti, eccetto il dono di saperli impiegare rettamente. Forte egli era di mente , debolissimo di morale. Questo uo- mo che seppe far levare di sé tanta voce, fu ridotto cadavere dall'eccesso de' suoi lavori intellettuali e dall'abuso delle sue fa- coltà sensuali. L' attività sua era instancabile , ed era da lui partita nel tempo stesso tra le cure del regno e i godimenti della vita. — Le contraddizioni che ora abbiamo avvertito nell' indole di alcuni uomini, derivano o dalla natura o da circostanze o da avvenimenti, che diretta e possente influenza hanno sulla mente e sul cuore umano. Nerone che dapprima buono era, si cambiò Ili un mostro di crudeltà. Augusto prima che stringesse scettro era crudele, vendicativo, sanguinolento — appena salito al potere mostrossi moderato, giusto, mite, clemente. — Noi amiamo chiamare sì fatte tramutazioni rare e mirabili : — battaglie combattute e luminosamente guadagnate su la forza primitiva del tempera- mento.
Vittore Richetti, marchese di Mirabeau, celebre economista pre- dicò la libertà e fu il tiranno della sua famiglia. — Egli si spac- ciava ne' suoi libri l'avvocato del contadino, mentre lo tormentava nelle sue possessioni colle sue signoresche pretese di cui era som- mamente geloso. Pubblicò un'opera il cui titolo era: 1/ amico degli uominij e fece imprigionare un gran numero de* suoi pa- renti col mezzo delle famose orribili lettres de cachets. Il suo affetto pel popolo non fu altro che una gelosa avversione pel ministero , il quale non adottava i suoi sistemi.
Sant'Agostino offre perfettamente il carattere naturale e quello acquistato colla perseveranza nel battagliare, il che luminosamente apparisce nell' opera importante ed utilissima delle sue Confes- sioni. Quel dottissimo intesse la descrizione di ciò che egli era prima di leggere uno scritto di Cicerone, del suo convertimento e delle cagioni da cui fu sospinto a tramutazione La sua forza intellettuale che sottopose allaeducazione novella, insieme congiunte, imposero silenzio ai suoi sensi e presero impero con essi. Le Con- fessioni di S. Agostino sono uno studio o piuttosto un esercizio prò-
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fondo del!a intelligenza. Quel Santo Padre nel descrivere e nel- l'esaminare sé stesso, fé' l'analisi perfetta dell'uomo, delle sue sen- sazioni, delle sue inclinazioni, delle sue voglie, e applicossi in fine a rendere chiara P azione delle facoltà umane. Montaigne e G. G. Rousseau, quantunque non ne facciano motto,, presero a mo- dello quell'opera preziosa, talmentechè iì pensiero degli scritti loro non puossi dire originale. Tutlavolta queg'i illustri moderni., il primo ne' suoi Saggij il secondo ne!!e sue Confessioni, col sotto- porre a disamina rigorosa se stessi , ci hanno lasciati copiosi materiali per la cognizione della nostra specie. Benvenuto Cel- imi, altro de' più grandi artisti dì cui si onori l'Italia, scrisse egli stesso la sua vita con tale franchezza, ingenuità, schiettezza e ar- dimento che desta maraviglia ; ritraendo co' più vivaci colori sé stesso, ha ritratto tutte le sensazioni e le azioni persino più recondite dell'uomo. La sua opera, ammessa tra le classiche pel merito letterario, tale è monumento filosofico che assai importa Io studiare. Altrettanto può dirsi di Cardano, uomo di una mo- destia rara, ed uno de' propagatori più fecondi del sapere de' mo- derni. Alfieri, mente possente e vigorosissima che sempre mirava ad uno scopo filosofico e morale, ha lasciato nella sua Vita un libro eccellente, che presenta un quadro assai istruttivo dell'uomo. Altri scrittori moderni calcarono la stessa via, e meritano di essere letti attentamente da coloro che occupansi nello studio della scienza umana — tra quelli nomineremo Gibbon , Marmontel , Beau- marchais e Goldoni.
L'educazione ha un' efficacia indicibile su la mente e il cuore, e da essa dipende quasi l'esistenza fisica o morale di un fanciullo. Egli colle sue prime lezioni riceve il germe o, a meglio dire, svi- luppasi in lui il germe di ciò che forma l'essere buono, ragionevole, il cattivo, il virtuoso, il vizioso, l'eroe. Fortunatamente sin dal principio del secolo nostro l'atmosfera delle scuole è stala d'as- sai purificata, la face della ragione, dell'addottrinamento, della sag- gezza e i trionfi delia verità hanno dissipato le false tenebre, che cotanto dannose erano allo sviluppo ed al perfezionamento della intelligenza umana.
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CAPITOLO XXVI
FORZA E DEBOLEZZA MORALE.
Coraggio e Paura.
Il coraggio aumenta le noslre forze fisiche e morali, e serve mirabilmente a rinvigorire ciò che pensiamo ed operiamo. II suo minore benefìcio è quello di sgombrare l'animo dalla paura, dono però non lieve, giacché spesse volte si soffre più pel solo timore privato di un male , che pel male stesso. Il vero co- raggio è fondato su la prudenza congiunta colla calma. Difatti, se non conservasi intieramente la ragione, come liberarci da un pericolo, foss'anco dei meno gravi ? Collo smarrimento di essa come poterci regolare? Quanto è più terribile la disgrazia da cui siamo minacciati od oppressi , tanto più necessita il soc- corso efficace della ragione. Colui che è reso tremante o quasi intorpidito da paura, quali difese può egli opporre alla propria vita, come provvedere alla propria salvezza? La paura è ciò che caratterizza maggiormente la debolezza morale, e colla sua azione moltiplica e ingrandisce gli oggetti, che dall'immaginazione ven- gono poi ritratti sotto forme spaventose ogni qualvolta cerchiamo di allontanarcene. L'uomo coraggioso in quella vece coll'appia» nare i vani ostacoli, sa avvicinarsi a quegli oggetti, esami- narli, scorgerli nella vera condizione loro, e si fattamente che spesso è tratto a riso da ciò che incutevagli da prima timore. Colui che pari a foglia cui agita l'alito più leggiero, allibisce e spaventasi fìnanco per nonnulla, che dalla debolezza del suo cervello pigliano , a cosi dire., forme di spettri e di sogni stra- vaganti., oltre essere tenuto a vile, trae vita infelicissima. L'uomo conserva tutta la sua forza e la sua dignità, allorché in qualsiasi occasione sa mostrare mente impavida e cuore strenuo. La debo- lezza morale ci rende incerti, dubbiosi , pavidi., ci fa cadere no- stro malgrado in tutto ciò che riesce nocivo, e da queste vane paure derivano tormenti ed ansie di ogni genere ; — che il timore eccessivo e la cura gelosa che impieghiamo per evitare
09 un male, tolgono ogni luce alla riflessione. La debolezza morale ci rende sensibili ai mali più leggieri e mette in cuore la dispe- razione per cose da nulla; — la forza morale in quella vece ci fa tutto vincere, superare, e giunge a mitigare anco i più acuti dolori, in modo che l'uomo fa rocca del proprio petto e soffre assai meno. 1 filosofi stoici seppero ridurre la forza morale a principio e fe- cero servire la teorica del loro sistema come a fondamento della vita. Quindi intrepidi resistevano a qualsiasi specie di mali fisici e morali perchè operavano in essi le forze morali e intellettuali. Tra gli antichi primeggiano gli Spartani, che giunsero a levare al più alto grado la forza morale, ed i fieri republicani di Roma vetusta tra- mandarono ai posteri esempi maravigliosi di codesta vigoria. — li più tremendo è quello di Giunio Bruto, che a morte condanna i pro- pri figli ! — Socrate., Aristide, Focione, Pericle., Cesare, Catone, Scevola, Porzia, Regolo, erano dotati di una immensa forza mo- rale. L' eroico Messicano che tacendo stava disteso su carboni ardenti, e rimproverava il suo compagno perchè gridava soffrendo lo stesso orribile supplizio, dicendogli: E che, sono io forse sovra un letto di rose ? — mostrò una forza fisica e morale al diso- pra della natura umana. — Il sibarita si lagnava dell'incomodo che gli recava una foglia di rosa piegatasegli sotto il capo ; è il vergognoso esempio dell'estrema debolezza morale e fisica. Tra i moderni, per tacere di molti illustri esempi, Foe, Latude ed il barone di Trenk, semplici privati, si contraddistinsero per una forza morale, che sembra superiore all' umana natura. Siila pos- sedette eminentemente codesta forza. — Fors' egli spiegò mag- gior coraggio nell' abdicare la dittatura , di cui aveva abusato con inumana tirannia, audacia e costanza, che allorquando com- batteva, superava e facea sterminio de' suoi nemici. Un uomo solo comecché inerme, osava ancora sfidare con tracotanza e intrepi- dezza inaudita Roma e il mondo intero, di cui s'era reso oggetto di disprezzo, d'odio, e vendetta. La costanza e T imperturbabi- lità dell'anima di quell'implacabile dominatore ponno dirsi certa- mente uniche, e cotanto maravigliose che se non fossero autenticale nel modo più solenne dalla storia, potrebbonsi tenere per incredibili. Siila offre l'esempio più luminoso dell' efficacia e del potere della forza morale e dell'ingegno umano. Anche Mario al pari di Siila operò prodigi sul cuore e sulla mente degli uomini (1). Intuiti
(1) Nelle sciagurate epoche delle persecuzioni cristiane veggiamo un immeiiFe
100 però non è eguale la forza morale, né tulli posseggono il tesoro compiuto delle facoltà dell'anima. Costui si mostrerà forte in una circostanza e non nell'altra; colui provocherebbe a tenzone lo stesso Achille, mentre dianzi avrebbe tremato a petto del vileTersite; l'uno, comechè locato in luogo sicuro, abbrividirà nel porre l'oc- chio in un abisso, mentre l' impavido saprà cimentare i fulmini delle artiglierie; l'altro in somma si batterà indifferente a corpo a corpo; e pavido soldato si mostrerà nella fila di un esercito rim- petto al nemico. Numerose sono le specie di coraggio e di paura, di forza e di debolezza morale, e ciò secondo gli individui, Por- ganizzazione loro, la loro educazione, i loro costumi, le loro abi- tudini, le loro usanze, le loro condizioni, e via dicendo. Sì fatte anomalie e contraddizioni, non di raro quasi incomprensibili, fe- cero dire a Voltaire che — des terreurs de l'enfant l'homme seni- ble glacé. — Cesare non udiva senza qualche ribrezzo il canto del gallo; Bacone veniva meno ad ogni ecclisse di luna; Pasca!., mente soprammodo filosofica e positiva, credeva di essere sempre immerso nell'acqua di un fiume sino all'ombelico; Nicole non usciva giammai di casa senzJ essere preso dal timore , che una tegola cadesse sopra di lui da un tetto; Malesherbes narra., che Voltaire riducevasi sempre a casa corrucciato , quando avesse udito crocidare nella campagna delle cornacchie a mano sinistra; Milton si bisticciava di continuo colla moglie ; Enrico III, famoso per la vittoria riportata contro i Calvinisti a Jarnac nel 1569, non poteva trattenersi in una camera, dove ci fosse un gatto; a La Mothe le Vajer riusciva intollerabile il suono di qualsiasi {stru- mento, e provava diletto vivissimo al fragore del tuono; Albert, maresciallo di Francia, veniva meno nel vedersi servito a desco un porcellino da latte ; Maria de' Medici non poteva reggere alla vista di una rosa anche dipinta , mentre amava assai ogni altra specie di fiore ; il cardinale Enrico di Cardonne era animato dalla stessa antipatia; Ladislao, re di Polonia, sentiva tale turbamento, quando vedeva delle mele, che si dava alla fuga; Scaligero fre-
numero di donne, fatte superiori a se stesse, correre per la fede in mezzo alle fiamme, o piegare il collo sotto la scure de' manigoldi, ed offerire a inauditi tor- menti i loro corpi deboli e delicati. Moltissime donne, gloria del loro sesso, fu- rono vedute nelle Crociate, animate dal doppio entusiasmo della religione e del valore, guadagnare indulgenza sul campo di battaglia, e morire con le armi alla mano a fianco de' loro amanti e dei loro sposi,
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me va all'aspetto del nasturzio acquatico; Erasmo non poteva mi- rare un pesce senza sentire il brivido della febbre, e vìa dicendo.
— Tra gli uomini più grandi della Grecia e di Roma molti ve ne furono, che vissero schiavi di misere debolezze da fanciulli.
— Il cielo col largirci in dono virtù o talenti ha voluto spesso accompagnarli con qualche debolezza: — queste, a cosi dire, sono espiazioni offerte al vizio, all'ignoranza ed all'invidia. Taluno disse che le debolezze umane rassomigliano a quelle vittime nere, nigrce pecudeSj che dagli antichi s'immolavano ai Numi dell' A- vernOj e da cui non lasciavansi però mai impietosire. Menti forti erano quelle di Newton, di Malebranche, di Cartesio, di Spinosa
— eppure sognava il primo, quando volle commentare l'Apoca- lisse; gli altri parimenti sognarono ne' loro sistemi. Ticone-Brahe mesceva alla realtà positiva della dottrina i sogni dell'astro- logia giudiziaria. La forza fisica produce la forza morale; queste due forze congiunte cagionano salute , vigore , pieghevolezza , snellezza., vivacità., velocità, franchezza, schiettezza, tranquillila, allegria, risoluzione, attività, ambizione, coraggio, valore, auda- cia, temerità, emulazione , desideri bellicosi , brama di vittoria , ambizione di gloria e d'immortalità.
Umanità e Morale — Virtù.
L' umanità è il primo amore tra gli uomini : è un senti- mento di benevolenza che ci spinge aggradevolmente a fare il bene de' nostri simili, sia co' nostri consigli , o col nostro esem- pio, o co' nostri beneficii. Questo è il principio del bene morale, della morale universale. Con grande superiorità fu trattala que- sta scienza dei costumi da Socrate , Platone , Aristotile , ed in seguito da Epicuro, Zenone, Cicerone, ed anche da Marco An- tonino, Epitteto, Plutarco, Seneca. — Al XVI secolo, Bacone, Montaigne, Grozio, Ficino , Puffendorf, La Bruyère , Fénélon , Montesquieu, Vico, Muratori, Stellini, G. G. Rousseau, Beccaria, Fi- langeri, Genovesi, Gioia, Vanvenargues,Dugald, Stewart., risuscita- rono., per così dire, la scienza morale. — Impossibile è porre meglio a profitto di ciò che hanno fatto questi moderni filosofi, i quali, a tutto quello che i savj della Grecia e di Roma, hanno scritto sopra un soggetto sì importante, hanno aggiunto viste più
102 sane, riflessioni più giudiziose e precetti più adattati alle nazioni ed ai governi pe' quali hanno studiato e scritto (1).
La Pietà e la Clemenza derivano dall' Umanità, ed onorano sommamente il cuore dell'uomo. Cicerone, uno di quegli uomini che hanno più illustrato la filosofia morale, dice , di questi ele- vati, grandi e generosi sentimenti : E per la pietà e per la cle- menza che l'uomo merita di essere chiamato l'imagine della di- vinità. — L' umanità è pure il frutto di una buona educazione, e di un amore di sé illuminato e moderato, che ragiona sopra i suoi veri interessi. Ella è anche., spessissimo , V effetto di un buon temperamento. Quelli che vivono con tranquillità e con dolcezza, sono inclinati naturalmente all'amore dell'umanità, poi- ché il risultalo della felicità consiste nel procurare di mettersi in reciproca comunicazione. — Gli stoici consideravano il mondo come un regno di cui Dio è il principe, e come un tutto, alla cui utilità ciascuna persona che ne fa parte deve concorrere , e riferire tutte le sue azioni , senza mai preferire il suo proprio vantaggio al comune iuteresse. Eglino credevano che erano nati, non ognun per sé, ma per 1' umana società; questo era il di- stintivo carattere della loro setta, e l'idea che davano della natura dei giusto e dell'onesto. Non avvi filosofo che abbia sì bene conosciuto e cotanto raccomandato gì' indispensabili doveri che uniscono tutti gli uomini, gli uni verso gli altri.
Nulla di più bello, di più dritto, di migliore che la saggia dot- trina di Zenone ; degni sarebbero i suoi precetti del vero cri- stiano e di Socrate. — L'uomo veramente umano, Io è in tutte le circostanze delia vita, per tutte le età, per tutto ciò che non è estraneo all' umanità. — L' umanità, ne* particolari, è ordina- riamente accompagnata dalla commiserazione, dalla beneficenza, dalla generosità; ne' principii ella è seguita dalla giustizia e dalia clemenza. — Il più nobile prodotto deir umanità è l'amicizia, divinizzata dai Greci, e chiamata la divinità delle anime grandi.
{\) La morale, la scienza dei costumi, contiene la Politica e la Giurisprudenza, la cognizione dell'uomo e dei suoi doveri. — In codesta scienza , il profondo e sublime Romagnosi , onore dell'Italia ed uno dei luminari della nostra epoca, si è distinto in un modo eminente.
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FORZA FISICA.
Lavoro ed azione.
Il lavoro è una legge della natura, la cui osservazione fa la gloria deli' umana specie. Né la condizione., né il sesso, né la ric- chezza , né il grado , né altra ragione dovrebbero dispensarne alcuno , poiché niente è più degno di biasimo che la indo- lenza di mente che spinge a sottrarvisi. Nulla fare è, per così dire, rientrare nella inesistenza. Basati sono questi principii sul moto universale, che vita e forza dà a tutto. L'ozio affievolisce la costituzione fisica, e distrugge insensibilmente l'azione degli organi. — Le donne non sono fatte per sopportare le stesse fatiche degli uomini , ma la natura, dotandole della bellezza , le aggiunse un grado di forza , ed ha proporzionalo il loro vigore a ciò che dessa esige da loro. — La vivacità con cui elleno si abbandonano giorni e notti intieri ad esercizi violenti, come sarebbe il ballo, i giuochi, le corse a cavallo, non mostrano certamente che desse sieno state destinate a vivere nell'inerzia a cui sono condannate le donne Cinesi, ridotte dagli usi loro allo stato di cosa inanimata. D'altra parte è bastantemente difficile il con ciliare la prodigiosa attività delle donne, allorché la voce delle" passioni, o 1* attrazione dei piaceri le comanda, colla vita indo- lente a cui non poche di esse si condannano. In alcune, questa indolenza è una pericolosa calma, che succede alla tempesta delle passioni. Nelle altre, è un difetto di coraggio, che le impedisce di agire e di pensare. In ogni caso , questa è la malattia più dolorosa che possa assalirle; è una ruggine che rode sordamente il corpo, e che distrugge tutte le molle dello spirito. L'attività, il lavoro, il molo, infine 3 mantengono robusto il corpo, danno energia all'anima, e, soffocando i vizj, sviluppano le virtù.
La complessione della donna è più delicata che quella dell'uomo, le sue fibre sono più sottili, più irritabili, ciò che rende i sensi più fini, più squisiti, ed il sentimento interno più dilicato; il che fa ad essa preferire le cose sensibili agli enti metafisici, le qualità amabili alle qualità essenziali, l'apparente al positi vo., il
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lusso ed il fasto alla decenza, al comodo, air utile. Alla grande sensibilità della donna si devono attribuire le idee e i sentimenti da noi indicati; facilissima a tutte le emozioni, ella diventa oltremodo leggiera, sensibile, volubile. Ma se l'uomo la supera in ragione, in giudizio (ciò che deve tanto alla natura cerne alla sua educazione), fa d'uopo convenire che la conversazione della donna educata ha una certa attrattiva che indarno si cercherebbe nell' uomo più amabile; e quella attrattiva è la soavità., la de- licatezza, la finezza della mente e del cuore che caratterizzano le loro parole e le loro azioni. La società della donna è più at- traente, più dilettevole che quella degli uomini, perchè dessa si lascia più guidare dal cuore che dall'intelletto, ed il cuore è sempre quello che forma i dolci legami della società. L' indole ed i modi soavi che fanno la delizia della conversazione, sem- brano appartenere specialmente al bel sesso, il quale è fatto per frenare le violenti passioni dell'uomo, per addolcirne i costumi e ingentilirne la persona. La donna possiede una squisitezza di spirito superiore a quella dell'uomo; lo spirito in essa è più naturale, poiché non riceve le proprie idee che dall' immediata impressione degli oggetti, e pensa, parla, agisce secondo la sen- sazione da quelli prodotta, mentre 1' uomo spesse volle addotta l'opinione ed i sentimenti altrui. Quello che fa la superiorità dell' uome si è che l'uso lascia alla donna la pratica delle virtù domestiche, oscure, le più difficili e le più ingrate, mentre che riserba all'uomo le virtù grandi e luminose. Le donne forti, le donne che si sono messe al livello degli uomini, e per ingegno, e per doltrina, e per azioni illustri, sono quelle che fecero le istesse riflessioni della famosa Ninon del'Enclos, la quale disse: «Ho ri- flettuto sino dalla mia fanciullezza sopra l'ineguale scompartimento delle qualità che si richiedono negli uomini e nelle donne, ed osservai che noi eravamo state incaricale di ciò che v' ha di più frivolo, e che gli uomini si erano riserbato il diritto alle qualità essenziali ; — quindi , sin da quel momento mi sono fatta uomo ». —
Osserviamo però, con l'autore del Dizionario Filosofico, che, se le donne non hanno i vantaggi degli uomini , almeno sono escluse da quelle professioni che sovvertiscono 1' umana natura, e che la rendono atroce ; motivo per cui sono in generale meno barbare che gli uomini. Sembra dimostrato che la donna vale più dell' uomo ; si vedono cento Eteocli e Polinici contro una
105 Clilenneslra. 11 temperamento della donna ha più dolcezza, più tenerezza , ed essendo continuamente occupala dalf educazione de' suoi figli , o rinchiusa nelle cure domestiche, non può dare grande sviluppo alle violenti passioni, ed alimentare una viziosa inclinazione, un sentimento odioso.
CAPITOLO XXVII.
IMPERFEZIONI E DEGRADAZIONI DELL UOMO.
L'uomo imperfetto nelle sue facoltà morali ed intellettuali è colui che dassi io preda ad ogni genere di vizii — rotto quindi a qualsiasi freno , depravato nella gioventù , insensato nell'età civile, imbecille e decrepito nella vecchiaia, ultimo stadio della vita. Divenuto all'occhio del saggio oggetto di compassione, e* non gode di nulla durante l'esistenza, e coli' allontanarsi dalla sua no- bile origine e col deviare dal suo destino, non sente veramente che gli accenti dolorosi che precedono la sua ora estrema. Costui appena varcata l'infanzia abbandona i trastulli puerili, ma guidalo da una mente debole, vacillante, non educata e raffermata da sani priocipii, ingannasi nella scelta dei retti sentieri della vita, ed assalito a grado a grado da passioni impetuose , ne rimane talmente sopraffatto, che diventa misero schiavo di quelle. Accecalo dalle sue vane pretensioni al sapere, ingannalo nelle sue mire, scurrile e frivolo nelle sue azioni, leggiero e inconseguente ne' suoi giudizi,, volubile e senza fermezza nelle sue idee, basso e incerto in ogni opera sua, stimasi grande soltanto nella buona opinione ch'egli ha di sé stesso, che non può giammai in lui minorare, malgrado che la si trovi sempre in aperta contraddizione colla tri- stezza delle sue azioni. La sua bellezza e la sua forza fìsica in ragione della sua esistenza sono in lui meno durature che negli altri uomini, i quali da natura furono meglio costituiti o a cui una saggia educazione imparli i suoi beneficii; la sua mente inconsidera- ta, tempestosa, nulla esamina, nulla vede ed è labile qua! lampo ; ogni suo alto trovasi sempre opposto ai dettami della prudenza e della ragione; superficiali e incerte sono le cognizioni che ha qui e là raccolte senza criterio alcuno; s'egli è povero invece di ottenere pietà viene da lutti respinto pari ad un essere contagiose;
106 se ricco, blandito, lusingalo, ingannato di continuo, non altro respira che l'olibano dell'adu'azione più stomachevole ; non è giam- mai credulo degno di fede, né in verun conio tengonsi le sue azioni, anche alle volle buone. Ingolfato nella sentina de'vizii, ridotto ad avvilimento estremo, non trova mai requie, perchè sempre lacerato da orgoglio e da fiacchezza. Il suo morale e il suo intelletto di ogni vigore manchevoli, non possono reggere alle impressioni ed alle tentazioni da cui è assalito. Le lezioni dell'esperienza per quanto sieno chiare e possenti, inutili si fanno a quello sciagurato. Lo si direbbe perduto in un labirinto di ama- rezza e di viltà; è di continuo assediato e tormentato da timori di ogni genere., abbaglialo, inebbriato da false speranze., e deriso o tradito da coloro che ha in conto di amici, spogliato dai malvagi, che ne affrettano V assoluta rovina. Invecchialo assai prima del tempo assegnalo da natura, i suoi occhi si appannano, le sue mani diven- tano irrigidite, fiacche le gambe, disseccate le ossa , e per sino a lui tolto quel dolce oblio de3 mali; il sonno, mena vita dolo- rosa, flagellata da rimorso incessante cui solo può dare requie la morie.
CAPITOLO XXVIII.
UMANITÀ — SENSIBILITÀ' — MORALE — EGOISMO — INSENSIBILITÀ7 — DUREZZA — SITUAZIONE NATURALE E SOCIALE DELL' UOMO.
L'amore de' suoi simili è una delle possenti leggi della natura, e si fatto amore più tenero ed espressivo nell'uomo che negli altri animali è altro de' grandi caratteri della nostra specie. Lo si ap- pella Umanità onde significare l'amore dell'uomo a' suoi simili e da questo sentimento di benevolenza è tratto a contribuire alla sua ed alla loro felicità. Colui che è veramente umano , tale si mostra per tutto ciò che concerne il vantaggio e la soddisfazione degli altri. L'umanità componesi di sensibilità squisita. di tenera simpatia, di dolcezza, di commiserazione, di beneficenza, di ge- nerosità, di giustizia, di tolleranza, di clemenza, di sostegno, di aiuto , di soccorso , di cura, di protezione, di alleviamento , di consolazione. Si fatti sentimenti non animano essi la specie umana
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e non sono essi creati per indurre gli uomini a vivere co' loro simili, a formare la società? L'istinto di sociabilità non è egli abba- stanza ritratto in questa nostra rapida analisi ? — Il sentimento che ne induce ad essere co* nostri simili benefattori — l'amore del prossimo — noi lo crediamo ingenito nella specie umana , comechè non sia, a vero dire, dominatore in tutti gli individui ; ma la natura immutabile nelle sue leggi fondamentali ha vo- luto che la varietà e i contrasti esistessero nelle sue opere. La specie è sempre la stessa , mentre gli individui sono sot- toposti a cangamenti. L' uomo è quindi nato per la società. La sua lunga puerizia, i suoi numerosi bisogni, l'estrema debolezza fisica congiunta a un allo grado di possanza mo- rale , il linguaggio di suoni articolati capaci di esprimere tulle le varietà del pensiero perfezionato, la grande fecondità della specie umana ne' climi e ne' luoghi che le sono favorevoli, fecon- dità incompatibile collo stato selvaggio , da cui nelP uno o nel- l'altro punto del globo l'uomo presto o tardi è forzato ad uscire
— finalmente il perfezionamento delio spirito umano, sono queste alcune pennellate caratteristiche che distinguono la nostra specie. L'uomo col pensare, parlare e ragionare palesa incontrovertibil- mente, ch'egli è destinato alla vita sociale; il bruto è soltanto dotato d'istinto, e quantunque non s;a manchevole d'intelligenza, questa però è limitata e sufficiente soltanto alla sua conservazione. Voler distruggere nell'uomo l'amore di sociabilità , è Un assomi- gliarlo ai bruti, è l'opera dei paradossi e dei sofismi. Qual è mai l'uomo dotato di sana ragione e di cuore gentile, che desidererebbe far ritornare il genere umano a quello che appellasi stalo di na- tura onde renderlo degno della sua terrestre missione ? — La natura ha destinalo l'uomo allo stato sociale e infuso nel suo seno un principio attivo, proprio ad eccitare in lui il più grande svi- luppo di facoltà., la cui azione e i frulli possono ed anzi deggiono riescire profittevoli a' suoi simili. Lo scopo dell'uomo è l'operare incessante , e non già quello di una vita solinga o inerte , e la sua stessa debolezza non è per lui la sola sorgente de' legami sociali. Il bisogno di amare e di essere amato è ingenito nel suo cuore ; sì fatta diposizione naturale, si fatta tendenza possentissima che ravvicina ed attacca tutti gli individui, stabilisce nell'ordine so- ciale quello scambio naturale di sentimenti, di cure, di soccorsi
— promossi ed avvivati d'altronde dalla debolezza — trasforma il dovere in piacere, e converte, gli obblighi della natura negli
108 slromenli slessi della felicità (I). La natura opera sempre sag- giamente, e senza quel!a tendenza salutare la comunanza civile sarebbe una selva di masnadieri o, a meglio dire, essa non esi- sterebbe; non vi sarebbono allora che individui non ad altro intenti che ad appagare del continuo i loro appetiti stermi- nati, come pur troppo avviene presso i popoli selvaggi, che di- versi non sono quasi dai bruti, ove considerali sieno nelle loro azioni esterne e che non sembrano agire quasi che in conse- guenza della forza movente puramente determinala dalla fa- coltà sensitiva. Cotesti uomini stupidi grossamente non hanno che una debole cognizione della legge naturale. — Eppure egli è in sì fatta condizione che certi filosofi vorrebbono ricondurre la specie umana! (2).
Sorgente dell' egoismo è l'amore di sé, sentimento naturale a tutti gli esseri animati. Ma questo sentimento che nasce con noi e che ne lascia cella esistenza, ingigantisce nel cuore di molti uomini ; diventa esclusivo , e finisce per essere uno dei vizj più funesti alla società. — L'egoismo non esclude lo spirito, il quale altro non è che una felice combinazione delle idee; ma esclude l' energia deli' anima d' onde emana tutto ciò che è grande e generoso. L'egoismo fa che non si ama che sé, che non
(1) L'amore del suo simile e l'amicizia sono lo stillato dell'umanità; il duro e freddo egoista nulla gode, mentre l'uomo che vuole ottenere diletti, dee dividere col suo simile gli oggetti da cui spera trarre sensazioni aggradevoli. Una mente tenera e gentile ha nel seguente modo vivificato il nostro pensiero:
« .ne l'oublions pas, à la ville au village ,
Heureux ou malheureux, l'homme a besoin d'autrui.
Eh! dans quel lieu le Ciel mieux qu'au séjour des champs Nous instruit-il d'exemple aux généreux penchans? Des bienfaits mutuels voyez vivre le monde, Ce champ nourrit le boeuf et le bceuf le feconde; L'arbre suce la terre et ses rameaux flétris, A leur sol maternel vont rendre les débris; Les monts rendent leurs eaux à la terre arrosée; L'onde rafraìchit l'air, l'air s'épanche en rosee; Tout donne, et tout recoit, tout jouit et tout sert; Les cceurs durs troublent seuls ce sublime concert. »
Delille
(2) V. Egoismo.
109 sì vede che so, che altri non si occupa che di sé, e fa che uno si conduce cogli altri come se coloro non esistessero che per sé. Dall'amore esclusivo derivano due difetti assolutamente fra loro incompatibili: 1' avarizia e la prodigalità. Prodigo per sé , avaro per gli altri. — Se uno sventurato apre il suo cuore ad un egoista, un cuore divorato dall' angoscia , ei risponderà : Quanto sono felice di non essere in condizione eguale ! — Egli ama i piaceri, ma ne teme le conseguenze, e la cura della sua conservazione, lo preserva dallo stravizzo. Egli è capace di tutto, anche di fare il bene, se vi ci trova il suo interesse. Mai non si annoia ; sa occupare il suo tempo, e sempre s' intrattiene di sé stesso. Non è mai distratto, checché dica, checché faccia , il suo interesse gli è sempre innanzi, la sua influenza agisce sopra tutte le azioni, e lo segue nella durala della vita. Che si parli di sciagure, di disastri arrivati in qualche luogo, l'egoista conserverà un imperturbabile sangue freddo ; che cosa gì' importa tutto que- sto? Nulla, poiché egli è quieto e felice. L' egoista non è né a- mico, né cittadino, né padre, né sposo. Gli amici suoi sono quelli di cui abbisogna , e 1' affetto che loro esprime è un imprestito a usura. Là, ove egli si trova bene, sono la sua patria e la sua famiglia. Con ragione si disse che l'egoismo è la lebbra del cuore umano (1).
In vari modi si produce l'egoismo, ed avvene alcuno di na- scondersi. Ch' ei si nasconda, o che si faccia scorgere, merita, non lo slesso disprezzo, ma sempre disprezzo, perchè riferisce tutto ad esso, e che qualunque uomo non tiene ad altri, allor- ché non vive negli antri di roccie, è sempre un barbaro pel carattere della sua anima, avesse egli ragioni per dovere abbor- rire la metà del genere umano. Quelle ragioni che potrebbero avere, non gli servirebbero giammai di scusa; ognora si ve- drebbe che non distinguendo niuno, è perchè è lontano dalla giustizia, per la ferocità. La sensibilità per i nostri simili, l'uma- nità, inclinandosi per essi, l'affetto, l'amicizia, infine la simpatia, tutto ciò è in natura, e questo è, secondo noi, la grande ed universale legge feW attrazione, e codesta legge, mai sarà surro- gata da quella degli uomini. — L'amore materno, il più potente
(1) Fontenelle, l'uomo forse più egoista del suo tempo, diceva: Non avvi per- fetta felicità che con un cattivo cuore ed un buono stomaco. — Questo aforismo antisociale e accreditato tra molti.
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che sia nel cuore umano, non prova egli che la teoria dell' a- ìnor di sé, none la teoria generale de' sentimenti e delle passioni? Un garzone beccaio, armato del suo nodoso bastone, voleva ac- celerare il lardo camminare di un vitello strappato alla mammella della madre, e così debole che non poteva andare innanzi. Una donna del popolo gli sgridò : uccidilo^ barbaro 3 ma non percuoterlo. — Questo è sublime, questo è il sublime del sentimento, non v'è appello (1). — L'amor di sé, non agendo che solo, aveva fatto ri- muovere gli occhi di quella donna onde farle evitare una penosa sensazione, ma dettato non avrebbe quelle tenere parole che provano all'evidenza i'umanità. — Leggendo queste parole, seri- tesi scorrere le lagrime ; il solo amore di sé e [- egoismo non parlano cosiffatto linguaggio. — L'uomo dipende da tulio ciò che lo circonda; tutto l'attira, e tutto prova ch'egli non è fatto per vivere isolato: senza di ciò, a che gli servirebbe la sua estrema sensibilità, facoltà che tanto l'innalza al disopra degli animali? — Quale è l'uomo che non sente e non pensa come Sterne , al- lorché questo filosofo diceva: « Fossi in mezzo ad un deserto saprei trovare un oggetto che svegliasse le mie affezioni. Le legherei, non potendo fare di meglio, a qualche odoroso mirto; cercherei qualche melanconico cipresso, onde associarmi ad esso. — Corteggerei la loro ombra; li ringrazierei teneramente della lor prolezione; — inciderei il mio nome sopra la loro scorza , e giurerei che sono gli alberi più amabili di tutto il deserto. Se le loro foglie venissero ad appassirsi, imparerei ad affliggermi, e, allorché esse ritorneranno, mi rallegrerei con loro ». — L'uomo è fallo per sentire,, per espandersi ., per dividere i suoi sentimenti ., le sue idee coJ suoi simili e colle cose. 11 mondo è freddo., sterile per quegli che non sa approfittarne, cogliendone i frutti ed i fiori. Se noi ce ne rimaniamo soli, gli è evidente che le nostre passioni, alimento del nostro essere, non ponno agire; bisogna dunque che noi le dividiamo cogli altri oggetti della creazione. Questa forza della nostra sensibilità è irresistibile anche quando vogliamo rimanere nel silenzio. Alla vista delle grandi meraviglie prodotte dal genio
(i) Una donna che aveva perduto un figlio diletto si era abbandonata al più eccessivo dolore. Il suo confessore cercava di consolarla: ei le disse di pensare ad Abramo cui Dio aveva comandato di sacrificare suo figlio, al che esso aveva obbedito senza mormorare. «Ahi padre mio, rispose ella, Dio non avrebbe mai comandato un sacrificio simile ad una madre. •>
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delle arti, alla vista degli spettacoli sublimi della natura, provasi nel fondo del cuore., nel fondo della nostra sensibilità , un mi- sterioso molo, per cosi dire, ma eloquente che ci innalza natu- ralmente all'altezza di tutto ciò che c'interessa per bellezza e per grandezza. In questo modo V uomo comunica pure colle cose infinitamente più grandi di lui; la più evidente prova è la contem- plazione speculativa dell'astronomia. Perchè questa estrema sensi- bilità sparsa in noi., perchè possediamo un cuore sì ardente,, se le affezioni che lo agitano non debbono mai essere divise? (1)
CAPITOLO XXIX.
ACCRESCIMENTO E SVILUPPO DELL' UMANA SPECIE — LAVORO — PROGRESSO DELL'UOMO — FAVOLA DI PROMETEO.
Quando la specie umana si moltiplicò e sparpagliossi su tutti i punti della terra, bisogni non mai conosciuti si fecero sentire possentemente, per cui le idee di proprietà nacquero con quelli. Gli uomini nel provare nuove sensazioni si addiedero, che manche-
(i) «O humanité! penchanl généreux et sublime, qui vousannoncez clans nolre enfance, par Ies transporls d'une tendresse naìve; dans la jeunesse, par la teme- nte d'une confìance aveugle; dans le courant de notre vie, par la faciiité avec Iaquelle nous contractons de nouvclles liaisons ! 0 cri de la nature , qui reten- tissez d'un bout de l'Univers à l'autre , qui nous remplissez de remords, quand nous opprimons r.os semblables; d'une volupté pure, quand nous pouvons les sou- lager ! ò amour! ò amitié ! ò bienfaisance! Sources inlarissables de biens et de douleurs! Les hommes ne sont malheureux, que par ce qu'ils refusent d'entendre votrevoix. 0 Dien! auteur de si grands bienfaits , l'inslinct pourrait sans doute, en rapproebant des ètres accablés de besoins et de maux, prèter un soutien pas- sager à Ieur faiblesse; mais il n'y a qu'une bonlé infìnie comme la vòtre, qui ait pu former le projet de nous rasscmbler par l'aUrait du senliment, et répandre sur ces grandes associalions qui couvrent la terre, une cbaleur capable d'en éterniser
la durée
Si nous avions été destinés à vivre abandonnés à nous mèmes, sur le Mont Cau- case, ou dans les déserts de l'Afrique, peut-ctre que la nature nous aurait refusò un coeur sensible; mais si elle nous l'avait donne, plutòt que de ne rien aimer,. ce cocur aurait apprivoisé Ics tigres et anime Ics pierres. » —
Bauthélemy.
112 voli erano dei mezzi onde soddisfarle; allora le arti utili furono a grado a grado inventate, e queste possono, a così dire, considerarsi come le figlie primogenite dell'ingegno umano, non che i mezzi più efficaci all'ottenimento della fisica prosperità! Quindi l'agricoltura col- l'orticoltura, l'arte del vestire, l'architettura, l'arte metallurgica; poscia il disegno e la scultura colle altre arti liberali, la scrittura, ia medi- cina , la chirurgia, la matematica e le altre scienze, tutte le arti meccaniche in somma, le arti aggradevoli o di lusso. Con si fallo movimento e sviluppo delle menti incominciossi a propagare e perfezionare il commercio sociale , gli uomini insieme si colle- garono, l'industria e i mestieri prestaronsi a vicenda il soc- corso loro, ed allora cominciossi a sentire la necessità di stabilire discipline e leggi a reciproca guarentigia. Egli è certo, che la buo- na fede e la giustizia presiedettero alla formazione di questo pri- mo contratto sociale, che se fosse sempre stato mantenuto nella sua integrità, gli uomini cessato non avrebbero giammai di essere felici. La natura col dotarci di elevatezza di anima, di perspicacia di mente, di organi di una finitezza estrema, Ira loro di un'ar- monia perfetta, e cotanto alti a formare e ad estendere la nostra felicità, ha voluto che noi facessimo libero uso di tutti questi doni. Conviene quindi che noi coltiviamo le arti e le scienze, che ci applichiamo di continuo a fare utili scoverte ed invenzioni, ed a procurarci non solo tutti gli agi della vita, ma ciò che servire può anche al suo allettamento. L'azione ed il piacere si producono e succedonsi incessantemente. Il secolo de' filosofi e degli oratori è al pari di quello degli artisti e. dei negoziatori. Una luce eguale spandesi sopra tutte le arti. Dall' industria nascono le cogni- zioni , e da quesle procedono le cure ed i mutui riguardi. Coli' incremento dei lumi, dei bisogni, dei piaceri egli è im- possibile, che gli uomini non si ricerchino e non si ranno- dino maggiormente. La curiosità attrae i saggi , e la vanità ras- sembra gli sciocchi — tutti sono riuniti dal godimento. Quanto più evvi delicatezza, tanto meno si è inchinevoli agli eccessi, per- chè nulla esiste di più nocivo alla voluttà come l'eccesso. Assai più rari sono i vizi e i delitti nelle nazioni colte ed incivilite, che in quelle ancora rozze o selvaggie. L'agricoltura, il commercio, le arti sono le vere sorgenti inesauribili delia felicità e dell'opulenza de' popoli. Hume dice che l'uomo non potrebbe sussistere senz'ap- plicarsi al lavoro, perchè la terra non gli dà da se stessa tutti i mezzi onde soddisfare ai bisogni della vita. Quindi poiché egli è fallo
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per la sua propria conservazione, lo è parimente pel lavoro; Questa destinazione che a lui è comune con moltissimi animali, racchiude in sé l'idea della proprietà. Il campo che tu coltivi, la casa che tu fabbrichi, l'abito con cui ti copri, sono tuoi, altri- menti tu lavoreresti indarno. Quando tu lavori ti si aggira per lo pensiero che quel lavoro ti appartiene propriamente come le tue mani e i tuoi piedi. — L'idea della proprietà non è dunque si naturale come quella della propria conservazione?
Progresso dell'uomo. — Favola di Prometeo.
Appena creato l'uomo, le tenebre della più grande ignoranza lo circondavano; — il suo slato era quello del selvaggio. Tale fu lo stato primordiale dell'umana progenie. Questo rozzo, incolto stalo degli uomini, fu simboleggiato da' saggi, nella pietra greg- gia affidata all'opera, all' incivilimento, e tale era la prima lezione che ricevevano gl'iniziati a' misteri della sapienza, ed il primo passo che faceva verso la luce, la cognizione di Dio, delle sue opere (I). — Prometeo rapisce il fuoco celeste per animare l'uomo, cioè civilizzarlo. A quest'uopo egli chiama le Arti , le quali di- rozzano, erudiscono, conducono l' uomo verso il suo perfeziona- mento (2). Tale la mitologia raffigura l'istoria dell'umana civilizza- zione. L'amore dele arti ingentilisce gli umani costumi, ed Ovi- dio disse :
Emollit mores, nec siirit esse (eros.
11 rapimento della solare scintilla viene da' saggi adombrato dalla stella fiammeggiante che rischiara i misteri del secondo. Le passioni violenti spingono l'uomo alie liti, alle risse, a' combatti- menti sanguinosi, ed in allora fuggono le arti benefiche. La bru-
ti) Prometeo formò ed animò l'uomo; Minerva assistette all'alto sublime e Io protesse. — Vita di Prometeo, ecc. V. Diz. ìconol.
(2) L'Agricoltura — L'Architettura — La Geometria — La Pittura — La Scultura — La Geografia — La Nautica — Il Commercio — L'Astronomia — La Matema- tica — La Letteratura — La Legislazione.
114 (alita e il furore male si accordano colla mansuetudine propria alle arti, amanti della dolcezza e della quiete. Benché, il più delle volte sono leggiere e meschine le cagioni delle umane liti., gii uomini pugnano fra loro con ferocia, mentre gli animali della stessa specie non si distruggono giammai vicendevolmente. Gii uomini privi delle salutari leggi sono più violenti e più crudeli delle belve medesime. — Prometeo per ammansare gli uomini invoca il soccorso di Minerva, che lo trasporta sul suo carro per le stellate regioni. Colà fa tesoro della scienza sublime a profitto dell'uomo che l'amor suo ha preso a civilizzare e ad istruire (1). — L'animoso figlio di Giapeto e di Climene, avendo restituita agli uomini la celeste scintilla da lui rapita al carro del sole venne per sentenza di Giove incatenato sul Caucaso, ed ivi condannato a porgere incessante pasto ad un avoltojo col sempre rinascente suo fegato. — Sotto il velo di tal favola vollero quegli antichi savj adombrare le calamità che dall'abbandono della selvaggia vita agli uomini derivarono, i quali rinunciando all'istinto chea tutte le necessità degli animali provvede, acquistarono la conoscenza del bene e del male, in che solo la ragione è riposta (2). — Laonde , poiché 1' ultimo nell' umana vita prevale, l' ingannato Prometeo, veggendo gli uomini per ì' infausto suo dono afflitti della reminiscenza delle passate sventure, lacerati dalla coscienza delie presenti, percossi dallo spavento delle future, sentì sorgere nel suo petto il rimorso laceratore, e maledisse il funesto benefi- cio che la somma sapienza, in Giove simboleggiata, avea voluto con preveggente consiglio degli uomini allontanare ;
Acceptam rapto tlamnat ab igne facem.
Nella caduta di Prometeo fulminato per aver voluto recare un
(i) Passaggi dalla brutalità al senso morale, alla ragione — dal caso all'or- dine — dall' istinto al diritto. — Cangiamento della materia in ispirito , dell' i- nerzia assoluta in vitalità relativa.
(2) L'Amicizia, quindi La Fedeltà. — La Virtù — La Giustizia — L'Obbedienza — La Religione — L'Umiltà, ecc. Principali Virtù morali: La'Prudenza — La Con- cordia — La Carità — La Temperanza— La Modestia — La Pietà.— Poi ivizjjmali: L'Interesse — La Fraude — L'Egoismo — La Discordia — L'Ambizione smodata — La Cupidigia— -L'Avarizia — I Dolori — I Rimorsi — La Calamità — La Morte — L'Or- goglio — L'Invidia — La Calunnia - La Dispula — L'Ipocrisia — Il Tradimento — La Lascivia — La Vecchiezza — La Debolezza — La Viltà — L'Infingardaggine.
ben; fìcio a' mortali, chiaramente si accenna il funesto fine di quel Tirio architetto, il quale fu messo a morte per aver tentato cT introdurre leggi e statuti regolari fra gli artefici del tempio di Gerosolima.
Al dire di Varrone, il cullo de' Numi era spiegato in tre spe- cie di forme: la naturale* la favolosa, e la legale. I filosofi in- segnavano la prima ; — i poeti la seconda ; — i legislatori la terza.
Noi abbiamo dato la spiegazione naturale della favola di Pro- meteo.
La fiaccola della sapienza reggeva i passi de' dotti, de' stu- diosi, sino ai cupi penetrali ove la verità siede sopra un fulgi- dissimo trono circondato dall'eletto stuolo de' suoi adoratori veraci.
Si vede che la celebre antica società degl'Illuminati, de' Fran- co-Muratori, aveva attinta la dottrina che professava a' Misteri dell' Egitto e della Grecia.
Altra spiegazione della favola di Prometeo. — Prometeo fu senza alcun dubbio, il primo che seppe fare una statua; egli la fece con della creta. Come egli era della famiglia dei Titani, ebbe parte alla persecuzione che Giove loro fece. Fu costretto di riti- rarsi nella Scizia ove è il monte Caucaso, da cui non osò uscire durante il regno di Giove. Il dispiacere di condurre una vita miserabile in un paese selvaggio, è l'avoltojo che gli divorava il fegato. Rozzi all'estremo erano gli abitatori della Scizia, e vi- vevano senza leggi e senza costumi. Prometeo., principe civiliz- zato e dotto, imparò loro a condurre una vita più umana; ed è forse questo che ha fatto dire eh* ei aveva formato 1' uomo con l'aiuto di Minerva. Il fuoco eh' ei tolse al cielo., sono le fucine eh' ei stabilì nella Scizia. In ultimo, Prometeo stanco del mesto soggiorno della Scizia, andò a terminare i suoi giorni in Grecia, ove gli tributarono onori divini,, od almeno gli onori degli eroi.
Della grande opera fu movente il filantropismo, protettrice la sapienza., compagno il coraggio, azione il grande principio vitale, punitore il sommo diritto, sanzionatile la provvidenza suprema, premio la soddisfatta sensibilità (1).
(1) La seguente descrizione del Progresso dell'incivilimento, figurato con scul- ture, e macchine che davano ai vari quadri moto e vita, fu un grandioso ed in- gegnosissimo lavoro artistico e filosofico, dal celebre Buontalenli pittore scenogra- fico ed architetto , nella incantevole grolla di Pratolino presso Fironze. Questa
liti
CAPITOLO XXX.
MISTERI DEL MECCANISMO DELL UOMO.
Se le azioni del nostro corpo, le quali visibilmente dipendono dalla volontà dell'anima, offrono a chiunque le osserva maggiori difficoltà che maraviglia , quelle che sembrano involontarie non
deliziosa Villeggiatura dei Gran Duchi di Toscana, come pure il magnifico e ma- gico giardino di Boboli, nel gigantesco Palazzo Pitti furono i modelli di Versailles e San Cloud a Parigi, della stupenda villa di Caserla a Napoli, e delle altre ville signorili e principesche d'Italia, e delle capitali estere. — Giulio Parigi e Buon- talenti furono i primi maestri dell'arte della scenografia, delle macchine e deco- razioni teatrali. Il fiorentino Servandoni, della stessa loro scuola, fondò l'arte sua a Parigi, e fece cose sì ammirabili nei teatri della Corte e nelle magnifiche feste ordinate da Luigi XIV, che lo fa considerare come uno dell'ingegni illustri di quella memora- bile e grandiosa epoca.— Ecco l'ingegnosissima rappresentazione del Buontalenti:
Il pass&ggio degli uomini dalle barbarie alla civiltà.
Una caccia in lontananza, le fiere che si fuggono, con varii cani e cacciatori, che corrono lor dietro velocemente , offre il primo «tato dell' uomo vagante e selvaggio.
Succede il secondo. Un pastore presso alle pecore, che pascono intorno, sta so- nando la sua cornamusa. Gli augelli sparsi per gli alberi, gli rispondono in coro. — Intanto la giovine pastorella esce dalla sua capanna, recandosi colla secchia ad attinger l'acqua alla fonte, indicando che l'acqua era la loro bevanda, come veniva dal gregge il loro solo alimento. Al cantar degli augelli, avanzasi la vaga donzella.
Crescendo i bisogni , si volsero gli uomini a render malleabile il ferro : ed ecco rappresentala la fucina divisa in due scompartimenti. In uno il mantice soffia nel focolare, mosso col piede da un garzoncUo, che tien sospesa in alto la mano alla fune, per mezzo della quale si alza quello e si abbassa, mentre il maestro, rivolta nel fuoco il ferro colle tenaglie. Nell'altro vedesi la bottega, dove battesi il ferro infuocato sull'incudine, due garzoni stan d'una banda, e sta dall'altra il mae- stro , il quale, dando un colpo al ferro , e l'altro all'incudine , indica le battute e dirige le cadenze, che aprivano gli orecchi di Pitagora agii accordi dell'armonia.
Finalmente un molino denota l'uomo già divenuto agricoltore. Varie figurine tor- nano col sacco della farina in sulle spalle; mentre il mugnaio sta presso alla ma- cina, che gira, e sorveglia l'azione della tramoggia, la quale scossa dal moto della ruota, fa cadere a poco a poco il grano per entro.— Così presso gli antichi nostri, i giuochi medesimi servivano al diletto degli occhi, e alle reminiscenze della mente?
117 sono meno ammaniate da tenebre. Perchè mai il mio cuore fa egli con tanta uniformità i suoi battili senza che a me sia data la possa di regolarli o di sospenderli? Con quale mezzo man- tiensi la respirazione per sino durante il mio sonno che la rende più accelerala opiù lenta secondo che l'aere è più o meno caldo? Qual è la cagione del sonno ed in che consiste egli mai ? Con quale artificio inimitabile gli alimenti ch'io prendo inducono gli organi da cui sono ricevuti a sospignerli con contrazioni al- ternative e ripetute ? Quale facoltà dispone il mio occhio ad adat- tarsi a lulle le distanze degli oggetti? Quelle corde molli, quelle fibre risonanti, quelle tele nervee racchiuse nel labirinto del mio orecchio , con qual toccamento maraviglioso si allontanano o si contraggono per porsi all'unissono delle corde sonore da cui sono colpile ? Chi può concepire ed analizzare le maraviglie della me- moria ? Da che deriva quel rossore, indizio involontario del pu- dore o della collera., quegli effetti della pubertà e della possanza vicendevole dei due sessi, quelle cure insomma che la natura prende per condurre il tenero embrione nel luogo, ove durante molli mesi deve ricevere stanza e nutrimento (1). Quante altre questioni non dovrebbono mai farsi intorno alle azioni vitali e gli altri movimenti involontari dell'uomo. Ma a noi non è concesso sollevare che una delle estremità del velo che nasconde i feno- meni della macchina umana.
Le grandi scoperte anatomiche furono fatte da quasi un se- culo e mezzo a questa parte, e contribuirono a renderle popo- lari i dotti pittori italiani. Da circa settanta anni continuano i suoi
(\) Uno degl'innumerabili prodigi della natura è la generazione, la quale è stala in tutti i tempi l'oggetto della curiosità e dello scoraggiamento degli anatomici. È là che la natura lavora con la più grande cura oggetti infinitamente piccioli e sfugge al più attento esame. Invano l'occhio, armato del microscopio, ha osservato tutte le parti della generazione nell'uomo e nella donna; non si videro che inganna- trici apparenze sempre distrutte da nuove osservazioni. — Quegli animali sper- matici la cui esistenza ha sembrato così certa sono ora negali da' moderni anatomici; e di nuovo le tenebre oscurano colai soggetto. Forse il caso, ed altri più abili scrutatori del corpo umano , scopriranno ciò che è velato dal mistero. Molto si può sperare dalla chirurgia , poiché questa scienza non è congetturale come la medicina; i suoi processi, i suoi progressi sono più evidenti; essa studia ed agisce sopra ciò che vede, mentre la medicina opera per Io più sopra ciò che è nascosto alla vista, e questa è la grande opera di questa nobile scienza. Però anelli1 le operazioni chirurgiche sono alcune volte contestate.
118
progressi e sopratutto quelli della chirurgia operatoria mercè le cognizioni , l' ingegno e la' destrezza de* più celebri pratici mo- derni , i quali hanno fatto prodigi. Ciò che più rimane a co- noscersi moralmente sono i principii delle forze vitali della mac- china umana. Hic labor, hic opus. — L'anatomia non potè nulla in- torno alla generazione , né sopra la sede dell' anima , scopo di mille inutili ricerche^ né sopra la causa del moto negli animali, quantunque molto si debba intorno a tale materia agli scritti di Borelli, di Barthez ed altri dotti naturalisti, né intorno la po- tenza della volontà sopra i muscoli. — La vegetazione, la vita, il sentimento e l'intelligenza sono sì grandi e sublimi portenti , che tutti i naturalisti., i fisici, gii astronomi, che da tre mila anni conosciamo 3 i quali giunsero pure a trovare le leggi del moto dei pianeti., e sembrano avere assistito alla creazione dei mondi e de' varj universi, non hanno nemmeno avuta la minima idea del modo con cui un picciolo insetto esiste od un brano di erba vegeta. — Non sappiamo, come nel più picciolo insetto., la ma- teria acquisti desiderj , timori, sensazioni piacevoli o dispiace- voli. I sapienti dicono benissimo: che il sentimento risiede nei nervi , ma come tale filo di materia prova piacere o dolore ? come lo perde senza provare in sé stesso alcuna alterazione , allorché l'animale muore, di modo che l'occhio ajutato dal micro- scopio non vici può trovare la minima disorganizzazione? Que- sti portentosi arcani sono ignorati da loro. — Si è giustamente osservato che è mollo più facile il conoscere le leggi che reg- gono i movimenti di tutti i corpi celesti , che la causa che dà una volontà , un appetito ad un animale o dirige i battimenti di un'ala di un moscherino ,, od i movimenti di un rampino di un insetto microscopico. — L'ingegno osservatore ed analitico, aju- tato dalle matematiche e dall'astronomia, ardi concepire le leggi per cui l'Universo fu creato, e ristesso ingegno, quantunque sussidiato dall'anatomia e dalla chimica., è muto sul sentimento ed il pen- siero. — La perseverante osservazione dell'anatomico, la sua co- stante pazienza, meramente meccanica, debbono cedere il posto al genio, il quale forse un giorno gli sarà concesso di sapere la parte ove il celeste focolare anima l'uomo,, lo fa sentire 3 conce- pire ed agire. Fino ad ora non abbiamo camminato relativa- mente a questo sublime oggetto che fra le tenebre dell'incer- tezza e del dubbio. — Quante quislioni si ponno fare intorno allo spirito ed alla materia, a cui l'uomo non può rispondere !
41!)
CAPITOLO XXXI.
VITA — ESISTENZA — MORTE — SUICIDIO.
La vita è il modo di essere dei corpi organici, da cui sono distinti dai corpi inorganici ; — è Y insieme delle funzioni organiche ; lo stato dell' animale che sente e si muove ; è 1' unione dell'anima col corpo. Gli Egiziani tenevano le piramidi come un emblema della vita umana; essi ne riguardavano la base come il principio, e la punta o il vertice come la fine ola morte; egli è per ciò che erano da loro innalzale .sui sepolcri.
V esistenza è l'essere attuale, lo stato di ciò che esiste ■ — l'opposto in somma del nulla. L'esistenza della nostra anima, osserva Buffon, ci è chiaramente dimostrata: non formiamo che un tutto di sì fatta esistenza e di noi. — L'anima, dice il Pascal, è col- locata nel corpo per farci un soggiorno poco duraturo (1).
(1) Epigramma di Gabriele Rossetti, sopra la vita umana:
« Il passato non è, ma se lo pinge La viva rimembranza; Il futuro non è, ma se lo finge La tema e la speranza; Il presente sol è, ma un punto leve Che fugge appena è giunto: Dunque ch'è mai la vita ? Eccolo in breve : Rimembranza, timor, speranza.... un punto.»
Sviluppo dello stesso soggetto tratto dalle Étiules Psychologiques, dello stesso autore.
LES TROIS TEMPS.
Le passe est un miroir où l'homme par ses actions est peint tei qu'il est; aussi n'y regarde-t-il jamais, à moins que par hasard, par boutade/par orgueil ou par un égoìsme bien entendu, que Fon décore du nom do vertu, de bienfaisance, il ne voie dans sa vie quelques-unes de ces belles actions qui mettent l'honneur d'un coté et Fhumiliation de Fautre; alors il se mire avec complaisance dans le miroir qu'il présente à tous les yeux pour éblouir, ou qu'il feint de cacher pour mieux inspirer le désir d'y regarder.
120 La vita dell' uomo è una lolla che lo colma di realtà e di spe- ranza, di dure prove e di compensi, di privazioni e di bencficj, che toglie e pone il freno alle passioni, che gli presenta il male ed il bene, le virtù ed i vizi> la violenza e la prudenza; è una lolla che
Mais si la crainte d'avoir a rougir de nos actions, ou d'y Irouver la critique de nolre vie actuelle et le ridicale de nos projets et de nos cspérances nous em- pèchenl d'y arrèter nos regards, nous aimons à connaìtre , à fouiller la vie des autres, et plus nous y trouvons de sujels de scandale, plus nolre curiosité est sa- tisfaite; elle est mème mécontenle, si on lui évite des recherehes qu'elle dirige toujours avec plus de malignité que d'impartialité, et nous tournons en ridicule l'homme qui sans cesse parie de ce qu'il a été, de ce qu'il a fait, de ce qu'il a dit, comme nous accusons d'avoir sans doute de bonnes raisons pour le faire, l'homme qui ne parie jamais de sa vie passée. L'Écriture le dit: nous voyons une paille dans Fceil de notre frère, et nous ne verrions pas une poutre dans le nò tre.
Le Préscnt.
L'homme véritablement heureux, serait celili qui saurait jouir du présent, ou- blier le passe, et se soucicr peu de l'avenir; faisant comme la grisette aux bas blancs, qui en marchant, ne regarde jamais ni derrière, ni devant elle, mais toujours à *es pieds. Cette philosophie a élé prèchée, et souvent chantée sans faire plus de prosélytes. Le présent est à charge à l'homme; chaquejour il vieil- lit, chaque jour il voudrait étre plus vieux. Semblable au corrnoran de la fable, quand il tient le bonheur, il l'altend encore. Jouet éternel des écarls de son ima- gination, il calcule en sa faveur toutes Ics chances du hasard, et ses cspérances sont presque toujours trompées. C'est à ce mòtier qu'il consume sa vie; il vient d'entendre sonner quatre-vingls ans, et il n'est pas plus sage. C'est un vieux joueur, qui ne quiltera pas le tapis tant qu'il lui resterà quelque monnaie. L'in- fortuné! il vient de faire son va-tout, et la mori a gagné la parlic.
Le Futur.
C'est du futur doni nous nous servons pour bàtir nos chàteaux en Espagne, ou plutòt nos chàteaux de cartes: Virai, je ferai, patirai, i'achelerai; sans lui l'homme serait condamné à ne point faire de projets; aussi le trouve-t-on dans toutes les langues: il est au langage ce qu'est l'espérancc à nos projets, indis- pensable ; on peut le comparer à ce joujou que Fon a décoré d'un nom bien sa- vant, au kaléidoscope; nous le tournons et rctournons de mille manières, pour faire de l'avenir les tableaux les plus enchanteurs. Quelques futurs ajoutés les uns sur les autres, nous servent d'échelons dans toutes nos rèveries pour mon- ter au faìte des honneurs: la fortune nous sourit, on nous confie les places les plus importantes, on nous chamarre de cordons, on nous comble d'honneurs: une princesse, belle et vertueuse, nous offre sa main et son tròne, ou nous donne les moyens d'y parvenir; notre peuple nous chérit; devenu puissant par nos sages
121
ora illumina la riflessione , ora i'accieca, che precipita o rallenta le sue risoluzioni; è il corso degli eventi che senza mai cangiare, tutto cangia, ora vibra terribili colpi, ora rianima e sublima. La ragione e 1' educazione ponno solo combattere la forza del- l'impulso dato alla vita dalla generalità degli uomini. Il rapido corso del tempo trascina seco la durala della nostra esistenza, fa d'uopo approfittarne senza indugio. S'illumini l'intelletto, si formi il cuore, si conoscati le verità utili , si stabiliscano principj sicuri, retti, si regoli con prudenza la via da tenersi infra gli avvenimenti, ed in tal modo l'uomo giungerà al suo migliore stato. La riflessione, lo studio, l'attività e la perseveranza formano la dignità dell' uomo.
« Le temps est assez long pour quiconque en prò [ite ; Qui travaìlle, et qui pense, en elend la limite » .
Voltaire»
Vedere e sentire , è essere ; — riflettere, è vivere. — La volontà è vita; — la noia è morte (1).
Quantunque brevissima sia la vita dell' uomo, paragonata al- l'eterna durala del tempo, però è lunga quanto bastar potrebbe a compiere molte utili cose se gli uomini impiegassero sempre utilmente il loro tempo. Ma se la vita consumasi nelle frivo- lezze, nell' infingardia, nella mollezza, nella negligenza, se nessun momento consacrasi a lodevoli, ad utili, a necessarie occupazioni, quando poi si arriva al suo ultimo termine, alla morte., allora
lois, il nos aide dans la conquète de l'Univers, eie... Et je ne sais où s'arrèle- raient nos désirs ambitieux, si le temps, ce sable mouvant qui enlraìne loul, et fniit par tout engloutir, ne venait renverser loujours l'échafaudage de nos beaux projets.
Plus sage à son heure dernière, l'honime qui croit au dogme consolant de l'im- mortalité de l'àme, bàtit son dernier chàteau. Le passe, le présent et l'avenir se sont donne rendez-vous à son lit de mort; il les passe en revue, et s'il sourit après les avoir interrogés, il peut mourir: du moins une fois dans sa vie il aura fait plus que rèver le bonheur.
(ì) 11 signor Maddcn ha osservalo che gii scienziati vivono Vò anni , i filosofi anni 70, i pittori e gli scultori 70, i giureconsulti 69, i medici 68, i teologi 67, i filologi 66, i musici 64, i romanzieri 62 \\2, gli autori drammatici 62, gli scrittore di teologia naturale ed i poeti l>7, ecc., ecc.
Hi
122
di repente vediamo essere giunta la fine della vita, del cui volgere e consumarsi non ci accorgeremmo. Però non è a dire che ci sia data una vita breve., ma sì che noi la rendiamo tale ; non siamo poveri di vita, ma prodighi, e facciamo., diceva un antico, come un padrone scialaquatore, nelle cui mani cadono grandi ricchezze, eh* egli consuma in pochissimo tempo, mentre invece assai minori ricchezze consegnate ad uomo prudente e massaio, si aumentano (1). Per tal modo la vita è fuggevole o lunga a seconda delle diverse passioni, delle inclinazioni, de' caratteri. Gli uomini che si sono illustrati nello incivilire ed educare i loro simili, nelle scienze, nelle arti, che hanno formato le nazioni, che hanno cangialo e rinnovato il mondo, sono evidente prova di ciò che si può fare anche nel corso di una vita breve; ma a questo scopo vuoisi ingegno., attività e forte volere.
La vita umana., è dipinta energicamente da Lucrezio, da Orazio, da Ovidio, e dal Marini nel seguente bellissimo e filosofico sonetto:
« Apre l'uomo infelice, allor che nasyee
In questa valle di miserie piena,
Pria che al sol gli occhi al pianto, e nato appena
Va prigionier fra le tenaci fasce." Fanciullo poi che non più latte il pasce
Sotto rigida sferza i giorni mena:
Indi in età più ferma e più serena
Tra fortuna ed amor more e rinasce. Quante poscia sostien tristo e mendico
Fatiche e stenti, infìnchè curvo e lasso
Appoggia a debil legno il fianco antico! Chiude alfin le sue spoglie angusto sasso
Ratto così, che sospirando io dico:
Dalla culla alla tomba è un breve passo. »
Marino.
L5 incessante movimento della grande macchina del mondo , macchina meravigliosa le cui principali molle sono semplici e poco numerose, mentre i risultati della loro azione sono innu- merevoli , produce per lutti , e per ciascheduno in particolare ,
({) Egualmente osservò il filosofo ginevrino, che: « Les biens d'un homme ne soni pas dans scs coftres, mais da;is l'usage qu'il en tire.»
123
incidenti svariati e senza numero, i quali in mille modi di- versificano la scena del grande teatro del mondo, e la brevità della esistenza. Per l'onnipotente cenno del Creatore,, tutto can- gia, tutto varia , tutto muore , tutto rinasce a noi d'intorno; è il movimento della varietà dei contrasti, ed è questo che sem- pre dà nuova vita agli uomini ed alle cose, che interessa, che incanta. Gli eventi felici ed infelici., di cui si compone la vita dell'uomo, presentano la più grande diversità, e dipendono in parte dalla situazione, dalla condizione, dal carattere, dalle pas- sioni., da costumi degli individui. L' uomo è variabile nelle sue idee, nelle sue inclinazioni, nelle sue opinioni., nei suoi sentimenti, nei suoi desiderj, nelle sue abitudini, e questa variabilità si fa sentire secondo la sua età. — Tutti i privilegi della vita sono il pa- trimonio della gioventù : l'amore le prodiga i suoi mirti, la gloria, i suoi allori. — Giovani, noi sembriamo imprimere agli eventi la direzione de' nostri desiderj ; per noi , il caso non trova nella sua urna che piaceri e prosperità; la fortuna islessa si com- piace di rallentare il rapido moto della sua ruota, affinchè possiamo legarvi i nostri destini. Ma tutto cambia al declinare della vita: l'amore ci abbandona, la gloria ci tradisce, il caso si arma con- tro di noi de' suoi rigori , e la fortuna, dopo averci precipitati dall'alto della sua ruota, ci fa ludibrio de' suoi capricci. — Però tutto non è perduto, e se la gioventù ha le sue prerogative, l'età matura possiede le sue consolazioni. I godimenti lasciano nella nostra carriera quelle tracce spesse volte incancellabili che si chiamano rimembranze ; le rimembranze, imagini fedeli delle cose passatej ci ricordano il bene , i piaceri che abbiamo goduti, e sono come ombre consolatrici che spargono un soave incanto sovra l'età invernale della vita, allorché le illusioni e le realtà ci lasciano quasi crudelmente. — L'esistenza dell' uomo è un com- posto di contrasti , d' incoerenze , che scaturiscono , come pure le affezioni , dal piacere e dal dolore, dal bene e dal male (4).
(1) « Ogni eccesso di piacere è controbilanciato da un eguale grado di dolore o di languore. È un uomo che spende questo anno la metà dell' entrata dell' anno susseguente. — La seconda metà della vita di un'uomo savio è impiegata a libe- rarsi dalle follie, dai pregiudizj, e dalle false opinioni ch'esso ha contratte nella prima.— Quelli che posseggono tutti i vantaggi della vita, sono in uno stato ove una quantità di cose ponno intorbidirli ed affliggerli; ma ove ne sono pochissime che ponno loro piacere » — Swift.
124 •
Gii Blas, capo-lavoro de' romanzi, è l'istoria esatta delia vita degli uomini,e presenta in cento modi il più grande conflitto delle vicissitu- dini mondane (1). Nel corso della vita, essendo il male assai mag- giore del bene, e gli uomini essendo naturalmente più esposti alte sciagure che agli eventi fortunati, alcuni non polendo resistere ai colpi di una fortuna avversa, a' vortici di circostanze che li avrebbero avvolti in ogni umana miseria, si sono violentemente tolta la vita. La ragione, i doveri sociali, e la dignità dell'uomo dove- vano opporsi a tale terribile e stravagante risoluzione. Epitteto condannò altamente e con potenti ragioni il suicidio, e sostenne la sua savia opinione contro alcun', altri celebri filosofi dell' an- tichità. Leggiamo nel suo aureo Manuale, le seguenti belle pa- role eh' egli indirizza all'uomo che ardisce pensare di distruggersi: « *5e il sovrano ti avesse assegnato un posto j tu penseresti che bisognerebbe piuttosto morire mille volte che di abbandonarlo j — e tu crederai potere lasciare volontariamente il posto ove Iddio ha voluto che tu vivessi! » — Tulli sanno come il filosofo di Ginevra trattò quest'argomento, ma noi preferiremo citare, so- stenendo l'idea di Epitteto, alcuni bei versi di Voltaire, eh' egli imitò da Virgilio:
Là sont ces insensés, qui d'un bras téméraire
Ont cherché dans la mort un secours volontaire;
Qui n'ont pu supporler, faibles et furieux,
Le fardeau de la vie impose par les Dieux.
Hélas ! ils voudraienl tous se rendre à la lumière,
Recommencer cent fois leur pénible carrière;
Ils regrettent la vie, ils pleurent; et le sort,
Le sort pour les punir, les retient dans la mori.
L'abìme du Cocyte et l'Achéron terrible
Met entr'eux et la vie un obstacle invincible » (2).
(1) Il Quadro di Cebele Teba?io, rappresentante allegoricamente la vita umana, è un tratto sublime di filosofia, ove fra la verità si scorgono il genio socratico e la morale platonica. — Luca Giordano, il Proteo della pittura, dipinse a un di- presso l'eguale soggetto, con un ingegno ed una energia sorprendenti.
(2) Osservazioni filosofiche intorno alla vita ed al mondo: «Di tutte le cose, la più antica è Dio, la più bella è il mondo, la più forte è la necessità, la più grande è lo spazio, la più saggia è il tempo, la più pronta è il pensiero, la più comune è la speranza , la più difficile è il conoscere sé stesso , la più facile è il dare al- trui consigli, la più rara un vero tiranno invecchiarsi.» Talete (3300-400). Lo stesso , ricercato di dire che cosa si richiedesse per essere fortunato, rispose:
125 La morte è la cessazione della vita, ne è il termine, è la se- parazione dell' anima dal corpo. La morte è il termine di ciò che esiste, tutto deve morire, Iddio e le sue opere soli sono eterni ; le specie non muoiono mai, ma gl'individui hanno una fine. L' uomo saggio si rassegna tranquillamente a questa immutabile legge della natura; ma, ammirando V ingegno degli uomini che hanno onorato la nostra specie, non può impedirsi di essere col- pito della loro fine, e della distruzione delle loro meravigliose opere in tutti i generi, e delle popolazioni e delle città che sono spa- rite dalla superficie della terra. Iddio solo è veramente grande !(1)
« Les pyramides de l'Egypte s'en vont en poudre, et Ies graminées du temps des Pharaons subsistent encore. »
ÉTUDES DE LA NATURE.
Un epitafio di Newton, pochissimo conosciuto e quasi dimen- ticalo rinvenni sul Giornale di Bruxelles (30 novembre 1 792J), e lo cito perchè, nel modo più conciso mostra il nulla delle mondani cose :
Quem divum tempus, coelum, natura fatentur, Humanum monstrat transitus ad tumulum. •
Imitazione francese:
Celui qui dévoila le système du monde,
Interprete savant des Iois de l'Éternel,
Newton, enseveli dans une nuit profonde,
N'est plus en ce tombeau, que l'ombre d'un morlel. »
Tre cose, un capo sano, un patrimonio da poter vivere bastantemente agiato, uno spirito competentemente illuminato — Pitagora (3400-500) diceva, che « Bisogna fare la guerra a cinque cose: alle malattie del corpo, all'ignoranza dello spirito, alle passioni del cuore, alle sedizioni delle città, al disordine delle famiglie.» — (1) La morte viene generalmente considerata come il maggiore di tutte i mali, ma osservandolo filosoficamente , dessa non è un male reale, ma è solamente la privazione di un bene, privazione eh' è eziandio insensibile. Se si togliesse alla morte il terribile apparecchio, allora non sarebbe che la sera di un bel giorno, come si disse. — Ciò che ancora prova che la morte non è altro che un malo
126
CAPITOLO XXXII.
DESTINO E INSTABILITÀ DELLE UMANE COSE.
Lo studio filosofico della storia ci dimostra una deplorabile verità, per l'orgoglio delle nazioni, ma nello stesso tempo consolante per quelle che non hanno ancora avuto parte sovra il teatro del mondo; e questa verità l'espresse nel modo seguente Voltaire:
Chaque peuple, à son tour, a brille sur la terre Par les loix, par les arts, et surtout par la guerre. •
Le nazioni spariscono dal mondo, come i monumenti della loro potenza, e, dopo alcuni secoli appena si rinviene ne' loro discen- denti l'impronta del loro antico carattere. Le une sussistono più lungo tempo, le altre meno, e si può quasi sempre calcolare la loro durata., sovra la bontà delle loro leggi, e la loro fedeltà nel- l'osservarle (1). Per lo più la depravazione del carattere di una nazione, è sempre presagio della sua caduta. Tale grande esem- pio lo ha dato al mondo quel formidabile colosso del Romano Impero, e così bene descritto dalle filosofiche e politiche penne di Gibbon e di Montesquieu. La depravazione nel carattere di una nazione è, allorché dessa non ha più quel nobile orgoglio pel suo nome, quella stima, quell'amore per sé stessa, sorgenti continue di emulazione, di onore, di forza, di armonia, di gloria e di lunga durala.
di opinione, si è, che havvi dei popoli che se la danno per liberarsi dall'infer- mità della vecchiezza e dai travagli della vita. Ma ciò non devesi imitare , e re- plicheremo, riassumendo quello che abbiamo già detto, che la vita è un depo- sito che l'Ente supremo ci confida, e di cui non possiamo disporre senza il di lui consentimento.
(1) La repubblica di Creta ci presenta un grande esempio della durata di un governo. Essa stabilita sovra solidi fondamenti, durò oltre dieci secoli, non rico- noscendo altri padroni che i suoi proprj ! — L'egual cosa si può dire del l'antica repubblica di Venezia. Essa durò più ancora di quella di Roma!
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L'Asia, prima maestra delle nazioni civilizzate del mondo, l'India, l'Egitto, Alessandria, Tebe, Sidone, Meinfi, Gerusalemme, Persepoli, Babilonia, Nini ve, Ecbatana,Tapsaque, Tiro, Troja, Creta, Efesi, Pai- mira, Antiochia, Corinto, Siracusa, Agrigento, Oìimpia,Taranto, Fale- ra, Rodi, Gerra, Ascalone, Anato, Gazza, Berito, Cartagine, Atene, Roma, Bisanzio, Bagdad, Cordova, e varie altre città dominanti del mondo antico da gran tempo più non esistono! — Da quanti secoli sono sparile le tracce dei famosi Assiri, dei Medi,, de' Persi, degli In- diani, degli Etiopi, degli Egizii, de' Fenici, de'Caldei, degli Ebrei, degli Etruschi, degli Arabi! — Pochi rottami rimangono de' giganleschi monumenti dell'Indie d'Alessandro, e dell'America anlica! — Tutta questa distruzione, tutto questo ora nulla prova, che l'azione divoratrice del tempo; le pagine della storia ci mostrano in ogni epoca il giro e la fine di ogni cosa (1). — Una seconda verità scaturisce da questa prima , ed è che una nazione non è mai più vicino alla sua decadenza che allorché dessa è giunta al colmo della prosperità e della gloria. I progressi delle cognizioni, e la saviezza dei Governi moderni, fanno dei cangia- menti ad un ordine di cose onde stabilire solidamente ed in un modo durevole, ma la distruzione, la fine di ogni cosa, è, disgra- ziatamente, però non sempre, uno degli elementi della nostra natura.
I Greci, i! più riguardevole degli antichi popoli, il maestro e l'isti- tutore delle 'nazioni moderne, quello che ci ha dato la sua filosofia, le sue cognizioni, i suoi lumi, l'esempio delle grandi virtù, il modello di una ragionata libertà, cadde gradatamente nella più terribile schiavitù, cancellato dalla nostra memoria, o non vi- vendoci più che per la gloria de' loro padri. — Ma prodigiosamente liberatosi dalla sua abbietta e crudele situazione, è rinato ad ono- revole esistenza, e mercè potenti ajuti, ha preso ora nobil seggio fra i popoli civilizzati dell'epoca nostra (2).
(1) Secondo i dotti, fra i monumenti della più alla antichità, la cui esistenza e durata sono certissime, se ne rimarcano tre, cioè: i marmi di Paro, su quali si è in- ciso la cronaca di Gecrope. Questa cronaca non risale che a 4382 anni prima di G. C. — L'ecclissi centrale del sole, calcolato alla Cina, 2253 anni prima di que- st'era. — II corso di osservazioni astronomiche, fatte a Babilonia prima della conquista d'Alessandro il Grande, e che non risale che a 2234 anni prima di G. C.
(2) Palmira, di cui l'istoria ha sì poco fatta menzione, è una delle pochissime città antiche di cui rimancano alcune rovine. Le roviue di Palmira mostrano la
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Tutto ciò che \ 'iene*dair uomo, o che gli appartiene, è marcalo di una noia d'instabilità. Quanti imperi, come abbiamo ricordalo, sono rovinati e scomparsi dalla superficie della terra! Quanti po- poli moderni non hanno ereditato dai loro padri che il nome (1).
« Omnia sunt hominum tenui pendenlia filo, Et subito casti quco voluere ruunt*.
Ovidio.
Quanti avvenimenti nella vita dell' uomo !
Il mondo è un mare procelloso agitato da un continuo flusso e riflusso, la cui marèa ora c'innalza altamente, ed ora profon- damente ci abbassa. Questo mar vastissimo non ha che un sol lido, ed è la morte.
• Quanti casus fiumana rotanti Minus in par vis fortuna furit, Leviusque fcrit leviora Deus ».
Seneca.
Le vicende delle umane cose hanno fatto dire ad un antico., che la vita dell'uomo è come il giuoco dei dadi. — Ocrgi, nell'ab- bondanza, dimani in povertà. Quegli sì duro altre volle verso i poveri., è ora ridotto a mendicare il suo pane. Nulla havvi di slabile nella vita.
« Ita vita est hominum, quasi ludas tasseris ».
Terenzio.
« Vilia qui quondam miseris alimentai negarat, Nunc mendicalo pascitur ille cibo ».
Ovidio.
sua antica magnificenza e la sua grandezza. — Di Atene, si vede ancora il Tem- pio di Teseo, il Partenone di Minerva, la Torre de' venti, il Tempio di Erictèo, la Lanterna di Demostene, e qualche altro monumento. — Il tempo e le tremende vicende di quel popolo, rispettano l'antica reggia del sapere e del genio dell'uomo. — I Caldei, i Fenici, gli Egizj furono maestri ai Greci, e questi da' primi ap- presero ogni savia istituzione, ogni idea profonda ed estesa, e molte arti. Ram- mentiamo a taluno, che tutte queste cognizioni, erano piante esotiche, che il suolo greco non aveva prodotte. (i) Veggasi Lcs Ruines, di Volney.
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CAPITOLO XXXIII.
EIA' — TEMPERAMENTI — CARATTERI = CLIMA -=- RAZZE.
Età.
L'età è il tempo della durala di una cosa. La vi(a dell'uomo vien divisa in molte età. L'infanzia arriva sino ai quattordici anni, ed è il tempo dell'educazione che non si può incominciare troppo a buon'ora. — La gioventù o l'adolescenza incomincia ai quattor* dici anni e termina ai venticinque. È questa l'età più pericolosa, poiché le passioni sono in quella più vive, e la ragione non è abbastanza forte per contenerle ne' suoi giusti limiti. — La vi- rilità è dopo i venticinque sino ai quaranta., ed è il regno del- l'ambizione e della fatica. L'età matura è dopo i quaranta sino ai sessanta, ed è l'età della ragione., ed il tempo della raccolta. — La vecchiezza scende dai sessanta sino ai novanta; è il tempo del ritiro e de! riposo , il tempo fatto per godere i frutti della fatica e della esperienza : dopo del quale viene la caducità , e la decrepitezza , che trascinano con loro le infermità e la morte (1).
L' infanzia è la prima età dell' uomo ; è la culla , il mattino della vita ; è l'uomo nel suo bottone.
« Le présent seul est tout: un coin est son empire; Un hochet son trésor, un point l'immensilé; Le soir son avenir, un jour l'eternile. Mais l'homme tout entier est cache dans l'enfance : Àinsi le faible gland renferme un chène immense. »
Delille.
L'infanzia scherza, ride, piange, saltella, è imitatrice, passeggiera, e continuamente cangiante.
(4) Veggasi in Orazio il bellissimo quadro ch'ei la delle età dell'uomo. Esso ha servito di modello agli artisti ed ai poeti. Il P. Brumoy ha fatto anche egli nel suo poema latino delle Passioni , una bellissima descrizione delle quattro età. Ovidio, il dipintore universale, ha trattalo splendidamente l'eguale soggetto.
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L'adolescenza o la gioventù è l'età che segue l'infanzia, e si ter- mina a quella ove P uomo è formato. L'adolescenza era conside- rata dai Romani, dai dodici anni a venticinque per i maschi, e dai dodici ai ventuno per le femmine. L'adolescenza è la primavera dell'età, e come essa ha Io splendore delle rose, così pure ne ha la corta durata.
L'Aretino descrive con estro, ne" seguenti versi, l'irriflessione, l'inconsideratezza, il bollore, P impeto e la violenza , del sentire della gioventù.»
La gioventù, furor della natura Che in l'esser suo un cavai fiero sembra Dai legami disciolto in un bel prato, Che in se ritroso la giumenta ha vista Nei campi aperti, alza su i crini folti, Le nari allarga, e la bocca disserra, Fremita, ringe, calcitra e vaneggia, Poi dopo alcuni salti e forti e destri , Mosso il gagliardo e furioso corso Ne precipizio ne traboccarsi possa, Né tronco, dove dar di petto dubbia, Né sasso, altro ivi in suo danno guarda.
La gioventù è Pela delle incantevoli illusioni.
L'adolescenza o la gioventù è allegra, vivace, amabile, ani- mata, libera, indocile, leggiera, volubile, incostante, inconsiderata, imprudente, prodiga, presentuosa , capricciosa, vana, ostinata, ardita, dedita ai piaceri, ai giuoclii, agli esercizi; ha desideri, sen- timenti, e passioni ardenti, è facile alle impressioni, ed a can- giare pensieri ed affetti.
Nell'età virile, età che segue l'adolescenza , P uomo ha acqui- stato tutta la sua forza. In questa età, tempo di maturità e di ri- flessione, l'uomo è più ambizioso di gloria, perfeziona i suoi studj e pensa seriamente e con ardore, all'accrescimento della sua for- tuna. — La forza, il vigore, il coraggio, il lavoro, l'utilità, l'am- bizione, la gloria, gli studj, i priucipii di saggezza, la bontà, la fi- lantropia, la compassione, la beneficenza, l'amore, la giustizia, la prudenza, l'amicizia, la costanza, l'onore, la-religione, la morale, i talenti , rimpiazzano nel suo cuore , le bollenti passioni ed i vizi. Questa che è l'autunno , il solstizio della vita umana , — è l'età temperata dell'uomo e quella della severa verità.
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La vecchiezza è l'ultima età delia vita ; allora l'uomo s'indebo- lisce e decade.
« Vien poi canuta in crin, severa in ciglio La faticosa e debil vecchiezza. ♦
Bembo.
« La mère de la Mort, la vieillesse pesante A de son bras d'airain courbé mon faible corps. »
Voltaire.
« Uom riscontrò d'aspetto venerando, Di crespe rughe il volto ingombro e pieno, Che sovra un bastoncel giva appoggiando Le membra, che parean venir già meno, E a questi segni, ed al crin raro, e bianco Mostrava esser dagli anni oppresso e stanco. »
Tasso — Poema di Rinaldo.
A questa ultima parte dell'esistenza» fredda è l'anima, tranquilla è la mente ; i sentimenti s* improntano di un carattere di gra- vità e di serietà. Sparite sono le forti e vigorose passioni; che vengono rimpiazzate dalla semplicità, dalla serenità, dal candore, dalla benevolenza, dall'ammirazione, dalla religione, dalla com- passione, dall' esperienza , dal perdono., dalla carità. — Il vizio ordinario della vecchiezza, quello che gli rimane., è l'avarizia, la stoltezza che spessissimo esiste ne' ricchi. — La vecchiezza è timi- da, timorosa, diffidente, malinconica, prudente, irresoluta, riserbata, sagace, loquace, esigente, curiosa, garritrice, biasimatrice, ecc., e vuole per lo più , che la sua opinione prevalga a quella degli altri. (1).
(1) Si considerano le età, come le quattro stagioni dell'uomo. La gioventù ne è la primavera; la virilità, l'estate; Y età matura, l'autunno; e la vecchiezza, l'inverno. — • Werthmùller ha descritto le Quattro età dell'uomo; e Zaccaria," le Quattro età della donna. — Avvi ancora un poema di Alix, sopra le Quattro età dell'uomo. — A Roma sonvi due busti di Giulia Severa, moglie di Settimo. In uno, ella è rappresentala con la bellezza, le grazie e la maestà che la resero tanto celebre in Roma ed in Siria; nell'altro, vedesi l'età che incomincia a to- glierle codesti vantaggi, e non le lascia che alcunché di maestoso nella fisionomia,
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Temperamento.
Il temperamento è quel contrassegno che dislingue tutte le co- stituzioni, e viene formato dalla qualità degli umori, che sono ancor essi prodotti dalia disposizione de' solidi e dei liquidi, e dalla natura degli alimenti. — Sogliono comunemente distinguersi quat- tro sorte di temperamenti: — il temperamento sanguigno „ — il temperamento bilioso o collerico s — il temperamento malinconico, — ed il temperamento pituitoso o flemmatico. — Queste quattro specie di umori dominanti mescolati fra di loro, formano quella maravigliosa diversità di temperamenti. A questi aggiungeremo il Temperamento muscolare.
Osservazioni fisiologiche intorno ai Temperamenti.
Temperamento muscolare. — Stomaco robusto per i cibi e per il vino austero dell'età di sei a diciotto mesi: muscoli predomi- nanti sui nervi ; circolazione del sangue facile ; polso vivace, re- golalo ; lendini sporgenti; carni dure; testa picciola ; mani, piedi, ginocchia, tutte le articolazioni, perchè povere di muscoli, appa- riscono picciole a paragone delle altre membra carnate; collo mezzo nascosto e più a tergo; spalle larghe, petto ampio, anche ferme ; abitudine alle fatiche ; animo non elevato, queto, ma commosso dà tosto in violenza; coraggioso perchè presume vittoria alla forza ; intendimento ottuso o breve.
Temperamento flemmatico, o linfatico. — Stomaco debole per i cibi, ma forte per il vino austero dell'età di sei a diciollo mesi; so- prabbondanza d'umori linfatici che riempiano la membrana cellulosa; organi generativi e fegato inerti, gli altri non potenti; operazioni vitali fiacche; polso debole, lento, molle; corpo carnoso, floscio, pigro, faccia di color languido ; animo riposato, contento; mente non riflessiva, né mai vivace.
Temperamento sanguigno. — Stomaco forte per i cibi, e me- diocremente per il vino austero dell' età di sei a diciolto mesi ; umori tutti salutiferamente in bilico ; organi flessibili; genera- tori potenti; pronta circolazione del sangue, polso vivace, rego-
133 lato, frequente; viso lucente e vermiglio, petto ampio, carni sode, corpo sano, bello, ben cresciuto, ma non pingue, animo dispo- sto agli amori, leggiero, incostante, presto commosso, e presto cheto; intelletto pronto, ricordevole, digressivo , ma vivace e piacente.
Temperamento melanconico.— Stomaco debole per i cibi, e fiacco per il vino austero dell'età di sei a diciotto mesi; umori tenaci, im- puri, organi rigidi ^ i generatori energici; fegato e omento com- pressi; forze vitali deboli, irregolari;polso duro, basso, ineguale; petto per lo più stretto; pelle oscura; sguardo turbato, cauto; animo fermo, sensitivo, sempre parato a inquisire, e sovente a colorire io falsa luce o in fosco,, le cagioni e gli effetti d'ogni umana azione; mente rapila, e spesso occupata profittevolmente del bello di natura o di arte.
Temperamento bilioso. — Stomaco forte per, i cibi, e aggravato dall'ufo del vino austero di sei a diciotto mesi ; soprabbondanza di umori biliosi; organi rigidi, i generatori energici; fegato va- sto, polso forte, duro frequente; muscoli poderosi; vene rilevate; petto ampio; pelle giallognola; corpo senza grazia, non pingue; animo vivamente sensitivo, impetuoso, coperto o prudente, at- tivo e ardilo a volere , presto e costante a operare ; intelletto sveglialo innanzi tempo, e sempre più meditativo.
Temperamento nervoso. — Stomaco debolissimo per i cibi e sem- pre sconcertato dal vino austero deli' età di sei a diciotto mesi ; nervi vivissimi ; muscoli impotenti; polso sottile e ineguale; forze vitali scadute, incostanti ; moti convulsivi ; pelle dilavata; corpo fiacco , per lo più dimagrato o molle ; animo troppo sensitivo , morbido, cupido, ma inoperante; mente immaginosa e veloce.
Conformazione, complessione, costituzione, organizzazione, tempe- ramento, termini fatti per isiabilire la differenza che osservasi tra gli uomini; con questa modificazione però, che la conformazione suol riferirsi all'esteriore disposizione delle parti; — la comples- sione all'accordo che indi ne deriva; — la costituzione a!la dispo- sizione originale e fondamentale che forma la natura; — e l'organiz- zazione all'operazione dell'intelletto che dipendono dalla natura e disposizione degli organi. — Riguardo poi al temperamento, esso è l'effetto della costituzione; la confermazione suole ancora riferirsi alla bellezza, o bruttezza; la complessione è un termine di medicina; la costituzione è di un caso più generale; e l'or- ganizzazìone non s'impiega se non parlando di fisica (l).
(4) Potentissime sono le grandi e violenti passioni sopra i temperamenti. A modo
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Carattere.
Il carattere è il contrassegno che suol distinguere gli uomini l'uà dall'altro. Esso è composto della mescolanza delle qualità del- l'anima, dell' intelletto e dell'umore predominante, che forma il temperamento. — ■ Queste tre cose sono suscettibili d'un infinito numero di combinazioni, ciò che fa che i caratteri siano tanto differenti come le fisonomie., ch'altro non sono fuorché l'unione di alcuni lineamenti.
« Il en est de l'esprit et du caractère des hommes à peu près cornine de leur visage. Le visage des hommes est toujours compose des mèmes parties, -de deux yeux , d'une bouebe, etc , cepen- dant tous les visages sont différens parce qu'ils sont composés dif- fòremment. Or les caractères des hommes sont non-seulenient com- posés différemment, mais ce ne sont pas toujours les mèmes, par- ties, je veux dire les mèmes viees, les mèmes vertus, et les mèmes projets qui entrent dans la composition de leur caractère. Ainsi les caractères des hommes doivent ètre encore plus variés, plus différens que les visages des hommes.
Qui dit un caractère, dit un mélange, dit un compose deplusieurs défauts, et de plusieurs vertus, danslequel mélange certain vice do- mine, si le caractère est vicieux; c'est une vertu laquelie domine, si le caractère doit ètre vertueux. Ainsi les différens caractères des hommes sont tellement variés par ce mélange de défauts , de vices, de vertus et de lumières diversement combine, que deux caractères parfaitement sembìables sont encore plus rares dans la nature que deux visages entièrement sembìables. » Du Bos.
di esempio, i varj effetti del fanatismo secondo i diversi temperamenti di quelli in cui domina, sono, quando egli s'impadronisce di persone melanconiche e di un umore mesto, stizzoso ed attrabilare, cagiona visioni, agitazioni, fremi ti, convulsioni, e ne fa quasi degli epilettici; — quando assalisce un caldo e bilioso tempera- mento, uno spirito di odio, di animosità, di persecuzione, ne è il seguito ordi- nario; — domina egli in un temperamento sanguigno? spesso degenera in lus- suria ed in impurezza. — In un temperamento dolce, mansueto, quieto, e di una fervida imaginativa, il fanatismo produce seducenti chimere e sogni dilet- tevoli.
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Caratteri dei popoli.
Nulla avvi che meglio indichi il carattere dei popoli , che il luogo in cui essi preparano le loro rivoluzioni; — era sui monte Aventino che il popolo romano chiedeva i suoi tribuni; fu sul campo di Marte che i Gracchi pubblicarono la legge Agraria; fu alle falde del Campidoglio che Licinio Stolone strappò i fasci consolari agli orgogliosi Patrizj; in mezzo al senato., ai piedi della statua di Pompeo, Bruto e Cassio trucidarono Giulio Cesare. Gusta- vo Vasa ridona alla Svezia la sua libertà, e rompe il giogo dei danese nei monti del?a Dalecarlia, fra i disgraziati che il tiranno Cristiano sepelliva nelle sue miniere; fu in un confessionale che il Rev. P. Malagrida permise alla marchesa di Favoradi fare trucidare il re di Spagna ; fu in una taverna che gP Inglesi detronizzarono i loro sovrani; fu al Palais Royal , in quel giardino di galan- terie e di prostituzione , in quel convegno dell' amore e dei giuochi, che fu fatta la mozione di andare a fulminare la Bastiglia; fu nel Palais Rovai, che si stabilì di andare a Versailles a pugna- lare la regina e condurre prigioniero il re a Parigi.
Clima.
li clima è quella estensione rinchiusa fra due circoli paralelli all'equatore. Serve il medesimo a contrassegnare la differenza delle stagioni, e della temperatura dell'aria (1).
« Climat, c'est région, pays, eu égard à la temperature de l'air, à ses effets. Géographiquement parlant, c'est la partie de la surface du globe comprise entre deux lignes parallèles à l'équaleur; c'est la ligne qui l'indique , c'est I etat habituel de l'atmosphère dans cetle partie. Le climat inllue naturellement sur i'homme. « Tout se tempere dans un climat tempere, et tout est excès dans un
(i) Veggasi a tale uopo il Trattalo delle arie e delle acque dei luoghi, d'Ip- pocrate, in cui il grande medico naturalista, parla pure de' temperamenti, de' ca- ratteri dell'uomo e delle varie nazioni. Si legga pure quello stragrande ingegno di Aristotile, e Plinio la cui vasta ed universale niente, diede solo, una Enciclo- pedia all'antichità.
136 elimat excessif. » Buffon. Ce qui délermiiic le genie d'une nailon, c'est d'abord le elimat, ensuite les lois, i'édueation, les différenles ìnstitutions. Le elimat et Ics lois formenl et modìfient le caraclère, les mceurs, l'esprit des nations. Dans les climats du Midi, les or- ganes ont plus de souplesse ; la douce influence de l'air invile à la gaité, enflamme l'imagination, le caractère a de la douceur, de la faiblesse, de la vivacité; l'esprit, de la délicatesse, de relegane**, du brillant, de la hardiesse, de Pexaltalion , il est poélique , no- vateur, artislique, versatile. — La tristesse des climats du Nord se communique aux esprits;le silence lugubre de la nature pro- dui t la taciturnité; le caractère des babitants a de la force, de la vigueur, de Tàpreté, de la fìerté, et souvent il est tempere, ou fleg- matique; il produit les grands penseurs,, les phiiosophes profonds, et quelquefois les gènies sublimes, et calculateurs.» Storia naturale.
Razze.
Il potere della natura sa modificare e diversificare all' infinito gli esseri organizzali, sempre però conservando i tipi primitivi, i quali sempre si ritrovano e mai non ponno perdersi. 0 potenza meravigliosa! basta a questa operazione più o meno di calore; basta il tempo, siano anni , siano secoli ; ma che sono i secoli all' Autore della natura per costituire varietà che le generazioni trasformano in nuove specie , e perpetuano fino a che il ri- torno alle prime condizioni riconducano forzosamente ai tipi della creazione? L'uomo, messo alla testa di lutti gli esseri ani- mati , sembra pure sottoposto a coiai legge; e se fa d'uopo cer- care in questa legge la cagione delle degradazioni fisiche , intel- lettuali e morali , le quali ci fanno quasi non conoscere i nostri simili negli abitanti di alcune regioni, il modo di vivere, di pen- sare, le abitudini della vita morale non sono anch'esse la sorgente della superiorità che sembra ereditaria in alcune famiglie? Non poche eccezioni vi sono a questa legge, del che non v'è dubbio; ma cote&te considerazioni sono proprie nulla di meno a fare riflet- tere sovra l'influenza ulteriore e prolungata della vita fisica, intel- lettuale e morale, a cui gli uomini sono condannati o che seguono di preferenza. — Concludiamo , gli uomini dipendono da' cli- mi, dalle istituzioni, e dalle abitudini.
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CAPITOLO XXXIV
l' anima e sue facoltà'.
Sua immortalità — - Rapporti fra l'anima ed il corpo— azione dell'anima e del corpo — Parola — Sensibilità — Impres* sioni — Percezioni — Sensazioni — Sentimento — affezioni
— Passioni — Potenza dell' anima — Nervi — Origine ed organi del sentimento — Sensi — Sensibilità naturale — Sen- sibilità acquistata — Raffaello — Insensibilità — Energia ■ — Piacere e dolore — Simpatia — antipatia — apatia — Infingardaggine — Desiderio — Volontà — - Animo — Sonno
— Speranza, ecc.
L'anima è una emanazione delia divinità. É la celeste scintilla che muove, fa agire e fa pensare il nostro essere, dessa anima ìi corpo e lo fa vivere; ci fa sentire, concepire, pensare, ricordare, ragionare, giudicare, desiderare,, volere, fare, amare, ecc. : l'anima è il principio delle affezioni deli' uomo e delle sue cognizioni. — Questa scintilla delia immensa ardente luce che circonda il trono deli' Onnipossente, circolando nel corpo, strettamente e con amore si legarsi confonde ad esso, ed entrambi diventano uno, dimodo- ché l'anima non si muove senza il corpo, ed il corpo senza l'anima ; — l'anima influisce sul corpo ed il corpo sull'anima; — colpire l'anima è lo stesso che colpire il corpo, e viceversa; — l'anima, se gioisce, o si attrista, — il corpo prova sensazioni di piacere, o di dolore (i).
(1) I più grandi filosofi dell'antichità hanno consideralo l'anima come materiale. Pittagora insegnava che l'anima è una parte dell'Etera, che è un'armonia; — Taletc diceva che è una natura per sé stessa in moto; — Platone, che è una essenza che si move;— Democrito, Parmenide, Leucippo, credevano che è un fuoco sottile;— Anas- sagora, Anassimene ed Archelau affermavano ch'è un'aria leggiera;— Senocrate, che è un numero; — Possidonio, una idea; — Eraclide di Ponto, una luce; — Ip- pone la suppose formata d'acqua; — Senofane la compose di cotesto elemento e di terra;— Critolao immaginò che si distingue dal fuoco, dall'aria, dall'acqua e dalla terra, ma che è materiale; — Crilia la confonde col sangue; — Aristotile, una en-
138 Riguardo alle facoltà dell'anima, sembra che dessa abitando il corpo , riceva dalla sua conformazione le molle modificazioni e qualità che vi osserviamo; quindi, ciò che chiamiamo spirito, genio, giudizio, ragione, passioni, ecc., non sono che i caratteri dell'anima; i suoi molteplici movimenti e le sue svariate proprietà.
telechia;— Ippocrate, uno spirito sottile sparso per tutto il corpo;— Eraclito, una scintilla della essenza delle stelle;— Dicearco negava l'esistenza dell'anima affer- mando che non è una configurazione da cui risulta il sentimento. Si vede che ogni filosofo creò l'anima a suo modo. Simonide, Ippocrate, Galeno, Plinio, i due Seneca, gli Epicurei, i Saducei, fra gli Ebrei, la credevano mortale; gli stoici le ac- cordavano una lunghissima esistenza, dopo la separazione del corpo, ma assegna- vano un termine. L'opinione della mortalità dell'anima sembrava sì indifferente ai Romani, che Cesare lo diceva schiettamente in pieno Senato ; di eguale senti- mento si dimostra Cicerone in alcuni de' suoi scritti filosofici; Seneca il tragico la proclamava sur il teatro ; Epicuro condannava l'anima a non sopravvivere al corpo; Lucrezio con magnifici versi immortali i ragionamenti del suo maestro adottava nel suo ammirabile canto della natura dell'anima. — I pensatori moderni i quali segui- rono in parte cotesle opinioni, non tramandarono a' loro successori idee più giu- ste sulla natura dell'anima, per cui le bizzarre opinioni e gli assurdi sistemi du- rarono alcuni secoli; non fu che dopo il medio evo ed al risorgimento delle let- tere, che si epurarono, si schiarirono le nozioni sopra la natura dell'anima, una delle cose le più sublimi, le più misteriose della Creazione. Il Malebranche dice, che fino al principiare del secolo XVII, i pensatori, i filosofi non ebbero una idea mollo distinta della spiritualità, e che tutti diedero all'anima, più o meno , delle qualità appartenenti alla materia. Il fatto è provato dalle opinioni emesse nelle scuole di Europa di quelle trascorse epoche sino al detto secolo XVII. Forse il primo che stabilì in modo chiaro e soddisfacente la distinzione fra lo spirito e la materia, è il Cartesio ; egli tolse ogni confusione ed assengò allo spirito le sue facoltà, dimostrò i suoi caratteri, indicò la sua natura, ed operò lo stesso ri- guardo alla materia. Rimarchiamo qui, sempre però osservando i progressi dell'in- telletto, che i grandi uomini delle nostre moderne nazioni civilizzate hanno sem- pre meglio discorso della natura dell' anima , a misura che più si sono avvici- nati alla sublime congnizione degli attributi divini.— Lo studio dell'anima, della sua natura, conduce a quello della sua durata, del suo destino, quindi al dogma dell'immortalità sua, filosofìa sopramodo utile alla felicità dell'umana specie. L'im- mortalità dell' anima, è una opinione a cui si è credulo dovere, quasi in tutti i tempi, dare un'alta importanza. Dessa ha la sua prima sorgente nel sentimento il più profondo, il più vivo del cuore umano, cioè, nell'amore della vita. Il mezzo di perpetuarlo indefinitamente trovò sempre numerosi fautori. Gli stessi filosofi, i quali non hanno veduto che una ingegnosa ipotesi in questa nobile credenza , 1' hanno adottata come garanzia della condotta degli uomini ; ma se alcuni uo- mini savj ne hanno tratto partito nelP interesse della morale fa d'uopo dire che alcuni uomini di mala fede l'hanno fatta servire a' particolari loro interessi. Ma V abuso è sempre vicino al bene. I filosofi ed i poeti di tutti i tempi e di tulli i paesi hanno dimostralo ciò che vi aveva di consolazione e di felicità in questo
139 Dagli antichi, l'anima era figurata da Psiche, con ali di farfalla; quest'animaletto era ii simbolo dell'anima (1). — Anima, nel senso proprio, è quello che anima tutto ciò che ha vita. Questo fuoco, questo moto universale nell'uomo, è anima ragionevole; negli animali, anima sensitiva; nelle piante, anima vegetativa. — L'a- nima, questo principio della vita, è sparsa da pertutto il corpo, e circola con il sangue, ma la sua maggiore quantità e forza, sem- bra risiedere nel cervello e nel cuore. — Il genio è la parte più sublime dell'anima ed è riposto nel cervello; — ed il cuore è la sede delle affezioni e delle passioni; — è l'officina ove si formano cotesti grandi movimenti dell'anima. Il cuore è il fondo dell'anima, da dove si slanciano tutte le passioni e si spargono, per cosi dire, in tutto il corpo, il quale con suoi gesti li mani- festa esteriormente.
i
« Spesso in un dir confuso, >
E 'n parole interrotte Meglio si esprime il core, E più par che si mova, Che non si fa con voci adorne, e dotte: E 'I silenzio ancor suole Aver prieghi e parofe. »
Tasso.
santo sistema. — Il Siriaco Ferecide fu, si crede, il primo che insegnasse ai Greci che l'anima esisteva di tutta eternità e doveva per sempre esistere. Cote- sto sistema fu accreditato da Pittagora, e Talete, Anassagora, Platone, Dio- gene e vari altri 1' adottarono pure. Subito questa sublime credenza , ispirò il più grande entusiamo. — Egesia l'insegnò a Cirene , e parte de' suoi numerosi discepoli si uccisero l'un l'altro affine di liberare la loro anima dalla sua terre- stre prigione. — Clcombroted'Ambracia, per conseguire lo stesso scopo, si precipitò da una torre. Questa smania del suicidio s'impadronì di molte menti deboli, ed i suoi progressi furono sì spaventosi che il prudente Tolomeo Filadelfo proibì d'insegnare una dottrina che tendeva a spopolare i suoi stati; d'altronde questo' agire non poteva essere aggradito dalla divinità. Cessò 1' entusiasmo, ed il dubbio controbilanciò la sua effervescenza; quindi la disparità delle opinioni, la confu- sione e 1' oscurità. — Il sistema dell'immortalità dell' anima non risale nell'occi- dente ad una remotissima antichità. — Da' filosofi e da' poeti della Grecia e di Roma, fino a' filosofi ed a' poeti del XVIII secolo, tutto è stalo detto sopra l'es- senza dell'anima; noi ne diamo un sunto sempre appoggiati al nostro sentire ed- alla nostra esperienza.
(1) Psiche , parola greca che significa anima. — Imagine assai nobile del- l' anima , è quella di una bella vergine innalzata nell' aria ; avendo grandi ali- al dosso ed una sfolgoreggiante stella sulla testa. Dessa è coperta di un velo* trasparente e luminoso, simbolo della purezza della sua essenza.
140
(t Le ceeur s'explique par les yeux Plus promptement que par la bouche. »
WSfe .BON ECORSE.
È
* Negli ocelli, ove il sembiante più si ficea. »
Dante.
Queste poche righe sono la nostra teoria intorno all'anima, cioè : la mente ed il cuore. — Rispettiamo i dotti e spiritosi scritti de' grandi filosofi che si sono occupati ad analizzare 1* intelletto ed il cuore dell' uomo, ma spesso abbiamo preferito allo studio dei libri, quello della natura operante immediatamente al nostro cospetto, e quello della nostra propria esperienza. Voltaire, col suo sguardo di aquila, vedeva che, « Les Syslémes de métaphy- sique sont pour les philosophes ce que les romans sont pour les femmes. » — Avvi grande verità in questo detto, ma però alcune cognizioni si acquistano in quelle opinioni, e su le cause e sugli effetti, d'altronde provano quale estensione d'ingegno accordasse la natura a quegli uomini privilegiati. — Non è concesso a' mortali di potere penetrare il santuario dell' anima, gli è uno dei più grandi misteri della Creazione; — l'uomo deve ammirare e tacere, « — o soltanto permettersi modeste ipotesi. — Da alcuni il cervello è considerato come centro delle sensazioni. Quindi la parte del cervello chiamata sensorium, è riputata da molti come la sede dell'anima. L'anima, essere invisibile, sfugge allo sguardo dell'uo- mo, ma ne può osservare l'azione., i movimenti, gli slanci, gli effetti, — ed in tal modo acquistare la cognizione dell'espressione de' sentimenti, delle passioni, dei caratteri, onde regolarsi nello scopo per cui gli occorre tale studio. Lucrezio dice che nulla vi è di così pronto come l'anima, allorché concepisce o agisce; dessa è più mobile di tutto ciò che la natura offre ai nostri sguardi. Dopo l'azione del corpo viene quella della fisionomia, in seguito la parola. La parola è un agente dell'anima, senza il quale non potrebbe essa comunicarsi. L'organo della parola, è il più bello ed il più complicato del nostro corpo. Gli agenti della espressione sono il viso, il gesto e la parola. In tal modo si ope-
141 ratio i movimenti della nostra azione. — L' anima agisce del suo proprio impulso. È sempre in azione, ed è la molla princi- pale de! nostro essere e comanda al corpo.
« Je sens en moi certain agent; * Tout obéit dans ma machine A ce principe intelligcnt. »
La Fontaine.
L'anima non è falla per l'inerzia, né pel vuoto; non potrebbe lungo tempo reggere a quest'ultimo slato, e le passioni a cui dà principe, la muovono e l'occupano, senza che nulla esistenza. Le passioni imprimono il loromovimento all'anima, ed il movimento, primo principio di ogni cosa, dà la vita. (V. passioni, movimenti dell' anima), Le passioni favorevoli o contrarie, danno ali' uomo nel suo fisico esterno, i segni espressivi del suo carattere, del suo umore. Anche la voce è una delle forti espressioni dell'anima i cui moli comunicano tanta energia a' suoi variali luoni. La voce colorita, per cosi dire, da' caratteri dell'animo, ha una po- lente influenza sulla nostra sensibilità. Una bella voce, una voce espressiva, soggioga facilmente chi l'ascolta, ed in molte circostanze operò prodigi, e cotesto suo incanto, all'anima è dovuto. L'anima tulio abbellisce , essa sola possiede l'arte d'attirare a se tulli i cuori, di rapirli, di trasportarli, di affascinarli, e di far credere e vedere tulio ciò che vuole. Una figura regolarmente bella , un corpo ben proporzionato, non bastano per piacere, per commuo- vere, senza l'espressione che gli dà l'anima; — in vece, una fisionomia irregolare, un corpo alquanto difettoso , potranno pia- cere, se saranno mossi da un'anima vivace, ardente, briosa. Questo, facilmente si osserva in una persona presa da amore., la più forte e la più polente delle passioni. L'anima, in questa situazione, dà la più energica e la meno equivoca delle espressioni: dessa appare con vivacità, con tenerezza, con desiderio, con dolcezza, con lan- guore negli occhi: — con grazia, con piacere nel sorriso; — con sensibilità nel viso; — con sommissione ed abbandono negli atteggiamenti, con eleganza in tutti i movimenti del corpo. — Tutto nel corpo umano è espressivo, e sembra che non vi sia parte che non risenta ed esprima, in ogni occasione, le idee, i pensa- menti, i desiderj, gli affetti, le grandi passioni. L'anima agisce
142 ed appare in ogni piccolo muscolo del nostro corpo. Che l'uomo esamini sé stesso e ne sarà convinto. — Riguardo all'azione dell' anima , si capisce benissimo che dessa non potrebbe muo- versi come farebbe il corpo; ma l'effetto della sua forza motrice ha una certa relazione con l'effetto della forza motrice del corpo. Agire, è produrre un'azione, un certo effetto; quando l'anima agisce bisogna che l'effetto esista fuori di essa, o sopra il suo corpo; non è sopra la sensazione istessa, che l'anima agisce, poi- ché questa sensazione non è che l'anima istessa., modificata di una certa maniera. Dunque , è sopra le fibbre , il di cui moto produce la sensazione , che t anima esercita la sua attività.
— I nervi sono gli organi del sentimento. Gli oggetti esterni , •per essi pervengono a colpire l' anima , e questa è l' impres- sione, d'onde deriva ogni nostra cognizione. — La testa con- tiene il cervello , il cervelletto è l' origine de' nervi. — La natura vi ha situati gli organi de' quattro sensi , cioè: l'udi- to , la vista , T odorato , ed il sapore o gusto. Il tatto , il quale è il giusto senso , è sparso per lutto il corpo. Buffon osserva che nell'uomo, il primo de' sensi è il tatto, e l'ultimo è l'odorato;
— nelle bestie, l'odorato è il primo de' sensi, e l'ultimo è il tatto.
— L'anima imprime la vita, il moto , il tuono a tutte le parti del nostro individuo. Un'anima ben complessa nelle sue facoltà, forma i grandi uomini, gli uomini d'ingegno. I suoi grandi movi- menti, i suoi slanci, sono quelli che innalzano f uomo, l'ingrandi- scono, e l'avvicinano alle celesti regioni, ove trasse la sua origine, qualunque sia la condizione ove la sorte lo ponga. Non avvi forza umana che comprimere possa l'anima ed il genio, sempre incam- minati al nobil destino tracciato dall'onnipossente mano di Dio (1). L'anima è sostanza spirituale, non ha quasi confini, è sempre in continuo moto., è la vita e la ragione , è dappertutto , e con l'immaginazione abbraccia tutte le cose, è libera e domina. Dessa comprende tre potenze: l'intelletto, la memoria e la volontà.
La sensibilità è la prima delle grandi facoltà dell' anima ; per
(1) Due grandi luminari dell'antica filosofia, cioè, Platone e Zenone, credevano che l'anima fosse una fiamma celeste, una porzione della Divinità, che del con- tinuo cercasse di unirsi al corpo. Questa opinione intorno all'essenza dell'anima, è la più naturale e la più ragionevole, e l'abbiamo manifestata appena che la ragione incominciò a rischiarire il nostro intelletto , e che fosse giunto a noi la cogni- zione de' libri de' suddetti autori e de' loro seguaci tanto antichi che moderni.
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essa gli esseri animati sono suscettibili alle impressioni degli og- getti; dessa è la facoltà di sentire. — La sensibilità è sparsa in tutto il nostro individuo, per cui riceviamo facilmente le impres- sioni sul fisico e sul morale. I grandi canali pei quali giungono all'anima le impressioni degli oggetti esterni, sono ciò che si chiama particolarmente i sensi : la vista, l'udito, l'odorato, il palato, il tatto, i quali hanno eminentemente la facoltà di sentire e di ri- cevere le impressioni de' corpi esterni visibili, sonori, odoranti, tangibili, sapidi.
Dunque, per mezzo degli occhi, delle orecchie, delle mani, del naso., del palato, l'anima acquista la cognizione di tutte le cose che ci circondano; quindi le sensazioni, cioè, le impressioni che l'anima riceve dagli oggetti pe' sensi. — La sensazione non è che uno scuotimento ne' sensi. Da questo scuotimento nasce il sentimento, ma l'impressione ne è più profonda e più durevole. Buffon li dislingue così: « II sentimento è una sensazione di- ventata aggradevole o disaggradevole per la propagazione di que- sto sentimento in tutto il sistema sensibile » . La sensazione non proviene che dagli oggetti di fuori; — il sentimento ci viene da ciò che si passa in noi e dagli oggetti esteriori.
Si può provare il sentimento della fame senza vedere niuna specie di alimenti ; non si può provare la sensazione del man- giare, senza mangiare in effetto. — La percezione è pure una impressione, dessa opera sopra i sensi, o sopra l' anima. S' in- tende anche qualche volta per idea, un sentimento. — La sen- sazione si ferma ai sensi, dessa non va al di là del fisico ; — il sentimento va al cuore, desso estende la sua molla fino ai co- stumi; — la percezione s'indirizza allo spirito, essa racchiude quello di cui l'anima puossi formare una imagine.
Si chiama affezione dell' anima, le varie impressioni che le fa provare l'azione degli oggetti esteriori o lo stato dei corpi. — Le affezioni sono un sentimento profondamente scolpito nell'anima, sentimento che lega ad una persona o ad una cosa, come sareb- bero la stima, la benevolenza, la dolce rimembranza, l'amicizia, ecc. — L'affezione viene dal cuore, è volontaria, come l'amore, e simili. La devozione viene dalla mente, dalla volontà determinata dal sentimento, cdìne sarebbe avere progettato la liberazione di un amico dal pericolo. — Le passioni sono i grandi impetuosi movimenti dell'anima., eccitati da un oggetto, dal piacere , dalla collera, dall'ambizione, dalla vendetta, ecc. La passione è un af-
144 fetto vivace, energico, violento., profondo, ardente, per un og- getto.
La sensibilità in un corpo bene costituito è la qualità per cui si fanno le grandi cose, è il moto principale delle azioni degli* uomini che s'innalzano al disopra del volgo; — quale uomo a! mondo più di Raffaello possedette sensibilità più squisita? — Gli è alla facoltà attiva di sentire, al cuore segg«o delle passioni, al- ì'immaginazione ossia estensione della mente, che fu debitóre del- l'avere creato tante cose sublimi, dell'avere superati tutti i suoi più illustri competitori, al segno d'imporre silenzio all'invidia, alla gelosia, all'ingiustizia, all'amor proprio altrui. Con lo studio, le grandi e principali qualità dell' Urbinate, acquistarono esten- sione e forza; la sensibilità naturale si accrebbe delia- sensibilità acquistata, ed in tal modo ei divenne più atto alle sensazioni , alle impressioni, e potè tutto sentire e tutto dipingere. — Sem- bra che sia necessario onde operare molto e bene la riunione delle due sensibilità, le quali vengono così caratterizzate 'da Buffon: « La sensibilità naturale è forse più sicura, ma sempre meno grande che la sensibilità acquistata. » Diffatti, osservando atten- tamente, vediamo che con la sensibilità naturale, Raffaello dipinse le opere che gareggiano con la natura; — e con la sensibilità acquistata ci dipinse le cose sovrumane, le divine, lutto quello che non è dato all'uomo di vedere, per così dire, che con la mente. Guido , Domenichino , Correggio , Annibale Caraccio , Omero, Virgilio, Saffo, Tibullo, Tasso, Metastasio, Petrarca, Racine , Fénélon , Drydu, Giulio Romano, gli autori del La- coonte, dell'Apollo., delia Venere dei Medici, Schiller, Pergolesi, Jomelli, Mozart, Sacchini , sembrano presentare una grande af- finità con la sensibilità di Raffaello, in cui troviamo nei varj ge- neri delle sue opere tutti i gradi della sensibilità cui si tem- prarono quegli illustri ingegni.
La sensibilità è una specie di delicatezza., d' irritabilità del corpo e della mente, e di tutte le facoltà di questa, ed è il prin- cipio delle forti passioni, e l'origine del genio. Questa grande sen- sibilità è quella che forma i poeti, gli artisti, i letterati, in virtù della quale essi sentono, concepiscono, esprimono più vivacemente e più energicamente, il beilo, il grande, il terribile, il sublime, tutto ciò che non è comune nelle operazioni dell'uomo.
La disposizione dei nervi i quali formano il meccanismo di tutte le parli e l'azione ù\ tutte le membra, fa che i sensi cor-
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rispondono segretamente con essi. I nervi sono 1' organo imme- diato dei sentimento, il quale si diversifica e cambia , per così dire, di natura, secondo la loro differente disposizione : di ma- niera che, secondo il loro numero, la loro sottigliezza 3 la loro collocazione _. la loro qualità , essi danno all' anima differenti modi di sentire , distinti col nome di sensazioni ; le quali si direbbe che nulla hanno di simile, e non pertanto \i ha fra di esse una continua e rapida corrispondenza. Ma poiché tutti i sensi hanno un principio comune, e non sono che membrane nervose, diversamente estese, disposte e situate; poiché i nervi sono l'or- gano generale del sentimento, e ponno solo eccitarlo in tutte le parti del corpo umano; infine, poiché i sensi non sono che forme variate della medesima sostanza, o nervi diversamente ordinati e disposti, non è da sorprendersi che le sensazioni che ne risul- tano non siano fra di esse tanto differenti quanto lo compaiono., o che abbiano una communicazione reciproca, la quale, quan- tunque invisibile, non è meno reale e costante (i). 1 sensi esercitano una grandisbima influenza sovra l' immaginazione. I sensi cui dobbiamo il sentire e le cognizioni delle cose, sono gì' intermediari del commercio dell' uomo col rimanente di tutte le altre opere della creazione; e questo commercio si opera sem- pre con una materia che ferisce qualche organo. Dal senso del tatto lino a quello della vista, codesta materia diventa sempre più sottile, e sempre più si spande lungi da noi, quindi sempre più capace di estendere i limili del nostro commercio. Corpi, liquori, vapori, aria, luce, sono le gradazioni delle sue corrispondenze; ed i sensi per cui esse si fanno nostri interpreti, nostri esploratori, nostri indicato- ri. Però più le nostre cognizioni ci giungono da lontano, e più fa d'uopo diffidarsene. È per ciò, il latto, il quale è il più limitato de* nostri sensi, è anco il più sicuro di tatti. Il gusto e l'odoralo,
(1) Si sa, dopo la bella esperienza di Carlo Bell, che le radici anteriori dei nervi che derivano dalla midolla spinale onde distribuirsi agli organi , presie- dono ai movimenti, nel mentre che le radici posteriori danno la sensibilità. Que- sto fatto fondamentale viene confermato nel modo più evidente col mezzo della pila galvanica: sotto l'influenza dell'eccitazione elettrica, le radici anteriori pro- ducono la contrazione ed il movimento, senza niuna manifestazione di sensibilità, mentre che ristesso eccitante applicato alle radici posteriori determina la sensi- bilità e lascia in riposo gli agenti del movimento. — È stabilito che i nervi sono destinali a portare gli spiriti animali ed il sentimento in tutte le parti del corpo.
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146 la sono pure sufficientemente , ma i' udi'o giunge spessissimo ad ingannarci. In quanto alla vista, dessa è soggetta a tanti er- rori, che l' industria degli uomini, la quale sa trarre vantaggio di tutto, ne ba composto un'arte d'imporre agli occhi. Quest'arte sublime, osserva uno spiritoso pensatore, è spinta sì lontano dai pittoriche vi avremmo forse perduto, possedendo sensi meno fallaci. — Nulla di più fallace che i nostri sensi; eppure sono la nostra guida. Li vorremmo più perfetti., ma in allora ove sarebbe la nostra esistenza?
Il tatto, come abbiamo detto, è il più sicuro dei sensi, e li domina tutti. Dal tatto nasce una folla di cognizioni; esso retti- fica lutti gli ailri sensi, i quali senza di esso e' indurrebbero in molti errori, e circonderebbero la nostra esistenza d' illusioni. Il tatto sanziona, per così dire, il positivo, il vero. Nulla si op- pone a ciò che asserisce il tatto, ed ha la prerogativa di essere la sensazione più generale , e quella che più direttamente e con maggior forza è legata al nostro istinto. I naturalisti osser- vano che l'uomo non vede e non ode che da una piccola parte del corpo, ma dappertutto ove si trovano nervi e vita, egli prova più o meno la sensazione del tatto. — Quantunque le dita della roano siano V organo più naturale del tatto , la sua azione si fa sentire per gli organi di tutti gli altri sensi. Tutti i sensi si riuniscono nel tatto, e gli sono subordinati. Il latto alcune volte può giudicare delle distanze. — La vista è il senso a cui il tatto supplisce più imperfettamente.
La parola sentimento presa isolatamente, s'intende ordinaria- mente in buona parte, ma accompagnata di epiteti, si mostra sotto mille forme diverse. — - Il sentimento, detto senz'altra qua- lificazione, significa la soave sensibilità, l'amenità co' suoi amabili attributi, il piacere di obbligare, l'amicizia, un tenero attacca- mento, l'elevatezza dell'anima, infine ogni bella e tenera affezione che deriva dal cuore e che ne fa I' elogio. — Però, qualunque si sia l'affetto del sentimento, e quantunque il cuore che lo ma- nifesta sia sincero nella sua commiserazione e grande nella sua generosità, può darsi che gli avvenimenti della vita diminui- scano in esso quella sensibilità. I dispiaceri, le pene, le scosse moltiplicate, il lungo soffrire, tolgono ogni giorno qualcosa all'abitu- dine di essere sensibili; uno s'intenerisce un po' meno sovra l'infor- tunio del prossimo l'indomani, che il giorno slesso in cui accadde, e quando gli avvenimenti disastrosi sopravvengono colpo su colpo,
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1' anima cade insensibilmente in una specie di apatia e di torpore. Nuliadimeno rimangono le buone qualità, malo spiritosi abbaile e con esso il sentimento. — Una madre possiede vari figli; el!a li ama tulli egualmente ed è buona con tulli. Perde ia sua figlia maggiore, prodigio di grazie, di talenti, di virtù. Codesta disgra- ziala madre è nella più terribile desolazione., fa mille stravaganze; tutti rispettano il suo dolore , ognuno la compiange e la scusa
— Dopo sei mesi, il suo figlio maggiore muore; ei doveva essere il sostegno della famiglia col porsi alla testa di un ma- gnifico stabilimento. La sua perdila vibra il più terribile colpo al cuore materno; dessa è vivamente sentita, ma la gradazione del dolore è già meno forte. La sensibilità , già un poco affievolita al primo urto, si affievolisce un po' più a quesl' ultima scossa.
— Si supponga ora che una malattia ereditaria, abbia condotti alla tomba tutti i suoi figli, e che codesta donna sopravvivi; ella rimarrà fredda, impassibile, anco indifferente; non odierà, ma non amerà più; verrà a sapere le più grandi calamità, le più orribili catastrofi, ed il suo cuore non proverà alcuna emozione; tutta la sua sensibilità è consumala, non avvene più per nulla.
— Lo stesso succede agli uomini, e in tutte le specie di dolori. Questo esempio conosciuto ci offre V origine dell' insensibilità
in un corpo dapprima sano. — Il dolore ne* suoi primi gradi, è attivo, energico, strazia, divora; — diventato eccessivo, pro- cura noncuranza ed insensibilità. Questo punto d' indifferenza è una infermità del morale; più non si vedono le azioni della vita che con un velo sugli occhi, perchè la vista nulla più trae dall'anima.
U Energia forma il patetico, il forte, il sublime, il terribile. Ella nasce ordinariamente da un moto dell'anima agitala da una impressione profonda e rigorosa. Il sentimento la concepisce e la produce. Questo è l'impetuoso slancio dell'anima. L'energia consiste, a ristringere in poche parole, il pensiero, il sentimento, la passione, onde esprimerli con più forza e con più vivacità. Dante è lo scrit- tore più energico che abbia mai esistito; dopo lui Tacito e Alfieri.
fi piacere è inseparabilmente unito al bisogno ed al dovere;
— il dolore è annesso a tutto ciò che è contrario al nostro benes» sere. Si trova il piacere nel conversare co' suoi amici, a mangiare ed a bere con essi, a giuocare, a sollazzarsi, a passeggiare, ecc. Il digiuno, o i'astinenza forzala, la solitudine, l'inazione, invece, non sono giammai senza noja, né senza afflizione; — ogni cosa in particolare cagiona dolore, secondo che è opposta al nostro benes-
148 sere, e nociva alla nostra conservazione. I piaceri variano e sono più o meno vivaci, secondo le differenti età della vHa. La gio- ventù ha più inclinazione pel ballo, pei giuochi, pei piaceri e pei di- vertimenti che richiedono azione. L'età matura gode nell' occu- parsi di cose serie, più positive, di più importanza, e che recano un profitto sicuro. 1 piaceri sensuali sono della prima età ; — i piaceri intellettuali e morali, sono quelli dell'ultima.
I piaceri dei sensi sono grossolani e fuggitivi. — L' uomo sensuale non gode, in generale, che un certo dato tempo.
I piaceri delle passioni sono pieni di torbidi. — L' uomo mo- rale divide la sua esistenza fra il godere ed il soffrire.
I piaceri dell'intelletto sono mischiati di cure, ma sono i più duraturi. — L'uomo di studio, di genio è sempre occupato gradevolmente, e sublimi sono i suoi godimenti.
I piaceri della virlù sono i soli a cui nulla manca, e sono sempre di eguale forza. Questi, senza escludere gli altri, escludono lutto, ciò che li corrompe.
La simpatia è l'intima relazione di una cosa con un'altra. Ella è la perfetta somiglianza che trovasi fra i loro attributi, ed il princi- pio dell'amicizia e dell'amore. — Può la simpatia concepire fisica- mente con il seguente paragone fatto da uno scrittore: — Sic- come una corda di violino, che si trova accordata all'unissono con un'altra corda della specie stessa, rende Io stesso suono di quest'ultima, allor quando vien toccata: così ancora la simpatia è l'armonia che deriva dalla corda degli organi stessi : quindi le stesse idee devono necessariamente produrre gli stessi sentimenti in due persone unite per simpatia.
La simpatia è l'effetto di una impressione piacevole, è un'at- trazione. — La simpatia è proprietà di certi corpi che li obbligano ad unirsi ad altri. La simpatia è Y attrazione umana. — La sim- patia esiste evidentemente fra le piante , ed è il sistema di Lin- neo. Darwin ha scritto in un modo sapiente ed ingegnoso so- pra gli Amori delle 'piante. — Nella simpatia noi ci accordiamo con alcune cose, amiamo a corrispondere con certe persone, al- l'insaputa di noi medesimi, per cosi dire; — siamo attirati da oggetti che ci circondano, che fissano la nostra attenzione di pre- ferenza ad una folla di altri oggetti che non hanno questa miste- riosa qualità (I).
(\) Burke , nella sua ingegnosa ed interessante opera: On the sublime and
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L'antipatia è un odio gagliardo inspiratoci dalla natura per certi oggetti; odio fondamentale sopra la poca relazione che hanno le cose con noi, e sopra il male che le medesime far ci possono; o final- mente sopra l'idea che noi ne abbiamo concepita. L' antipatia è un sentimento che previene qualunque sorta di riflessione, ed è una specie d'istinto che osservasi negli animali. L'avversione è un allontanamento che la natura c'inspira per quelle persone e cose, che non hanno alcuna relazione colle nostre inclinazioni, i nostri gusti , i nostri sentimenti.
L'antipatia è la ripulsione umana. Qualunque sieno le buone qualità che possono avere i soggetti che e' inspirano antipatia, fa d' uopo di tempo, onde potere vincere l'allontanamento che ci cagionano. — Uomo non si può dare ragione di questo effetto ; tuttavia è esso uno de' misteri della natura. — L'antipatia c'isola, e dall' isolamento all' indifferenza non avvi che un passo; da esso ella nasce.
L'apatia è uao stato di tranquillità , eh' esser non può turbato dà veruna passione. Un tale stato è piuttosto insensibilità, effetto del temperamento, che il frutto degli sforzi della ragione: esso è come alcuno disse : la pietra filosofale della morale , ed è una grande felicità per il mondo sociale, imperocché se l'uomo potesse rendersi felice da sua posta poco assai s' inquieterebbe dell'altrui felicità, essendo il medesimo fatto per operare, non già per contemplare.
L' uomo preso da apatia, se ne rimane tranquillamente estra- neo ai suoi simili, non pensando, né occupandosi di loro, come se non avessero già mai esistito. Questa non è misantropia, poi- ché la misantropia odia l'umana' specie; — non è neppure e- goismo, perchè l'uomo apatico non si ama., non si apprezza, come non ama e non apprezza gli altri. Ei riconosce in esso le stesse buone qualità e gli stessi difetti che sono negli altri. — Da nulla è commosso l'uomo apatico; egli è estraneo a lutti gli avvenimenti piacevoli, o dolorosi. — Nel seno della società, egli è isolalo , e niuna parte prende a ciò che gli succede. — Potrebbesi consi- derare come uno spettatore, indifferente, freddo, impassibile delle umane vicende.
L' Infingardaggine è una disposizione all' ozio , disposizione
Beautiful, sviluppa questo sentimento dappertutto ove domina. V. The First, Part., sect. XIU, XIV.
150 che deriva dal temperamento. Essa si è l'effetto di una circola- zione tarda ma facile ; ed è d' uopo convenire , che se tale disposizione nuoce alla fortuna, è all'incontro molto favorevole alia felicità la quale soprattutto consiste nella moderazione e nella tranquillità. — Gli antichi Egizj dipingevano 1' Infingardaggine , seduta in alto di afflizione, il capo inclinalo e le braccia incro- cicchiale; — eie davano ordinariamente per attribuii la lumaca, la tartaruga e l'asino. — L'acutissimo La Rochefoucauld fa Se seguenti osservazioni sopra l'infingardaggine:
« G'est se tromper que de croire quJil n'y ait que les violentes passions., comme l'ambilion et l'amour, qui puissent triompher des aulres. La paresse, toule languissante qu'elle est, ne laisse pas d'en ètre souvent la maitresse; elle usurpe sur tous les desseins et sur toutes les actions de la vie; elle y détruit et y consume insensiblement les passions et les vertus, »
« De toutesles passions celle qui est la plus inconnue à nous-mèmes, c'est la paresse; elle est la plus ardente et la plus maligne de toutrs, quoi- que sa violence soit insensible, et que les dommages qu'elle cause soienl très-caehés: si nous considérons altentivemeiH son pouvoir, nous verrons qu'elle se rend en toutes rencootres maitresse de nos senliments , de nos intérèls et de nos plaisirs: c'est la rè- more qui a la force d'arrèter les plus grands vaisseaux , c'est une bonace plus dangereuse aux plus importantes affaires que les écueils et que les plus grandes tempètes. Le repos de la paresse est un charme secret de l'àme qui suspend soudainement les plus ardentes poursuites et les plus opiniàtres résolutions. Pour donner enfin la véritable idée de celle passion, il faut dire que la paresse est comme une béatitude de l'àme, qui la console de toutes ses pertes, et qui lui tieni lieti de tous les biens. »
Il Desiderio è una agitazione dell'anima _, cagionata dagli spi- riti che la dispongono a volere cose ch'essa rappresentasi esserle convenevoli; in tal modo, qon solo si desidera la presenza del bene assente, ma anche la conservazione del presente. — li de- siderio è il sentimento di un bisogno , che si manifesta per via della turnazione e dell'inquietudine, e che cerca di soddisfarsi ; ~~ esso e ardente e veloce.
La Volontà é l'effetto dell'assenso che noi porgiamo al giudi- zio della mente. Essa è un movimento dell' anima che ci porta all'azione in conseguenza della determinazione della mente, tanto se noi determinati siamo dalla convinzione ., come se trascinati
151 dalle persecuzioni. La volontà determina sempre ie nostre azioni ; ma spesso la nostra volontà è incerta, perchè il nostro ragionare non è chiaro; ed il nostro ragionare è oscuro allorquando le idee non sono schiette.
L'Animo si è l'anima considerata perla sua facoltà di sentire. — L'impero dell'animo si estende sopra l'onore, o sia 1' amore di una buona riputazione^ sopra la fortuna o sia i bisogni e le comodità della vita, sopra gli oggetti della carità., che compren- dono la compassione, la benevolenza, la beneficenza , sopra i di- ritti della parentela, sopra quello dell'amicizia, che ci fa dividere il dispiacere o piacere di un amico, e finalmente sopra tutti i nostri doveri.
Il Sonno è uno stalo d'inazione, od una cessazione de' movi- menti volonlarii. Necessario all'uomo è questo stalo, onde sostenere, riparare j rimettere, rinforzare la sua macchina. Nulla più nuoce alla salute che le lunghe veglie; questa è una verità che la gioventù, e sopratulto quelli che coltivano le lettere , dovrebbono avere ognora presente alla mente , a fine di conformarvisi , e con ciò risparmiarsi una precoce \eechiezza, sempre accompagnata da mille infermità
La divina Provvidenza volle, onde addolcire i mali di questa vita breve, beneficarci col dono del sonno e della speranza; entrambi ci sostengono nelle fatiche e nel lavoro., e sono il tesoro della po- vertà. — il sonno,
« Oh de' mortali
Egri conforto, oblio dolce de' mali
Sì gravi, ond' è la vita aspra e noiosa; Soccorri al core ornai, che langue e posa
Non ave; e queste membra stanche, e frali
Solleva: a me ten vola, oh sonno, e l'ali
Tue brune sovra me distendi e posa. »
Giovanni Della Casa.
I sogni sono le illusioni della mente durante il sonno. — Ovi- dio e l'Ariosto 3 dipintori degli uomini e delle cose ., raffigura- rono filosoficamente il sonno sì necessario a lutti gli esseri vi- venti ; è infatti l'oblio de' mali, ed il più bel dono, al dire di Omero, che gli dei fecero agli uomini.
La Speranza è un sentimento di confidenza, che ci sostiene nell'aspettazione di un bene, che la fortuna sembra prometterci ,
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152 e che ci fa goderne anticipatamente. La speranza è il maggiore di lutti i beni., poiché ci aiuta a soffrire i mali ; è quella che c'inspira un'intiera rassegnazione ai decreti della Provvidenza, per la ricompensa che ci promette , e per la confidenza che ripone nella misericordia divina ; è una delle tre virtù teologali. — Il Padre Brumoj' disse che la speranza è il papavero che as- sopisce i nostri mali. Ella sparge di fiori il cammino che dob- biamo percorrere in questa vita. I poeti filosofi del Pagane- simo , facevano la speranza sorella del sonno,, il quale so- spende i nostri mali, e della morte che li termina. — La spe- ranza è pure una forza delia mente. Fra gli antichi, la speranza di una corona civica produceva ìe grandi azioni di coraggio e di valore, e i grandi poemi. — L'alloro creava gli eroi e gli artisti (1).
CAPITOLO XXXV.
INTELLETTO.
Intelletto o Mente — Intendimento — Idee — Concepimento
— Intelligenza — Ragione — Buon senso e senso comune — Giudizio — Imaginazione — Genio — Funzioni della mente
— Memoria — Nervi — Encefalo — Intelligenza, cervello, or- gani del corpo — Inclinazioni — Coltura, studio, cognizioni
— Sensazioni e piaceri sensuali o corporali — Sensa- zioni e piaceri intellettuali — Sensi — - Moltiplicità e analogia d'idee — Lettere — Memoria — Rimembranza , reminiscenza
— Andamento ed operazioni della mente umana. —
L'intelletto è una sostanza incorporea, una facoltà dell'anima, che vive e agisce in noi, che move tutte le nostre molle. E una virtù, una potenza che opera nell'anima. — L'intelletto o la mente è la facoltà di concepire, di discernere con sagacità, di giudicare, di combinare le idee, di crearne, di tutto apprezzare, è ciò
(1) Il poeta inglese Rogers ha scritto un poema intitolato: / piaceri della spe- ranza.
Ì33 die fa agire l'uomo e che lo guida. — La mente è, o attivissima^ o pigrissima. Se un oggetto la muove, è di un ardente e divo- rante attività; se in vece non è mossa da alcun motivo, essa si lascia trascinare al primo oggetto che se ne impadronisce. La mente di sua natura è vivace, e lenta; queste sono le sue domi- nanti qualità, le quali sono modificale dalla varietà delle costitu- zioni degli individui, quindi si osserva una infinità di caratteri della mente umana: mente retta, giusta, solida, superficiale, pro- fonda, elevata, bassa, chiara, confusa, penetrante, metodica, anali- tica, sistematica, sublime, docile, fredda, melanconica, briosa, ardente, indomabile, ec, di cui ci occupammo con evidentissimi eseinpj nella nostra Statistica intellettuale. — In Aristotile, in Platone, in Cicero- ne, in Dante, in Giordano Bruno, in Galileo, in Bacone, in Newton, in Shakspeare., in Leihnitz, in Telesio, in Vico, nello Stallini, in Locke, in Bayle, in Montesquieu, in Condiilac, in Genovesi, in Filangeri , in Muratori , in Buffon , in ttomagnosi ed in varj altri, sembra la mente umana avere spiegata tutta la forza di cui è suscettibile — (1). La chiarezza e la precisione sono le più. belle e le migliori qualità della mente. Il libro di Locke che l'ha sì bene analizzata e descritta, la sviluppa e la perfeziona nello studio ch'egli indica di farne. Lo studio delle matematiche conduce allo stesso scopo con certezza; da ninno altro studio si ottiene Io slesso risultalo. In tutte le opere della mente, la prima essenzialissima cosa che si richiede, è quella della chiarezza e della precisione (2).
(i) Aristotile è la prima delle menti, è la mente per eccellenza. Nel seguente modo parla di codesto uomo straordinario, il Padre Rapin: « Ce genie, si plein de raison et d'intelligence, approfondit tellement l'abìme de l'esprit humain, qu'il en penetra tous Ics ressorts par la distinction exacte qu'il flt de ses opérations. Ori n'avait point cncore sonde ce vaste fond des pensées de l'homme, pour en connaìtre la profondeur. Aristote fut le premier qui découvrit cettc nouvelle voie, pour parvenir à la science par l'évidence de la démonslralion, et pour aller géo- mètriquement à la démonslration par l'infallibililé du syllogisme, l'ouvrage lo plus accompli et Teflort le plus grand de l'esprit bumain. n —Quanta chiarezza, precisione, metodo, analisi,' estensione nella mente del filosofo Stagirila! Essa comprende e spiega tutte le cose che nella sua epoca erano alla portata dell' li- mano intelletto e ch'essa fece tanto progredire. Aristotile diede la grande spinta alle menti dei moderni filosofi. I libri in cui ci s'intrattiene di morale e di let- teratura, saranno sempre i libri dei filosofi e dei letterati, e serviranno di guida alle opere utili e dilettevoli degli uomini. Voltaire osservò benissimo, che: « Les- vrais gens de lettres et les vrais philosophes, ont beaucoup plus mérìté du genre humain quo les Orphée, les Hercule, les Thésée ».
(2) Però ne' lavori d'imaginazione è da evitarsi uno studio continuo e profondo
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La mente è di una attivila incredibile e giammai posa; dessa agisce in noi eziandio nel tempo del sonno , nel qual tempo va riandando le idee che già presentate le furono quando l'uomo era desto; — ma il corpo addormentato non lascian- do alla mente l'esercizio della facoltà ragionevole, la mente di- spone la maggior parte delle idee in una maniera confusa, imper- fetta, e non naturale, e questa maniera di vedere le cose è ciò che chiamasi sogno. — I sogni adunque sono la grande prova dell'incessante attività della mente, essi sono l'azione della sua facoltà riflessiva. V. Sonno.
L'intendimento è la facoltà dell'anima per cui dessa concepisce, conosce e comprende; — è il senso, il giudizio, ed i Latini lo chiamavano intellectio. — I moderni, con la parola intendimento, significano la riunione di tutte le facoltà intellettuali, come la parola pensiero significa la riunione di tutte le facoltà dell'anima, dell'intelletto e del morale. — Or dunque, il primo oggetto delle facoltà intellettuali, ossia dell'intendimento, non è t'ideala la sensa- zione. Noi sentiamo prima di percepire; la nostra anima prova delle impressioni di varie specie prima di avere una sola idea. — Dairintendimento e dal pensiero si forma !a ragione, quella facoltà accordata all'uomo di ragionare e di condursi secondo i suoi ragionamenti. La ragione è il più bel dono che l'uomo abbia ricevuto dal suo divino Creatore; ella è la più nobile preroga- tiva della sua specie. La ragione è l'opposto della pazzia. — Il ragio- namento ha per base dei giudizj; i giudizi sono paragoni d'idee, e queste sono risultati di sensazioni, o d'immagini — La ragione è dunque la facoltà di paragonare le sue sensazioni; di formarne idee sempre più generali ; di riunire , di legare queste idee secondo ch'esse si convengono; di paragonare in fine i giudizj prodotti da queste riunioni e di dedurne proposizioni che ser- vono di regole; tutto consiste dunque in astrazioni successive, sempre più elevate e più aggradevole
L'idea è l'imagine che l'anima riceve o che si forma, sia per la sensazione, sia per la memoria., sia per l'imaginazione; le idee sono gli effetti delle cose, e non le cause.
L'idea semplice è quella data dà una sola sensazione; — l'idea
delle matematiche, il quale raffredderebbe e smorzerebbe il genio; ma bastano al letterato gli elementi di geometria , i quali oltre di dare le qualità suindicate danno ordine e metodo a' concepimenti della mente.
complessa è data da varie sensazioni; — l'idea completa, rap- presenta tutto ciò che un oggetto può farei provare; — l'idea sensibile è data dalla presenza dell'oggetto; — l'idea intellettuale, è data dalla imaginazione o dalla memoria, è rimembranza o as- sociazione di rimembranze.
L'idea è la nozione che la mente si forma di una cosa. Una idea può essere chiara, precisa, forte, bella, elevata, debole, con- fusa, falsa, stravagante, ecc.
Il concepimento è la prima facoltà dell' intendimento. Esso è chiaro, pronto e facile; perviene rapidamente alla cognizione delle cose e risparmia le spiegazioni; dà attitudine alle scienze ed alle arti. Codesta facoltà sviluppandosi ed acquistando maggior forza, diventa intelligenza. L'intelligenza propriamente detta, è la fa- coltà del sapere, del conoscere le cose. La facoltà intellettiva è sostanza puramente spirituale, è la capacità di comprendere , di concepire, di sentire, di afferrare una idea, una spiegazione, una disquisizione, un sistema, una combinazione, ecc. L' intelligenza può essere vivace, rapida, pronta, tardiva, profonda, vasta, forte, sublime, ecc. LJuomo dotato di questa facoltà dell'anima ha buon senso , capacità , penetrazione , abilità , talento , grande pieghe- volezza di mente. Questa facoltà dell' intelletto era in altis- simo grado nell' illustre Filangieri. — Iddio è la suprema intel- ligenza.
Dalle descritte facoltà intellettuali si compone la ragione, fa- coltà che distingue l'uomo dal bruto, e lo fa capace di stabilire prineipj e di trarne conseguenze. Questa parte dell' anima è la migliore, ed è quella che caratterizza pienamente l'uomo. 11 vero, il giusto, il convenevole, la scelta del buono, il sano giu- dizio, la prudenza, sono le proprietà della ragione. La ragione è saggia e moderata, ella non infrange le leggi dì natura, non esce dalle buone regole. Operando dimostra il buon senso, giusto impiego della sua facoltà e parte dell" intelligenza e del giudizio. — Il senso comune, lo stesso che il buon senso, è facoltà che si suppone essere comune a tutti gli uomini bene organizzati, i quali discernono chiaramente e giudicano sanamente delle cose, secondo la natura e la ragione. Il buon senso è dritto e sicuro.
Il buon senso. Esso è porzione di giudizio e di luce ripartita a lutti gli uomini bene organizzati; — è il modo di considerare le cose per l'analogia., il rapporto che hanno le medesime colla nostra utilità. Si fatta qualità richiede la dirittura nell'intelletto,
156 ed una certa moderazione nell'animo, che dimostra ordinariamente la mediocrità dello spirilo 3 e dei talenti. Volsi tenere in assai poco conto il buon senso , esso non è utile ad alcun fuorché a quello che lo possiede ; — e perchè gli uomini preferiscono luminosi difetti da cui traggono vantaggio a sode qualità, che lor non sono alcun utile.
Il giudizio è una facoltà attiva dell' Intelletto , che paragona le idee, e ne ricava delle conseguenze. Formasi iì medesimo per via della riflessione; — ed ii giudizio è quello che costituisce i fi- losofi , i legislatori, i politici, — Il giudizio supplisce alia man- canza delle nostre cognizioni ; mentre presume le cose siano in una certa maniera., senza ravvisarle con certezza.
Il giudizio compisce il risultato delle operazioni della ragione. Il giudizio è la faco là di apprezzare, di discernere, di distinguere, di bilanciare, di giudicare una cosa, di stimarla, di assegnarne il valore, la sua natura. Il giudizio è una delle più pure luci della mente. — La parola pensare^ significa, secondo la sua etimolo- gia, pesare^ dai latino pensare. Ma questo è per i giudizj che noi facciamo delle cose, che noi pesiamo, che apprezziamo; quindi il pensare, è lo slesso che il giudicare, Pensa bene quegli che sa evitare l'errore ne' giudizj.
Si fanno due distinzioni fra iì giudizio ed ii senso, a motivo della loro apparente sinonimia: il senso è la ragione che rischiara; il giudizio è la ragione che determina. — Il senso risguarda particolarmente la condotta; il giudizio abbraccia tutti gli oggetti di ragionamento, egli distingue tutlo, giustifica tutto. L'azione del giudizio é solida e chiaroveggente.
L'imaginazione è F estensione dello spirito. Lo spirito agisce con finezza, con acutezza; e l'imaginazione con grandezza , con slancio, con magnificenza. L' imaginazione,, colesta bella facoltà dell'intelletto, è la sorgente di tutto ciò che abbellisce ed arric- chisce i soggetti del pensiero e della mente, essa fa germogliare le idee e le imagini (1).
Il genio è la più beila, la più grande, la più forte, la più sublime delle facoltà intellettuali. Esso è l'estensione, la forza, l'elevatezza, il calore, )a profondità, la previsione straordinaria
(i) L'idea rappresenta e fa comparire l'oggetto; — il pensiero l'osserva, lo con- sidera; — l'imaginazione lo forma e l'abbellisce. — La prima dipinge, — la se- conda esaminn, — la terza cren.
1 57 della menle. Il genio raffigura la parte inventiva deirinlcndimenlo, egli solo, nell'operare dell'uomo, crea.
II sentire, il percepire, il conoscere, il capire, lo apprezzare, il paragonare, il giudicare, il ragionare, lo analizzare, il decidere, il risolvere, il volere, il ricordarci, il presentire, sono le funzioni della niente, potenza misteriosa che guida tutte le nostre azioni; e queste funzioni immateriali si compiscono per Y azione e forza degli organi materiali. Stupenda operazione della natura! Tutte le facoltà dell'anima e della mente dipendono assolutamente dal corpo; e se sconvolto viene il fisico, tutte le altre facoltà sono annichilite. I fisiologisli ed i psicologisti dimandano: E per la loro propria virtù che questi organi agiscono o cedono essi all'ini' pulso (li una forza particolare e distinta da essi? — È il cervello che pensa, come eglino dicono che Io stomaco digerisce , perchè tale è la legge della sua organizzazione, perchè questo sta nella sua natura? — Puossi ammettere che esiste, sotto il nome di mente, di anima, un essere di una natura particolare di cui sono agenti gli organi encefalici (encefalo, cervello, cervelletto) da loro stessi privi di ogni forza? — Ov'è la sede dell'anima? — Ove risiedono quelle due potenti sue facoltà: la mente e la memoria? — Ma chi darà la soluzione di cotesti problemi? Quantunque l' ingegno de' naturalisti possa inventare ipolesi, l'esperienza ci fa vedere che sia il» sistema nervoso che eseguisce le sue funzioni in virtù di una forza che gli è propria, o bene esso sia l'istru- mento passivo d'un agente immateriale da cui riceve l'impulso, siamo assolutamente nell'impossibilità di sentire senza il soccorso de' nervi. La nostra intelligenza non fa niuna operazione che per l'intermediario dell'encefalo. — L' intelligenza sembra proporzio- narsi in lutti gì' individui con più o meno di perfezione di que- sto apparecchio dell'encefalo; ella si sviluppa con esso, ella si disordina quando esso si altera; ella s'indebolisce quando esso si avvilisce; tutto ciò che la intorbidisce, lo intorbidisce; ella è sonnacchiosa, quando esso dorme; ella non ragiona quando esso è ubbriaco; la sua azione subito cessa, allorché compremendolo, si neutralizza la sua azione; ella si rianima e rinasce subito che cessa la compressione; infine, ella dipende da lui per tutte le sue manifestazioni, per tutti i suoi atti, e lo segue invariabilmente in tutte le sue variazioni. Tutto ciò che influisce sul cervello , agisce sull'intelligenza. — L'encefalo imprime il molo al corpo, ed il suo impero si estende sovra tutti i suoi organi.
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! nostri organi esterni non esegui <.ono assolutamente nulla, che non sia per l'impulso e sotto la direzione delle nostre fa- coltà intellettuali. Queste facoltà sono la base e la vita di tutte le nostre azioni tanto mentali che corporali, le quali, prima di tutto, hanno avuto origine nel cervello e ne' nervi. Le nostre membra, tra i loro più complicati e più rapidi movimenti non fanno il minimo moto che non risulti da un impulso parti- colare dell' encefalo , e che non sia Y espressione distinta di un movimento di un'altra natura eseguilo primamente nel sistema nervoso. E vero però che non basta di avere un pensiero per essere in istato di produrlo; se difficile è il concepire, non è meno difficile l' esprimere. Ma questa difficoltà viene tolta dal- l'esercizio degli studj che tutto modificano e perfezionano. Quanto esercizio e studio fa d' uopo onde ammaestrare ed avvezzare i nostri sensi esterni a produrre in un modo convenevole i movi- menti interni dell'anima, o meglio i movimenti dell'organo deli- cato e mobile pel cui mezzo l'anima agisce. — Ordinariamente si dice avere disposizione per tale o tale arte, tale scienza, ecc., e questa disposizione è 1' organo specialmente appropriato all' a- zione, all' arte , alla scienza, alia professione a cui esso ci fa in- clinare. Se altri bisogni e' impediscono di seguire codesto pen- dio, riesciremo mediocremente in ciò che intraprenderemo. Quindi si vede un mediocre pittore, il quale avrebbe, seguendo la sua naturale inclinazione, potuto diventare un insigne giureconsulto; — un altro datosi di mala voglia al mestiere delle armi, sarebbe stato un distinto letterato, e cosi di tanti altri.
La coltura della mente è sempre stata considerata come una delle più nobili e delle più dolci occupazioni dell'uomo. In que- sto nostro operare sentiamo un vero godimento; — lo sviluppo, l'accrescimento delle forze intellettuali recano nella nostra anima un indicibile e puro piacere., il quale non si fa sentire altrettanto allorché accresciamo alla bellezza e la forza del nostro corpo.
Il piacere di cui gode 1' uomo sensuale, 1' uomo voluttuoso., non uguaglia quello dell' uomo studioso che con felice risultalo coltiva la sua mente. Il piacere del primo è penetrante , vivace e di poca durata; — in vece quello del secondo aumenta in forza ed è duraturo. Le cognizioni che questi acquista degli uo- mini e delle cose, gli procacciano più piacere che all'altro, quan- tunque ei ricerchi tutto ciò che può solleticare e lusingare i sensi. — Riflettendoci bene, codeste sensazioni corporali, valgono
le intellettuali? Il piacere che procacciano la gloria, la fama le distinzioni, gì, onori, l'ambizione soddisfalla, la speranza di'vi- vere nella memoria de' posteri, la dominazione nell'esercizio delle art. e delle scienze, equivale a quello de' Luculli, degli Anici!
FH l'i WS* .d<f EP-ÌCUreÌ de"a Clà n0st,'a? - Le ^ frinì, le Taidi le Aspas.e, godevano più nella loro vanità, nella
de-lor^T"6 l S°S!Ì0Pre.8IÌ uomini P'U ^andi, più illustri de loro temp., che ne p.acer. sensuali. - Tiberio, Siila , Mario non avrebbero appieno guslato i piaceri sensuali se quelli del oro dominio, della loro tirannia, non vi si fossero uniti e non . avessero signoreggiati. _ Si analizzino le umane azioni mo- tivate dalla mente e da' sensi, e vedrassi i piaceri intellettuali più puri, p,u sublimi e più durevoli che i piaceri sensuali La men,e no„ sl stanca nè si ^ cosJ pres|o ^ . ^
godimenti, e non ha d'uopo di ognora rinnovelìarli. I nostri sensi sono d. loro nalura insaziabili. Appena hanno essi guslalo un piacere, che ne sono slancili, e che ne bramano un altro. Si può dire che unporlunissimi sono i sensi, e pieni di fantasie. La co- nsta della .nenie non è si facile a soddisfare, ma aspira pure come , sensi, a moltiplicare, od estendere, a variare i suoi pia-
tT ■ !" 7 ? mCUte 8°de pÌÙ '«"«««'eiile delie sue impressioni, ed e facile .1 procurargliene delle nuove; poca cosa basfa a
dlrtnceriniH t Cf0mpiace|ne,,e difficoUà. «> « *»o piacere e il suo trionfò è
lrT™raPrtar 8; °ggetlÌ C0Per" da qM,che mis(er°. Rachel-I- gnoranza ammira dal momento ove nulla comprende. Un velo settato con arto centupla ,1 valore reale della cosa che nasconde. II volgo men ottuse to cimano a «spettar, ciò ch'essi non vedono; - l'uomo do lo ST u „ga d 'r ^ cogliere onore e gloria da ciò che gli scopre la sua perspicacia. - D òlacoue 1 grande successo delle allegorie, de'simboli, dei girogLi degli enimmi di Tu
\ZJSr • lnera,lÌa| CaraUere de"'™™°.- trova in tutti i tempi, in tu luogh,. Lemmma specialmente occupò i più gravi personaggi dell'antenna mini per anco su, destini degli slati. A misura che s sparsero i il 1 II u' mane cogmz.on,, meno si estesela molle dell'enimma al segm eh o"gid essa non occupa p,u che sfaccendati. - Tale è nel grande, come , p ccoto coS delle nmanecose. Ne piace qui riportar il seguente enimma perche e d G T Rousseau, e perchè quasi impossibile ora rinvenirlo.
. « Enfant do l'art, enfant de la nature,
Sans prolonger les jours, j'empèche de mourir, Plus je suis vrai, plus je fais d'imposture Et je deviens trop jeune à force de vieillir. .
(Ritratto).
160 metterla iri azione; — ma io stesso non accade ai sensi, i quali esigono molto onde soddisfarli. Quanta è diverso il risultato del piacere delia mente da quello dei sensi ! I lavori di mente sono quelli che più degli altri indeboliscono l'uomo; stancano le fa- coltà intellettuali, colpiscono i nervi., scompongono intieramente l'economia animale. Difatti dopo un' applicazione troppo conti- nuata, spesso si sente Y impossibilità di conseguire il bramalo scopo. Perciò è necessario lo avvertire che chi troppo inclinando alio studio , a' suoi piaceri , si espone a eccessi nocivi. La costi- tuzione degli uomini disposti alle lettere ed alle arti, è più sen- sibile, più irritabile, più delicata che quella degli altri, e perciò sono meno capaci di resistere a' frequenti spossamenti accagio- nali dalla grande fatica. Un lavoro continuo, ma moderalo e cal- colalo, aggiunge forza ed accresce pieghevolezza alla mente, nel tempo islesso che la perfeziona. — Una delle cose più sorpren- denti che si osservano nella formazione dell'uomo, è la natura del piacere corporale, e del piacere intellettuale (1).
Una idea diventa più espressi va e più sensibile, più energica, allor- ché si trova accompagnala e sostenuta da una serie di altre idee, come vediamo ne' paragoni; — e più l'analogia che esiste fra questa idea è lontana, e più questa espressione e questa energia aumentano di forza: poiché, quando l'analogia fra le idee è troppo sensibile e che troppo colpisce come che quella che avvi, per esempio, nel paragone di una carnagione bianca colla neve , essa perde tutta la sua bellezza, e non eccita più ni una sorpresa. — Il contra- rio avviene da ciò che noi chiamiamo spiriti, ma che Aristotile in- dica cui nome d' idee nuove e che cotesto filosofo esige dall'ora- tore (Jrisl. Bhet.j Lib. Ili, Gap. % § 4,p. 180). Più l'idea di una
(i) I seltorj di Epicuro hanno dello ch'ei prese per guida la luce della verità, l'istinto di natura; ch'egli scacciò l'errore, e pervenne alla sua filosofia senza sta- bilire sistema; ch'egli interrogò il suo cuore, e mise in pratica ciò che ne udì. Quindi si è dedotto che Epicuro fu un uomo savissimo, e che l'epicureo è l'uomo della natura. Ma con profonda analisi vediamo che le massime di Epicuro sono la morale del piacere, cioè, diciamolo, il raffinamento del libertinaggio, che in bellissimi versi cantava Orazio. Ricondurre tutto alla natura, sia nella propria opinione e condotta, è stabilire decisamente l'impero de' sensi, pel mezzo del ra- gionamento e dell'esempio. — A che uopo adunque le facoltà intellettuali e mo- rali? È permesso all'uomo di degradare il suo simile e di troncargli l'alto suo destino? — Il grande ginevrino in un momento di delirante filosofìa, volle pure togliere all'uomo l'uso delle sue più nobili facoltà.
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cosa è nuova ed inaspettata, più l'impressione che cagiona questa cosa è forte e durevole. La pittura, per esempio, se si congiunge coli' allegoria. L'allegoria può essere paragonala ad un fruito na- scosto sotto i rami e sotto le foglie dell'albero che lo porta, e la cui scoperta ci fa tanto più piacere, quanto più abbiamo provato fatica a trovarlo. Un picciolo quadro di cavalletto può diventare un capolavoro , in ragione del concepimento che ne può es- sere sublime.
L'intelligenza , ossia la facoltà di concepire, nel suo principio rozza e limitata, si sviluppa successivamente per la moltiplicità delle sensazioni., e le prime idee, ristrette in un cerchio stret- tissimo, sbrogliandosi con l'autore, non si sviluppano e non si moltiplicano che con il tempo, la diversità delle percezioni, l'abi- tudine della riflessione, i paragoni e la formazione della memo- ria. Nell'infanzia dell'uomo come nell'infanzia della società, le percezioni sono rare e le idee in piccol numero. Le une e le altre crescono con la maturità dell'età, ed i progressi dell'incivili- mento, e giungono al grado ove esse ponno, ove desse debbono naturalmente arrivare con la pratica e con l'esercizio. Cosi, eser- citandosi a fare nascere le idee pel mezzo de' sensi, facendone scelta con criterio, classificandole con ordine e metodo, presen- tandole nella loro naturale concatenazione, si ricevono e si tras- mettono le idee, e s'insinuano negli studj delle lettere e delle scienze, e queste si fanno progredire. Dunque, prima di occuparsi delle lettere e delle scienze, fa d'uopo esercitarsi ne' mezzi di acqui- starle; prima di esprimere i suoi pensieri, bisogna accostumarsi e sapersi dar conto delle sue percezioni; prima di ragionare, ap- plicarsi, in certo modo, al meccanismo del raziocinio. — Fra i primitivi popoli., i popoli selvaggi, esisteva almeno un principio delle lettere, delle scienze d'immaginazione, prima pure che sì avesse una sola idea delle cognizioni positive., le quali sono le scienze propriamente dette. Dappoi, si è veduto letterati, poeti, prima che si fossero conosciuti dotti, politici, geometri, astronomi. — Sia in ultimo detto in favore delle lettere, che, si può essere buon letterato senza darsi alle scienze; ma non si può diventare dotto profondo senza avere coltivatele lettere. Dunque le lettere sono la chiave delle scienze , nel solo ordine della priorità dei mezzi.
La memoria è la facoltà di conservare e di ricordarsi le idee e le cose. Le cose che colpiscono più 1' uomo, sono quelle che
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162 s'imprimono nella mente; l'impressione che ne rimane fissa, co- stituisce la memoria. — Avvi la memoria locale, la quale è quella che presenta le idee svegliate dall' aspetto degli oggetti. — La memoria è uno dei doni più preziosi della natura. L'esercizio e l'arte accrescono la memoria, e ne fanno ciò che si chiama me- moria artificiale; essi la formano con lo studio, con l'applicazione continua alle cose ut cui si vuole conservare la cognizione. Quando una memoria felice e sostenuta da una certa forza di criterio , assume qualche volta Y apparenza dell' imaginazione , del genio. Perciò la facoltà di bene ricordarsi ciò che si è letto e inteso , unita all'arte, al talento di esporre i fatti con ordine, spesso è stata confusa con l'imaginazione ed il genio istesso. — L'analo- gia delle idee fra di esse, i rapporti che le legano un" all'altra, è il principio delia memoria. Concepire con chiarezza., ragionare con precisione, rifare frequentemente ciò di cui ci occupiamo, sono le operazioni deli' intelletto che servono all' azione della memoria onde vi rimanga bene impresso un oggetto. Infine sen- tire profondamente, avere 1' anima colpita., è ciò che dà forza a tutte le sue facoltà; più un oggetto penetra il cuore., e più s'im- prime nella memoria. Tante sono le specie della memoria, quante sono le specie di giudizj. Le facoltà dell'anima si diversificano secondo gli individui.
La reminiscenza è il rinnovamento di una idea quasi cancel- lala. La reminiscenza è la più leggiera^ rimembranza; il risso- venirsi è la rimembranza rinnovata; la rimembranza è l'idea di una cosa che ridiviene presente per la memoria; la memoria è un alto della facoltà che ci richiama le idee e gli oggetti, è que- sta facoltà istessa. Alcuni, stando a ciò che dicono dell' imagina- zione e delia memoria, sembrano confondere queste due facoltà dell' anima. Difficile è lo indicare il punto che le divide,, poiché hanno molta analogia e somiglianza tra di loro. Varj naturalisti stabiliscono nei seguente modo il meccanismo della memori* : eglino "dicono: che ogni percezione lascia nell' anima una imagine di sé stessa, a un dipresso come un suggello lascia sovra la cera una impronta quasi incancellabile. — Ove è la sede della me- moria? Questa è una delle miìle questioni a cui mai potrà ri- spondere l'uomo. Gli uni l'hanno riposta nel cervello, gli altri nel cuore, altri la ripongono in tutto il nostro essere. Noi diremo soltanto, che è una delle operazioni della sensibilità e della mente. La memoria è il risultato delle impressioni che lasciano in nor
463 '~*~ ~ le sensazioni de! gusto, del suono, dell'odore, del calore e della luce. Ma come penetrare l'oscurità di tali questioni?
L'imaginazione, la memoria e la reminiscenza, hanno ciasche« duna un carattere particolare. La prima risveglia le percezioni islesse; — l'ultima fa riconoscere quelle che si ha già avute. Le percezioni che l'uomo può risvegliare sono il dominio dell' ima- ginazione; quelle di cui non può richiamare che i segui, appar- tengono alla memoria. Questo è, secondo la migliore metafisica, ciò che fa conoscere i limiti posti fra la memoria e l'imaginazione.
La rimembranza è una reminiscenza, è V espressione che la memoria conserva di una cosa. — Grande è l'impero che le ri- membranze esercitano sovra i nostri sensi; echi ne può dubitare? Tutto ciò che facciamo, è quasi sempre il risultato delle nostre rimembranze. Ciascheduno ha le sue, e spesso basta una sola ri- miniscenza, per fare ancora vibrare i muscoli e le fibre che si sono agitati in tale o tale altra circostanza. La rimembranza del piacere, e sopratutto quella del dolore, formano la sensazione di tutta la vita. Le rimembranze de' primi felici anni della gioventù, di un primo amore, di fatti onorevoli., deJ sili ove si gustò il bello della vita, delle persone che furono care, di un bene che non si può più godere, di una perdita dolorosa, di una cosa che cambiò in male od in bene l'esistenza, sono di una influenza sì potente , che fa d'uopo soggiacervi. La rimembranza è l'eco dei pensiero, è ciò che ne dipinge il passato; è il godimento dei vecchi , l'amico del savio , l'avvertimento per l'avvenire, il serpe che ognora divora il colpevole, il rimorso. — Notissimo è il poema inglese sovra i piaceri della memoria , di Campell , scritto con molla verità.
In tutto ciò che risguarda l'intelligenza e la memoria, non v'ha nulla di cui l'uomo non sia capace dall'età di dieci anni sino a quella dei trenta. Vediamo gli uomini di grande ingegno, ed osserveremo la loro attività morale ed intellettuale, produrre nello spazio di venti anni ciò che di più straordinario era ad esso concesso di fare dalla natura. A quella bell'epoca della vita, gli organi ancora nuovi, hanno tanta attitudine,, tanta energia, tanto slancio, le percezioni sono sì vivaci, sì rapide, sì ardenti! Tutto inallora rimane impresso nel cuore e nella mente; il passato è ognora presente, e l'avvenire attrae verso cose sublimi (I).
(i) Questa facoltà per cui l'anima conserva la rimembranza delle idee e deJls
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CAPITOLO XXXVI.
SPIRITO 0 INGEGNO.
Spirilo — Tipi — Arti — Caratteri e forza dello spirito — Esercizio, studio e progresso dello spirito — Azione e progre- dimento dello spirito — Movimento degli organi — Magione e Spirito — Funzioni e varii tipi dello spirito — Qualità caratteristiche dello spirilo — Improvvisazione musicale.
Lo spirito è parte finissima, vivacissima e delicatissima dell'a- nima. Esso concepisce rapidamente, e colpisce con prontezza e con facilità i rapporti, l'analogia più o meno distanti fra gli og- getti ordinarj. — Quando lo spirilo è animato al suo più aito grado, allora opera i più energici ed i più vigorosi sforzi. Ciò che produce in questo stato, può essere considerato come il giu- sto criterium delle sue facoltà. — Lo spirito, questa attivissima facoltà dell'anima, che discerne con chiarezza, giustezza e preci- sione, combina , crea delle idee donde sorgono i pensieri vi- vidi, ingegnosi, originali e le arguzie. Omero, Dante, Milton,
cose, questo dono prezioso della natura, non può meglio essere definito che dai seguenti bei versi di Delille:
« Cependant des objets la trace passagère S'enfuirait loin de nous comme une ombre légère, Si le Ciel n'eùt créé ce dépòt précieux, Où le goùt, l'odorat et l'oreille et les yeux Viennentde ces objets déposer les images; La mémoire! A ce nom se troublent tous nos sages: Quelle maìn a creusé ces secrets réservoirs? Quel dieu range avec art tous ces nombreux tiroirs, Les vide ou les remplit, Ics referme ou les ouvre ? Les nerfs sont ses sujets, et la tète son louvre; Mais comment à ces lois, toujours obéissans, Vont-ils à son empire assujétir les sens? Comment Tentendent-ils si tòt qu'elle commande? Comment un souvenir, qu'en vain elle demande,
165 Shakspeare, Vico, Corneille, possedettero uno spirilo ardito, pro- fondo, creatore, sublime, potente; — Molière e Goldoni, uno spirito gaio, satirico, imitatore; — Pascal fu dotato di uno spi- rito elevato, vigoroso, ardito, beffardo; — Io spirito di Fénélon era melanconico, pensatore, meditabondo, poetico; — quello di Voltaire, era mobile, versatile, rapido, piccante, caustico, ambi- zioso, beffardo, originale,, svariato, novatore; si potrebbe conside- rare Voltaire come il tipo di tutti i caratteri dello spirito. — Lo spirito di Gian Giacomo Rousseau era elevato., vivace, ardente, energico , brioso ; — quello di Rabelais e di Swift era origi- nalissimo e profondamente satirico; — quello di d'Alembert era fino, perspicace, geometrico; — lo spirito di Diderot era abbon- dante, e pieno di movimento e di potenza; — Luciano, Rabe- lais, Casti, Swift, Voltaire, furono dotati dello stesso spirito filo- sofico-satirico ; — Scarron sortì dalla natura uno spirito burlesco, come Io fu pure quello del Forteguerri; — l'Ariosto possedette uno spirito vasto ed eminentemente poetico; — spirito vivacis- simo, elegantissimo e satirico fu quello del Parini; — nobile ed elevato quello di Monti; — magnifico ed energico quello di Pope; — filosofico e poetico quello di Bjron;— pieno di finezza, di gaiezza, di malizia, di satira, fu Io spirito di Le Sage, di Casti, di Salvator Rosa; — buffonesco fu Io spirito di Pigault-Lebrun; — energico e poetico quello di Camoens; — universale quello di Shakspeare. Il Ginevrino dice: « c'est l'esprit qui non seulement vivifie le corps, mais qui le renou velie en quelque sorte; c'est par la
Dans un temps plus heureux, promptement accouru, Quandje n'y songeais pas, a-t-il donc reparu? Au plus ancien dépòt quelquefois si fidelles^ Sur un dépòt récent, pourquoi me trahit-elle? Pourquoi cette mémoire, agent si merveilleux, Dépend-elle des temps, du hasard et des lieux? Par les jours, par les ans, par les moeurs affaiblie, Comment ressemble-t-elle à la ciré vieillie, Qui, fidèle au cachet qu'elle admit autrefois, Refuse une autre empreinte et resiste à mes doigts? Enfìn, dans le cerveau si l'image est tracée, Comment peut dans un corps s'imprimer la pensée? Là finit ton savoir, mortel audacieux; Va mesurer la terre, interroger les cieux, De l'immense Univers règie l'ordre suprème; Mais ne prétends jamais te connaìtre toi-mème. »
466 suceession des sentimens et des idées qu'il, anime et varie Ja phj- sionoinie; et c'est par les discours qu'il inspire, que l'altention, tenue en haleine, soulient longtems le mème inlérèt sur le mème sujet. — Par l'industrie et Ses talents le goùt se forme; par le goùt l'esprit s'ouvre insensiblement aux idées du beau dans lous les genres, et enfin aux notions morales qui s'y rapportent».
Tale è il carattere e l'espressione dello spirito, e la sua azione nell' individuo, considerata nel morale e nel fisico. L' impulso che il corpo riceve dallo spirito, è vivace, svariato e brioso.
Lo spirito è il primo motore delle arti; èia forza primiera che dà la spinta a tutte le altre. Questa forza è suscettibile di una immensa estensione, e, quando è sviluppata in una direzione con- forme alle arti per le quali ci sentiamo disposti propendere, i risul- tati ne sono sorprendenti. — Lo spirito applicato alle lettere, alle arti , orna tutto ciò che crea la mente; a tutto imprime il suo seducente colorito, e non di rado fa piacere ciò che riprova la ragione. Lo spirito è alla mente, ciò che i colori sono al disegno; ei sa tutto abbellire, ma il gustu deve essergli sempre compagno. — ■ Il falso spirito è la depravazione del buon senso, come il falso sentimento è ia depravazione dell' istinto. Disgraziatamente il falso spirito sostenuto da scaltri ed insidiosi sofismi, da una imponente eloquenza, da una veemenza communicativa, non è sempre co- nosciuto, smascherato, con prontezza e con infallibilità.
La vivacità, il brio, caratteri principali dello spirito, fanno che inclina al motteggio, alla critica, alla satira ; quindi Io spirito di Voltaire, di Casti, diS\vift,delGozzi,diParini,di Addisson,diSteeIe, di Barelli, di Ferri. L'eccessivo spirito rompe ogni freno dellaragione, quindi sofisti, sistemi erronei, menti paradossali, e cuori corrotti; e ciò si vede nella maggior parte degli scritti di uomini del resto di gran merito, come sarebbero Lamettrie, Spinosa, Hobbes, Holbach , Elvezio, Gian Giacomo, Fontenelle , Diderot ed altri. — Lo spirito piace sopratutto allo spirilo , ma fa d' uopo , perchè compiuto sia il suo trionfo, ch'esso venga alimentato dal- l'amore del vero e del buono, amore a cui si congiunge sempre quello del bello. — L'anima sola parla all' anima.
Ciò che lo spirito dell'uomo ha prodotto nello spazio di trenta secoli a questa parte, prova che la natura ha segnato limiti al nostro intelletto, e non li è permesso che di leggere poche pa- gine del grande libro della creazione ; — il rimanente è tutto mistero, nulla via è additata all' uomo onde possa penetrare nei
167 segreti delle divine leggi. — Se qualche volta lo spirito sembra oltrepassare i limiti che lo rinserrano , operando cose fuori del comune , si è perchè circostanze fortuite gli danno una forza, uno sviluppo straordinario, indipendente dal solo potere della nostra volontà. Esempi di questa nostra osservazione sono per la maggior parte le scoperte e le invenzioni. Un grande slan- cio dello spirito si fu quello che fece presentire ad Orazio., la gravitazione; sospettare a Seneca l'esistenza di un altro emisfero (l'America); indovinare a Dante le stelle polari; e presentire a Giordano Bruno quasi tutte le grandi scoperte de' suoi succes- sori (i).
Dalla forza dell' imaginazione e dalla sensibilità nasce la su- periorità dello spirito. In allora è vasto e fecondo, molto opera, e si fa capace delle più grandi cose; esso diventa il più mira- coloso prodotto della Creazione (2).
Mobilissimo è lo spirito, svariaiissimo ed assai incostante. Lo stalo in cui esso sia più atto ad agire , e con più forza e chiarezza nelle idee, invenzioni o giudizj, si è quello quando sciolto dall' influenza degli oggetti esteriori, esso non vede che con i soli occhi della ragione. È nella notte, fra le tenebre, nella veglia, che più chiaramente gli appariscono le idee, che si forma le imagini, che meglio le afferra; ma facilmente, con la luce del giorno gli sfuggono, e se gli avviene di riprodurle, ei non lo fa che imperfettamente. — Quante idee ingegnose, nuove, mirabili non sono state perdute in codesto modo, per non averle po- tute fissare alla loro apparizione. ÌNel silenzio e nella solitudine della notte, molti uomini illustri composero i loro capolavori, in quello stato la loro mente agiva con forza e con sicurezza.
Con l'esercizio lo spirito si perfeziona, acquista forza, esten- sione, elevatezza; lo stesso avviene del corpo. Le diverse gin- nastiche educano il corpo, ne perfezionano le membra ed i mo- vimenti ; — i varj studi educano Io spirito, Io fanno migliore e
(4) Allorché alcuni uomini ci recano stupore con qualche invenzione o scoperta che ha del prodigioso, si direbbe che la natura avendo assegnato limiti allo spi- rito, non permette all' uomo di oltrepassarli da sé solo, essa vuole che ciò che produciamo di più bello, di più grande, di più sublime, sia spesso opera del caso e non delle nostre proprie facoltà.
(2) S'inventono le nuove cose colla forza dell'imaginazione; si trovano le cose nascoste con la ricerca e con lo studio; — la prima azione intellettuale, denota la fecondità dello spirito, e la seconda, la penetrazione.
168 io sublimano. L'esercizio e l'azione sono i grandi educatori delie nostre facoltà intellettuali e corporali. Per essi il nostro essere viene modificato; gli atti più difficili diventano facili, si acquista pieghevolezza, vivacità, scioltezza, forza, sicurezza, ecc. Non si può esattamente apprezzare lo spirito, se non che da' vantaggi che se ne ritraggono. Questa facoltà non dà vantaggi sicuri e solidi, che quando ha limiti posti dalla ragione, poiché lo spirito che si perde nell'infinito, non può essere ricondotto ad un punto fisico, determinato; ciò che è vago è come nulla. Lo spirito ha le sue grazie, il suo bello, i suoi piaceri., i suoi successi, ma anche i suoi pericoli, il suo delirio. Lo spirito è, di sua natura, soggetto all'errore; che gli sia adunque fida compagna la ragione. La superiorità della ragione ha un grande potere. Ordinaria- mente ella impiega la via della persuasione ed i modi che più legano ed attirano affine di determinarci in favore di ciò che ci propone.
Il progredimento ed il perfezionamento dello spirito stanno nello esercizio degli studj cui gii si applicano. Quindi, progresso d' idee, della ragione, delia immaginazione, delle arti, delle scienze delie lettere, dell'incivilimento.
L'esercizio delie facoltà mentali fanno più grande P attitudine che gli organi loro hanno nello eseguire le proprie loro funzioni. Un' arte, una scienza, considerata nelP individuo che la possiede, non è che l'attitudine del suo cervello a passare da una certa filiazione d' idee. 11 cervello o la mente, dirige i movimenti delle parti del corpo che servono all'esecuzione dell'arte, o della scienza, per cui agisce la nostra attitudine. La scienza è tanto più per- fetta quanto che il cervello che la possiede, cioè che è in istalo di presentarla, può osservare in questo lavoro un ordine più conforme alla sua propria natura ed a quella delle cose eh' egli riflette, e che è più abituato, più fatto a questo esercizio. Vo- lendo dunque perfezionare la nostra mente., fa d'uopo agire so- vra gli strumenti materiali per l'intermediario de' quali la mente eseguisce le sue funzioni, e perfeziona questi strumenti per gli stessi mezzi che tutte le nostre altre facoltà, cioè a dire, pel mezzo dell'azione e dell'esercizio (1).
(4) I fisiologistifcontemporanei diranno quale è la parte degli organi encefalici, la quale è più specialmente applicata alle funzioni della nostra facoltà di cono- scere. — Avvi nel cervello degli organi per le scienze, altri per l'imaginazione,
169 Ogni eia, ogni carattere, ogni condizione, ogni professione^ porta l'impronta dello spirito che è loro proprio, il quale di rado si accorda con quello degli altri. Lo spirito si divide ell'infinito, e si estende sino alle infime classi della società. Lo spirito dei pensatori., dei dialettici, dei dottori, dei legisti, dà spesso origine a discussioni, a nuove opinioni, distinzioni., eccezioni, ed anco ad eresie, le quali diventano semi di discordie, di dissenzioni, di odii ed anche di guerre civili; — lo spirito dei filosofi vuole tutto conoscere, lutto analizzare, tulio schiarire, tulio apprezzare, lutto asserire ai loro sistemi, e dare il peso ed il valore alle pa- role ed ai pensieri; — Io spirito dei politici fa la guerra o ia pace, secondo i vantaggi che vi trova; — lo spirilo dei mi- litari è di conseguire la vittoria , e di tutto sacrificare all'onore ed alla gloria (1).
« L'esprit himrain va sur une ligne pour arriver a un point; et s'il veut saisir un. autre point, irne peut l'atteindre que par une autre ligne » (2).
BUFFON.
altri per le passioni? Il sapere, l'immaginare, il volere, sono funzioni differenti di un medesimo organo, o esiste forse un ordine particolare d'organi per ciasche- duno di questi ordini di facoltà; un ordine d'organi per le cognizioni positive, ed un organo particolare per ogni ramo di cognizioni; un ordine d'organi per le arti dell'imaginazione, ed un organo particolare per ognuna delle arti belle; ed un or- dine di organi per le affezioni morali, ed un organo particolare per ogni nostra inclinazione? —Senza affermare nulla sovra la pluralità degli organi, sembra però impossibile di negare la pluralità delle facoltà. La mente umana non agisce quando osserva e ragiona, come quando inventa delle imagini fantastiche imitando le menti del Callot , o dell'Hoffmann; ne quando essa si abbandona alle sue meditazioni come le menti di un Platone, di un Romagnosi o di un Gioia, agisce come allorché è mossa da qualche forte passione che le detta un' Aminta, od una nuova Eloisa.
(\) Lo spirito troppo ardente, troppo vivace, troppo versatile, e che in tal modo oltrepassa i limiti della ragione e dell'onesto, scompiglia la famiglia, divide gli sposi, gli amici, genera liti, imagina perfidie, intrighi, stratagemmi, scioglie società, in- troduce la discordia nella riunione, nelle accademie, nei teatri, nella letteratura, e la lucida facoltà intellettuale diventa allora una infermità della mente.
(2) Uno dei più interessanti tipi dello spirilo è quello di Gaspare Gozzi, au- tore di prima sfera: « Ingegno, fantasia, giudizio, dottrina, natura, arte, tutto è compiuto in lui tìn' alla maraviglia. Che penetrazione di spirito! che esal- tezza d'idee! che gusto squisito, e che delicatezza d'espressione! che fuoco attivis- simo ed immenso! che giudizio severo ed imperioso! che nobile bizzarria, e che stranezza giudiziosissima! Figurati, lettore, la mano o la voce maestra di qualche gran musico, il quale scappi sovente con trilli e capricci dal sentiero ordinario»
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La chiarezza è ciò che ci fa vedere facilmente ciò che ci si vuole mostrare. — L'ordine è la base della chiarezza. Ella nasce dalle distinzioni delle idee; è la schiettezza dello spirito, dei ra- ziocini, delle espressioni.
La facilità consiste nello esprimersi naturalmente e senza il minimo sforzo. EHa fa comparire come spontanea l'esecuzione.
La precisione fa dire semplicemente e soltanto ciò che si deve dire né più né meno. Ella toglie l'inutile, il soprabbondante, ogni superfluità. La precisione è la giusta ed esatta brevità nel- r espressione e nel discorso. La precisione del discorso è segno per lo più della giustezza dello spirito. La giustezza fa che non si cade nel falso. La precisione sia nelle idee chiare e semplici, senza accessori; la concisione nel modo di esprimerle in poche parole, è la via diretta dell'espressione.
La correzione consiste nell'esprimersi, nel dipingere i sentimenti con chiarezza., precisione e purezza.
L'eleganza e la grazia è ciò che rende aggradevole ogni cosa, che tutto abbellisce, che nulla trascura, che fa buona scelta delle cose, che dà varietà, che dà armonia e che in tutto altrae e piace.
L'energia forma il patetico, il grande, il sublime, il terribile, dà a tutto forza, vigore e slancio. Ella fa che lo spirito si esprima in po- chissimi detti, ma pieni di sentimento, di eloquenza e di vivacità.
Il calore è la qualità che comunica altrui il fuoco di cui uno è animato. 1 pensieri, le espressioni diventano ardenti, vivaci, veementi, trasportanti.
L' iperbole aumenta, complica, esagera ogni cosa; oltrepassa il vero, tanto in bene che in male, e passa da un eccesso all'altro; per voler giungere all'altezza del sentimento che vogliamo co-
ma con senno, e ne divenga più efficace e più maraviglioso: tale è il Gozzi. Uomo ha lodato, e con ragione, Pindaro; a causa della sua felice audacia, e perchè spazia in vastissimi giri, non perde mai di veduta il suo centro: starei per dire più felice in questo il nostro ipocondrico e bizzarrissimo Gozzi. «Leggi, ammiri, imiti, se puoi.» Questa laude però va presa in generale. Poiché se paratamente le sue produzioni ponderare vogliamo, la immensa fantasia e lo stupendo fuoco del nostro
autore il trasportali talora a pensieri falsi ed a positive stravaganze
Che gran danno adunque, che Io abilissimo Gozzi non abbia rincontrato un vero amico, il quale gli parlasse e gli facesse intendere la ragione! Ingrazia d'al- cune sciocche stramberie ed alcune puerili freddure ha macchiato le sue auree composizioni, composizioni ammirabili, e pensate ed eseguite con attica venustà.» — Vincenzo Gaudio.
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muuicare, lo spirilo troppo agitato e senza freno va al di là del vero e diventa iperbolico, come in non pochi scrittori si vede.
— V. Sottigliezza, ecc.
Pope diceva: allorché il cielo ci ha dato una grande dose di spirito j preghiamolo di accordarcene il doppio onde imparare a farne uso.
Ciò prova quanto sia facile lo abusarne. E dovere del buon senso porgli un freno e guidarlo.
« Lo spirito e la ragione , diceva Chesterfield, sono stati creati come il marito e la moglie* affine di aiutarsi mutuamente* — ep- pure* come essi* sono quasi sempre in querele.
La sottigliezza dello spirito produsse la dialettica e le specu- lazioni metafìsiche. Era il principale carattere de' Greci, i quali volentieri si dedicavano a codesta sorta di studj. Quindi i sofi- sti, i disputatori, i litiganti, gli scrittori di dialoghi. — Fra gli antichi, i più grandi dialettici erano: Socrate, Platone, Cicerone;
— fra i moderni: Bayle, Voltaire, G.G. Rousseau, Romagnosi. — Ze- none di Elea è creduto l'inventore della dialettica, che sostiene il prò ed il contro, ed inganna con sofismi. — La sottigliezza dello spi- rito, condotto dalla ragione, ricerca il chiaro, il positivo, il vero, tutto analizza, tutto scandagiia, misura, determina, fissa, risolve, decide. Essa opera, per così dire, matematicamente.
Le passioni ed i bisogni sviluppano ed accrescono la forza dello spirito; bene disse La Bruyère a questo oggetto: « Il faut ètre bien dénué d'esprit, si l'amour, la malignile, la nécessité , n'en font pas trouver. »
La tenacità dello spirito si mostra nello spirito di partito, il quale trionfa di tutte le affezioni dell'anima, come di tutti i lumi dell'intelletto. Esso fa dimenticare e conculcare la ragione, la natura, i doveri, gl'interessi. Lo spirito di partito è veemente, irrompe fra gli ostacoli, supera la forza delle più grandi passioni.
— Una opinione politica è ciò che più puote dominare un uomo, e ad essa può lutto sacrificare. — Questa opinione basata sul falso, o sull' imaginario , o avente origine dal fanatismo, è una vera sciagura.
Lo spirito si compiace nella difficoltà tanto più che la vanità ne viene lusingata, allorché giunge a sormontarle. Esso ama gli oggetti coperti di qualche mistero, certo che l'ignoranza ammira quando non li comprende. Un velo gettato con arte, centuplica il vero valore della cosa su cui è gettalo. Il volgo porta rispetto
172 a ciò che non vede; l'uomo che sa, si lusinga di raccogliere gloria di ciò che la sua perspicacia gli ha scoperto. Da ciò nacque il grande successo delle allegorie, de' simboli, degli ieroglifici, degli enimmi e di tutte le cose figurate, inerenti al carattere dell'uomo; si trova in tulli i tempi, in tutti i luoghi. L'enimma specialmente occupò i più gran personaggi dell'antichità, influì pur anco sui destini degli Slati, a misura che si sparsero i lumi delle umane cognizioni.
Una delle operazioni che più dimostrano la rapidità della mente, e che, secondo noi, non è ancora stata avvertita dai melafìsioi s è il leggere e suonare ad un tempo sul piano-forte una partitura di musica strumentale e vocale. Dopo che il professore ha osservalo in che tuono., in che battuta, in che tempo è composto il pezzo che deve suonare, quanti sono gli strumenti che l'eseguiscono 3 e quali sono le chiavi loro speciali _, incomincia a suonare. — L'occhio percorre, abbraccia tutta la facciata ; legge l'andamento degli strumenti nelle loro rispettive chiavi, trasporta in altre chiavi la maggior parte degli strumenti da fiato, ciò che raddoppia 1' operazione della mente , osserva gli altri accidenti che , per modificazione d' armonia, mette il compositore, estrae dall'assieme dei suoni dell'* orchestra il cant© principale della musica , quel canto che il compositore vuole che domini, sceglie dal detto as- sieme ciò che deve servire di ornamento al detto canto, indovina l' espressione e l'effetto generale della musica, della composizione,' e s'immedesima in chi la creò, e l'eseguisce sul piano-forte, la mano dritta eseguendo la melodia principale e quando occorre i principali ornamenti, abbellimenti, i quali sono alcuna volta gli episodj della cantilena; e la mano sinistra eseguendo il basso e le parti riempitive che contemplano l'armonia.
In totale egli eseguisce quattro o cinque parti contemporanea- mente, e spesso aggiunge il suono della sua voce se si canta un pezzo a più voci. — Questa operazione di mente e di corpo si fa con la velocità del lampo, è la scintilla elettrica che fa muo- vere mille fila per raggiungere, come il pensiero, lo scopo in- dicatole dail' uomo. — Difatti il professore di musica deve leggere le righe di una ventina di strumenti e di quattro o cin- que parti cantanti. — Quanti segni di note , di pause , di ac- cidenti , aggiungendovi pure le doppie note che risultano dalla trasposizione delle chiavi, quanti altri segni convenzionali devono riflettere all'occhio, colpire la mente, imprimersi nella memoria,
173 muovere la volontà, il corpo, giungere alle mani, e cadere dalle dita sul piano-forte ! — E tutto questo simultaneamente ed in una sola occhiata ! — ( Osservazioni fatte nel vedere suo- nare una partitura o spartito da mio padre , ed anche in età avanzata).
Mio padre aveva 15 anni allorché ebbe l'onore di essere am- messo al grande concorso di contrappunto e di suono d'organo, che si faceva tutti gli anni nel celebre Conservatorio di Santa Maria di Loreto in Napoli, Conservatorio a cui egli apparteneva.
— In quel rinomato concorso, ove presiedevano i primi profes- sori., compositori e dilettanti di quella capitale , dovevano mo- strarsi lutti quelli che si credevano capaci di corrispondere alle esigenze del regolamento su cui era stabilito. Era d'uopo dar prova di grande studio, di profonda cognizione del contrappunto, del- l'armonia., di maestria nel trattare l'organo e di disposizione al- l'improvvisare. — Questo concorso era una solennità musicale che infiammava la mente, e faceva palpitare di desiderio, di timore, di speranza tutti quelli che erano nati per distinguersi nella bel- l'arte della musica. Tulle le classi più distinte e più colle di Napoli vi accorrevano onde assistere ad uno spettacolo sì interes- sante. Fra gli alunni destinati a concorrere, il giovinetto F. À. de Blasis, non era l'ultimo. — Si avvicicò il giorno tanto desi- derato. I giudici presero posto e grandissimo era il numero degli auditori. Fenaroli, maestro in capo del Conservatorio, con accanto uno de' suoi prediletti scolari, Cimarosa , ed il principe d'Ardore, contrappuntista e suonatore d' organo , occupavano il primo seggio in quell' areopago musicale. La schiera degli altri maestri che onoravano la scuola napolitana gli facevano corona.
— Non pochi allievi si distinsero nel concorso e ne furono pre- miati chi per scienza di contrappunto, chi per essere valente suo- natore d'organo, e chi per improvvisare sullo stesso strumento sovra temi dati dagli astanti. — Scese nell' arringo musicale, quasi ultimo, il più giovane di cotesti atleti, il de Blasis.
Ei si presentò innanzi ai suoi giudici con modestia, ma nello slesso tempo si scorgeva in lui., il giovane sicuro del fatto suo. — ■ Al suo apparire la sua giovinezza colpì , eccitò stupore e qualche sor- riso; — si dubitava, si temeva per lui. — Egli rispose con fran- chezza a tutte le interrogazioni che gli furono fatte dai più dotti maestri, a tutte le difficoltà, a tutti i dubbj che gli esponevano sulla teoria, sulla pratica, e ne uscì trionfante. — Quindi fu in-
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vitato a provare colla pratica dell'organo le teorie della sua scienza. Ottenne pieno successo. — Un vecchio maestro, dopo di avere scritto sur un pezzettino di carta un tema di fuga , glielo pre- sentò, perchè lo trattasse secondo il suo estro. Il giovinetto l'ac- cettò. Prima lo fece udire come l'aveva scritto 1' autore , quindi Io trattò a suo modo , sviluppandolo , variandolo in tal guisa che contentò i critici più sottili. — Appena egli ebbe terminato, un altro professore gli si avvicinò, porgendogli un altro tema di fuga, ma in minore, essendo il primo in modo maggiore, ed in altro tempo. Subito che il Blasis l'ebbe scorso coll'occhio, lo suonò e lo condusse in modo assai diverso dal primo, e maggior- mente sorprese l'uditorio. — Un terzo ed un quarto maestro posero sul suo leggio altri due temi fugati in diversi tuoni e di metri difficilissimi, come per sfidare l'ingegno e le dita del giovi- netto. Egli se ne avvide e sorrise. — Dopo un istante di rifles- sione, istante in cui la sua mente gli dipinse rapidissimamente il grande quadro che voleva tratteggiare, con piglio che dimo- strava una forza d'ingegno al disopra dell'età sua, svolse il pri- mo tema j e dopo il secondo, quindi il terzo, ed ultimo il quarto, e sempre trattandoli diversamente da quel che aveva fatto; — in se- guito li trattò alternativamente, ed intrecciandoli, e spesso si avrebbe detto che li conduceva a paro, tant'era la velocità delle sue dita e l'ingegno con cui legava un tema all'altro. Qui scoppiò l'uni- versale applauso. La vasta sala echeggiò di battimani e di escla- mazioni di stupore e d'ammirazione. — Si credette terminata l'im- provvisazione del Blasis., ed ognuno si preparava ad uscire dalla sala, ma un suo preludio richiamò l'attenzione del pubblico^ ed egli fece udire un motivo che si vide essere un finale. Questo motivo era anche fugato ed improvvisato, e di quando in quando si udiva a guisa di reminiscenza i temi che si erano dati al gio- vine compositore.
11 suo motivo dominava quantunque si frammischiasse agli al- tri e s'intrecciasse colle loro me'odie, e però tutto era condotto con ragione e chiarezza. Se afferrava un motivo altrui e lo con- giungeva al suo, ciò era fatto con buon gusto; se gettava una sua idea fra quelle degli altri non evitava l'armonia, né distrug- geva l'unità che si era prefisso in questo componimento. — In- somma tutto ciò trattò con scienza e con pensiero sublime. Il trasporto degli astanti giunse al colmo. Difatti ciò che si udì aveva alquanto del prodigioso. — Il giovine Blasis, il viso infiammato.
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la fronte grondante sudore, gli occhi scintillanti, si gettò fra le braccia del suo carissimo maestro FenaroSi, in segno di gratitu- dine e di affetto, e ricevette un abbraccio del suo condiscepolo Cimarosa. Gli altri maestri mollo pure si congratularono col giovane alunno, in cui il talento avanzava gli anni. — « Quel giorno, diceva mio padre, fu uno dei più deliziosi della mia vita, e giammai si cancellerà dal mio cuore » — (1).
In un' improvvisazione e componimento musicale di questa fatta , si vede quanto sia grande 1' attività della mente del maestro. Quanta rapidità nel concepire le idee, nel formarle, nel ragionarle, nel legarle, nello stabilire, neirimprimerle nella mente, nel piano che si fa d'un assieme di esse, nel muoverle, nell'aggirarle in mille modi diversi, e senza mai distruggere l'idea principale che serve loro di perno, che la dirige, che la domina, e che sem- pre conserva l'unità della composizione, unità dettata dalla sana logica che alberga negli intelletti matematici, e che è base e di- rige le più belle, le più utili operazioni dell'uomo.
À mio credere, le due operazioni musicali delle quali ho in- trattenuto i miei lettori, sono fra le maravigliose dell'umano in- telletto., e devono colpire il dotto pensatore ed essere temi di Miidii metafisici.
CAPITOLO XXX VII.
IMAGINAZIONE 0 FANTASIA — ILLUSIONE.
L'imaginazione è la fecondatrice de' pensieri; ella osserva con la più scrupolosa attenzione, imita, aggiunge, abbellisce, ingran- disce. La sua azione è di ritrarre ciò che l'occhio ha visto, e di emulare i suoi modelli; il suo operare si vede in eminente grado nei poemi di Ovidio, dell'Ariosto, nelle dipinture dei Sanzio., e del suo degno allievo Giulio Romano, altro grande pittore poeta, nonché nel prodigioso Michelangelo. — Ogni composizione dell'ima-
(1) Virginia, sua figlia e sua allieva nell'arte del canto, nella declamazione, nel suono del piano-forte, enei contrappunto, si distinse anche nell'improvvisazione musicale, e questo contribuì alla fama che acquistossi come attrice-cantante.
176 ^inazione deve essere un quadro, una pittura animala ; allora r opera dell' imaginazione attrae l' attenzione e rapisce Y in- telletto. — D' imagini si compone il lavoro della mente , ma d* imagini piene di vita , di sentimento. La sorgente di queste imagini, di questi sentimenti, dalla natura fu riposta nel nostro interno dandoci dei sensi; e perciò si vede la grandissima in- fluenza ch'essi esercitano sovra l'imaginazione, e sovra le arti fi- glie dell'imaginazione. — L'imaginazione forma il piano di un'o- pera, ne fa il disegno, ed il sentimento, gli communica l'espres- sione e le dà il colorito; in tal modo riesce interessante e bello il risultato dell' azione della imaginazione. — Questa seconda e versatile facoltà dell'anima., è la madre delle imagini, degli orna- menti, delle modificazioni ingegnose., degli episodj ; presenta ai poeti, agli artisti le più vaghe finzioni, Se piacevoli allusioni, le espressive allegorie. — Ciò che più caratterizza la natura dell1 i- maginazione., è di avere detto che la mitologia è il capolavoro de IT imaginazione.
Dall'imaginazione, dall'entusiasmo, dal genio, nasce la grande, la forte , la sublime poesia. Neil' imaginazione sta la nostra vita intellettuale; dessa è la sorgente di piaceri e di dolori ; e ne è la custoditrice; ad essa dobbiamo i trasporti e le incantevoli illu- sioni delle passioni. L'imaginazione sempre in armonia co' sensi., col cuore, li delizia colle sue chimere e li strazia (1). L' impero suo si estende pure sul tempo: sa richiamare alla memoria i pia- ceri passati, e fa godere anticipatamente di tutti quelli che l'av- venire promette. L'anima., riposta nell'imaginazione, rallenta il suo molo, si raffredda, allorché gl'incanti della imaginazione scompa- gno come la magica dimora deU'aHeltatrice Armida.
Da ardente e forte imaginazione nasce l'illusione ed allora d'illu- sioni vive l'uomo., e non è felice che per esse. L'illusione si nutre
(i) « Sempre è maggiore del vero
L'idea di una sventura Al credulo pensiero - Dipinta dal Umor.
Chi stolto il mal figura Affretta il proprio affanno, Ed assicura un danno Quando è dubbioso ancor. »
Metastasio.
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di prestigio, d'entusiasmo, e spesso giunge al delirio. L'illusione è, se così è permesso esprimersi, spesso la regina del mondo; spesso forma il destino dell'uomo. Ella dà un prezzo infinito alle cose più frivole^ fa sembrar belio ciò che è brutto, ingigantisce ciò che è pic- ciolo; — e viceversa. — La corona che cinge il capo del mo- narca, gli allori che circondano la fronte dei vincitori, le grandi passioni, le arti, gli stessi mirti dell'amore, perdono, senza illu- sione, del loro valore. — L'illusione persuade l'uomo mediocre eh' egli è grande e polente ; la donna che ha già oltrapassata l'età della gioventù che è ancora una sirena 3 e copre con velo lusinghiero il suo veritiero specchio. L'illusione avvolge tutta la natura di una lucente rete, vi sparge i più bei colori dell' iride, infine la copre di una veste propizia che nasconde tolto ciò che è difettoso, o che può recare dispiacere. L'illusione ingombrale giovani menti di sue ingannatrici nubi; la sola vecchiaja rispinge i suoi artificiosi beneficj ; ma V illusione se ne consola nello in- gannare quelli che con sue malie fa felici. — Il grande benefi- cio che l'umanità riceve dall' illusione j è la figlia di questa , la speranza, forte e consolante appoggio e compagna dell'uomo, sino all'ora estrema che lo conduce alla tomba.
L'illusione è un errore della vista o della mente., che vede le cose diversamente di ciò che sono in realtà. I nostri ardenti e smoderati desideri! producono mille illusioni. L'uomo facilmente crede ciò che brama. Egli in allora vede tutto in bello , ma senza ragione, quindi le chimere, i fantasimi, le visioni , ecc. — L'illusione è una aggradevole aberrazione della mente. Chi scrisse l'incantevole libro delle Mille e una notte "3 il fece certamente nella magnifica e splendida reggia dell'illusione (1).
{{) « L'alata Fantasia, vaga donzella
Scherzosamente adorna: il crin disciulto Ondeggia sopra il petto, e sulle spalle; Azzurro manto le vezzose membra Copre, che fluttuando, ora Io snello Fianco disvela, ora l'ansante petto, E nelle pieghe mobili ogn'istante Nuovi color dispiega, come suole Cangiarsi in faccia al sol della colomba Il collo, del pavon l'occhiuta coda. L'instabile, inquieto, ed agii piede Non si ferma, irà momento, or quinci, or quindi
2*
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I generi della poesia ponno raffigurare i varii caratteri della Mlezza., della magnificenza e della forza dell'imaginazione, in uno «eoll'azione sua progressiva.
(Scala dei gradù)
Senza legge, e misura ei si raggira Robuste infaticabili veloci
, 479 Ne* seguenti scrittori si può approssimativamente calcolare i varii gradi della forza progressiva deirimaginazione poetica.
( Scala dei gradi, )
Ali, che il fulminante augel di Giove Vincon nel volo, a lei copron il tergo: Nelle vermiglie gote, e ne' vivaci Occhi focosi, che con spessi giri Muovono rapidissimi, traspare il bel capriccio e la gentil follia. Stringe la destra sua magica verga, Al cui poter, quando la scote, oh quali Potenti, oh quante nuove, e inaspettate Sorgon sembianze! or fralle nude arene Della Siberia, e le deserte rupi D'eterno gel coperte, al di lei cenno Spunta vago giardino, ove scotendo Aura gentile le straniere penne, D'insoliti colori il verde smalto Dipinge, e intanto l'infeconda pioggia Le nuove frondi verdeggiare ammira, E le poma non sue. Or ti trasporta Di Teneriffa sull'eccelsa cima, E già sotto i tuoi piedi errar le nubi Miri, i lampi strisciar, scoppiare il tuono: Or d'Atene, or di Roma il popol folto Ti vedi innanzi, e fulminar da' rostri Tullio, e a suo senno trar del mobil volgo Il pieghevole cor, l'animo incerto. »
Pignotti.
180
1. Properzio. |
-I. Pari ni. |
4. Parny. |
2. Tibullo. |
2. Casti. |
2. Quinault. |
3. Giovenale. |
3. Goldoni. |
3. La Fontaine. |
4. Plauto. |
4. Metastasio. |
4. Pxegnard. |
5. Orazio. |
5. Berni. |
!>. Racine. |
6. Lucrezio. |
6. Tasso. |
6. Voltaire. |
7. Ovidio. |
7. Ariosto. |
7. Molière. |
8. Virgilio. |
8. Dante. |
8. Corneille. |
i. Drydn. |
i. Wieland. |
i. Lopez de Vega |
2. Pope |
2. Goethe. |
2. Camoens. |
3. Byrori |
3. Schiller. |
3. Cervantes. |
4. Milton. |
4. Klopstock. |
4. Calderon. |
5. Shakspearc. |
È nella composizione del ditirambo , che il genio fa pompa di tutta la sua forza e di tutto il suo movimento ; egli cambia l'en- tusiasmo in ebbrezza., s'ingrandisce., si slancia per ogni dove, si abbandona ad una specie di deSirio, ma senza traviarsi, senza sfor- marsi j senza tradire la ragione; fede divina è i' estro poetico mosso dal baccante ditirambo; tale è il genio mosso d'apollineo furore.
L'immaginazione ha un fuoco che anima., che fascina, che se- duce, che rapisce, anco spesso volle, a spese del nostro amor proprio. Ad essa appartiene lo inventare a delrimenlo , ma sta alla ragione a giudicare , a sanzionare. Non di rado l'immagina- zione si abbandona a sbalzi, si travia, in un modo da degradarsi in alterando la natura , e che tri vece del piacere , ispirano il disgusto. Fa d' uopo in ciò che inventa , riconoscere l' impronta di un modello, ma ove vi sia verità. Montaigne, con ragione disse che, l'imagination est la folle da logis.
181
CAPITOLO XXXVIII.
IL GENIO.
Ispirazione ed emulazione — Genio e talento — > Genio e spirito — Sublime — Gusto — Arte — Fama , riputazione — Gloria — Immortalità — Entusiasmo,
I! genio è iì concepimento inslantaneo e sopratutto rapido di ciò che si presenta a noi, e possiede con sé la forza ed i mezzi onde operare ciò . che vuole. Il pensiero che nasce da cotesto straordinario concepimento è durevole e grande. L'azione del genio sembra soprannaturale, esso tenta sempre, per così' dire, di avvicinarsi alla sua nobile origine.
« Per divino sentiero arde e fiammeggia, Né le cure mortali
Ponno il lume adombrar, eh' è a lui d'intorno, Erto il dcsir su l'ali Cerca sol fra le stelle aver soggiorno».
A. Guidi.
Questa divina facoltà fu posseduta al più alto grado da Mosè, da Omero, da Giobbe, da Eschilo, da Demostene, da Dante, da Shakspea- re, da Francesco Bacone, da Newton, dall'Ariosto, da Ovidio, da Cor- neille, da Milton, da Pascal, da Bossuet, da Galileo, da Giordano Bruno, da Macchiavelli, da Raffaello, da Michelangelo, da Leonardo da Vinci, da Volta, da Mozart, da Rossini, li genio de' grandi poeti è dell' istessa tempra di quello de' profeti, come V hanno creduto i Latini al- lorché hanno confuso il nome di poeta con quello d' indovino , vates. Solenne, mirabile,, sovrumana è l'azione del genio; egli sco- pre, inventa, presagisce, quasi indovina.
Si chiamano idee di genio , quelle che ne creano delle |altre, ciò che evidentemente si vede nelle meravigliose opere de' sommi che abbiamo citati e ne' loro seguaci o imitatori. — Plinio con- sidera Omero come la. sorgente del genio, fontem ingeniorum j
182 è infatti la primitiva sorgente di tutte le grandi e le belle cogni- zioni, o, come dice Macrobio., di tutte le invenzioni divine, Di- vinarum omnium inventionum origo.
Il genio consiste a non imitare che la natura nel suo grande e nel suo bello, e, lungi dal seguire le tracce altrui, esso cam- mina, vola per vie sconosciute. Il genio
« Di mille obbietti svariati e sparti Un ne componi, e d' un mille ne crei. Spirto in mille diffuso e mille parti, Tu'l creato ideal mondo ricrei, Tu raddoppi natura, e tue son l'arti, Ch'hanno i mortali d'emular gli Dei».
Angelo Mazza.
L'eccessiva sensibilità produce il genio. Esso è una facoltà crea- trice, una ispirazione, un fuoco divino; è la riunione dell'esten- sione dello spirito, della forza dell' imaginazione, dell'attività del- l'anima. Questa riunione fa la superiorità di mente e d' ingegno. Il genio afferra con facilità i rapporti più lontani fra gli og- getti , sopratutto i più grandi, è fecondo ed opra sempre felice- mente, come lo vediamo ne' capolavori del Sanzio e del poeta di Sulmona. Da tutto ciò si rileva come i genj trascendenti abbiano una certa influenza sulla generalità degli uomini e sugli eventi; nulla resiste alla loro potenza, sia nel bene come nel male. Più essi hanno forza e autorità, e più il publico dipende dalla loro volontà, da una semplice loro idea, da una sola loro parola. Essi ottengono ogni fiducia ed assumono ogni responsabilità. Questo è il colmo della gloria del genio umano.
L* emblema più sensibile del genio è 1* aquila , il re degli uccelli , il grande spaziatore dell' aria. La perspicacia della sua vista e la stupenda altezza del suo volo presentano la precisa conformità con il genio dell' uomo, scintilla de' raggi della divi- nità, e che tanto nobilita l'umana specie. Lo slancio, la forza, la potenza, l'audacia, l'estensione, la sublimità del genio dell'uomo vengono raffigurati dalla natura dell'aquila, natura, ci si permetta l'espressione, veramente eroica. E ciò vien comprovato da varj a- spetti sotto i quali è considerato questo uccello di rapina, rimarche- vole per la sua grandezza, per la forza e la potente sua struttura, qua- lità ammirabili quanto quelle che costituiscono un forte e sublime
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ingegno, come fu quello da cui nacque una Iliade, una Eneide, una Divina Commedia, una Gerusalemme, un Orlando! — L'aquila, la dominatrice del suo elemento, quella sopratutto che i naturalisti distinguono con il nome di grande aquila^ o aquila reale, è quella che particolarmente era consacrata a Giove re degli Dei, il quale sempre viene rappresentato assiso su di essa., ovvero posalo al suo fianco, e significa in tal modo, potere e superiorità. — L'a- quila fu prescelta da Romani onde simboleggiare le loro formidabili legioni ed essere il tipo dell'Impero de' Cesari, e significava coraggio e vittoria. Altre nazioni ed eroi moderni rappresentarono sulle loro bandiere e divise, l'aquila, segoo di gloria e di potere. Nobili- tava l'aquila la consecrazione degf imperatori romani, ed allora si univa ad essa la parola consecratio , come il pavone indicava quella delle auguste principesse. Nelle apoteosi, l' aquila era il più nobile simbolo di cotesle solenni cerimonie. Come è facoltà dell'aquila di potere fissare Io sguardo nella splendidissima luce del sole, così gli antichi ne fecero l'emblema dell'astrologia. — Al genio sembra concesso di giungere agli oggetti che sono al di ià della nostra sfera, di comunicare con essi, e in tal modo ope- rare cose sovrumane, come fecero gli uomini immortali da noi citati ed altri simili (1).
Si vede che i caratteri che abbiamo osservati nell' aquila, sono pure quelli del genio umano, e bene si addicono a questo la forza, la potenza dello slancio, l'altezza e la rapidità del suo volo, il vigore, l'ardire, il costante ed invincibile coraggio, 1' assoluta irremovibile volontà dell'eroico volatile sprezzatore e vincitore di ogni ostacolo. — Tutto questo si ritrova nelle opere del genio delle nazioni incivilite del mondo antico e moderno, di quel genio che inspirò le sacre poesie bibliche, che mosse il greco scarpello, che diresse il pennello de' grandi artisti italiani, e che dettò versi e prose agli uomini che illustrarono l'umano intelletto nelle varie contrade del globo.
Nulla può fermare l'impeto del genio; è una fiamma, è un
(1) L'Evangelista S. Giovanni, essendo stato quello che più degli altri Evange- listi si applicò a notare le verità Spirituali, si disse di lui che s'innalzava come un'aquila al disopra delle nubi dell'umana infermità. Perciò egire rappresen- tato con un' aquila al fianco. Il genio della pittura , incarnato nella persona di Raffaello, dipinse il divo Giovanni portato nell' aria sovra. un' aquila, di lui simbolo.
•184 torrente a cui nulla fa intoppo; ni una volontà gli comanda, fuor- ché la sua. Egli sembra sdegnare ogni modello, egli vuole creare^ e lottare con la natura; a sé stesso deve i mezzi straordinarii che pone in opera onde soddisfare il suo ardente e glorioso desiderio. Gli uomini di genio se sono obbligati ai lavoro, spesso non fanno che cose mediocri. Essi sono nati per 1' indipendenza; il loro agire è libero. La facoltà imaginativa abborre ogni legame, dessa emana dalla divinità. La sola gloria può ad essa dettare legge; ma nobile e sublime è cotesla legge. Si può assegnare un lavoro ad un uomo che non possiede che talenti acquistati con
10 studio, e farà cose buone; ma costringere il genio ad operare ciò che non brama, è volerlo far tacere. — Si poteva ordinare una satira a Boileau., ma l'inspirazione sola poteva ottenere un poema dall'Ariosto. — L' ispirazione unita alla emulazione pro- ducono le grandi cose; — l'emulazione accresce l'attività del ta- lento; l'ispirazione in un uomo di genio, opera prodigi; — l'e- mulazione dà la spinta a' talenti acquistati con lo studio, e serve spesso di stimolo all' indolenza deli' uomo di merito, e sprona il genio al lavoro; l'ispirazione è il molo del genio, è l' impulso che riceve dalla natura, e nella sua azione egli crea senza sforzo al- cuno. Nella maggior parte delie opere che si devono all'influenza dell'emulazione, si rinviene la fatica e Tarle; in quelle che sono inspirate, si osserva come nella natura, una semplicità, una fa- cilità., una spontaneità, un' armonia., un soave abbandono, una varietà, che incantano in un modo indicibile.
Il talento è quella facoltà dell'anima, <*he fa che l'uomo abbia attitudine a fare tale o tal'altra cosa, ed a riuscirvi. Questo dono di natura è essenzialissimo in chi si destina alle scienze od alle arti.
11 talento ha molta analogia con il genio, ma è meno ardente e meno sublime. Il genio è più interno; — il talento è più esterno. Si ha il genio delia poesia, si ha il talento di scrivere. Il genio è naturale, ma si sviluppa, si rinvigorisce con l'età e con lo stu- dio; — ii talento progredisce istessamente, ma deve la sua mag- gior forza ed elevatezza, all'acquisto che ne fa. col mezzo dello studio, senzachè non potrebbe ottenerle di sua propria natura. — Il genio si applica alle scienze, alle arti sublimi, alle grandi cose, come si vede in Socrate, in Piatone, in Aristotile, in Dante, in Galileo., in Macchia velli, in Newton, in Leibnitz; — in Omero, in Fidia, in Michelangelo . in Raffaello, in Gorneille, in Molière, in Klopslock; — in Alessandro, in Cesare, in Napoleone.
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Lo spirito svolazza sovra lutti i soggetti, ed in Voltaire si rin- viene in tuttala sua forza, estensione ed eccellenza; — il genio, come quello dell' Allighieri, penetra da per tutto e tutto appro- fondisce. Lo spirito abbellisce gli oggetti di cui si occupa, e li porge sotto un aspetto piacevole e brillante; il genio perfeziona, magnifica, sublima ogni cosa, e a tutto imprime un carattere di novità. — Codesti due modi di operare, mi sembrano evidentissimi nel meraviglioso poema dell' Orlando, in cui si vede l'azione del genio e dello spirilo. — Il genio inventa, crea ; lo spirilo com- para. Prova maggiore non se ne ha dell' Orlando Innamorato del Bojardo, rifatto dal Berni. — Il Bojardo, col genio inventò, ed il Berni, collo spirito, rifece ed abbellì. Ove il Berni inventò, si mostrò anch' esso uomo di genio.
Ma queste forze spirituali dell'uomo non sono sempre accom- pagnale dalla ragione, e non di rado si è osservato che un uomo di un genio superiore ha pregiudicato al suo intelletto con fu- nesti errori, ed al suo cuore con passioni violenti e terribili, ciò che prova quanto variano le facoltà dell'anima, e quanto operano diversamente.
Da un' anima ardente, grande, sublime, forte, nasce il genio, facoltà che muove, che rapisce, che incanta; nel profondo di un' anima sensibilissima è riposta la sua sorgente, e nello svilupparsi forma nobili desiderj, si propone alti godimenti, e., magnifican- dosi, sovra le ali sue di fuoco, si slancia e poggia al di là del mondo positivo, e sembra sdegnare cose terrestri e mortali. Egli s' innalza alle celesti sfere, brama cose che gli meritino l'immor- talità, solo premio eh' egli ambisce per le sue gloriose fatiche.
Quanto potente, quanto meravigliosa, quanto prodigiosa è l'in- fluenza della celeste scintilla! Dessa basta a trascinare seco un popolo intiero e dominarlo; a far nascere i più grandi avve- nimenti; a distruggere i più forti ostacoli; a tenere il filo del destino di un impero; ad illustrare una nazione o ad annien- tarla; a lottare con la natura e a domare gli elementi ; a cam- biare ogni cosa, fare il bene ed il male, a sconvolgere il mondo; e tutto questo fu mille volte l'opera del genio di un solo uomo! Nulla di più grande, di più forte, di più irresistibile dell'azione del genio; il solo nome dell'uomo che lo possiede è un incante- simo, basta per affascinare ognuno. Effetto divino! — L' inde- gnazione che ispira Omar agli uomini colli, uguaglia quella che nasce in noi a' fatti degli uomini più barbari j perché codesto
Vi
186 valido, devastatore di ogni cosa, fece incendiare la famosa biblio- teca di Alessandria, ed in un giorno distrusse venti secoli delle opere del genio umano! Da trenta e più secoli l'immenso e po- lente genio omerico impera su tutte le menti ed i cuori, ed è venerato da tutte le più dotte nazioni, a cui ognora detta lezioni in tutti i rami dell'umano sapere: le arti, le scienze, la filosofia, V industria , i mestieri , ogni sorta di professione trae profitto dagli scritti di quel divino poeta. Quale maggiore trionfo del genio?
La natura istessa impone una direzione al genio, ed assegna un carattere al talento. Ma spesso gli uomini prendono le loro affezioni acquistate per T influenza innata, la grande e spontanea spirila dell'anima; essi cedono alle circostanze contro il voto delle loro disposizioni, ed in tal modo trovansi trascinati lungi dalla strada aperta al loro destino. Nella letteratura, codesta specie di anomalia è quasi sempre determinala dall'ambizione, si riesce in un genere , poi in un altro, e sembra potere riuscire in tutti ; l' illusione inganna, e non si ascolta più né la ragione, né la cri- tica. A pochi privilegiali ingegni è concesso lo abbracciare molte cose, e di ottenere un pieno successo. Il genio., come tutte le potenze morali, come tutte le forze fisiche, si affievolisce esaltan- dosi troppo.
L'homme de genie, dice Federico il Grande , est celui dont l'ame forte et l'esprit étendUj profond et d'un caractère originai 3
ne sont jamais frappés quils n'éveillent un sentiment Le
genie est une lumière et un feti d'esprit qui conduit à la per-
fection par des moyens faciles Que ne doit-on pas aux gens
que la nature a doués d'un grand génieì C'est aux princes
à récompenser leurs travaux.
Il sublime. Ciò che è sublime facilmente si fa sentire ad ogni uomo ben costituito e lo colpisce con forza; subito lo si conosce. La natura lo crea producendo ciò che è grande e la cui eccel- lenza non è comune. Non vi si arriva con la propria volontà , con le proprie forze ; la divina scintilla sola sembra ispirarlo , ma questo prezioso dono non è dato che ad un picciol numero d'uomini eletti.— Il sublime rapisce, innalza., infiamma un'anima sensibile.
« Qu'au fameux chanlre de la Grece, Les aristarajues du Permesse
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Reprochcnt un iéger sommoil ; Sa Muse, en merveilles feconde, Franchissant les remparts du monde, Est dans l'Olympe, à son réveil ».
Balze, Ode sur le sublime poètique.
Ove maggiormente rifulge i! sublime, si è nella Bibbia, in Mosè, in Giobbe, negli Orientali, in Omero., in Sofocle, in Eschilo, in Pindaro, in Virgilio, in Dante., nel Tasso, in Shakspeare, in Milton, in Ossian, in Corneille, in Bossuet, in Pascal, in Klop- stock, nel Camoens, in Alfieri, in Monti, in Fidia, nel Laocoonte, nell'Apollo di Belvedere , in Raffaello, nel Correggio, in Giulio Romano, in Michelangelo, in Canova, in Bramante,, in Palestrina, in Marcello, in Pergolato, ecc. (1).
11 Gusto è uno de' cinque sensi. — fi gusto preso per il sen- timento del vero e del bello, può etlwve considerato come un sesto senso, un senso intellettuale., od il senso della ragione.
II gusto è una specie d'istinto che ci scopre sul fatto e senza il soccorso della riflessione il buono e il bello dell'opere di pia- cere. Di niill'altro giudica il medesimo fuori delle cose sensibili; e questo è il particolare in cui differisce dal giudizio, che si estende sopra tutto , ma le cui decisioni non sono quelle del gusto. Il gusto è il discernimento, V inclinazione al bello, è il sentimento squisito delle cose belle e dei difetti. Nasce il gusto da una felice disposizione degli organi, e si va perfezionando con la lettura di buoni libri, colla cognizione di tutto ciò che è bello, collo studio e l'esercizio, il gusto è un felice dono della natura, che l'uomo perfeziona. Egli ravvisa con un' occhiata i difetti e le bellezze di un'opera; le paragona, le slima € le giudica; ma questo esame e questo giudizio sono così fini e pronti, che sembrano piuttosto 1' effetto del sentimento., che dell' esame. — Il gusto dipende da due cose: da un delicatissimo sentimento del cuore, — e da una grande giustezza nella mente; — egli non
(t) Altrove, negli Studi sulle Arti imitatrici (la poesia, la pittura, la scultura, la musica, il ballo, la mimica) ho parlalo distesamente della grazia e delle gra- zie, del bello, del grande, del sublime, del terribile, del patetico, della imitazione» dell'estetica, del bello ideale e de' varj suoi tipi, dell'espressione poetica e filoso- fica presso sii antichi, ecc., e sulla analogia che domina fra le Belle Arti.
188 giudica che delle cose sensibili e piacevoli, e ciò lo distingue dai giudizio le cui decisioni senza essere spesso giuste quanto quelle del gusto, si estendono però sopra ogni cosa.
Il gusto in alcune persone tien luogo de'la ragione. Il gusto essendo di una grande estensione, fa vedere in un modo pronto e vivace, particolarmente tutto ciò che ha relazione con le cose piacevoli e delicate.
Impressioni. — Lo stesso oggetto non produce le istesse im- pressioni sovra gli uomini, perchè ogni uomo dipende dalla di- sposizione de* suoi organi, e dalla forza della sua imaginazione, dimodoché i nostri sentimenti spesse volte cangiano senza che nulla vi sia di cambiato nell'oggetto. Uno riceverà più forte im- pressione dall' aspetto della chiesa di S. Pietro che un altro., e però amendue la troveranno una cosa prodigiosa. — Uno sarà più scosso ad un dipinto della scuola fiamminga, che a quello della scuola romana. — Ad uno piacerà più il Ricciardetto, che l'Iliade; — un altro preferirà una statua ad un quadro. — Tutto questo nasce dalla nostra conformazione, dalla nostra educazione, dalle nostre cognizioni, e dal nostro gusto. — Moltissimi sono i gradi della nostra sensibilità, e moltissimi sono i gradi della forza delle impressioni.
L'arte offre i mezzi di completare, di perfezionare, di abbel- lire ogni cosa. Ella è un abito da eseguirsi per mezzo delle fa- coltà intellettuali, o corporali, ciò che senza nostro studio per solo benefizio della natura non poteva ottenersi. Menzini, nella sua Arie poetica, dice dell'arte:
« Sappi, che la natura ella sovrasta Qual nobile regina; e l'arte aggiunge Un tal contegno, che beltà non guasta.
Anzi l' accresce e '1 suo valor congiunge All'alma generosa, e rappresenta A lui vicin ciò che saria da lunge. »
Immortalità. — Diderot parlando dell'amore dell' immortalità, dice che l'immortalità è una specie di vita che noi acquistiamo nella memoria degli uomini. Questo sentimento che alcuna volta ci conduce alle più grandi azioni, è il segno maggiore del prezzo che noi diamo alla stima de' nostri simili. In noi medesimi udiamo l'elogio ch'essi faranno un giorno di noi, e noi ci sacrifichiamo.
189 Noi sacrifichiamo la nostra vita, noi cessiamo di esistere realmente, onde vivere nella loro memoria. Se l'immortalila, considerata sotto questo aspetto, è una chimera, questa è la chimera delie anime grandi.
La gloria è la riputazione congiunta alla stima; ella è al colmo allorché vi si unisce 1' ammirazione. Sempre essa suppone cose risplendenti in azioni, in virtù, in talenti, ed ognora grandi dif- ficoltà sormontale. Mollo all'opinione tiene la gloria, e come l'o- pinione, ella è vera o falsa. L'amore della gloria nasce negli uo- mini coi talenti propri ad acquistarli. La natura merita lode, perchè non ha ispirato tale amore ai genj mediocri; allora questo principio sì nobile diventerebbe ridicolo. — Il filosofo di Fernej, nella sua tragedia di Catilina, dipinge la passione detta gloria che animava Cicerone, nei seguenti versi che gli fa dire spiegando il suo carattere:
« llomains, faime la gioire, et ne veux point m'en taire; Des travaux des humains c'est le cligne salaire. Sènat, en vous servant il la faut acheter; Qui ri ose la voiiloir, n'ose la meri ter. »
Fama, riputazione. — La fama è una splendida slima che 1' uomo ha acquistata nella opinione degli altri. La fama è uno dei più potenti motivi che possano eccitare gli uomini a sorpassarsi gli uni cogli altri nelle arti e nelle scienze che coltivano.
La natura sembra avere scolpito questo principio nel cuore , come una molla capace di porre in movimento le sue facoltà nascoste, il quale sempre si spiega con forza nelle anime vera- mente generose. — Non è già il motivo delle azioni degli uomini quello che stabilisce la di loro riputazione, ma il successo è quello che di esse decide. — 11 successo e la riputazione sono cose dif- ferenti ; una grande riputazione non è quasi mai accompagnata dalla felicità. Per la felicità fa d'uopo rimanere nelle vie comuni; per la gloria , fa d' uopo uscirne; ma le anime grandi , mai esi- tarono in questa alternativa. — La riputazione consiste nella idea od opinione che gli altri hanno di noi. — Più si è cono- sciuto, e più si ha riputazione. Le grandi virtù, i grandi talenti e i grandi delitti formano le grandi riputazioni. — Comunemente s' intende per uomo che ha riputazione, quegli che colla sua virtù o suoi talenti si è acquistato celebrità.
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L'entusiasmo è il trasporto di un'imaginazione riscaldata. Esso è l'effetto di una violenta fermentazione che fassi nel sangue , che riscalda l'imaginazione, a cui fa creare de' pensieri e de'sen limenli, che portano un carattere di grandezza e di vivacità; ed è come una specie di febbre accesa dalle passioni. L'entusiasmo è quello che fa gli oratori, i poeti, gli artisti, i grandi uomini. — Ma il medesimo ancora suole trascinare l'uomo al fanatismo. Entusiasmo è parola greca che significa emozione di visceri, agi- tazione interna. Le scosse che si prova nella nervatura, la dila- tazione e lo stringimento degl' intestini, le violenti contrazioni de! cuore, il precipitoso corso degli spiriti focosi che salgono dalle viscere al cervello, allorché si è vivamente commossi, for- mano 1' entusiasmo , — s\ energicamente e sì sublimemente di- pinto dall' autore dell' Eneide quando ci presenta la Sibilla., la sacerdotessa di Apollo, ispirata dal suo Dio. — Questo è il vero furore poetico.
CAPITOLO XXXIX.
ERRORI — TRAVIAMENTI — ESALTAZIONE ED ILLUSIONE DELLA MENTE.
Fu sempre animatissimo il desiderio di investigare il futuro 3 es- sendo in ragione inversa del sapere; ed anticamente conoscendosi essere un buon mestiere, fu privativa degli Dei il fare l'Astrologo ; si formarono per ciò degli stabilimenti, nei quali col promettere prosperità future ad altrui, si gozzovigliava allegramente. Questi chiamavansi Oracoli, e avendosene per essi una buona rendita., tutti gli dei di qualche grido ne vollero uno o più attivati per proprio conto. I più famosi Oracoli dell'antichità pagana, furono :
L'oracolo d'Apollo in Delfo e a Ciaro.
L'oracolo di Giove a Dodona e ad Ammone.
L'oracolo di- Minerva a Micene.
L'oracolo di Diana nella Colchide.
L'oracolo di Pane in Arcadia.
L'oracolo di Esculapio ad Epidauro, a Roma.
L'oracolo d' Ercole in Atene e a Cadice.
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l/oracolo di Serapide ad Alessandria.
L'oracolo di Trofonio nella Beozia.
L'oracolo della Sibilla a Guma. (V. Le altre Sibille.)
Ogni oracolo aveva un metodo lutto proprio di profetizzare, e solo combinavano nell'essere enigmatici ed alquanto oscuri, e cer- tamente ne avranno avute delie buonissime ragioni. Lo stesso &i può dire degli augurj.
L' impostura ha vari gradi. Il primo è la falsità, l'ultimo è l'impudenza; — giungendovi l'abitudine, ed alcune circostanze, si avrà un uomo influentissimo, ed uno scellerato di primo ordine. II commercio della vita ci accusa di questa verità , e la storia ci mostra, non di rado, che uomini di questa tempra divennero i favoriti dei grandi, e gli amanti di non poche donne.
La prima scienza de' maestri, de'legislatori, de' dominatori delle popolazioni, fu chiamata Magia, Cabala, ed in queste arti di atti- rare gli uomini a sé, d'illuminarli, di governarli, famosi si re- sero: Cam, Zoroastro , Mosè, Salomone, Numa Pompilio, Apol- lonio Tianeo , uomo di un sapere universale, ed altri ingegni influenti e potenti; da loro trassero origine gli Oracoli sì famosi in tutta l'antichità. Ebbero successori, i quali come essi influirono sopra T uomo ammaliandolo per così dire ed istruendolo. — Fra* moderni, codeste scienze misteriose, occulte si propagarono , e progredirono mercè lo studio e le ricerche del Rabbino Amati, di Tartone, del Gicrondese, di Simon mago, di Pico della Mirandola, del Salernitano, di Giulio Camillo, di Raimondo Lullo, di Paracel- so., di Arnoldo, di Viileneuve, di Cardano, di Porta., e di altri esal- tati ingegni. Essi si occupavano di fisica, di chimica, di alchi- urica, di astrologia, di cabale _, di ermetismo., di scienze occulte, come sarebbero: il magnetismo, il sonnambulismo, l'arte di pro- fetizzare, dei misteri della seconda vista, deìle visioni, dell'avvenire, dello spiritualismo, del misticismo., ecc. Codesti uomini mostra- rono, nell'esercizio di queste scienze, talento, ingegno versatile, alcuni buoni addottrinamenti, abbeochè spesso si perdessero in inutili speculazioni, in false teorie, in iscoperte imaginarie ed in vani sogni nella fabricazione della Pietra filoso falél — Però questi dotti e deliranti uomini, furono, fa duopo dirlo., i precursori delle scienze positive. Neil' alchimia e nelle scienze occulte, sopratutto si re- sero celebri : Alfidio , Avicenna, Ortulano, Rosino, ftlorieno, Sil- ^ilide, Cristoforo di Parigi ; — Raimondo Lullo, Pietro d'Abano, Alberto, Arnaldo, Alfonso X, Pietro da Toledo, Nicola Flainjh
192 Neiraslrologia, furono in grande rinomanza: Albategni, Alfragani, Isaac, Alpetraghi, Tebilh, Alzarcheli, Ipparchi, Bemodan, Tolomei, ecc. Pietro il Buono., autore della famosa opera: La Margarita preziosa, pubblicata nel 1330, Borri, e cento altri ancora caba- listi e sedicenti mezzi maghi ammirati e creduti dalla generalità. — Gian-Francesco Borri o Bnrrus, in oltre di essere un inge- gnoso impostore, ebbe l'ambizione di volersi impadronire ù'\ Milano, facendosi credere ispiralo, e promettendo ai suoi addetti la domi- nazione universale. — Condannato al rogo dall'Inquisizione, per- venne a fuggire j e percorse V Europa. — La regina Cristina di Svezia, ed il re di Danimarca furono da lui ingannati;essi credettero alle promesse che aveva fatte di cercare per loro !a pietra filo- sofale. — Inviato al Papa dall' Imperatore, terminò i suoi giorni nelle prigioni. 1627-1695.
Cagliostro., camminando sulle traecie de' suddetti cabalisti, ma- ghij alchimisti, magnetizzatori., ecc. influì moltissimo sopra uomini ed avvenimenti della sua epoca; ei sorprese ed ammaliò tutti, tutti attirò a sé, tutto guidava e faceva agire, empi di stupore l'uni- versale e si fece ammirare! — Egli fu in Francia più che mago.
L'uomo nasce con un cerio spirito di curiosità, massime per le cose straordinarie e maravigliose, e mentre si perde talvolta die- tro a queste chimere, trascura di ammaestrarsi nelle cose di suo maggior vantaggio. A procurare un pascolo alla credulità ed all' ignoranza vi sono stati scrittori anche di credito , che hanno pubblicato nelle loro opere molli di questi madornali farfalloni , che non avran forse credulo eglino stessi , ma sol- tanto per dare alle loro storie il pregio del sorprendente e del prodigioso. Queste opere però bastarono a guastare il capo a molti curiosi, che non avendo bastante criterio per giudicarle pos- sibili o no, prestarono intera fede a questi sogni , dei quali so- stengono tuttavia la loro realtà. A far ricredere queste persone dai loro fallaci pensamenti , ecco perciò il risultato di quanto si è operato in proposito. È a tutti nota la metempsicosi del filo- sofo Pitagora, che pretendeva che le anime umane transitassero dopo la separazione del corpo in quelle degli animali , che però il Dacier ha preso l'opinione di questo saggio in un senso mo- rale, cioè che l'anima del giusto avrebbe animato dei corpi ce- lesti , e quella del reo degli esseri brutali. Platone fece credere che le anime di coloro che son vissuti male, divenissero speltri visibili dono la loro morte. L'errore comunicato dai Greci ai
Ì93 Romani, e da questi agii antichi Galli., si era che le anime di quei corpi che non erano stati solennemente sepolti col ministero dei sacerdoti della religione , erravano fuor dell' inferno senza trovar riposo sinché fossero bruciati i loro corpi, e raccolte le loro centri. — Omero fa comparir Patroclo, ucciso da Ettore , all'amico Achille per chiedere sepoltura. Poriìrio, scoliaste di Orazio , ed Isidoro pretendono che i Lemuri dei Romani sieno le ombre degli uomini morti per mezzi violenti prima del loro tempo, e cosi pure i Mani erano le anime dei buoni defunti, che s'imaginavano rimanessero a far la guardia ai successori del de- funto, e perciò chiamali i Buoni, i Lari, i Dei domestici. Le anime cattive si appellavano Larve., fantasmi notturni, spettri o Lemuri, o Remuri così delti da Romolo che s'imaginava di veder l'om- bra del fratello da lui ucciso. Apulejo, nel suo libro del Dìodi Socrate, spiegando la parola Manes, dice che l'anima dell' uomo sciolta dai legami del corpo, diviene una specie di Demone o di Genio, che gli antichi chiamavano Lemuri. Giulio Capitolino dice che l'imperatore Pertinace quattro giorni prima che venisse tru- cidato dai soldati delta sua guardia, vide una figura in uno sla- gno che lo minacciava colla spada alla mano, nello stesso modo che Bruto fu avvertilo da uno spettro spaventevole che lo aspet- tava in Macedonia, dove lo avrebbe avvertilo qualche giorno prima della sua morte allorché fu sconfìtto da Marcantonio. Et- tore Beozio scrisse che quando Alessandro IH re di Scozia ma- rilossi in terzo nodo colla figlia di un contedi Dreux, celebran- do^ la notte la solennità delle nozze., finito il ballo vide entrar nella sala un'effigie di morte searnata che faceva dei salti simili al grottesco più agile di teatro.
Seguita la storia Romana a riferire che l'ombra dell'imperatore Severo apparve a Caracalla in Antiochia mentre dormiva dicen- dogli con voce minacciosa: come tu hai ucciso il fratello, così io ucciderò te. Flegoie, liberto dell' imperatore Adriano, ci racconta che Filinione, figlia unica di Demostrale e di Caritè nella Tes- saglia, che mori nubile in età fresca, dopo qualche tempo apparve nella sua stanza abitata da un certo Macate, ospite nella di lei casa, del quale s' innamorò, e godette con esso per qualche notte i piaceri della loro unione-, poscia, scoperta dai genitori, ritornò pacificamente a dormire nel sepolcro. — Il famoso Cardano spaccia che nei 13 e 14 agosto del 1491, apparvero a suo pa- dre sette demoni decentemente vestiti di seta in cappe alla Greca,
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194 calze rosse , camicie e giubbe cremesi , e poco mancò che non vi aggiungesse anche la parrucca alla gran moda. Un amante pro- mise all'amala che se moriva il primo sarebbe venuto a trovarla sotto la figura di un serpe. Morì infatti, e mantenne la parola all'amica e fu a visitarla sotto quella forma. La signora prese il serpe e lo pose io una scatola, nudrendolo senza fargli alcun male, e quando venivano dei commensali alla sua tavola , faceva tuffare quel serpe nel loro bicchiere ; a molti riuscì tanto disgustosa questa cerimonia che non andaron più a pranzo da iei. Si dice ancora che quando sta per morire alcuno della casa di Brandeburgo, si fa vedere uno spirito in forma di una statua di marmo bianco rappresentante una donna, che corre per tutti gli appartamenti del principe, e che un giorno un paggio imper- tinente avendo tentato fermarla , ricevette uno schiaffo dallo spettro che, gitlalolo a terra, lo schiacciò.
Non si terminerebbe si presto, se si volessere ricordare tutte le corbellerie spacciate anche da uomini di senno , per far bere all'ingrosso tanti creduli di testa leggiera, che reputano oracoli da non potersi rivocare in dubbio ciò che essi van dicendo. Per convincere uno di questi , ch'era un oste di professione , e che per verità non aveva lutto il torto di credere alle appa- rizioni, giacché era da qualche tempo che ogni notte sentiva uno strepito di catene in una stanza del suo albergo, talché non poteva abitarvi alcuno , venne in mente ad un coraggioso militare di portarsi a quell'osteria, domandando d'alloggiare appunto nella stanza disabitata. L' oste tentò persuaderlo di quanto accadeva ; ma siccome il soldato era stato da alcuni pienamente informato della commedia, cosi assicurò l'oste che egli si sarehbe dato l' animo di liberarlo da queir appari- zione molesta e per lui pregiudizievole. Recossi adunque nella stanza, si fece portare dei buon vino, da fumare, ed era già passala la mezzanotte che lo spirito in corpo non avea peranco turbala la pace di quella casa. Ma dopo qualche ora il militare intese uno strepilo orribile come di catene, e in un istante vide entrar nella camera un fantasma vestito a lutto, ed attornialo da pesanti catene. Non si spaventò, ma sfoderò toslo la sciabola e si avanzò per complimentare lo spirilo, scaricandogli sulla tesla un colpo molto pesante di piatto. L* ombra poco avvezza a trovare ospiti sì ardili retrocesse , e rimarcando che il soldato biava per ripetere il complimento, s'inginocchiò davanti a lui di-
eendegli : Signor militare , abbiale pietà di un povero diavolo che si getta ai vostri piedi... — Se vuoi conservar la vita, rispose il soldato, dimmi chi sei, qual è la tua intenzione, e parlami senza mentire. — Io sono ii primo garzone di quest'osteria, replicò lo spirito. Amo la figlia dell'oste alla quale non dispiaccio, ma i suoi genitori che cercano far un partito migliore del mio, hanno riget- tato la mia dimanda ; per obbligarli a prendermi per genero , siamo convenuti io e la figlia che io farei tutte le notti questo personaggio. Mi cuopro d'un lungo mantello nero, mi attacco al collo una catena da menarrosto, e correndo per tutta la casa faccio lo strepito che avete sentito. Quando sono alla porta dell'appar- tamento dell'oste e dell'osteria mi fermo e grido : « Non isperate che io vi lasci in riposo, prima che abbiate maritata Giovanna con Guglielmo vostro primo garzone. » Dopo aver pronunciate queste parole con una voce alterata, continuo il mio strepito, e così entro per una finestra nella camera, ove riposa sola la mia amante per renderle conto della mia spedizione. — Dopo che ii militare persuase l'ostiere a dar sua figlia in isposa al cameriere per tutti i buoni riguardi, il militare fece conoscere allo stesso oste, che il creduto spirito che veniva dall'altro mondo a spa- ventare i vivi, non era altri che il medesimo garzone (1). Ciò serva di regola per tutto ciò che spacciano certi Cagliostri, certi taumaturghi di varj generi, onde approfittare, per le loro mire, dell'ignoranza e credulità altrui.
Non avvi assurdità che non abbia trovato partitanti, perchè vi sono menti di ogni specie. In materia di credulità e di scioc- chezza , il volgo è sempre disposto a lasciarsi persuadere,, ad essere abbagliato , e a farsi trascinare ovunque. — Quante terribili e ridicole prove si sono avute di questa nostra as- serzione incominciando da' magi di Persia , dai gerofanti di Egitto , dalle pitonesse della Grecia , dagli auguri di Roma, dai maghi., stregoni, indovini fra gli Ebrei, gli Arabi, sino al Medio Evo, ove, in tutta Europa dominavano fattucchieri e stregoni! — Errare humanum est.
I lemuri, le fantasme, i vampiri, le streghe, e particolarmente quelle che si radunavano nel famoso bosco di Benevento (2), e
(4) Questo aneddoto degno del Boccaccio, è tolto da una Raccolta. (2) Benevento città piuttosto bella d'Italia nel regno di Napoli», almen#dopo la sua riedificazione da quando fu distrutta dal goto re Totila, allorché venne
496 di cui si è tanto parlato, i maghi, ecc., non sono che esseri inva- ginati dall'antica superstizione, o per dir anche meglio, dall'igno- ranza del volgo, giacché la buona filosofia esige a credere che le cose sopra natura non possano essere operate che da una causa suprema, e non mai dalia libera volontà dell'uomo.
La Storia generale dei Viaggi delT abbate Prévost è, per così dire, una istoria generale del globo, df gli svariati costumi, dei suoi abitanti., di ogni colore e di ogni statura, e delle leggi, come degli errori e delle follie che reggono la terra dal settentrione al mezzogiorno^ e dall'antico oriente fino ai confini dell'occidente.
CAPITOLO XL.
MORALE.
Morale — Bagione — Virtù — Bene — Male — Coscienza — Rimorso — Felicità.
Morale. I moralisti danno il nome di senso morale a quella facoltà della nostra anima che distingue indipendentemente dalla riflessione, il bene dal male; — a quel sentimento naturale, che ci spinge a praticare la virtù, a condannare ed a fuggire il vizio. L'uomo è dotato di questa facoltà, come egli ha quella di discernere il bianco e il nero; — di scorgere il vero nella geo- metria, e di sentire ch'egli vi deve conformare la sua pratica. — L'istinto e il senso morale, sono una specie d'inclinazione naturale, che ci porta ad approvare alcune cose, come buone o lodevoli, e a condannare altre , come cattive o biasimevoli , indipenden-
a devastare Roma neir anno 841». Se ne attribuisce la fondazione a Diomede , come pure di parecchie altre città ne' suoi dintorni. Una volta si nominò Maleventum , e come divenne colonia Romana cangiò nome sì infausto in quello di Beneventum. Orazio, Virgilio e Mecenate vi alloggiarono facendo viag- gio per Brìndisi, quel viaggio immortalato dalla musa latina.— Vi si vede ancora l'arco di Trajano, mole ricca di ornamenti e di bassi rilievi, ed il sito ove era l'Anfiteatro, di cui non sopravanzano che pochi muri bastanti però ad indicarlo. — Parecchie altre rovine, corrose sculture, e rotte iscrizioni veggonsi qua e là disperse.
197 temente da qualunque ragionamento. — La morale è la scienza che ci prescrive una saggia condotta, ed i mezzi di conformar- vici le nostre azioni. - Zenone ridurre soleva la morale a questi tre capi: L'uomo è nato per essere felice, e non può esserlo se non col seguire l'impressione della natura j di cui non deve ascol- tare e seguire le impressioni se non con l'assenso della ragione,, ch'esser sempre deve la sua guida. — Atarassia è parola d. ri vaia dal greco, e che significa: calma, tranquillità dell'anima, della mente j e quella fermezza di giudizio, che la garantisce da ogni agitazione, da ogni timore, e da ogni inquietudine che provenga dall'opinione. Si è detto che l'Atarassia è la pietra filosofale della morale ; — quegli che 1' ha trovata si può vantar d'esser felice. G. G. Rousseau, studiando la legge di natura, e dissertando sulla coscienza, dice: « Jetez Ies yeux sur toutes les nations du monde; parcourez toutes les histoires: parrai tant de eulte inhu- mains et bizarres, parmi cette prodigieuse diversité de moeurs et de caractères, vous trouverez par tout les mèmes idées de jus- tice et d'honnèteté, par tout les mèmes notions du bìen et du mal. Le vice, arme d'une aulorité sacrée, descendait envain du séjour eterne], l'instinct inorai le repoussait du coeur des humains. En célébrant les débauches de lupiter, on admirait la continance
de Xénocrate: la chaste Lucrèce adorait l'impudique Vénus
La sainle voix de la nature, plus forte que celle des dieux , se fesait respecter sur la terre, et semblait reléguer dans le ciel le crime avec les coupables. » Tutte le sette sono diverse, perchè vengono dagli uomini; — la morale è ovunque la stessa, perchè proviene da Dio. Voltaire dice, parlando della morale:
D'un bout du monde à l'autre elle parie; elle crie: Adore un Dieu; sois juste et chéris la patrie. »
La ragione è potenza intellettuale che domina sopra i sensi e sopra le passioni; è l'intelligenza nella pienezza delle sue forze e nella sua natia purezza. Appoggiata alla verità che ha messo a prova, ella comincia con passo fermo e sicuro s sia che diriga la condotta dell' uomo _, sia che presieda a' lavori del pensiero. L'intelligenza, troppo debole per esercitare questo grande potere, per dominare sopra l'intiero uomo., non è più la ragione: ella
198 diventa soggetta, docile, schiava, serto lido l'errore con tanto zelo come la verità , il vizio ed il delitto come la virtù. Ma le forze della ragione crescono con l'esercizio come tutte le facoltà del- l'uomo: esse aumentano dunque cogli anni sino all'epoca variabile per ciascheduna facoltà ove ogni progresso si ferma, ove il depe- rimento incomincia., prima con gradi insensibili, e continua acce- lerandosi. -
La ragione è quella vista chiara delle cose sensibili che fa che si distinguano con nitidezza; è quello apprezzare le qualità degli oggetti che fa concepire il loro impiego e la loro destina- zione , è V intelligenza di ciò che è neh' ordine della natura.
La ragione è il giudizio formato dall'abitudine di pensare, di riflettere sopra le cose, che a noi si riferiscono. Il di lei ufficio è quello di regolare la nostra condotta ; — e il motivo che la de- termina si è il desiderio di rendersi felice , e la felicità è lo scopo ch'essa si propone, ed a cui essa solo può condurci. — Alcuni hanno detto che ristinto è più sicuro della ragione per farci felici, e adducono in prova l'esempio de' fanciulli. Essi non sono felici in altro modo, se non come un uomo che sogna. — Il solo sentimento della felicità, e la cognizione che abbiamo della medesima è quello che forma il dilettevole della felicità. — I commenti del Romagnosi intorno all' antica morale filosofia mostrano in che modo questo uomo profondo e sublime ana- lizza tutto ciò che compone la felicità e lutto ciò che si vuole a farla conseguire all'uomo. Il moderno filosofo ci fa studiare i pen- samenti dei grandi moralisti: Aristotile, Epitteto, Gebele Tebano, Pittagora, Ipotamo di Turrio, Eurifamo, Ipparco, Teagene, Ar- chita, Polo pitagorico, Ocello Lucano, Sesto filosofo, Jacopo Stel- lini. — ■ Noi aggiungeremo a questi grandi moralisti : Platone , Teofrasto, Seneca, Plutarco, Cicerone, Montaigne, Charron, Fénélon, Vico, Muratori e Genovesi.
a II ragionare è l'arte di paragonare le idee , e dedurre delle conseguenze , delle relazioni che hanno le cose tra di loro. Il ragionare ci serve a conoscere se una proposizione sia vera o falsa, paragonandola con un'altra che ad essa si riferisce. — Il sofisma è un falso discorso, un falso ragionare, che prova tutt'al- tro fuor di quello che trattasi nella discussione. Esso condur suole all'errore, facendo perdere di vista il principale, congiun- gendo insieme ragioni , che nulla convengono al soggetto. »
« Il germe delle passioni è naturale all' uomo, o piuttosto è la
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natura istessa. Ma i'uomo saggio impone alle sue passioni il freno che gli presenta anche la natura, essendo essa il principio della ragione. Le passioni d'accordo con la ragione sono il principio di tutte le belle azioni. » ,
« La ragione è perfezionata dal più felice sentimento dell'a- nima, da quell'amore virtuoso che unisce l'uomo a tutti gli uo- mini. Questo amore universale non è una qualità che ci sia estra- nea; esso è l'uomo slesso., o, se si vuole, è una qualità essen- ziale dell' uomo ed innata con esso, che gl'ispira di amare i suoi simili ». Confucio (1).
La virtù è la più nobile e la più preziosa delle nostre facoltà. La virtù è quella forza interna, la quale, senza smorzare niuna delle nostre affezioni naturali, ci fa capaci di contenerle e repri- merle tutte ne' limiti che fissa una ragione illuminata e retta. Senza la virtù non v'è che disordine e debolezza nelle nostre azioni; in essa solo sta il potere di non fare che la ragione sia un dono stenle, e le passioni un dono funesto. La virtù toglie alle passioui il loro veleno, ed alla ragione la sua impotenza. Ella fa che il sentimento animi e riscaldi la ragione, e che la ra- gione illumini e diriga il sentimento. La virtù emenda in tal modo questi due ordini di facoltà l'uno per l'altro,, ed egualmente le perfeziona amendue. — La virtù è nel cuore: è un sentimento, una inclinazione al bene, un amore per l'umanità. La probità proibisce, e la virtù comaoda. — Non fate ad altrui ciò che non vorreste che vi fosse fatto. — L'esatta e precisa osservazione di questa massima fa la probità. — Fate ad altri ciò che vorreste che vi si facesse. Ecco la probità. — Tutto noti proviene dalla educa- zione., noi portiamo in cuore l'amore del bene, l'amore della virtù.
Bene. — Noi aon dovremmo riguardare come bene reale e indipendente, se non quello che può contribuire alla nostra fe- licità; ed allora non vi sarebbe alcun vero bene fuori delia virtù, imperciocché essa sola ci può rendere felici, essendo tutti gli altri beni relativi,, cioè non diventano beni o mali se non per l'uso che se ne fa: noi però intendiamo sotto a questo termine tutto ciò che serve ad accrescere i nostri piaceri , e ad iscemare
(4) Questo filosofo viveva nella Cina, circa 2440 anni sono. — Circa sei secoli prima dell'era nostra, poco prima della morte di Talete, nacque nella Cina, nel regno di Lu, Confucio (Cong-fa-tsé). Egli fu contemporaneo di Pitagora e di So- lone, e precedette di qualche anno la nascita di Socrate.
200 le nostre afflizioni. Nel numero di quesli beni ve ne sono di quelli che dipendono da noi , e degli altri che non dipendono ; quindi è che noi sforzar ci dobbiamo di acquistare gli uni e gli altri, ma non fare troppa stima degli ultimi. — 1 beni che da noi dipendono sono le noslre opinioni, da cui nascono le no&tre inclinazioni e le nostre avversioni, origine delle nostre avversioni, dei nostri vizi e delle nostre virtù. Quelli che da noi non di- pendono, sono la salute, le ricchezze, la riputazione, i talenti, le dignità, gli onori, la bellezza., ecc. — Epicuro faceva consistere il sommo bene nei sentimento del piacere., come faceva consistere il sommo male nel sentimento del dolore. — Il bene, in morale, significa o il piacere che ci rende felice , o la cagione del pia- cere. — La saggezza è solo il sommo bene della vita. Il piacere di fare bene è la felicità delle anime belle.
11 male in generale è tutto ciò che nuoce di sua natura; e ri- guardo a noi , consideriamo come male tutto ciò che si oppone alla nostra felicità, tutto ciò che privaci di un qualche bene, e lutto ciò eh'è diretto alla nostra distruzione. — Tutti i mali sono re- lativi, e non sono per lo più se non mali di opinione , eccetto la malattia, che è un male reale. — Si riguardano comunemente come maSi la povertà, la bassezza, l'esilio , la schiavitù, la dipen- denza, l'infamia, la debolezza, la bruttezza, l'ignoranza, ecc.
In Persia , secondo Zoroastro s il principio del male era raf- figurato da Arimane; e quello del bene, da Oromaso, divinità nata dalla p'ù pura luce. Il potere di Àrimane era consacrato all'infor- tunio dei mortali j ad aggravarli di mali, ed a trascinarli ne' più orrendi abissi; — in vece , il potere di Oromaso stava nel conso- lare gli uomini, sostenerli nelle sciagure, fermaci all'orlo del precipi- zio. Intorno a questi due principi!, che quasi alternamente sempre lottano , Zoroa»tro dice che dopo di avere guerreggiato vari migliaia di anni, Arimane sarà vinto e distrutto da Oromaso ., ed in allora la giustizia e la virtù regneranno sole sopra la terra, e tutti gli uomini godranno della più compiuta felicità.
La coscienza è il solo giudizio che noi facciamo de' nostri sen- timenti., e delle nostre azioni, secondo la relazione che esse hanno colla morale. — La cognizione dell'uomo e de'suoi doveri è quella che forma la buona coscienza; le colpe più coudannabili sono quelle che si commettono contro !a propria coscienza. La coscienza è un aito dell'intendimento, il qualejndica ciò che è buono o cattivo nelle nostre azioni inorali., e che pronuncia sopra
201 hi cosa che si è falla o omessa, donde nasce in noi stessi una dolce tranquillità od una importuna inquietudine, la gioia o la se- renità , o quei crudeli rimorsi , benissimo figurati dair avoltojo della favola, che strappa senza posa il cuore di Prometeo. Un filosofo dice all'uomo: « NJaye penr que de toi mème j que rien ne t'épouvante phts que ta propre conscience. — Chaque homme porte au-dedans de soi ménte un Caton_,je veux dire un se- vère censeur de ses moeursj et celili qui respecte ce juge s fait rarement des choses dont il ait sujet de se repentir.- — I più grandi moralisti , inoltre di quelli che abbiamo citati -, Socrate , Fedro , Massillon, Fléchier , Bourdaloue, Segnerà Cesari, Barbieri, Eso- po, La Fontaine , Metastasio , hanno egualmente proclamalo so- lennemente i' imponente e terribile voce della coscienza. Cice- rone, dice: Spesso s'inganna la giustizia; ma il vero castigo di- uno scellerato è la coscienza sua. Egli è agitato , tormentato , perseguilato , non da Furie con ardenti fiaccole, come nelle Tra- gedie, ma da cocenti rimorsi. Coscienza accusatrice:
< Non vive i! reo/
Un momento in riposo.
Benché a tutt'altri ascoso
Resti il suo fallo, ei., che si vede al fianco
L'acerbo accusator, trema, paventa
L'evidenze, i sospetti,
L'oscurar della notte,
L'apparir dell'aurora,
E chi sa la sua colpa, e chi Y ignora.
In perpetua tempesta
Sente l'alma, se veglia; e in mille forme
U suo persecutor vede, se dorme » (1).
Metastasio.
Il rimorso, è il segreto rimprovero che la coscienza ci fa, dopo di avere commesso un fallo o un delitto. Quegli che è tormen- tato da rimorso, vivere non può con sé stesso; fa duopo che si fugga, che si distrugga onde avere un momento di riposo. I Ri-
(1) V. Salmo 54. — Via illorum (enebree et lubricuni: et Angelus Domini persequens eos.
26
202 morsi , seguendo le favole sono i figli del delitto; ma sono più antichi di lui ; nascono con progetti infami ; essi sono fratelli dell'umanità, sempre attenti a difenderla , o a vendicarla. — Il rimorso è il sentimento del delitto di cui si teme il castigo. Esso è il testimonio della coscienza che condanna le nostre azioni, e la prima pena del delitto ; che per si fatta ragione non è mai senza casligo, malgrado la prosperità di cui sembra spesse volte godere. Impossibile è soffocare il rimorso, allorché si è meritalo, perchè noi non possiamo ingannarci punto di prendere il falso per il vero , il brutto per il bello , il cattivo per il buono , il male per il bene, il delitio per la virtù. M- Non si soffocano,"quando si vuole, i lumi della ragione, né per conseguenza la voce della co- scienza. L' amore dell' ordine è e sarà sempre scritto in tutti i cuori.
La Felicità è uno stato o situazione esente di pene e di do* lori. — Ella consiste nella salute, nella pace del cuore, e nella tran- quillità dello spirito. La pace del cuore, e la tranquillità dello spirito si acquistano e si conservano coll'eserci/Jo della virtù. La salute, senza cui tutti i beni sono frammischiati di noje e di ama- rezze, si mantiene e si conserva colla temperanza e colla moderazione in ogni cosa. Ogni qua! volta i poeti hanno voluto dipingere la Felicità., l'hanno sempre rappresentata lungi dalle città e dai tu- multi delle corti. Con quale incanto il Tasso ha dipinto la Fe- licità della vita pastorale., nella sua divina Gerusalemme, allor- ché ci mostra Erminia ricevendo V ospitalità da una famiglia di contadini! — I Romani divinizzarono la felicità, e l'onoravano con un culto particolare; essa ebbe templi, altari, sacrifizj.
La felicità è il sentimento dello stato felice. Un uomo può es- sere in istalo felice, senza però godere della felicità. Una passeg- giera tristezza, un leggiero dolore, le conseguenze d'una malat- tia, un disagio, un nulla, l' impediscono spesso di sentire lo stato felice in cui trovasi. — La felicità consiste nella giusta propor- zione dei desiderj e de' bisogni , con i mezzi di soddisfarli. Tutto ciò che turba questa specie di equilibrio, lutto ciò che di- minuisce questa proporzione , in modo che i desideri siano più estesi che i mezzi, diminuisce necessariamente la felicità: dun- que tale è l'effetto dell'aumento delle ricchezze, perchè i desiderj ed i bisogni aumentano con esse, e molto più di esse. — Hume dice: per essere felice fa d'uopo avere benefiche e sociabili incli- nazioni lontane da ogni rozzezza e da ogni ferocia. Il rancore, le ani-
203 mosllà, l'invidia, lasete di vendicarsi., cagionano i piaceri dell'amici- zia, delia clemenza, della bontà , delia riconoscenza? — Il più felice è quello che soffre meno dispiaceri, meno pene; — il più mi- serabile è quello che sente meno piaceri. Sempre più patimenti che godimenti; questo è il destino a tutti comune. Qua giù3 la fe- licità deìl'uomo non è adunque che uno stalo negativo; la si deve misurare colla minima qualità de' mali clìpei soffre. — La feli- cità, osserva l'autore delle Massime, è nel gusto, e non nelle cose; ed è per avere ciò che si ama che si è felice, e non per avere ciò che gli altri trovano piacere (1).
CAPITOLO XL.
LA NAT UH A.
«La natura, dice il Plinio francese, è il sistema delle leggi stabilite dal Creatore, per resistenza delle cose e per la successione degli esseri. » — Dessa è il principio attivo che produce gli esseri, che li modifica , li mantiene s li conserva , li distrugge e li riproduce. La natura è il primo principio delle cose, è l'uni- versalità delle cose create., è l'ordine, le legge che la governa. — Tutto ciò che vediamo nel firmamento e sopra la terra, cioè l'Universo, il mondo materiale, è la natura, la grande opera d'Id- dio. La sua onnipoteuzaanima e muove l'Universo, ed il suo operare è un segreto che non è dato all'uomo di capire: soltanto si vede che ogni essere agisce secondo la sua natura, principio intrinseco delle operazioni di ogni essere , e che quindi costituisce la diverse specie di esseri componendone la loro proprietà ed il loro carattere. la queste maravigiiose operazioni discerniamo le azioni degli esseri e delle specie, sottoposte a regole immutabili , generali, imperiose, le quali non ponno essere infrante senza che l'ordine generale o particolare sia scompigliato o confuso. Tali sono
(i) Veggasi l'Antica Morale filosofia, commentata dal Romagnosi, in cui egli sì acutamente analizza la felicità e ne insegna come P uomo possa conseguirla. — A tutto ciò che gli antichi ed i moderni hanno scritto intorno a questo impor- tante soggetto, il filosofo italiano aggiunge le sue saggie osservazioni.
204 queste regole d'azione, da eni nascono il molo e la vita. La vita od il calore ed il moto , per riguardo a noi è una certa dispo- sizione di fibre e di organi, la quale disposizione produce più o meno sentimento ed idee, e forma il temperamento, il carattere; questo è tutto quello che costituisce le facoltà dell'animo. La na- tura dell'uomo è distinta da quella degli altri animali per la fa- coltà di pensare propria del medesimo (i).
Curioso è lo studio de' mostri, e prova pure l'onnipotente forza deila natura. Neil1 osservare colesti fenomeni, sembrerebbe che la mano di Dio, manifestatasi nelle produzioni degli esseri regolari e perfetti, si sarebbe ritirata dagli esseri della mostruo- sità, ne' quali si può al più travedere differenti età, o specie, e sembrano non esistere che per mostrare la grandissima altitu- dine dell'infinità delie risorse dell'organizzazione per la diversità. Dunque la divinila non interverrebbe io alcun modo nella produ- zione degli ultimi, pertanto non meno che i primi soggetti ad una regola fissa, ma ne' quali soltanto unJ altra regola, un nuovo ordine de' fatti e non meno numerosi e non meno da ammirarsi per le loro dotte complicazioni, rimpiazzano le regole, gli ordini, le collocazioni di ciò che giudicando dalle nostre abitudini e dal grado della nostra istruzione, si chiama slato normale. Montaigne dice: « Ciò che noi chiamiamo Mostri, non lo sono verso Iddio, il quale vede nella immensità della sua opera l'infinità delle forme che vi ha comprese » . Così il profondo osservatore considerava ciò che viene pure considerato da' moderni naturalisti, in quegli esseri che per lungo tempo furono riguardati come scherzi di natura. — Da codesto studio si deduce quanto sono erronee le idee ancora troppo sparse, relativamente all'influenza de' pretesi sguardi che producono Io spavento, o di quei desiderj non soddisfatti, conosciuti sotto la denominazione di voglie di donne gravide. — Tutto è ragionato , tutto è metodico , nelle produzioni della natura. Spallanzani e Cuvier approfondirono lo studio dei mostri.
Immutabili, fisse, eterne sono le leggi della natura; costante
(i) Ogni nazione considera la natura a suo modo, secondo l'estensione de' suoi bisogni e de' suoi gusti, secondo la forma del suo governo, de' suoi costumi e delle sue abitudini, ed anche riguardante alla costituzione dell'aria ohe respira, del terreno che la nutrisce, come pure la posizione del sole che l'illumina.— La Bruyère dice: « Il me semble qu'on dépend des lieux par l'esprit, l'humeur, la passimi, le goùl et Ics sentimcnts. »
205 nelle stesse deviazioni segue da per tutto il suo piano, stabile e regolare. Il filosofo che ne osserva l'andamento, e ne esamina l'azione, può solo persuadersi che colla minuta pazienza , e coi ben diretti esperimenti, si possono solamente indagare le sue leggi, le quali si occultano all'osservatore superficiale, ed al troppo si- stematico ragionatore. 11 tempo finalmente smaschera l'errore; i sistemi quasi colossi coi piedi d'argilla, sono rovesciati dagli urti degli anni; essi cadono e lasciano comparire molte verità che per Io innanzi erano rimaste occulte nella loro ombra. La storia delle scienze prova chiaramente questa verità.
Gli speciosi e bizzarri progetti e le splendide novità sono stati in tutt' i tempi gli affascinamenti della umana ragione, dai quali la scienza ebbe ritardo nel suo progredimento, e l'umanità ebbe danno nelle sue perfezioni.
I Materialisti, abusando delle loro dottrine, spingono V uomo ad adottare idee irreligiose di materialismo, e divorziando, per cosi dire, in sacrileghi sofismi, con i legami della divinità, non vedono nuli' altro, nell'uomo, che una materia di creta apparte- nente al caso, provenente dal fango senza essere animata da niuna scintilla divina , e facendo ritorno per intiero a questo stesso fango. '■ — La maggior parte di cotesti scrittori, col prelesto di distruggere i pregiudizi, rovinano le basi dell'onesio, della virtù e della religione.
La brama di distinguersi , di mostrarsi un intelletto supe- riore, o di dare ad intendere di avere penetrato più degli altri innanzi ne* segreti dell' Ente Supremo, ha fatto si, che, alcuni hanno asserito non essere l'uomo che un automa., una macchina eguale a quella fatta da industriosi matematici. L'uomo è bensì una macchina, ma una macchina creata da Iddio, animata dal suo cenno: tutto lo prova, e ragione e dignità è il crederlo; negarlo è l'opra della mala fede e del sofisma. — Riconosciamo i ma- raviglisi attributi della materia , ma non pensiamo che dessa sia l'unica guida dell'anima e dell'intelletto, la ragione e la mo- rale rigettano potentemente simile asserzione.
II libro sul Sistema della natura, basato sul materialismo, fu oltremodo pernicioso a molti. Si è creduto da alcuni che questo mostruoso scritto sia opera di Mirabeau; ma invece esso è lavoro della società del barone d' Holbach, e fu dettato da varie penne; Diderot fu di tutti quei soci colui eh' ebbe la più gran mano nella composizione del Sistema della natura. Mirabeau non fu
206 mai ascritto a quella filosofica società, che sciaguratamente menò tanto romore. Tutto questo è asserito da persone appoggiate ai fatti, e non a supposizioni. — L' opera temperata neli' officina de'principii filosofici di d'Holbach e de' suoi amici, produsse, al dire di un violento oppositore , più scellerati che filosofi.
Quegli che creò il nostro mondo, la luce,, che dirige gl'innu- merevoli soli che la sua potente mano seminò negl'immensi campi dell'universo, che dal suo altissimo trono ove domina tutto ciò che creò la sua volontà , vede questo nostro mondo come un grano di sabbia , vede il formidabile oceano come una stilla di acqua., che potrebbero ad un suo movimento di ciglio ritornare nel niente. Tutto manifesta la sua potenza, la sua magnificenza, la sua maestà, la sua clemenza.
APPENDICE
FIGURAZIONE DEL CAMMINARE, DELI/ IMMAGINAZIONE, DEL PENSIERO E DEI CARATTERI
Descrizione dell'espressione del sentimento e della natura dei caratteri secondo il sistema figurativo e geometrico dell'Autore — Del moto nel camminare dell'uomo— Dell'azione e della forza dell' immagina- zione — Dell'azione progressiva del pensiero.
/
Carattere pesante. Carattere solido.
Carattere profondo.
Carattere spiritoso.
Carattere forte, fermo, coraggioso.
208
/ / W7 |
Carattere obliquo. Carattere debole. |
A |
Carattere equo, giusto. |
flarattprp dritto |
|
r |
Carattere pieghevole per bontà d'anima. |
Caratteri pieganti, docili, compiacenti, per finezza,
malizia, astuzia, dissimulazione, ipocrisia- Caratteri uguali.
/ \ Caratteri contradicenti.
Caratteri opposti.
^ ( Caratteri incompatibili.
V__
Caratteri ottusi. Caratteri concentrati.
o
\^y£) Caratteri aperti.
Caratteri fluttuanti, incerti, titubanti,
200'
l
o
Caratteri misti.
Caratteri formi, irremovibili, arco che puntella.
Caratteri ritrosi, caparbii.
Caratteri che s'inalberano, che vanno in collera. Caratteri arrendevoli, flessibili, pieghevoli.
Caratteri diffidenti, sospettosi, dissimulati, rinchiusi.
A Camminare dritto, con quiete , con sicurezza , con fermezza.
B Camminare obliquamen- te, in modo dubbioso, incerto. / ^Ai C Camminare deviando ,
/ ^- segno di precauzione, di cir-
cospezione, di prudenza, di diffidenza.
B Camminare da ingan- V natore, da furbo, da ipocrita, \ ^F da seduttore, da perfido, da j traditore.
I E Camminare in, modo in
/ deciso, segnale d1 incertezza, ^-^ / d' incostanza , senza scopo
ì 7o/ fisso-
F Camminare dell'osserva- tore, di chi considera e con-
G
A
\ x
AC
./
I
>
^
tempia un oggetto, di chi guarda con interesse e con precauzione.
'27
210
G Camminare retrocedendo, segno di timore, di sorpresa, di stu- pore, di precauzione, di diffidenza, di allontanamento da un oggetto che ripugna, segno di rifiuto.
ii" Camminare che significa l' intenzione di voler ingannare , atti- rare qualcheduno nella re'? onde perderlo, voler assalire con sorpresa garantirsi da un nemico.
/ Camminare onde volere illudere, ingannare, deviare qualcheduno.
A Direzione dello sguardo ed azione della ragione.
B Movimenti sospesi dell' immaginazione.
C Grandezza naturale dell' oggetto che colpisce. — A Guardare con forza l'oggetto che move, onde meglio essere persuaso, convinto dalla sua straordinaria apparizione.
D L'oggetto che colpisce ingrandito dalla forza dell'immaginazione.
La ragione A A vede l'oggetto C nella sua reale grandezza ; e Y immaginatone B B , ingrandendo, lo la comparire come D.
2M
Fig. 4. L'attenzione.
Fig. 2. L'oséervazione.
Fig. 3. La riflessione.
S'ig. A. La meditazione.
Fig. S. La contemplazione. Fig 6, L'ammirazione.
2 ! 2
Fig. 7. Lo stupore.
Fig. 8. II subii
ime
Fig. 9. L'entusiasmo .
Fig. 10. Il rapimento.
Fig. il. L'estasi.
Fig. 12. La meraviglia.
213
Fig. 13. il prodigio:
Fig. 14. Il miracolo.
Fig. 13. IL trasporlo. Fig. 16. La visione
Fig. 17. Il delirio.
DESCRIZIONI* DELLE TAVOLE
TAVOLA DEL FRONTISPIZIO.
Prometeo.
Prometeo forma ed anima l'uomo. Minerva assiste all'atto sublime e lo prolegge. — La Piramide, fra gli antichi Egizii, era un emblema dell'umana vita, il cui principio era rappresentalo dalla base; la fine o la morie, dalla punta; — ed è perciò ch'eglino le innalzavano sopra i sepolcri. La Piramide è anche considerala come un' imagine em- blematica delle scienze. Sopra la base sarebbero rappresentati in basso- rilievo gli attributi della Storia Naturale; — in mezzo quello della Fisica. La sommità indicherebbe la Metafisica , onde fare intendere che nel corso degli studi fa d'uopo incominciare per vedere gii og- getti; in seguito fare esperienze e terminare col riflettere sopra gli esseri, ed esaminarli. Ciò ò conforme a questo bel pensiero del can- celliere Bacone: Che le scienze sono come una piramide, cui la Stona naturale forma la base; la Fisica empisce il mezzo,. è la Metafisica occupa la sommità. L'Egitto , culla delle arti e delle scienze, è in- dicato da rovine e da colossali monumenti.
TAVOLA I
Vengasi il Promio a pagina 1
TAVOLA II
Teoria dell'espressione e della direzione dellp sguardo.
Gli ocelli sono la parte la più essenziale dell'espressione del viso, ed in essi si manifestano con la più grande energia i moli dell'anima; — - essi ne sono il più eloquente ed il più polente linguaggio. Il mi- nimo moto degli occhi ha una significazione; — un solo sguardo puole dipingere una grande passione.
Espressioni, semplici :
i Vedere
2 Guardare
3 Osservare
4 Penetrare \ In alto, in basso,
5 Esaminare f innanzi a sé.
6 Domandare
7 Interrogare
8 Chiedere
Linee: |
||||
Fig. |
2. — a: 3 - IT, 4. - fl. |
b.c b. |
,d e, e. |
■ c d, |
Gradi progressivi delia forza dell' espressione figurati da un {riangolo.
-Caratteri dei sentimenti e delle passioni.
Innalzare gli occhi verso il ciclo. V.Fg. 1, linea à\ fig. 2, c;fig. 3, c,fig.k.b\ fig 6. 8 11, segno di dmjnirazione, di sublimità, d'anima- zione, dì esiasi, dì esaltazione, dì entusiasmo, d'implorare, di sperare.
Bassarc gli occhi verso terra. V. Fig. ], linea b; fig. 2, e; fig. 3, d; fig. 4, e; fig. 7, segno dì modestia, dì pudore, dì vergogna, di con ■ fusione, dì timidezza, di timore, di sommessione.
Volgere di fianco gli occhi chinandoli . può anche esprimere gli eguali sentimenti. V. Fig. 1, e; fig. % b; fig. 35 g; fig. 4, e.
Volgere gli occhi verso terra. Fig. i, linea f; fig. IO.
Guardare di fianco, segno di diffidenza, di precauzione: fig. 2.1. h,
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OPERA ( DI
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217
Volgere gli occhi verso il cielo, segno di fierezza, di superbiti. V. Fig. 1, linea d.
Guardare con occhio torvo, bieco, di fianco, ma senza che il moto del corpo accompagni quello degli occhi; — questo mostra due inten- zioni: quella che esprime l'immobilità della testa, e quella che si vuole fare intendere col moto degli occhi. V Fig. 1, linea e.
Questo è il segno della facoltà del sentimento.
Guardare innanzi a sé, segno di precauzione, di prudenza, di vedere precisamente tutte le cose.
Guardare indietro di sé, segno di diffidenza, di timore.
Guardare in terra, onde non essere distratto dall'idea che occupa, da altri oggetti che ponno metterci ostacolo.
Questo è anche il segno per evitare senza una apparente ragione che ci può compromettere, la persona che ci dispiace, di cui ab- biamo da lagnarsi. V. Fig. 4, linea e.
Guardare di bieco abbassando gli occhi, onde vedere senza essere veduto; doppia intenzione. V. Fig. 1, lineai.
Guardare in viso una persona. V. Fig,%, linea a. Segno di sicurezza, di fermezza.
Guardare d'alto in basso. V. Fig. 3, linea, e ; fig. 4, linea, e. Segno di superbia, di orgoglio, di disprezzo, d'insultare, di minaccia, di rimprovero, di superiorità.
Guardare sottocchio. V. Fig. 5, linea g. Segno di falsità, di perfidia, cY inganno, di tradimento.
Guardare qualcheduno al disotto di sé. V. Fig. 2, linea d. Segno di sdegno, di disprezzo.
Gurdare qualcuno al disopra di sé. V. Fig. 2 linea b. Fig, 6, linea a ; Fig. 8, linea a; Segno dì alterigia, comando, superiorità, voler incu- tere timore.
Quelli che pensano al passato, guardano in cielo. V. Fig. 3, lin. b. e.
Quelli che pensano all'avvenire, guardano innanzi a loro. V. Fig. 2, linea a. Fig. 3, lin. a. Fig. 6, lin. b.
Quelli che pensano al presente, guardano in terra. V. Fig. 4, lin. a. e. Fig. 9, 40, 12.
Quelli che non pensano a nulla guardano da una parte e dall'altra. Questo movimento è puramente macchinale, la mente non vi ha parte. V. Fig. i, 2, 3, 4, 5. Lo sguardo può, in questo stalo dell'anima, portarsi in tutte le direzioni ch'indicano quelle linee, e senza espri- mere una operazione della mente, ed un'affezione dell'anima.
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218
TAVOLA III.
Moti dell'anima concepiti sotto l'imagine delle direzioni dei movi- menti del corpo. -- Nuova teoria delle espressioni.
Fig. i. Ammirazione, sclamazione, entusiasmo, rapimento, invoca- zione, desideri e voti ardenti , appassionati. V. linea perpendicolare , al centro di gravità.
Fig. 2. Abbattimento, lamento, compianto, malinconia, tristezza, preghiera, supplica, scoraggiamento, pentimento, implorare, abbandono del mondo. — Linea che allontanandosi dalla linea perpendicolare che cade al centro di gravità, si curva, ed indica l'attitudine del corpo abbattuto da un patimento. Rilasciamento di muscoli.
Fig. 3. Volontà, desiderio, impazienza, muoversi per camminare, dopo risoluzione presa. Linea obliqua che lascia quella del centro di gra- vità, esistente quando l'uomo è senza un sentimento che lo mova.
Fig. 4. Uomo che fugge con paura da un pericolo imminente. Eguali linee della Fig. 3. Però avvi più forza, più slancio nella persona, perchè razione è più animata. Contrazione di muscoli.
Fig. 5. Guardare con sorpresa, attenzione; osservare con ansietà. — Il corpo attivato da un oggetto che gli sta innanzi ai piedi, s'inclina verso di esso, gli si avvicina, e così perdendo la linea perpendicolare ne forma una obliqua che si move innanzi ad esso.
Fig. 6. Occuparsi di cose presenti. — Il corpo s'inclina innanzi, insen- sibilmente, descrivendo una leggiera curva. Attitudine e gesti poco mossi perchè debole è l'impressione che ha ricevuta la persona.
Fig. 7. Aspettare, calmare, fermare. Corpo mosso avanti, per desi- derio, per buon volere, per premura, per attaccamento. Linea obliqua, cadendo innanzi, e così descrive un triangolo, come nelle precedenti figure. Animo sensibile e delicato; movimenti corporali ondulati con soavità.
Fig. 8. Sorpresa, stupore, indietreggiare. Corpo che sì allontana dalla perpendicolare , e presenta una linea curva che cade indietro. Movi- menti sospesi.
Fig, 9. Spavento , terrore , perdita della speranza , niuna salvezza. Corpo cadente obliquamente.
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219
Fig. 10. Domandare, chiedere, interrogare, La linea perpendicolare del centro di gravità movendosi obliquamente e cadendo innanzi al corpo che si è mosso, diventa linea perpendicolare e centro di gravità.
Fig. 11. Sentimenti concentrati e convulsivi, i quali imprimendo al corpo la loro agitazione, fanno che tutte le membra movendosi pre- sentano varietà e contrasti di linee, in mezzo alle quali cade la linea del centro di gravità.
Fig. 12. Orrore, raccapriccio, quasi impossibilità di fuggire. Nel moto convulsivo e contratto, cambia la linea perpendicolare del corpo, in obliqua, e diviso il peso, forma il centro di gravità.
TAVOLA IT.
Teoria del centro di gravità.
Fig. 1. Stazione naturale dell'uomo. Linea perpendicolare formando il centro di gravità, base di sostentazione.
Fig. 2. Corpo diritto. — Gambe aperte formando un triangolo. La li- nea perpendicolare cadendo dalla fontanella della gola ai piedi divide il triangolo e ne forma due perfettamente eguali, e così il corpo rima- ne in perfetto equilibrio.
Lo stesso si osserva nelle fig. 3, 4, b, 6. — In queste figure la posi- zione del corpo e delle braccia, mantengono in perfetto equilibrio tutta la persona.
Fig. 7. L'uomo, colla posizione del corpo, delle gambe e delle brac- cia, non che col peso che porta, equilibria la sua persona, col fissare il centro di gravità, ed in tal modo può stare e camminare con sicu- rezza.
Fig. 8. Coll'abitudine e colla forza di tirare un peso a sé. l'uomo è fermo nel suo agire, e nulla può farlo vacillare.
Fig. 9. La mossa che fa un uomo nello spingere con forza un oggetto lungi da lui, è calcolata, onde non mancare di fermezza, sopra la pre- cisa linea del centro di gravità.
Nelle fig. 10, 11, 12, 13, il contrappeso delle forze diviso egualmente dalla perpendicolare , fa che quei movimenti e quelle posizioni si eseguiscono facilmente e con precisione.
Eguale osservazione per le fig. 16, 18.
220
Le fig. 14, e 15 che rappresentano l'uomo saltando e rimanere un istante in aria, come se vi fosse sospeso, e poi cadere dritto in terra, provano quant'è Tequiponderazione che anche il solo istinto dà al- l'uomo.
Il gruppo di figure, 17, mostra tre persone aggruppate assieme, ciascheduna ricevendo la legge <T equiponderazione, dalla forza princi- pale dell'unione de' tre corpi, a cui contribuiscono il moto e l'azione propria ad ognuno degli individui, equilibrio nelle loro attitudini.
La fontanella della gola cade sopra i piedi, e gittando un braccio innanzi, la fontanella esce d'essi piedi; e se la gamba getta indietro, la fontanella va innanzi, e così si riunita in ogni attitudine.
Della Ponderazione dell'uomo sopra i suoi piedi.
Sempre il peso dell'uomo che posa sopra ad una sola gamba, sarà diviso con eguale parte apposita sopra il centro della gravità che sostiene. V. Fig. 5. Il centro di gravità dell'uomo che agisce, deve esistere sopra la gamba che è in terra. V. Fig. 10, e 13. — L'uomo che si muove, avrà il centro della sua gravità sopra il centro della gamba che posa in terra.
Della Equipoderanza (contrappeso).
Sempre la figura che sostiene il peso fuor di sé, e della linea cen- trale della sua quantità debbe gettar tanto peso naturale, o accidentale dalla parte opposta, che faccia equiponderanza dei pesi intorno alla linea centrale che si parte dal centro della parte del pie' che si posa, e passa la somma del peso sopra essa parte dei piedi in terra posata. V. Fig. 5, 10, 13. Fa d'uopo che il danzatore, posandosi, atteggiandosi graziosamente, cerchi per avere equilibrio di formare un giusto contrap- peso delle altre parti del corpo per sostenersi sopra ad una sola gamba, e anche per essere posato sopra le due. V. fig. k, 5, IO, 13, 7, 8, 9, Nelle attitudini che si fanno nel momento che il danzatore s'innal- za, come pure in certi arabeschi pendenti, come lo fanno vedere le fig. 14, 15, non si deve osservare ii centro di gravità che esiste nelle fig. ì\ 2, 6,10. 4, 13. Veggasi per questa osservazione \efig. 1,2, 10,6, 13.
221
Della figura che va contro al vento.
Sempre la figura che si muove contro il vento per qualunque linea, non osserva il centro della sua gravità con debita disposizione sopra il centro del suo sostentamento. V. Fig. 14, 15 (1).
TAVOLA V.
Principali caratteri dell'età, delle stature, della bellezza dell'uomo e della donna, ed espressioni di sentimenti, di passioni, di atteg- giamenti e movenze.
Fig. I. Sorpresa, ammirazione, moto sospeso dell'anima e del corpo. Semi-gesti.
Fig. 2. Concentramento, riflessione, meditazione, silenzio, attitudine calma. Posizione raccolta.
Fig. 3. Estasi, elevatezza di pensiero, sublimità d'anima, altitudine di riposo.
Fig. 4. Odio, minaccia, vendetta, premeditazione di delitto. Con- trazione di muscoli.
Fig. 5. Timore, indicare, avvertire, volontà d' impedire un atto vio- lento, crudele, sanguinoso.
Fig. 6. Abbattimento del dolore, pianto, soccombere. Rilasciamento di muscoli.
Fig. 7, 8. Passioni energiche, violenti, terribili; odio, ira, furore, rabbia, disperazione, vibrare colpi, omicidio. — Atteggiamenti, atti- tudini, mosse, gesti atletici.
Fig. 9. 10. 41. Tenerezza, piacere, amore, gioia, scherzo, brio, danza. Movenze facili. Atteggiamenti graziosi.
Fig. 12. Raccoglimento , assorbimento , profondi pensieri , medita- zione, isolamento. Attitudine tranquilla.
Fig. 13. Fermezza, forte risoluzione, imperturbabilità, intrepidezza.
Fig. 14. Dispiacere, afflizione, pena, dolore, pianto.
Fig. 15. Contentezza, soddisfazione, sorriso.
Fig. 18. Ironia, motteggio, riso sardonico, satirico, scherno, deri- sione.
Fig. 17. Stupore, indietreggiare dal timore, dalla paura; preve- dere, cercare di evitare un pericolo.
(1) A queste ultime osservazioni di Leonardo da Vinci , abbiamo aggiunte le nostre, con apposito disegno.
INDICE
PROEMIO . . , . Pag. i
INTRODUZIONE. — Capitolo I. Dell'uomo in generale » li
Capitolo II. L'uomo uscito dalle mani della natura — Stato selvaggio • 14
III. Del fisico dell'uomo e della donna • 16
IV. Degli attributi intellettuale, morale, corporale . . . , » 20
V. Principali motori delle azioni umane, o analisi delle ope- razioni dell'uomo • 22
VI. Delle passioni , • 23
VII. Della parola «25
Vili. Dell'unione dei due sessi , ...» 27
IX. La ragione e l'istinto — l'uomo e gli animali . . . . • 29
X. Azione e analisi dell'istinto umano • 3S
XI. Dell'istinto dei bruti • 37
XII. Unione dell'anima e del corpo , . • 41
XIII. Potere del corpo sull'anima e dell'anima sul corpo . . » 45
XIV. Azione dell'intelletto e del morale » 46
XV. Azione e potere dell' imaginazione » 48
XVI. L'uomo è fatto per agire . . • 49
XVII. Unione del potere dell'uomo e degli animali, erisultamento
delle forze loro • 54
XVIII. Dell'uomo • 56
XIX. Della donna • 62
XX. Impulsi e istinti dell' uomo 73
XXI. Il cuore » 76
XXII. Origine delle passioni — amore di sé stesso ~ amor proprio — orgoglio — mutua dipendenza degli uomini — stato di sociabilità — società » 78
XXIII. Espressione anatomica del corpo umano » 87
XXIV. Elvezio » 90
224 Capit. XXV. Contrasti e contraddizioni della natura umana . . Pag. 93
XXV!. Forza o debolezza morale ,. . . » 98
XXVII. Imperfezioni e degradazioni dell' uomo » 405
» XXVIII. Umanità *-* sensibilità -^ morale ?— egoismo — insensi- bilità — durezza — situazione naturale e sociale del- l'uomo 4. . . » 40G
XXIX. Accrescimento e sviluppo dell'umana specie — lavoro —
progresso dell'uomo — favola di Prometeo . . . . » 444
XXX. Misteri del meccanismo dell' uomo : . : » 44 0
XXXI; V«7a — esistenza — morte — suicidio » 111)
XXXII. Destino e instabilità delle umane cose . • 420
XXXIII. £tà — temperamenti — caratteri - clima — razze . » 421)
XXXIV. V anima e sue facoltà » 437
XXXV. Intelletto » 452
XXXVI. Spirilo 0 ingegno .....' » 404
XXXVII. Imaginazione 0 fantasia — illusione • 475
XXXVIII. Il genio , .... 484
XXXIX. Errori — traviamenti — esaltazione ed illusione della
mente ...» 400
XL. Morale 490
Appendice » 207
Descrizione delle tavole.
Frontespizio. — Prometeo * . . . .
Tav. I. Argomento dell'Opera
Tav. II. Teoria dell'espressione e della direzione dello sguardo . . Tav. III. Moli dell'anima concepiti sotto l'imagine delle direzioni ecc.
245 bis 24G 448
Tav. IV. Teoria del centro di gravità » 249
Tav. V. Principali caratteri dell'età, delle stature ecc. ...... 224
PARTE SECONDA
GENIO DELL'UOMO
SVILUPPO E PROGRESSI DEL GENIO
CAPITOLO PRIMO.
SLANCIO DEL GENIO.
Nell'Oriente, nella più beila parte, nella parte più divinamente poetica dei mondo incominciò a svilupparsi, a progredire e a farsi sublim l'umano ingegno. Da quelle fertili e raggianti contrade della terra il genio dell' uomo si diffuse per le altre parti del globo, e vi sparse la luce sua potente e produttrice; da esso nac- quero tutti gli agi, le leggi, l'incivilimento, il commercio, le arti, le scienze, ecc. Fu quindi dall' Asia che ai popoli europei per- vennero l' incivilimento ed il sapere.
L'intelletto dell'uomo operò le sue prime meraviglie nell'India, nel- rEgitto,in Babilonia, nella Caldea, in Gerusalemme, in Menfi, in Tebe, in Persepoli,inEcbatana, in Tiro, in Alessandria, in Palmira, nel- l'Etiopia., nella Bactriana, in Benares, nella Fenicia, nella Frigia, in Bisanzio, in Cartagine, nell'Arabia, in Bagdad, ed in qualche al- tra non mcn felice regione. In Bagdad, per grandezza e magni- ficenza seconda Babilonia, grandeggiava massimamente e spargeva la sua luce e la sua influenza per ogni dove, avendo fatto te- soro delle cognizioni dei popoli che la precedettero. Questa va- sta capitale, sede dell'orientale sapienza, era divenuta il centro del- incivilimento e delle arti. Gli Arabi , figli del sole 3 divennero i maestri di molti popoli dando sempre loro nuovo carattere e
nuova grandezza. Le Spagne infatti ereditarono tutto quanto sfol- gorò l'arabo genio., e divennero poi la residenza del sapere e delle arti. Ma dove più sovranamente il Genio risplendelte fu nella classica e prediletta terra della Grecia , e particolarmente nella immortale Atene. Di là quindi con le ali di fuoco spiccò Y alto suo volo in Italia , neli' Etruria e contribuì alla romana grandezza spar- gendosi per l' emisfero che andava illuminando e incivilendo. Con forza progredì in Roma, e le armi della città eterna conquistando ed assoggettando tutti i popoli propagarono gli stupendi risultati dei progressi del genio e dell' incivilimento La volontà è il dono più prezioso del genio. Essa è quella che fa l'uomo capace di grandi, di forti, di sublimi cose; — potreb- besi quasi asserire che ne garantisce l'esito. Le forze dell'uomo, giovate dalla volontà, aumentano a dismisura; e per tal modo giunge egli tante volte a quel punto di perfezione cui forse non avrebbe mai pensato. Una ferma volontà alimenta e dà slancio al genio, e fa sì che l'uomo non di rado si ponga al di sopra di sé stesso.
L'Italia perciò, ammaestrata dalle orientali nazioni, dovette na- turalmente imitarle e formarsi sulle opere loro; d'altra parlo il suo genio, il suo clima, il suo temperamento, i suoi usi, le sue abi- tudini in tanta analogia con esse, contribuirono non poco a ren- derla ubbediente all' impulso che ne riceveva. L* Oriente e l' Italia si spiegano l'uno per l'altra.
L'Italia fu dunque la strada per cui venne in Europa l'antico inci- vilimento dell'Oriente; per essa si sparsero anche nei tìgli del Nord, la sapienza, la filosofia, le lettere, le ispirazioni e le arti dell'Asia. Roma conquistò perfino le regioni ove nasce il sole, ma nel farsi padrona della Grecia , dell' Asia Minore e dell' Egitto essa pure rimase sottomessa al genio che giganteggiava invincibile in mezzo a quelle contrade prigioniere. Nella sua vittoriosa corsa incon- trò Omero, Timeo, Platone, Aristotile e Licurgo , Piltagora e Ip- pocrate, Apelle, Fidia, Prassitele e Zeusi., e la sua spada s' in- clinò innanzi ai libri ed innanzi ai monumenti. La Roma conso- lare ed imperiale , percorrendo quella omerica terra, ammirava., studiava, venerava 3 scriveva, fabbricava, ed operava anch'essa grandi cose e produceva uomini illustri. O forza dell' umano in- gegno , forza intellettuale e morale , tu vinci ogni ostacolo , tu puoi tutto domare , e da pertutto si fa sentire il tuo sovrano impero !
In mezzo alla splendidissima gloria romana, in mezzo alle ter- ribili armi dei conquistatori , sorse il Cristianesimo , e con po- tente e dolce forza il suo genio progrediva e si preparava alla sua grande conquista. Altro sviluppo, altra forza ricevette la mente umana, ed assunse nuovo carattere. Quasi contemporaneamente esso s' innalzava a nuovo volo nelle contrade ove imperavano i magnifici Califfi, la cui nazione progrediva illuminata dai Cinesi e dagl'Indiani; — così il sublime Cristianesimo presentò nuovi te- sori alla mente ed al cuore dell'uomo. Esso ricevette in Italia una doppia espressione , un doppio carattere pieno di gloria, ed in nessuna parte del mondo quanto quivi ha il Cristianesimo la- scialo traceie si profonde, sì sublimi. A quesio naturalmente con- tribuì la sede dei Pontefici nella sacra ed eroica città, ove il me- desimo giunse solennemente al più sublime grado del potere e della magnificenza delle arti. Le città d'Italia quasi tutte ci di- mostrano evidentemente queste due grandi verità che tanto o- norano la moderna Ausonia , dopo la tremenda caduta di quel prodigioso colosso dell' impero romano. U Italia al suo nascere fu grande e la sarà sempre, e per le sue eroiche vicend antiche, per i suoi eterni monumenti, per la sede di san Pietro, per l'o- perare di molti magnifici pontefici, per le stupende vicende del Medio evo, per i suoi uomini illustri in ogni genere di cose.» pel Risorgimento delle armi, delie lettere, delle scienze, e pel suo genio che non si spegnerà, e che sempre potentemente influirà sopra il mondo incivilito a cui fu donno e maestro.
Gli Etruschi. — Alcuni dotti contemporanei sembrano adot- tare l'ipotesi che ne' tempi poco distanti da' tempi favolosi., varj popoli primitivi dell' Europa fossero per lo meno debitori di un principio di incivilimento, a tradizioni uscite dal centro dell'Asia, le quali passando dal nord, penetrarono nel mezzogiorno del- l'Europa, molto prima che la civilizzazione greca, sparsa prima per le colonie dell' Jonia, in forza delle armi romane, ne avesse cangiata la superfìcie. In tale ipotesi, la scrittura runica, che si trova da un tempo immemorabile in uso fra i popoli del nord, sarebbe come una traccia di questo passaggio, de' lumi fra le settentrionali contrade. Ma ciò che avvi di certo è che dal princi- pio delia nostra storia, vi ebbero nell'occidente vari popoli di un antico incivilimento, diverso di quelo dei Greci e degli Asiatici. I Tardetcmi, dice Slrabone, sono considerati coinè i più istruiti di tutti gVIberi; essi si applicano alle belle lettere e posseggono libri di storia antichis-
simij poemi e leggi scritte in versi da sei mila anni. — Gli Etru- schi erano egualmente di questo numero. Le loro cognizioni in storia naturale, in astronomia, in medicina, di qual siasi parie ad essi sieno giunie, non sono certamente di greca origine, ed il poco che si sa della religione loro presenta grandi rapporti con la mitologia degli Scandinavi. Gli dei degli Etruschi abita- vano nel nord; dopo di avere vissuto un certo spazio di tempo, eglino morivano tutti insieme., mentre che una eterna vita e giovinezza erano date agli dei della Grecia. — V. Festo3 Arno- bios Rogne fort'Flamèricourl.
Etruschi^ o Etruriij come li chiama Servio: e Tirsenii, Tireni, o Toscani, li chiamano gli altri antichi, quantunque sia chiamato Etruria il paese.
Il genio delle arti, il genio italiano, stendendo le sue gloriose ali, prese il suo volo maggiore dalle losche contrade; da esse corse a trionfare nell'altre regioni. Di tutte le scuole delle arti, dopo l'orientale, posero i dotti per seconda l'antica italica Volsca ed Etrusca. Molti presero a dimostrare le arti etnische es- sere incominciate da Sesostri, e fra i monumenti egizj ed etruschi darsi alcuna vicinanza, altri consentirono. — Teodoro Ricchio, lo Schoell, il Gori. il Padre della Valle., l'illustratore del Museo Borgiano.. e con altri molti, ultimamente Io studioso Nie- buhr, addussero delle sentenze e de' fatti testé accennati, prove solenni. — E nel Borgiano, fra gli altri monumenti cospicui, una statua muliebre della più remota antichità etrusca con tale grazia di linee <» tanta eleganza di culto , da potersi riferire allo scal- pello di Pressitele. Il dottissimo padre Paoli nelle sue disserta- zioni sulle mine di Possidonia, sublimi monumenti d'arte d'ogni genere, essere colà esistiti, prima anche dell' cecidio di Troja, e operati dagli antichi Toscani, solidamente dimostrò. — Chi fondò Roma? Chi la fece grande e bella? Chi la compose a queir allo suo destino di dovere, come fu detto, in sé raccorrò gli sparsi imperi, e sorgere madre comune delle nazioni? Non furono cer- tamente i Greci, come dal volgo si crede: il Genio etrusco la creò. Dice Dionisio d'Alicarnasso, Romolo avere edificato templi e delubri, consacrandovi le immagini degli Dei; ma, soggiunge Cassiodoro, avere egli tolto l'arte di quei simulacri dai Tusci. Plinio stesso racconta che Numa accordò la cittadinanza alle arti etrusche , e instituì. il settimo collegio pe' modellatori etruschi Questi operavano figuline di maravigiioso artificio atte a resistere
alìe intemperie ed alle età , e di una composizione traente a quella che poi Luca delia Robbia restaurò. Tarquinio Prisco eziandio chiamò a Roma Turiano etrusco, e gli allogò la statua di Giove da dedicarsi in Campidoglio: e 'Furiano operò in quella sua mistura lavoro di tanta (mitezza che ottenne di modellare le quadrighe da collocarsi sugli aeroleri del tempio. Nota final- mente Varrone tutti i templi romani di quella età non essersi fregiali che di etruschi adornamenti. — Fondale così dagli Etruschi le arti sul Tebro vi crebbero poi sempre. —
I vasi etruschi lavorali con finissima arte e adorni di ben di- segnale figure, che in molta copia si veggono nelle gallerie di Firenze, di Roma e di Napoli, e che in buon numero si sono trovati anche di recente nei contorni di Capua e di Nola, oltre ai celebri monumenti di Pesto, che dagli eruditi pur voglionsi opere degli Etruschi e anteriori alle greche, abbastanza dimo- strano quanto progresso nelle belle arti prima de' Greci mede- simi avesse fatto quell'antichissima nazione, che gran parte del- l' Italia allora occupava. Da ciò è facile argomentare , quanto anche dovessero esser colti nelle scienze, che sogliono venire in seguito, o andare di compagnia coli' arti belle. Nella religione sappiamo pure, che i Romani da essi trassero molti riti, e spe- cialmente gii augurj e gli aruspiej. Ma nel rimanente perite son le memorie e nulla di cerio possiam di essi affermare.
Le epoche più memorabili ove il genio dell' uomo apparve in tutte le sue fasi, ora come un sole che tulio anima, vivifica, illumina, abbellisce; ora come una minacciosa meteora che lutto pone in disordine, che tutto distrugge, che tutto arde e che tutto può rigenerare., sono: le epoche di Zoroastro, di Mosè, di Sesostri., di Semiramide, di Salomone, di Alessandro, di Pericle (1), di Nu- ma, di Cesare, di Augusto, di Giuliano l'apostata, di Maometto, di Carlomagno, delia Cavalleria, delle Crociate, di Haroun-al-Raschid^ del Medio evo, di Federico I re di Sicilia e d' Aragona., della Bussola, della Polvere, della Stampa (2)., di Francesco i e Carlo V,
(4) Primi legislatori delle epoche conosciate: Osiride in Egitto; Zoroastro in Bac- triana; Oromaso in Persia; Maometto nell'Arabia; Caronda in Sicilia; Solone in Atene; Zamossi nella Scizia; Minosse in Creta; Licurgo in Lacedemonia; Numa in Roma ; Confucio nella Cina.
(2) Il signor Taragre, parlando dei progressi della stampa, dice che essa viene ad essere all'uomo quasi un nuovo e potente organo per mezzo del quale egli si fa
8 del risorgimento delle lettere e delle arti, di Cosimo, Sisto quinto,, dei Medici, di Lorenzo de' Mediei detto il Magnifico, di Mac- chiaveli;, Giulio II. di Cristoforo Colombo., di Leone X, di Lu- tero, Calvino, Elisabetta d'Inghilterra, di Cromweil, di Pietro il Grande., di Carlo XII, di Luigi XV, di Richelieu, di Luigi XIV J dei Reggente Filippo duca d'Orléans., degli Enciclopedisti 3 di Giuseppe lì, di Maria Teresa., di Leopoldo, della Rivoluzione francese,, del Consolato di Bonaparle e dell' imperatore Napoleo- ne 1, e l'epoca in cui avvenimenti straordinari innalzarono al irono di Francia Luigi Filippo. — • Nella nostra età sì grande, sì straordinaria, sì memorabile, il genio spaziando per i due emisferi opera mille e mille prodigi. — Si osserva con mera- viglia e grande interesse le moltiplici forme ed i. svariali caratteri del genio dell'uomo operante con indicibile forza, ed imprimendo ai mondo intero la sua onnipotenza. Nel secolo XIX l' industria, il commercio., il vapore , le strade ferrate , il telegrafo elettrico, l'applicazione dei gaz., il perfezionamento della marina e del fa tattica militare., la politica , la storia, il giornalismo., il magneti- smo, la frenelogia, la craniologia^ l'analogia di Porta, la lettera- tura., le belle arti e i teatri giunti a un sì aito grado, sembra- no dimostrare i limiti dell' umano ingegno.
In codesti movimenti dell'umano intelletto si vede quale sia il nuovo Prometeo , la sua forza e la sua estensione. Si ammira l'uomo nei farsi emulo della divinità, e desioso di avvicinarsi alla sua divina origine — La potenza, la nobile ambizione, la magniti- eenza dell'intelletto si scorgono in Salomone, in Mosè,in Alessandro, in Cesare, in Napoleone ed in tutti i grandi conquistatori , e le- gislatori. La volontà, l'emulazione, l'ardire sovrumano, si riscon- trano negli scopritori (1), negli inventori, quali: Archimede, Pli- nio, Galileo, Torricelli suo discepolo, Bacone, Newton, Cartesio, Cassini., Leibnilz, Ticho-Brahé , Copernico, Kepler, Volta. Gal- vani , Huyghens che perfezionò gli orologi. La parte prin- cipale di quest'arte., o, per meglio dire, scienza, è la teoria del mo-
intenderc ad ogni distanza e in ogni parte. Col mezzo della stampa, i popoli si mantengono in continua comunicazione. Per essa le idee, i sentimenti, le opinioni si propagano con la rapidità del fluido elettrico, e le nostre commozioni non ces- sano che al punto ove non si sa più leggere.
{{) Quelli sopratutto che ci dimostrarono per quali mezzi il nostro globo porla quasi novecento milioni di uomini.
9
vimenlo dei corpi , la quale comprende ciò che la geometria , il calcolo, la meccanica e la fìsica hanno di più sublime. Famoso ed unico è l'orologio di Giacomo deJ Dondi padovano. Questo celebre orologio marcava, oltre le ore, il corso annuale del soie,, seguendo i dodici segni dei Zodiaco, ossia i dodici mesi dell'anno, col corso dei Pianeti, e ciò tutto secondo le teorie astronomiche di que'tempi. Questo meraviglioso orologio, che fu situato sopra la Torre del Palazzo di Padova nel 1344, valse all'autore ed a'suoi discendenti il sopraoome Dell'Orologio che in seguito non si dis- giunse mai dal nome.La famiglia Dondi Dell'Orologio esisteva con ono* re, non ha guari, in due rami; unoera aggregato al corpo dei Patrizi Veneti, ossia all'antica nobiltà veneta, e l'altro onorato del titolo di Marchese. Italia fu sempre maestra d'ogni cognizione e d'ogni costume! — In Marco Polo, Colombo, Amerigo, Tolomeo, Gullem- berg, Galvani, Francklin, Cassini, Piazzi, Volta, Laplace, Lagrancia, Aldini, Bertoldo Tedesco — inventore delle bombe — in Chiap- pe (1), Réaumur, Montgohier, Fultoo, ed in altri si rinviene il ge- nio inventivo per eccellenza.
« grand' opra
A fin condotta, alto dell' uom trofeo Nell'arti, e Vapor detta, ondo l'esempio Util die l'Anglia, e la mia patria il primo Foco sepolto del sovran pensiero. »
Uberti.
(4)v Questa bella non meno che utile invenzione dello Chappe fu chiamata da un francese, Poste aériemie, o Poste aux parolcs. Questa corrispondenza per segnali, data dal 4793. Ella trasmetteva a Parigi le notizie di Calais in Ire mi- nuti, con 27 telegrafi; quelle di Strasbourg in sette minuti, con 4(J telegrafi; e quelle di Brest in nove minuti, con 80 telegrafi. Per il Telegrafo i prodotti non materiali dell'intelletto hanno il vantaggio che essi possono trasmettersi con semplici segni a grandi distanze, dimodoché trasmettendosi il segno si trasmette il pensiero significato. Così codesto mezzo di communicazione fra gli uomini è il più rapido di lutti. La Telegrafìa supera la prestezza della slampa. Coli' ajulo dei segni telegrafici il pensiero dell'uomo sulle ali della luce traversa le regioni dell'aria, e come lampo vola per lo spazio. Mima locomativa può stare al paragone del Telegrafo ; un suo segno in un minuto di tempo percorre cin- quanta miglia di distanza. — Egli è vero che la Telegrafìa non può essere ap- plicata a tutti gli estesi usi della slampa, nullameno, come osserviamo, trasmette con prodigiosa prontezza i fatti, potendosi anche per essa stabilire dialoghi a grandi distanze. Alla rapidità del pensiero, della luce, del suono, tien dietro su- bito quella del Telegrafo. Il telegrafo elettrico è una delle maraviglie del nostro secolo.
2 3
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È opinione ricevuta anche dagli stranieri, che primi gli Italiani abbiano presentito i vantaggi che s'ottennero della forza del vapore.
In Canobio., divisione di Novara, nacquet'quel Giovanili Branca, che fé' in Milano nel 1627 ia prima pubblica esperienza della forza motrice del vapore dell'acqua bollente sur un molino da lui ideato, ma l'accidia dello'spagnuolo reggimento lasciò perdere all'Italia que- st'importante ritrovarne!} to e ne rimase più tardi la gloria agli estranei.
Papin (1682) trovatore della valvola di sicurezza. Watt (1769) inventore delia macchina a vapore, quindi [i progressi fatti da Perier( 1775) e da Roberto Fulton (1807). Questo celebre mec- canico americano f inventò varie importantissime macchine, fra le quali il battello per navigare sotto l'acqua, il mezzo di fare sal- tare in aria i vascelli , e finalmente i battelli a vapore (1767-1815).
Salomone di Caus nel 1615, Worcester nel 1663, scrisse- ro [una sola pagina per ciascuno sopra la forza del vapore; il primo è autore di una esperienza che dimostra chiarissimamente gli effetti di cotesta forza, appena conosciuto, anche in Francia; il secondo il cui stile è oscurissimo, fu posteriore di un mezzo secolo a Salomone di Caus; egli è considerato generalmente in Inghilterra, come l'unico inventore delle macchine a vapore, quan- tunque non esista alcuna pro\ a certa che ne abbia fatto costruire una sola. Saverj, inglese, ha incontestabilmente composto la prima macchina a vapore elevata, ed egli è situato nella volgare opinione , al disotto di Worcester, e questi è rarissimamente messo in pa- rafilo co' suoi predecessori.
Robert Stuart ha riconosciuto Dionigi Papin di Blois come l'inventore della macchina detta atmosferica; ma altri scrittori inglesi sono di opinione contraria, fra i quali il dott. Robinson. La memoria che Papin pubblicò nel 1609 negli Ada eruditorum di Lipsia, toglie ogni dubbio intorno alla priorità d' invenzione do- vuta al Papin. Vari inglesi , errando , hanno voluto in vece che Newcoman fosse l'inventore.
La vastità, la perspicacia, la profondità si rinvengono in Omero, in Aristotile, in Platone, in Dante, in Macchiavelli, in Shakspeare. L'industria, l'invenzione , nei meccanici: Archila ., Cassini, Vau- canson, Alberto Magno (che formò una testa di bronzo che arti- colava varie parole), Mical, il suo emulo, Giulio Camillo ed altri , come pure negli architetti j nelle arti e nei mestieri.
Il genio imitativo è quello che guida la poesia, la pittura, la scultura, la musica; il ballo. — II genio riordinatore ^ rinnovatore,
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rigcneratoru fu quello che inventò la bussola, la polvere, la slampa, la meridiana, gli occhiali, le poste, il telegrafo, il vapore, À codesto genio si unisce l'altro genio dei progressi, quello dei Vico, dei Vol- taire (1), dei Montesquieu, dei Filangeri, dei Rousseau, dei Buffon, dei Condillac, dei Romagnosi e di molti altri uomini privilegiati che tanto nobilitarono l'umana specie senza per altro tenerla lontana sem- pre dalla via del falso e degli errori. Minerva non presiedette sempre alle loro stupende opere. L'Ente degli enti non volle che la per- fezione fosse cosa terrena. Ma non è forse bastante all' uomo la forza accordatagli ? — Dalle operazioni riunite della ragione e del genio nacque ìa filosofìa, ossia l'amore della sapienza. La fi- losofia non è figlia dell'immaginazione, essa è l'esercizio dell'umana ragione, è ciò che la ragione produce di più utile, di più nobile., di più grande.
La filosofia ammaestra 1' uomo in tutto ciò che può concorrere al suo benessere, e l'illumina sopra ogni cosa; essa è la ricerca della verità, dei problemi che più importano alla condotta del- l' uomo. La filosofia è la libertà medesima dell' intelletto umano co' suoi pericoli ed i suoi vantaggi. Essa esamina, discute, ricerca nelle scienze esatte la natura materiale ; e nelle scienze morali e politiche si sforza di conoscere le leggi dell' uomo e della società, ciò che fecero Socrate, Aristotile, Platone, Cicerone, Plinio, Plutarco, Giordano Bruno, Telesio, Galileo, R. Bacone, Erasmo, Newton, Bayle, Pascal, Malebranche, Montaigne, Guidotti, Cartesio., Leiboitz, Vico, Locke, Clarke, Draghetti, Stellini, Wolf, Bonnet,Hutchenson, Con- dillac, Genovesi, e molti altri uomini grandi (2).
I primi studiosi della filosofia, ed i primi popoli che ne rice-
(1) Rivarol, dopo avere osservalo nel suo magnifico discorso della universalità della lìngua francese, ohe, Voltaire regnò un secolo, sempre facendosi degli ammi- ratori e dei nemici, dice, caratterizzo n do codesto genio straordinario, « L'infaligablc mobilitò de son àme de feu l'avait appelé à l'histoire fugitive des hommes. Il at- tacha son nom à toutes les découvertes , a tous les évènemens , à toutes les re- volution de sontemps, et la renommée s'accoutuma à ne plus parler sans lui. Ayant cache le despotisme de l'esprit sous des gràces tojours nouvelles, il devint une puisance en Europe, et fut pour elle le francais par excellence, lorsqu'il était pour les Francais Tuonarne de touts les lieux et de touts les siécles. Il joignit en- fin à Tuniversalité de la langue son universalité personelle. » L' Italia possiede Macchiavelli ! Genio vasto, profondo, sublime, enciclopedico.
(2) Però sono da considerarsi come sistemi erronei, V Idealismo a cui si ab- bandona spesso Platone; i Vortici di Cartesio; le Monadi di Leibnitz ; le Visioni in Dio di Malebranche.
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veliero la luce furono Zoroastro, i Magi, i Caldei ed i Persiani; — Ermete e gli Egizj ; indi gli Arabi, i Cabalisti, gli Ebrei, San- cooialone (i) ed i Fenici; i Bramini e gl'Indiani.
L' India fu per lungo tempo considerata come la cuna della specie umana, il paese dei miracoli. Gii antichi non ebbero sino ad Alessandro che tradizioni meravigliose intorno a quelle con- trade. Sembra, secondo le moderne indagini, che le arti dell'In- dia e le loro cognizioni fossero ereditate da' Persi.
La prova storica, la più forte., la più decisiva che le Indie s' incivilirono dalle più remote età, è l'indentila di sistema reli- gioso e politico degli Indiani nel secolo d'Alessandro con quello che vediamo nel moderno Indostan. I Macedoni vi trovarono le divisioni per caste, tutte le specie di Fachiri che fecero maravi- gliare i viaggiatori moderni, le Devadesi o fanciulle addette al servizio dei tempi; — l'uso che condanna le vedove ad immo- larsi sulla tomha dei loro sposi, ecc. (2).
La famosa accademia di Benarès, magnifica capitale e centro d'incivilimento,, diede un secolo di 'luce all'Asia, molto tempo prima della nascita delle Repubbliche del Peloponeso. — I Fe- nici, quei grandi navigatori che si potevano considerare come i i Genovesi, i Veneziani, i Pisani e gì' Inglesi di quell't poca , erano allora i fattori dell'Europa, cambiavano con l'oro libri, slampe, quadri. Grandi istitutori degli uomini ., e primi popoli inciviliti fu- rono: Confucio ed i Cinesi; Atlante ed i Mauritani; Orfeo ed i Traci; i Greci: i sette savi; la scuola di Talete, Anassimandro ài Mileto , Socrate, Euclide, Fedone 3 Menedemo , Timeo di Locri , Platone , Arcesilao , Cameade, Aristotile , Zenone , Epi- curo , Pittagora , Antistene , Aristippo , Senofane, Pirrone; « — gli Etruschi* i Latini; — Potamone , Atenagora ed i suoi se- guaci; -— i Padri e i dottori della chiesa: sant'Agostino, san Giovanni , san Cristoforo , sani' Ambrogio , san Gregorio , san Geronimo, san Basilio, sant'Ilario, san Damasceno, san Tomaso d' Aquinio ; Scoto , Alessandro d' Alessandro , Pietro di Taran- tasia , Riccardo di Modiaviile , Ugo di san Vittore, ed altri
(i) Storico fenicio, uno de' più antichi che si conosca, scrisse intorno alla teologia e le antichità del suo paese. Non si sa l'epoca in cui visse; gli uni lo fanno contemporaneo di Semiramide, altri di Gedeone, giudice d'Israele. ;
(2) Se si considera gli antichi monumenti peruviani, quelle colossali e tremende moli, non v' ha dubbio che in quelle contrade sia stata, prima delle altre ant chissime nazioni, la civilizzazione.
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sostegni della morale religiosa, e metafisici j dialetici , e teo- logi insigni ; — indi Ammonio , Sacca , Averroe , Avicenna ; — gli Scolastici; — ■ seguirono i moderni Telesio , Gassendi , Poliziano , Ficino, Pico della Mirandola, Cardano, Giusto Lipsie; Eusio, ecc. — Dopo, i filosofi italiani, inglesi, francesi, tedeschi che abbiamo già citati, e che furono maestri dello scorso secolo e del nostro.
Le principali grandi epoche della filosofìa fisica allorché si ri- volse a conoscere, a indovinare il corpo deli' uomo sono: 1. Quella di Aristotile; 2. quella de5 Medici; 3. quella ove si scrisse la grande, e benché imperfetta., utilissima opera dell' Enciclopedia; 4. quella del XIX secolo, il nostro. Molti secoli abbisognò l'umano ingegno, onde fare i primi passi in questa profondissima e vastissima scienza; ma poscia dall'epoca degli Enciclopedisti sino a noi progredì con una rapidità indicibile. I Romani, i quali erano sommamente tra* sportati ed avevano tanto gusto per l'eloquenza e la poesia, eb- bero ben poca inclinazione allo studio delle scienze fisiche e delle scienze astratte. Non così i Greci che furono universali in ogni maniera di studi, e nelle scienze naturali specialmente avrebbero moltissimo progredito ove fosse stato loro concesso di conoscere le invenzioni e le scoperte dei moderni. — - Non fu che un se- colo circa prima di G. C. che i Romani si diedero a coltivare le scienze; e Lucrezio fu il primo che diede loro un forte impulso. Per esempio, l'astronomia in Roma era tanto sconosciuta nel- l'anno 564, che secondo Tito Livio si ordinarono preghiere pub- bliche durante tre giorni a motivo di un'ecclisse di sole, il quale comunemente si credette un prodigio. II filosofo Seneca che scri- veva verso l'anno 50 circa della nostra era, confessa essere po- chissimo tempo che si conosce con certezza la cagione dell' ec- clissi di luna. Non ebbero i Romani alcun astronomo, né alcun geometra che abbiano lasciato qualche nome. I loro migliori fi- sici ed i più stimati sono Lucrezio e Plinio, i quali posti a riscontro di un Newton o di un Galileo ognun vede quale immensa di- stanza passi fra di essi. La fine de!!o scorso secolo fu un'epoca animalissima, piena di movimento, i cui studi, la cui letteratura appartenevano alle vicende storiche., ed i lavori dell' intelletto, e gli slanci morali vi esercitavano una potentissima influenza, e concorsero a grandissimi avvenimenti. Gli uomini dipendevano direttamente dai politici e civili affari, e questi dalle menti e dalle azioni loro. Un uomo dava origine ad una circostanza, I* a-
14 iimentava, l'ingrandiva e questa vicendevolmente dava la spinta a uomini che agivano giusta l'impulso e secondo il carattere di quello,
Niun'epocacome questa fusi fertile di cose, sì piena di fatti, sì ab- bondante di azioni di ogni genere, sì mobile, sì versatile, si svariala, sì contrastala, sì grande, sì terribile., sì rapida j sì distruggitrice, sì rigeneratrice. La sua attività elettrizzante operò fortemente su i due emisferi. Si osserva con istupore come la Francia., divenuta ero- nuove idee, abbia potuto vedere in 40 anni, cioè dal 1750 a! 1790, prendere nello sviluppo dell'umano ingegno, uno slancio di quella fatta, quasi direi soprannaturale, ma pure troppo violento ! Da Montesquieu e da Fontenelie, ancora viventi (1), da Buffon (2), dai colosso dell' Enciclopedia (3), da G. G. Rousseau (4), da Vol- taire (5), da Rajnal (6), dai loro discepoli, da Mirabeau (7), si eb- bero scritti in gran copia che sparsero per tutto il globo nuove idee, e spesso idee ripetute, le quali alimentarono codesta storia di quarantanni, e condussero alla Repubblica, al Consolato ed al- l'Impero, e quindi a preparare l'età presente in cui si epurò., si calmò l'intelletto umano, in cui la sana ragione pose ordine e freno regolandolo e dirigendolo verso la quiete ed il ben essere generale.
Riflettendo sullo spirito filosofico del paese di cui ci occupiamo, vediamo quattro epoche rappresentate in un modo rimarchevole da quattro uomini , i quali riepilogano il loro carattere intellet- tuale e morale; e questi sono: Montaigne, Molière., Voltaire, e Beaumarchais. Quest'ultimo merita di essere considerato più che altri non creda, egli indovinò la sua epoca.
La nuova scuola filosofica non adotta alcun sistema; essa li studia, li compara tutti; ne fa delle applicazioni e non adotta se non ciò che è razionale; perciò gli hanno dato il nome di eclet- tismo. Il gran numero di sistemi esclusivi s' incrocicchiano, si
(!) Avevano compila la loro missione e le loro opere.
(2) Appena pubblicata la sua magnifica Storia naturale, egli morì in quest'epoca.
(3) Questo vasto ricettacolo delle umane cognizioni, fu condotto a termine po- steriormente.
(4) Scrisse durante quegli anni, indi a non molto morì.
(o) Dettava ancora grandi opere storiche e tragedie energiche. Sepolto in un cantuccio della terra, le sue ceneri in seguito vennero dal popolo trasportate in trionfo al Panteon.
(6) Il quale volle ritrattarsi dai principii da lui emessi nella sua celebre opera; ma ebbe ia sorte di Cassandra , sgraziatamente non fu creduto !
(7) Ingegno grande e potente che forse colla morte evitò grandi vicissitudini.
15 frammischiano, si combattono, si distruggono gli uni gii altri ed in questa confusione di idee vanno anche perdute le migliori, ed in fiue ii dubbio è ìa sola conclusione che si possa dedurre nello studio di codeste opere, d'altronde scritte da uomini dotti e di molto ingegno. Il dubbio necessariamente conduce all'indifferenza, l'indifferenza alio scetticismo, e lo scetticismo è il carattere do- minante della filosofia dello scorso secolo. Questo è certamente più nocivo che utile ai progressi della vera filosofia. Dunque l'eclet- tismo in filosofia è professato da tutti quelli che fanno uso della più bella facoltà che V uomo abbia ricevuto dalla Divinità , la ragione.
Assai guardinghi si deve essere nello studiare i sistemi dei fi- losofi. Alcuni uomini impiegano la loro vita a rovesciare sistemi che altri prima di essi stabilirono. Perchè? non è certamente che l'umana ragione sia troppo debole per giungere alla verità, poi- ché mille prove abbiamo del contrario nelle scienze matematiche, ma perchè formando una nuova teoria, lo scrittore consulta spesse volte non le sue cognizioni , ma sibbene la sua immaginazione. Si legga l'istoria della filosofìa antica e moderna, e si leggerà V istoria degli errori e delle verità che successivamente regna- rono nel mondo. Si è detto che i sistemi sono i romanzi dei sa- pienti, ed un buon numero di sapienti sono profondi romanzieri o imaginosi poeti.
Sembra essere nociva una dottrina filosofica bella e fatta , come si suol dire. Basta un falso principio per pervertire T intelletto meglio organizzato; e tali falsi principi non sono scarsi negli scritti di molti uomini di merito distinto. V uomo che brama conoscere sé stesso, che brama studiare l'umana specie sotto tutti i suoi aspetti, e che vuole penetrare nel tempio della Sapienza,\Ì2itiio in riverenza fra gli antichi, mirabile Dea che ad alcuni dei suoi prediletti concesse il proprio nome e furon detti Sapienti, dee dirigersi verso uno scopo. Esiste un gran nu- mero di scritti ove la metafisica non usurpa il posto delia ve- rità, i quali sono accessibili a tutte le intelligenze. Abbiamo consultato queste opere ogni qual volta faceva d' uopo al no- stro soggetto. Grandi scopritori del mondo morale furono gli an- tichi e lo dipinsero in tutto con esattezza, con verità ed energia. Ai moderni è stato concesso di svolgere, di conoscere, di ana» lizzare., di comprendere, e di ritrarre il mondo fisico. È questa la più grande gloria dei pregressi dell'umano intelletto!
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Nella morale, gli scrittori greci e latini ci hanno lasciati pre- ziosi tesori, ai quali aggiunsero altre cognizioni ed osservazioni illustri moderni. Onore della scienza morale sono : Socrate, Pla- tone, Aristotile, Teofrasto, Epicuro, Diogene, Metrodoro, Zenone, Plutarco, Epitteto, Seneca , Cicerone che tanto grandeggia, che tanto sublime si alza fra gli antichi, Marco Aurelio, detto il filo- sofo, il più saggio ed il più virtuoso degli imperatori romani, le cui Riflessioni morali, sono considerale come il Vangelo dei Pa- gani. Qual più grande elogio di questo! — I due Baconi, Montaigne, Macchiavelli, Charron, Cartesio. Grozio, Puffendorf, la Bruyère, La Rochefoucauld, la Chambre, Fénéion, Montesquieu, Steliini, Mu- ratori, Vico, Buffon, G. G. Rousseau, Voltaire, Pope, Beccaria , Filangeri, Genovesi, Weiss, Chesterfield, Vauvenargues , Dugald Stewart, e tanti altri celebri moralisti moderni, non che i favo- leggiatori alla testa dei quali si pongono Esopo e Lokman (1). Dalla più aita morale furono dettati i Libri Sapienziali; i Libri Profetici, il libro di Giobbe, quello dell' Imitazione di G. C. Le Meditazioni di s. agostino, e gli scritti dei grandi legislatori fra i quali non devono essere dimenticati Confucio e Mencio.
Gli antichi filosofi, dopo di avere attentamente osservalo il fisico dei loro discepoli, si occupavano del loro intelletto. Sapendo essi che l'anima dipende dal corpo, come il corpo dipende dal- l' anima, e che in tal modo il fisico ed il morale camminano e progrediscono quasi sempre di comune accordo; essi, su questa teoria della natura,, regolavano le loro sagge lezioni. Uno de'prin- cipali oggetti del naturalista è di descrivere le passioni, le virtù, i vizi nel loro effetto fisico, ed il moralista negli effetti che essi producono sopra l'anima. Lo scrittore le dipinge nella loro azione, e nei loro effetti fisici.
I primi luminari del risorgimento della filosofia moderna, sono: F.Bacone, Galilei, Copernico, Macchiavelli, G. Bruno, Telesio, Car- tesio, Erasmo,Gassendi5 Linneo, Newton, Leibniz, Bayle., Halley Gra- vesande,Derham., Montesquieu, Voltaire, Rousseau, Buffon, Bay nal, Locke, CondiilacJIarlley, Genovesi, Vico, Steliini, Romagnosi, d'A- lembert, La Romiguière,Boanet, Réaumur, Lavoisier, Gioberti, Ro- smini ed altri uomini che s'illustrrrono in tulle le scienze superiori qualfsi compone la filosofia che tanto fa maggiori i moderni degli
\) In Landi e nei Racconti arabi trionfa spesso la migliore morale.
17 che abbiamo già nominali e di cui abbiamo caratterizzato 1* in- gegno nella nostra Statistica intellettuale.
Ma fra le grandi ed utili operazioni dei moderni dotti, si è quella di avere applicalo a vari rami della letteratura, delle scienze e delle arti, la filosofia, facendovi concorrere alla loro utilità, la sua forza e la sua luce. Bayle, Voltaire, Rousseau, Spi- nosa, Hobbes,Hume, Elvezia, Barklaj, Merian, Shaftesbury, Mendel- shon, Sultzer, Kant, Zanetti, AlgaroUi, Herder, Iloegel sparsero di filosofia i mille vari soggetti che trattarono. -— Lancelot, Gerard, Dumarsais, Condì Ilac, Barelli, Beauzé, d'Oli vet, Perticar!, Gherardini, Corticelìi, Pistoiesi, De Brosse, ecc., scrissero filosoficamente sulle quistioni grammaticali. — Con mano ardita scossero la fiaccola della filosofia sulla storia, Macchiaveìli, Voltaire, [lume, Gibbon, Robertson, Roscoe, Botta., Giannone, Miiller, Rajnal, Milton, Denina^ Colletta, Sismondi, ecc. — Con profonda e sublime filosofia fu presentata la scienza della legislazione da Filangeri, Montesquieu, Macchiaveìli, Beccaria, Mario Pagano, Grozio, Puffendorf, G. G. Rousseau, Gra- vina, Mably,Schmitd, Vico, Romagnosi, ecc. All'economia si applicò la filosofia, ciò che fecero con molta acutezza e perspicacia cT ingegno, Genovesi, fiume, Mirabeau, Necker, Turgot, Morclet, Carli, Verri, Melchiorre Gioia, ecc. Grande utilità e maggior perfezione tras- sero le arti beile dalle speculazioni filosofiche, ciò che si vede negli egregi scritti di Winckeknann, di E. Q. Visconti, Milizia, Leonardo da Vinci, Burkc, Dubos, Cieognara,ecc. Altamente filo- sofiche sono le tragiche rappresentazioni di Metastasio, di Vol- taire, d'Alfieri, come pure lo sono le comiche rappresentazioni di Molière e di Goldoni.
Fa d'uopo ripeterlo : i prodotti della filosofìa, le scienze, dice il cancelliere Bacone, sono come una piramide, di cui la Storia naturale forma la base; — la Fisica è il mezzo, — e la Metafi- sica occupa la sommità.
Analizzando filosoficamente questo rapidissimo quadro sinot- tico dell'operare filosofico dell'umano ingegno, si vedrà che, dalla poesia sino alla meccanica, il compimento di ogni arte è l'uomo. Tutte le operazioni morali e intellettuali rappresentano 1' uomo, e tutto ciò che opera l'uomo non è altro che il risultalo de' mo- vimenti delle sue facoltà.
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CAPÌTOLO il
GENIO DELLA SOCIETÀ .
LJ uomo è nato per vivere co' suoi simili, amarli, esser loro utile e nei casi di bisogno prestar loro ajuto e soccorso. E per- ciò la natura impresse nel fondo del nostro cuore il sentimento dell' amicizia, dell'amore, non che quella interna compiacenza di poter giovare ai bisogni del nostro simile. Le affezioni che do- minano l'anima nostra costituiscono la base della società, e for- mano la catena per la quale l'uomo è avvincolato all' uomo. La società è un' immensa macchina , le cui innumerevoli molle, gli uomini, affatto differenti gli uni dagli altri, e retti con prudenza e giustizia, compongono un insieme pieno di movimento e d'ar- monia. Nulla vi ha di più ammirabile che l'andamento di questa macchina, ove si agitano incessantemente e con tanto ordine i diversi caratteri, le diverse passioni, i diversi sentimenti, i di- versi gusti, gl'interessi, gli stati, le condizioni, le opinioni, gli usi, i costumi , le leggi 3 la forza , la debolezza , la superiorità , la inferiorità ., ed ogni contrasto possibile. Questo movimento a quando a quando cangia aspetto a tutte le cose del mondo ed è per tal modo che sì formano le differenti epoche. — Le molle di questa sterminala società, vale a dire gli uomini, parte sono plebei, utili cittadini per il loro travaglio ed industria, e parte nati in altissime condizioni, celebrate nei fasti della storia, formano il consiglio, l'onore e la forza dello Stato.
Queste sono le due principali classi della società, dalle quali poi derivano tutte le altre classi intermedie che dalla forma dei governi, dalla civilizzazione e dal genio delie arti sono state sta- bilite. A reprimere e contenere , a tenere in freno le sfrenate passioni degli uomini , saggi legislatori inspirati dalla ragione più sublime e dall' amore del prossimo, stabilirono leggi, ed a tale intento presero per loro guida sicura l'intimo sentimento della legge naturale, santa legge che la divinità impresse nel fondo del cuore umano, il cui principale precetto si è l'essere buono j giusto e Y amico del suo simile.
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Uomo debole, soccorri ii tuo fratello se tu vorrai eh' egli ti soccorra ; questa è la base di tutta la morale; — ama il tuo pros- simo se tu vuoi essere amato; sii giusto e servizievole,, se tu vuoi eh' egli ti slimi; questa è la base della felicità. — Ragio- natore perverso, tiranno o schiavo, se la tua moglie, se i tuoi figli, se la tua famiglia, se quelli che ti circondano ti odiano, tu sarai disgraziato; — se la tua coscienza ti avverte che sei di- sprezzato, se gli sguardi, i discorsi od il silenzio istesso di quelli che li avvicinano te lo fanno capire, tu certamente maledirai la tua esistenza. Essere felice senza essere amato né stimato da nes- suno è un problema , che niun malvagio ha potuto sciogliere sino ad ora.
Coi primi precettori del genere umano, con quelli, cioè, che primi si occuparono delle regole della morale dell' uomo, e che gli dettarono le prime leggi, in oltre de' grandi uomini che abbiamo citati, bisogna far menzione dei Brami dell'India, dei Magi della Caldea, dei Muban delia Persia, dei Nabirn dell'Egitto, del Zenda- vesta dei Persi, decersi di Lokman, delle canzoni, de'Saadi, dei Rapsodi dei Greci, dei Bardi degli Scandinavi, Caledooj, e Celti, de' Canti di Odino e di Ossian, de' cinesi Confucio e Mencio., che molto si occuparono di filosofia morale e politica, e de' due mirabili legislatori, Caronda in Catania, e Zeleuco in Locri. — Sappiamo sino a qual punto di perfezione i nostri filosofi e moderni pu- blicisti abbiano portato V ordine e le regole della società con sublimi scritti sullo spirito della legislazione, dovuti a Macchia- velli, Montesquieu, Filangeri, Vico, G. G. Rousseau, Genovesi, D'Aguesseau, Beccaria, Mario Pagano, Spedalieri, ed altri sommi ingegni (1). E in mezzo alla società ed in seno ai progressi della civilizzazione che il genio dell'uomo si sviluppa e sJ ingrandisce, che l'anima s'infiamma, che i desideri aumentano, che i bisogni si moltiplicano; ed è da questo movimento spirale, per così dire, che sono nate le arti utili, e le arti dilettevoli e di piacere; le scienze, gì' idiomi, V agricoltura, l'astronomia, la religione, la geo-
(i) L'Economia politica, utilissima scienza, fece in Italia in questi ultimi tempi grandi progressi, i quali principalmente sono dovuti alla perspicacia ed al sapere di Filangeri, di Beccaria, Mario Pagano, Algarotli, Genovesi, Verri , Gioja, Pa- gnini, Gagliani, Briganti, Corniani, Montanari, Paoletti, Caraccioli, Mengotti, Palf mieri, e molti altri dottissimi scrittori. La statistica, l'amministrazione, il censo, l' idraulica sono giunti al loro apogèo.
20 metrta, la scrittura, V architettura t il commercio , l'industria, i mestieri, la navigazione , la legislazione , la civiltà , la morale, ia politica, la legge della pace e della guerra, l'economia politica, l'eloquenza, la poesia, la scoltura, la pittura, la musica, le arti teatrali., l'istoria, la cronologia, la geografia, la statistica, l'isto- ria naturale, la fisica, le matematiche, la meccanica, l'anato- mia, la fisiologia, la medicina, la botanica, la chimica, l'ottica, le alte scienze metafisiche e teologiche; — le grandi invenzioni e scoperte dei moderni , fra cui quelle che hanno maggiormente influito sopra gli avvenimenti che tanto agitano e tengono in mo- vimento il nostro globo sono: ia stampa, la bussola, la polvere, il vapore, l'orologio, le poste, il telegrafo, i telescopi, i micro- scopi, i parafulmini, la meridiana di Cassini, il ventilatore di Halìej, la pila di Volta, il galvanismo, l'elettricità ed i lavori dei due Baconi, di Galileo, di Copernico, di Newton, di Piazzi, di Volta, di Buffon, di Borelli, di Torricelli, di Leibnitz, e di tanti altrisapientied illustri filosofi che noi abbiamo già di sopra citati. — Tutti coloro che si occuparono dei diritti dell'uomo, e della legge naturale, hanno giudicato essere moralmente impossibile che uomo potesse vivere al mondo senza essere soccorso dagli altri, per non trovarsi in condizione peggiore ancora di quella delle bestie.
Fra gli scrittori moderni che si sono occupati con saoa dot- trina e vera filantropia della morale, dei legami della società e delle leggi, si distingue il celebre Puffendorf. Egli stabilì perfet- tamente ì principii morali de' doveri dell'uomo e del cittadino, nella sua grande opera Del diritto della natura e delle genti, ove si scorge molto studio e mollo genio. Questo insigne lavoro del publicista tedesco , è luminoso ., metodico 3 profondo , solido, e, nello istruirci intorno alla sorgente e sulì' importanza de' no- stri doveri, ci convince e ci persuade che il primo ed il più grande nostro interesse è di adempirli con una scrupolosa esat- tezza; e queslo fu pure il grande principio de' moralisti dell'an- tichità. Barbeyrac , il traduttore francese di Puffendorf, ha ag- giunto all' opera di quello, delle eccellenti annotazioni, le quali illustrano alcune cose alquanto oscure. — Samuele di Puffendorf, era figlio di un pastore di un villaggio della Sassonia presso Misnia. Le sue opere che trattano del diritto pubiico e del diritto naturale, gii cattivarono il favore di tulli i principi della Germa- nia. Egli nacque nel 1631, e morì a Berlino nel 1694. — Puf- fendorf è uno degli oracoli de' moralisti e de' legislatori. — Lb
sua Storia di Svezia è molto stimala per la sua esaltezza, ed è degna di un vero filosofo moralista e legislatore. Ciò che mollo contribuì alla fama dei Puffendorf furono i suoi scritli sopra le opere di Grozio, specie di commenti, i quali onorano questi due sommi. Ugo Grozio, uno dei più profondi eruditi e dei più grandi publicisli dei tempi moderni, nacque a Delft nel 1583, d'illustre famiglia. Fece eccellenti sludj sulla filosofia, sulla giurisprudenza e sulle matematiche, e venne in gran nome come avvocato, buon ministro, eccellente giureconsulto, teologo, istorico, poeta e bello spirito. Le sue numerose opere sono ancora consultale con pro- fitto da' publicisli. Le migliori sono un eccellente trattalo del Diritto di guerra e di pace j in latino , le Opere teologiche j le Poesie , gli annali e le Storie. — Egli fu molto sli- malo da Enrico IV di Francia, dalla regina Cristina di Svezia e fu l'amico di Barnevveldt. Morì a Rostock nel 1645. Gli fu eretto a Delft un bel mausoleo. Nuli* Istoria metallica dell'Olanda si vede una medaglia coniata in onore di Grozio, e vien chiamato La fenice della patria^ l'oracolo di Delft, la gran mente , la luce che illumina la terra. — Tanto meri lavasi questo illustre che fu sì sgraziato e si glorioso, ebbe tanti nemici e tanti protet- tori. Tale è la sorte dei grandi ingegni.
CAPITOLO III.
GENIO DELLA SOCIETÀ*. DEL COMMERCIO E DELLE ARTI.
Il genio dell' industria produsse il commercio e le arti, e ciò avvenne in forza dell'istinto di sociabilità dell'uomo che mentre Io porta a vivere unito a suoi simili, sviluppa le sue idee, i suoi bisogni j i suoi sentimenti col comunicarseli vicendevolmente e dividerli fra di loro. Indi la società , il commercio , e le arti. Dove è società ivi pure si trovano le arti, le quali nascono per mezzo del commercio su di un medesimo suolo in cui sem- pre più si moltiplicano ed insieme fioriscono. Quasi contempo- ranei essi si prestano un mutuo appoggio, e vivono, per così dire della medesima vita. Egli è quindi molto difficile il determinare l'ordine e il tempo del loro nascimento. Nullameno dietro un afe
22 tento esame sembra che se il diritto di primogenitura appartiene in questa famiglia all'agricoltura ed alle arti che riconoscono da essa una immediata dipendenza, può giustamente il commercio reclamare alla sua volta il medesimo diritto sopra quelle arti che da esso emanano. Tale è la nostra opinione, e ciò che siamo per dire forse potrebbe giustificarla, e fors'anco si potrebbe recla- mare contro di essa. — Che che ne avvenga noi lasciamo libero il campo alle discussioni, facendo voto che esse non abbiano ad arrecare il più lieve danno alla ammirabile e commendevole fra- tellanza che collega il commercio alle arti, che tanto le fortifica ed onora. Dalla stessa natura dell'uomo ha origine il commercio, come pure dalla maravigliosa varietà di produzioni che al Crea- tore ha piaciuto di spargere tanto nel grembo quanto sulla superficie di questo nostro globo. L' uomo agogna incessantemente di godere ed appreffittare non solamente di quanto Io circonda, ma ben anche di ciò che possono presentare di bello e prezioso lon- tani climi differenti dal suo. Indarno il calore ardente della zona torrida, i ghiacci, i pericoli e l'immensità degli oceani gli fanno ostacolo. Egli sfida tutti gli elementi, sprezza ogni pericolo pur- ché possa soddisfare l' intemperante sua cupidigia di possedere. Questa tendenza indomabile riscontrasi tanto nei popoli più sel- vaggi quanto tra le nazioni più civilizzate, ed è il principio, il motore e lo scopo principale del commercio. Non si tosto le società si formano che il commercio vi si stabilisce. Da princi- pio non ha per iscopo che di soddisfare a bisogni semplici e grossolani, ma ben presto s'innalza a più grandi mire, fin- ché prendendo un volo che nulla potrebbe arrestare , sot- tomette alle sue vaste operazioni tutte le parti del mondo co- nosciuto.
Nel suo primo periodo, non essendo ancora inventata la mo- neta, il commercio si riduceva ad un cambio diretto delle derrate di prima necessità; nel secondo periodo le arti meccaniche ed industriose, benché ancora molto informi, venivano a dargli soc- corso ed estendevano sempre più il suo giro e la sua influenza; nel terzo periodo le arti liberali, bambine ancora presso un inci- vilimento già avanzato 3 inventando e perfezionando incessan- temente, crearono conseguentemente nuovi bisogni, e per tal modo l'attività del commercio ricevette un notevolissimo sviluppo e si estese al pari dei limiti dell'imaginazione dove questi bisogni hanno la loro sede. Fu allora l'epoca più brillante dei commer-
23 ciò. A sostegno delle grandiose sue viste, che spande dovunque, e dei mezzi di comunicazione che esso stabilisce, i suoi magaz- zini ricevono e spediscono vicendevolmente le produzioni più svariate della natura e delle arti, secondo i bisogni reali o fitizj delle diverse classi che compongono la società. Esso offrejgrandi ed utili risorse tanto per coloro che vivono sotto le vessazioni della carestia come per quelli òhe si trovano in mezzo all' ab- bondanza: i primi ricevono un sollievo ai loro mali quasi insop- portabili; i secondi vengono liberati d' un superfluo incomodo che rimarrebbe infruttifero per chi lo possiede, o che finirebbe per perire nelle loro mani.
Per simili beneficj il commercio si è reso come il legame uni- versale che tiene collegati i popoli più lontani, ed esso riesci- rebbe ancora a farne una sola famiglia, se le considerazioni po- litiche, ie guerre, i travagli, ed i sistemi che ingiungono proibi- zioni non paralizzassero in alcune parti il suo moto, non Ester- nassero i suoi disegni, non arrestassero il suo cammino naturale.
Volendo tener dietro agli annali del mondo, chiaro si scorge che ovunque il commercio ha potuto stabilire il suo impero, e consolidarlo all' ombra delle leggi , della pace e della libertà , esso fu sempre benefico agli uomini. Le spiagge sterili e deserte., mediante il commercio si fecondano e si popolano; le contrade barbare si civilizzano , le regioni ripiene di belve feroci ben presto convertile in campagne ridenti, divengono il soggiorno d'uomini educati e civili; che più, persino in mezzo ai deserti ed in seno alle onde il commercio innalzò vaste, ricche e magnifiche città che rimarranno quali eterni monumenti della potenza sua creatrice, — Composizione e movimento di una città antica:
« Sorgea non lungi una città torrita Con bene adatte sette porte d'oro, U' i cittadini in liete danze e in feste Prendcan diletto. In ben costrutto cocchio A marito condotta era una sposa, E il grido d'imeneo sonava intorno ; De' servi in mano risplendean da lunge Le ardenti faci; precedean fiorenti Di grazia e di beltà liete donzelle, E dietro ne venian scherzando i cori. Questi spandeano per l'argentee canne Suono gentil dal delicato labbro, v
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Cui Tcco ad essi ripctea d'intorno, Quelle al suono tesseano amabil danza. Stavan giovani altrove in gozzovìglia All'armonia de' flauti, e chi fra '1 balio Si trastullava e il canto, e chi ridea. Ciascuno al sonator marciava innanzi ; E tutta di tripudio era e di balli, E di piaceri la città ripiena. Fuor della porte altri a' cavalli in groppa Ivan correndo. Gli aratori intanto Le tonache succinti il buon terreno Aprian in solchi. Eranvi folte biade; E quivi paYte colPaculo ferro Mietean gli steli gravidi di spiche, Dono dell'alma Cerere ; in covoni Parto li rìstringean, empiendo l'aja. Stavano alcuni colle falci in mano Alla vendemmia intesi; altri le bianche Uve e le nere dalle grandi vigne, Carche di verdi foglie e argentei tralci, Portavan ne' canestri. Eravi presso (Dell' industro Vulcan mirabil opra!) Un'aurea vite sopra argentei pali, Agitata le foglie; e qui ciascuno, Carco di grappi nereggianti, al suono Di lieti flauti ivi danzando. V uve Pigiavan questi, quei tracano il mosto. Parto alla lotta contendean e a' pugni ; Parte inseguian le fuggitive lepri. Due cani si vedean d'acuti denti Correre a tutta lena onde afferrarle, Mentre quelle fuggian a tutta lena.
Non lunge i cavalieri avean lor gare, ^ contendean dei premj. Sopra i saldi Cocchi gli aurighi a' rapidi destrieri Tutte in collo le redini allentavano, Ed i compatti cocchi ribalzando Volavan; scrocchiolar s'udian le rote; Ma incerta la vittoria ancor pendeva, Ed indeciso della gara il fine, Gui proposte vedeasi entro l'agone Un gran tripode d'or , divin lavoro. »
Esiodo, (Lo scudo d'Ercole) (Trad. del Soave).
Alla Voce del commercio accorrono le arti, fedeli sue compagne, si uniscono a lui, lo secondano ne' suoi sforzi, e colle loro sco=
25 perle Io estendono e l'arricchiscono. — Un' unione sì intima , provenendo dall'istinto di sociabilità dell'uomo, si forma tra que- sti due grandi motori della prosperità delle nazioni. Così ove le conquiste, o le rivoluzioni politiche e morali esiliassero il com- mercio, le arti non tarderebbero a languire, sparirebbero a poco a poco., e la loro fiamma estinta si riaccenderebbe di nuovo in quel soggiorno dove il commercio si fosse stabilito. Il genio del- l'industria, del commercio, delle arti, si è sviluppalo con in- credibile attività e forza da circa tre secoli nelle teorie dei legi- slatori politici , degli economisti , dei publicisli , e dei grandi ministri di Stato. 1 progressi dello spirito umano in questo genere di movimenti sono stati d' una rapidità prodigiosa agii Stati- Uniti, ed a Pietroburgo.
IL commercio fa la ricchezza degli Stati a e le arti forniscono loro lo splendore. Uniti racchiudono tutto ciò che anima il mondo, che è quanto dire l'oro e lo spirito; si diramano infinitamente ed amendue concorrono ad uno scopo di utilità e di diletto II commercio riconosce la sua origine dall' interesse e dalle passioni degli uomini, ed ecco la ragione per cui egli è antico quanto la società. I bisogni dell' uomo moltiplicandosi ognora ed aumen- tandosi i loro desiderj, diedero essi motivo alle arti, le quali ven- nero determinate, si può dire, dall' imaginazione, ed oggigiorno formano l'ornamento e lo splendore della società.
Tutte le muse si tengono vincolate fra di loro; tutte le scienze e tutte le arti si corrispondono reciprocamente, l'una conduce a l' intelligenza di tutte. Il menomo passo fatto nella carriera della vita, quando sia guidato dalla ragione, deve additarci lo scopo a cui tendono i bisogni e i desiderj nostri. Quindi può dirsi che i principali motori delle azioni dell' uomo siano: l'amore di sé stesso, la ragione^ la sociabilità, l'amore ai piaceri, alla gloria ed alle ricchezze.
Quante volte però non si sono veduti i frutti preziosi di una lunga e saggia educazione distrutti in un attimo dal semplice veleno di pericolose compagnie! Quante volte l'uomo da prin- cipio virtuoso non lo si vide in seguilo trascinato per i suoi delitti al supplizio! Ecco il risultato di una morale debole e di una società corrotta.
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CAPITOLO IV.
L AGRICOLTURA.
L'agricoltura, o il lavoro dei campi è il fondamento d'ogni società, di qualsiasi stabilimento ideato dagli uomini; — dalia ne- cessità ed utilità dell' agricoltura nacque la grande stima che ne facevano gli antichi. I Romani, la nazione più bellicosa della terra, faceva le sue delizie dell'agricoltura, e V onorava sopra- modo. Spesso si videro i legislatori ed i vincitori del mondo, dopo di avere dato la quiete a* popoli che avevano conquistati , riti- rarsi ne' loro ameni campi e coltivarli con cura ed amore ; tali furono Cincinnato, Pisone, Lentulo, Fabio, Mario, Mecenate ed altri. I più gentili, i più grandi ingegni si occuparono con af- fetto dell'arte più antica e più utile d'ogni altra. Esiodo, Virgilio, Cicerone, Catone. Giunio, Pomponio, Vitellio, Porzio., Manilio, Varrone, Plinio, Columella, Palladio (1), Alamanni, Gallo., Rucellai, Tauro, Tansillo, Vanière, Rapin, Delille e varii altri si fecero maestri nell'arte della coltivazione e l'onorarono con magnifiche, eterne lodi, come pure lo fecero Omero, Orazio, Ovidio. Gallo, il Tasso. — « Qui fait aimer les champs, fait aimer la vertu ».
I conti di Fiandra, accordavano, in antico, la nobiltà ai col- tivatori che più si distinguevano ne' loro domini. L'insegna di quest'onore era una spiga d'oro che si attaccava al cappello. I figli lo ereditavano da' loro padri, e lo trasmettevano ai loro figli. Grande utile e beneficio ritraevano da cosiffatto premio, i! principe ed il paese. Questo titolo di nobiltà sussiste forse ancora in Fiandra fra varie famiglie che tengono in onore !' agricoltura, prima necessaria industria del genio dell'uomo. — La base eterna di tutti gli Stali civilizzati è la coltivazione delia terra, quella che all'uomo dà tutto il necessario ed anche il superfluo. Ed il principio il più generale della loro prosperità, è il commercio.
(\) L' inglese Adamo Dickson ha scritto un libro curioso ed istruttivo intorno all'agricoltura degli antichi. Egli fa una descrizione ragionata dei lavori della grande coltivazione e del giardinaggio degli antichi.
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« Heureux qui dans le sein de ses dieux domestiques Se dcrobe au fracas dcs lempètes publiques, Et, dans un doux abri, trompant tous les regards, Cullive ses jardins, Ics vertus et les arts » .
Delille, Géorgiques francaises, eh. H.
DalT agricoltura, nacque l'orlicoitura, arte che presenta diletto ed utilità. L' arte di coltivare i giardini infra il lasso di mezzo secolo ha fatto immensi progressi, e ciò devesi allo studio della botanica e della fisiologia vegetale, scienze che oramai richiamano la universale attenzione. L'orticoltura è uoa scienza conveniente ad ogni grado, ad ogni condizione sì dell'uno che dell'altro sesso. Un filosofo dello scorso secolo diceva: « Qu'on me mette à la Bastille quand on voudra pourvu qu'on m'y laisse cultiver ou étudier des plantes » . La fisiologia vegetale non fu ignorata da- gli antichi: Piltagora, Aristotile., Plinio, ed altri avevano osser- vato diversi fenomeni appartenenti ai vegetali; ma essi non ne avevano ricercate le cause , né dedotta veruna conseguenza. Nel XVI secolo , nostante le lezioni di Mattioli e di 1' Écluse , questa scienza non fece progredimenti. Camerario fu il primo che osservò e stabilì i diversi sessi nel regno vegetabile. Molti autori seguirono le sue tracce, e fecero conoscere di più la or- ganizzazione del tronco, delle frondi, de' fiori, de' frutti, e in fine i fenomeni delia germogliazione, del sonno non che della irrita- bilità delle piante. La parola fiore ci risveglia senza dubbio una grata idea! Gli antichi avevano la Flora, che onoravano come divinità. Fra noi i fiori sono l'emblema della bellezza, come for- mano il lusso, la magnificenza e la ricchezza della terra. Cha- teaubriand dice : « La fleur est la fìlle du matin, le charme du printemps, la source des parfums, la gràce des vierges, l'amour des poètes; la fleur passe vile comme l'homme; mais elle rend doucement ses familles à la terre.» — l poeti orientali e gl'italiani spesso trovarono graziose imaginiper dipingere i fiori.- Interessanti osservazioni sono quelle praticate da Linneo e da DeCandolle;dopo avere fatto oggetto di studio diverse piante nell'ora del sonno, immaginarono di cambiare 1' ora a lor piacimento., e presero tali piante in pieno giorno e le trasportarono in una slanza oscura. Allora la sensitiva, mimosa pudica, il sensorium pensile e tal altra pianta congenere si addormentò benché 1J ora del sonno
28 non fosse ancora arrivala. Reca poi maggior meraviglia il sen- tire che appena quella stanza venne illuminata artificialmente, la pianta si destò , ed una nuova privazione della luce pro- dusse un nuovo sonno, e fece piegare le sue delicate e flessi- bili foglie. L'ora della dilatazione deJ fiori non è per tutti la stessa: in fatti alcuni sbucciano in sul mattino, altri a mezzo giorno, e molti nel corso della giornata e al tramontar del sole. Spesso al semplice passaggio d'una nuvola alcuni si chiudono, e si ria- prono tosto che quella si è dissipala.
La durata dei fiori in generale è limitata: alcuni resistono più giorni, altri hanno la durata di un solo giorno. La fecondazione de' fiori si effettua negli stessi fiori; la natura che veglia alla conser- vazione ed alla propagazione delle specie, ed assicura la riproduzione delle piante, in mezzo a profumi più soavi, nel seno de' tessuti più delicati e svariati a noi presenta la fecondazione dei fiori. Che cosa non potrebbe dirsi sul succo che ascende e discende , sulle radici, sulla traspirazione e respirazione di quelle, sulla semi- nagione del grano nella terra, e su di altri fenomeni non meno interessanti? Le abitudini, i costumi e gli amori delle piante sono al rango delle più sublimi meraviglie della creazione. Uno degli scopi che ci siamo prefìssi in quest'opera, è quello di mo- strare ognora le opere dell' Onnipotente.
Circa venti anni sono, un naturalista inglese portò dalla Cina, il segreto di prolungare l'esistenza de' fiori. Codesto dotto con- servò un rosaio durante tre anni , ed i colori delle rose non provarono cambiamento alcuno.
Mafio, che viveva sotto Augusto , sembra essere stalo a un dipresso in Roma, ciò che Le-Nostre era a Parigi sotto Luigi XIV. Ei si rese celebre nell'arte ancora nuova di dare agli alberi ed ai gabinetti di verdura una forma regolare. Inventò., si dice, il primo il modo di graffer e di cuter, d' innestare i frutti. Sor- prende il non vedere registrato il nome di Mafio nella Biogra- fia Universale, deJ fratelli Michaud. Oliviero di Serres che lanlo fece per l'agricoltura francese, fu dimenticato da alcuni biografi.
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CAPITOLO V.
COMMERCIO E INDUSTRIA.
Il commercio è dopo l'agricoltura il primo bisogno dell'uomo. È tanto necessario, che nell' infanzia della società, ha dovuto precedere le arti. Molto più facile era di scambiare le produzioni della natura, che di dar loro una nuova forma. Quasi tutto é commercio nella società. Dilati i quale è colui che non vende e non compra? Però una sola città può impadronirsi di quasi tutto il commercio che si fa di una nazione, e nazione sopratutto nel commercio marittimo. La natura del commercio è di essere libero, tutto ciò che lo lega lo distrugge. Esso richiede di essere pro- fondamente considerato e rispetatto da' legislatori, essendo la prin- cipal base delle prosperità di un paese. Fra gli antichi, i Fenici, Tiro, Cartagine, Alessandria, Rodi, Corinto, Marsiglia, avevano per cosi dire, il monopolio di tutto il loro commercio. — Fra i moderni Venezia, Genova, Firenze, Pisa e le città Anseatiche fecero il commercio dell'Europa dopo Carlomagno, fino allo scorso secolo, epoca in cui Amsterdam, diventata libera, s'impadronì del commercio del mondo. A* nostri tempi V Inghilterra subentra al- l'Olanda, si fa quasi padrona del mare, lo copre de'suoi innume- revoli bastimenti , riporta nella sua isola i tesori delle cinque parti del mondo , e quindi li sparge ove mancano, col cambio delle merci e del danaro. Oggidì il commercio è sparso per ogni dove e domina in lutti gli Stati meglio regolati. Essendosi mol- tiplicati immensamente i mezzi di comunicazione , di trasporto e per terra e per mare, ne è risultato un grandissimo vantaggio pel commercio, e giammai fu così generale e così avvedutamente regolato , incominciando dall' industriosa Francia e stendendosi agli altri grandi regni. Perchè prosperi il commercio abbisognano libertà e concorrenza.
Ove più emerge il genio del commercio si è nello stabilire delle relazioni con le nazioni lontane. Molto tallo, molta destrezza vi vuole onde giungere a cotesto scopo II commercio esterno esige delle combinazioni giudiziose, onde trovare nuove vie da
30 smerciare le mercanzie; tutto si deve operare con attività e pru- denza. L'uomo dei commercio deve possedere una profonda co- gnizione delle produzioni de' vari popoli, de* bisogni delle nazioni, de' loro gusti, de' loro usi, de' loro interessi, delle loro alleanze. Infine il commercio è legato ad una politica abile, e libera da quelle speculazioni limitate e puerili che poco convengono allo stato sociale della grande età che viviamo. L'industria è la figlia del bisogno, Io strumento della necessità , la madre delle arti , l'emula e la rivale delia natura e della creazione.
Le materie più comuni ponno acquistare un valore vero e considerevolissimo per l'accumulazione successiva del lavoro che vi si applica. Sarà oggetto di non lieve stupore il prezzo a cui può ammontare alcuno oggetto nel passare dalle mani del produttore in quelle de! consumatore definitivo. Per esempio: le piccole molle spirali degii orologi dell'insigne Breguet, sono fatte con ferro che nello stato greggio, di primo getto, costa in Frarìcia, circa sette soldi la libbra. Questo ferro è subito trasformato in acciajo; poi, con 1' ajiilo di una moltitudine di operazioni., se ne for- mano le piccole molle che si vendono 5 franchi. — Queste molle sono si delicate che ne abbisognono otto per fare il peso di 17(16 di grano e valere per conseguenza 40 fr\ Così', come una libbra contiene 9,216 grani, ne abbisognerebbe 69,391 per pesare una libbra , la quale in tal modo trasformata, si vende- rebbe 346,955 fr>j cioè, quasi un milione di volte il suo primo valore. Questo accrescimento già così prodigioso, lo è ancora di più per le piccole ruote di scappamento; perchè ognuna di co- teste ruote pesando 21 [64 di grano e vendendole 30 fr., il prezzo della libbra si trova portato a 842,610 fr. — Nulla più può simili calcoli fare capire tutto il pregio dell' industria.
CAPITOLO VI
GENIO DELLA LEGISLAZIONE.
« Les iois , pour ètres bonnes, doivent ètre claires, simples, courles, proportionnées à tout un peuple, qui doit les apprendre, les retenir facilement, les aimer, les suivreà toute heure, à tout mo- ment. » — Fénélon.
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Il legislatore è come il capo di una grande famiglia. I suoi doveri sono di procurare il bene de' suoi figli , di diminuire i pesi loro, d'interrogare i loro bisogni, e di andare a scoprire e soccorrere il povero sotto la misera capanna, di essere giusto con tutti e di fare amare, rispettare ed ubbedire le sue leggi. Non v'è più bella e più grande missione di quella di un saggio legisla- tore. Egli deve illuminare ed educare i! suo popolo, ed in tal modo diriggerlo verso il giusto, il bene, la quiete e la possibile felicità. Un saggio legislatore deve studiare ogni mezzo onde po- tere con giustizia beneficare il suo popolo, servirgli di appoggio e riprenderlo allorché devia dalla strada della ragione, dell'one- sto. In tal modo tutti i diritti sono rispettali in un col potere , senza ciò tutto è confusione, disordine , e da questo nasce ogni sorla di male, e la rovina de' cittadini e quella della nazione. li legislatore che dà buone leggi e che le sa fare rispellare, vede presto ogni cittadino lavorare in pace a' mezzi di sua sussistenza, di quella di sua famiglia ; la terra coltivata eoo ogni cultura dà l'abbondanza; l'industria, libera d'ostacoli, spazia per ogni dove ; il commercio fiorisce unitamente alle arti; e la popolazione pro- gredisce verso il miglioramento d'jogni cosa, fra l'abbondanza e una dolce pace. Il legislatore che si occupa del ben essere de' suoi figli, trova in essi amore, devozione e difesa; sono sempre pronti a sacrificare la loro vita e le loro ricchezze alla pubblica felicità ed all' onore della patria. Uno de' grandi scopi del legislatore è di potere il più possibile mantenere la quiete fra il suo popolo, e a quest'uopo egli deve evitare d'intorbidire quella degli altri popoli. — La vera gloria d'un legislatore consiste meno ad af- frontare le tempeste che a cambiarne !a direzione. Egli deve econo- mizzare i! sangue e le risorse de' suoi soggetti., ed anche in que- sto, T odierna legislazione de' popoli europei,, ha migliorato d'as- sai facendo onorevoli concessioni alla filantropia. Il legislatore non deve portarsi alle estreme risoluzioni che allorché viene spinto dalla necessità; egli deve essere clemente, ma allorché fa d'uopo, rigoroso e inesorabile. — « Un législateur prudent prévient le malheur de devenir un législateur terrible. » — ■ Montesquieu. — « Ce que la Grece avait de plus grande était une politique ferme et prévoyante. »
Questa osservazione di Bossuel, spiega ove risiedono la forza e la stabilità di un Governo; egli ne spiega il mistero.
I sudditi debbono vedere nelle leggi che li regolano, l'appog-
32 gio dell'infelice, il protettore dell'innocente, il punitore del de- litto, ed il premiatore della virtù.
Cecrope, Mosè, Caronda, Salomone, Radamanto, Minosse, Osiride, Idorneneo, Boceoride, re di Egitto, Numa, Zaleuco, Solone., Licurgo, Platone, Aristotile. Cicerone, Tacito., Giustiniano., Carlomagno, e vari altri furono i primi legislatori de' popoli, e modelli dei grandi moderni che si distinsero nella scienza delta legislazione. Bartolo, Baldo, Accursio, Aretino, Porzio, Decio., Imola, Bosso, Moranta., SocinOj Alciato, Crollo, Burtgario, Aufrerde, furono i precursori di Macchiavelli, Puffendorf, Grozio, Fénélon, Ftiangeri, Montesquieu, Vico, Gravina, Genovesi, Giannone, Cirillo, Beccaria, Mario Pagano, d'Aguesseau, G. G. Rousseau, Domat, Merlin , Cochin , Dumoulin, Pothier, Romagnosi, Sabatier, Dupin, Crivelli, Pigeau, Blackstone,
Parte importante della Legislazione, è l'Economia Politica, ed in questa scienza gl'Italiani., in questi ultimi tempi, progredirono immensamente , e di pregevolissime opere si è debitore ai già nominati economisti, ai quali aggiungeremo Pandolfini e Neri.
Anche la statistica che pare contribuisca all'ordine ed al bene delle istituzioni sociali, ha fatto grandissimi progressi ed è quasi scienza che appartiene a'moderni.
La statistica comprende nella prima classe: la topografìa (ler- raquea, idrografica, atmosferica), produzione naturale (minerali, vegetali, animali) dessa riunisce i materiali della statistica fisica e descrittiva , che fa conoscere le ricchezze date dalla natura , dal clima, dal suolo e dal soggiorno degli uomini. — La seconda classe comprende la cognizione della popolazione, delle lingue, delle relazioni, dell'istruzione pubblica, dell'agricoltura., dell'in- dustria, del commercio interno ed esterno, dello stato scientifico della letteratura e delle belle arti. Questa classe riunisce i ma- teriali della statistica morale e filosofica che fa conoscere la col- tura intellettuale, morale e filosofica, e sviluppa lo stato delia po- polazione, dell' industria, della civilizzazione, in somma, le forze morali. — La terza classe considera lo slato del potere legisla- tivo, l'amministrazione pubblica, il potere giudiziario e i tribu- nali, le finanze, l'armata, la marina militare e la mercantile., la diplomazia. Dessa riunisce i materiali della statitisca civile e politica che si collega al governo, e s'informa di tutti i dettagli sopra le istituzioni sociali e le relazioni esterne.
Trattando la storia con alte viste ed insegnamenti filosofici, Hume , Gibbon., Robertson, Voltaire, Giannone, Sismoodi, Daru?
33 Colletta, svolsero importanti questioni intorno alle varie legislazioni delle nazioni. F. Baeone, Bayle, Bolymbroke, Elvezio, Mably, Con- dorcet, Lampreda Volney., Mario Pagano, Brown, S.t Lambert, Cirillo, Bentham, Dupuis, Beccaria, Cuoco, Salti, publicisli di pri- mo ordine, trattarono con franca ed ardita filosofia, ma saggia, la legislazione, la politica e la morale.
Nella magistratura, nella legislazione e nella politica, si distinsero Sully, Richelieu, Mazzarino, Colbert, l'abbate Suger, Seguir, L'Hó- pital, Alberoni, Mole, Lamoignon de Malesherbes., e vari altri ce- lebri ministri. Grandi atti di Principi furono quelli di Carlomagno presentando i Capitolar] all'assemblea de' Franchi ; — di Luigi il Grosso , dando le prime Carle delle Communi, — e V affranca- mento de servi; — di San Luigi dando la Prammatica sanzione, — e lo stabSilimenlo dei Parlamenti; — e Enrico IV decretando tutto ciò che poteva fare felice il suo popolo; — La corte de' Conti creata da Filippo il Bello; — La creazione del Consiglio di Stato di Luigi XIV. Il mantenimento della libertà dei Culti, e la crea- zione delle Camere di Luigi XVIII. — li codice di Maria Teresa, e di Giuseppe II; — Il codice che voleva dare Caterina di Russia; — Il codice Leopoldino; — Il codice Napoleonico. — Nel XVII se- colo l'Imperatore della Cina Cham-Chi promulgò un editto che non si eseguisse la sentenza di morte contro verun delinquente , nel suo vastissimo impero , se prima da lui non era confermala , e col suo nome segnata. — Lange, Giornale di Pekino.
Il cardinale Mazzarino , al letto di morte, presentò Colbert a Luigi XIV, dicendogli : Sire, debbo tutto a vostra Maestà , ma credo sdebitarmi verso Lei, dandole il signor Colbert.
Mosè, uomo profondo , oltremodo veggente ed ardito, assai influì sul genere umano colie sue leggi e le sue istituzioni. Questo grande legislatore ebbe di mira nel dettare le sue leggi, di prevenire e di respingere i vizi dell' idolatria, di favorire il culto del vero Dio, e di far fare agli uomini dei progressi nelle cognizione teologiche e morali. In oltre de' numerosi riti che racchiude i! codice di Mosè , ei prescrive di credere ad un solo Dio che ha creato il mondo, di amarlo e di temerlo; ei proi- bisce l'omicidio., l'adulterio, il furto e la falsa testimonianza; in- giunge di essere giusto e caritatevole verso i suoi prossimi e di amarli, ecc., ecc, Trenlatrè secoli ci separano dai sublime legi- slatore degli Ebrei, ed a tale distanza., difficile riesce Io spiegare le ragioni di tutte le sue istituzioni, ma in molli casi, possiamo
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34 provare la sapienza che le dettò. La divina Sapienza diede le leggr ai re ed ai legislatori, Questo grande uomo morì 1451 anni prima di G. C.
Cecrope venendo dall'Egitto ove nacque, diede agli abitanti del- l'Attica costumi più dolci e più urbani, le consolazioni e l'appog- gio di una religione più ragionevole e regolamenti pieni di uma- nità e di saviezza. Egli sposò la figlia di Alleo re dell' Attica e fondò con la sua colonia dodici piccole citlà , le quali diedero principio al regno di Atene. Cecrope creò una legislazione e fondò l'Areopago d'Atene. In tal modo questo uomo illustre sparse per ogni dove i nuovi benefìcj della civilizzazione e della giustizia. Dalle tenebre fece uscire la luce, fondò scuole e chiamò a sé i sapienti per l'ammaestramento del suo popolo. Cecrope fece co- noscere gli dei dell' Egitto ai Greci, e questi ebbero da lui e adorarono tutte le divinità dei paganesimo. Questo nuovo Pro- meteo era egualmente istruito nella religione, nella politica, nel- l'arte di governare e nella guerra. Il nome di Cecrope, uno dei benefattori dell' umanità, dovrebbe più spesso essere menzionato dagli scrittori di cose politiche e da' filosofi; egli merita omaggi e riconoscenza. I celebri marmi di Paro datano dal suo regno 2426 o 2476 prima di G. C. Cecrope lasciò i popoli nell' abbon- danza e la sua famiglia nella mediocrità, non volendo per nulla che i suoi figli avessero l'autorità, dopo di lui, perchè giudicava che altri ne erano più degni. Cecrope II, visse dal 2635-2675 prima di G. C.
Minosse, padre di quello che la Mitologia fece uno dei giudici dell'inferno, fu il primo re di Creta, e visse 1432 anni prima di G. C. Egli ebbe delle* idee sublimi intorno all' Ente Supremo e la religione. Questo, uno de' primi grandi legislatori dei popoli, fingeva, onde dare più importanza alle sue leggi, che consultava gli oracoli, sopra la natura degli dei e sopra il culto che esigono, e le risposte degli oracoli da lui fatti parlare, erano accettate e rispettate dai Cretesi, come sacre leggi. Lo stesso stratagemma adoperarono vari altri legislatori per conseguire il loro intento. Egeria fu l'oracolo di Numa in Italia. Minosse non volle che i suoi figli regnassero dopo di lui, che alla condizione che regne- rebbero secondo le sue massime e le sue leggi. Egli amava an- cora di più il suo popolo che la sua famiglia.
Salomone possedè il genio della legislazione e governò con sapienza il suo popolo, Egli portò la gloria del suo nome fino
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all'estremila delia terra. Lo splendore e la magnificenza del suo regno sorpassarono quelli di lutti i re dell' Oriente. Egli visse 1000 anni prima della nostra Èra. Si potrebbe paragonare, in un certo modo, Salomone a Luigi XIV — Ma questo non era filo- sofo e poeta come l'altro monarca.
Il legislatore Garonda, era contemporaneo di Salomone.
Omero ha dipinto la legislazione de' suoi tempi. Visse circa 900 anni prima di G. C.
« Rendre son peuple heureux, faire règner Ies loix, D'un monarqu^ puissant est la plus grande gioire » .
Opera de Téagéne et Cariclèe.
I costami consigliano quando tace la legge. — Non aspettate che la legge vi ordini; siate sì lontano da quanto ella condanna, che non possiate apprender quello ch/ella minaccia. — Discendete nel vostro cuore, interrogate la natura: vi dirà ella essere com- passionevole., umana.
CAPITOLO VII.
GENIO DELL' EDUCÀZONE.
L'educazione è la base delle virtù publiche., come pure delle domestiche virtù. Fu daJ popoli illuminati dell'antichità con cura coltivata /fondarono sopra essa la gloria degli stati, la felicità de' par- ticolari. I popoli barbari, incapaci di sentire questa importante verità, credettero che bastava il solo trasmettere a' figli il lo- ro orgoglio ed il loro coraggio. Ad essi, le cognizioni, gli studj sembravano che dovessero ammollire il carattere, diminuire la forza. Quindi coteste applicazioni furono poste in bando come as- sai pericolose. Per lungo tempo la nobiltà tenne a onore Tessere ignorante, e questo pregiudizio fu dalla vanità adottato general- mente, poiché ciaschedun membro della società, fu sempre premuroso d'imitare gli usi, gli errori delle classi al disopra della sua. — Ma a misura che le cognizioni si accrebbero, il
36 loro valore essendosi conosciuto, esse sono entrale in compenso con gli altri vantaggi di ricchezza, di nascita. Indi in poi la brama di istruirsi ha fatto capire il bisogno, la necessità di una buona educazione. I sapienti se ne sono occupati pe' primi, e non hanno tardato di trascinare seco loro la folla. L'educazione forma l'uomo, l'ingentilisce, l'umanizza, lo istruisce e perfeziona la sua natura; — senza l'educazione, 1' uomo è simile a' bruti. — Dallo scorso secolo in poi, occuparsi della educazione, lavorare ai mezzi di farla utile e generale, è diventata una passione generale in tutta T Europa. — Ora l'educazione nelle prime nazioni del mondo è giunta al suo perfezionamento.
Onore e gloria ai promotori ed ai protettori degli studj, ed a quelli che ne sanno degnamente approfittare!
Immenso è il numero delle opere che si sono pubblicale in Francia, in Inghilterra, in Italia, in Germania sull'educazione, oggetto la cui importanza è ormai unanimemente riconosciuta. I due principi fondamentali dell'educazione sono: correggersi de suoi difettij ed adempire scrupolosamente ai propri doveri (1).
L'educazione prende cura d'illuminare l'intelletto, di formarci costumi, di perfezionare le qualità del corpo; è una seconda na- tura per via della consuetudine. La scienza, la morale, la religione,, le lettere compongono il corso dell'educazione, e conducono a formare la dignità e la felicità dell'uomo, reprimendo le sue passioni, facendo corredo di virtù, le quali nell'istesso tempo che formano il suo ben essere, lo rendono utile e saggio cittadino. Le lettere, le scienze, le belle arti formano l'intelletto, gli danno capacità., forza, estensione per gli affari, e gli procurano una tacila sod- disfazione, che spesso gli tiene luogo di ricchezze, di piaceri , e di amici. Quegli studj sollevano la mente, accendono l'anima e le portano alle grandi azioni, e per la cognizione che ci porgono de' nostri doveri, e per quella degli onori che ne possiamo ri- trarre. Lo studio delle lettere, dice Tullio, forma la gioventù ed è incantevole piacere della vecchiaia. Per esso, la prosperità acquista brio, l'avversità ne riceve consolazioni, e nelle nostre case, in quelle degli altri, ne' viaggi, nella solitudine, in tutti i luoghi, in tutti i tempi, esso fa la felicità della nostra vita.
(i) Castiglione Della Casa, Pandolfino, Settala, Speroni, FJeuri, Fénélon, Locke, Graziano, Condillac, Steele, Addisson, Swift, Chesterfield, Raynal, Buffon, G. G. Rousseau, Rollin,Marmontel, Gioia, Genovesi, Soave ed altri, si occuparono con cuo- re ed ingegno della educazione.
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L'educazione bene intesa si compone essenzialmente delie co- gnizioni e delie virtù che gli uomini devono possedere onde adempire con onore I' opera sociale a cui sono destinati. — I ricchi, la cui esistenza racchiude più piaceri che cure; — i grandi, che il caso della nascila circonda di tante prerogative ; — i principi, codeste divinità della terra, innalzati al disopra dei popoli per vigilare alla loro prosperità; — tutti gli uomini, in fine, hanno da fare studi proprii, speciali, [inerenti, per così dire, alla condizione a cui la sorte li ha sottoposti. In tal modo l'uomo si avvia ed agisce rettamente nella società. In coleste ri- spettive necessità, le obbligazioni dei principi sono grandi, poi- ché non è soltanto per godere del potere che ne sono investiti. Iddio, eterno esempio delle dominazioni di quaggiù, riceve gli omaggi del mondo; ma tutti i benefizj emanano dalla sua divi- nità. Grandi sono gli obblighi dei principi; — a' piedi de' troni terminano tutti glJ interessi; i principi sono armati del prisma ove vengono a riflettere tutte le passioni; ma esse non vi si mostrano giammai sotto i loro veri colori; fa d'uopo adunque riconoscerle, vestite di quelle gradazioni menzognere, e difendersi dalle illusioni sparse sovra la brillante carriera ch'eglino percor- rono.
A questo scopo devono, con istudi ed esperienza, durante la loro giovinezza , giungere questi eminenti personaggi. I neofiti del potere supremo devono studiare attentamente i movimenti di quelle macchine pensanti , le cui molle debboosi muovere un giorno per mezzo delle loro mani.
I progressi della civilizzazione ci conducono ad un sistema ap- plicato ad i bisogni della società, sistema che si chiama scienti- fico ed industriale. Si vede in questa classificazione, la parte dei bisogni dell' intelligenza e del corpo, ma non si vede quella dei bisogni del cuore.
Non si deve fare tacere la voce del cuore, di cui non si vogliono reprimere i nobili slanci, i grandi movimenti, e camminare, io tutte le nostre azioni, come alcuno disse., con un compasso in mano, od un sillogismo in testa. — Ma la natura, felicemente , non riceve la legge dalle nostre classificazioni; ed i morali bi- sogni, messi in bando per lo più daJ nostri sistemi scientifici , avranno e conserveranno sempre il loro posto ed il loro grado nel cuore dell'uomo. — Intendiamo di dire con questa nostra osservazione, che allorché si avrà ornata la mente, illuminata la
38 ragione, estesa l' industria e col suo mezzo tutti i godimenti ma- teriali della vita, fa d'uopo pensare a fortificare l'anima, e pro- curare al cuore le sue soddisfazioni.
Il grande oratore-filosofo provò ciò che scrisse, e parla con es- perienza: — L'educazione si compartisce in tre specie : l'infanzia è per la madre; la gioventù appartiene al padre; e l'adolescenza esige l'attenzione di entrambi. 1 genitori e gl'istitutori formano i sensi, sviluppano le idee, dettano i costami, i doveri, insegnano la religione; e devono porre ogni studio, onde tutto questo rimanga impresso nella mente e nel cuore de' fanciulli, poiché da questi insegnamenti dipende il loro avvenire, il loro stato; l'educazione tutto fa e l'educazione, salda ne'principj e fortificata dagli esempj e dal tempo, in nulla può essere distrutta. Le prime impressioni sono le più forti e le più durevoli, ed agiscono potentemente sul- l'intiera vita dell'uomo. Guai se furono cattive, l'uomo è perduto.
CAPITOLO Vili.
GENIO DELLE MATEMATICHE, DELL'ASTRONOMIA, DELLE SCIENZE FISICHE.
Le matematiche, e singolarmente l'astronomia, sono le scienze che più esigono l'esercizio delle somme facoltà dello spirilo umano: l'astronomia in particolare richiede la principale capacità della mente. I corpi che essa tratta e i punti di vista sotto i quali essa li contempla sono a noi mezzi sicuri per poterla definire. La loro grandezza incomprensibile, la loro distanza pressoché infinita, la loro innumerevole moltitudine, la rapidità e la rego- larità dei movimenti che essi operano nello spazio, giungono ad eccitare anche negli animi volgari ed ignoranti la più viva cu- riosità, nello stesso tempo che essi rapiscono i più potenti a pro- fonde meditazioni. Ma nel mentre la nostra ragione anticipa pia- ceri e trionfi, scopre l'imaginazione tra le sfere celesti un campo illimitato alla propria energia creatrice. Nelle sue ardite ipotesi, stabilite su ciò che avviene nel nostro globo, l'astronomica scienza, suppone per analogia che ciaschedun corpo planetario sia un mondo come il nostro dove il fenomeno della vita si riproduca sotto forme differenti, o modificato in ben altra maniera, ed essa
39 li considera come il teatro degli avvenimenti la cui origine, la cui durata di tempo, e la causa primitiva resteranno avvolte nelle più oscure tenebre. Indi superando i limili de! proprio sistema, essa riconosce ogni stella qual corpo che scintilla il suo foco centrale ad un nuovo gruppo di pianeti, e, seguendo il corso di quella stella per le innumerevoli direzioni cui è spinta dall'immutabile legge d'attrazione, essa si prescrive una sequenza di sistemi che si succedono in una serie infinita , sino a tanto che stanca da? continui sforzi e lunghe meditazioni, sopra l'eternità e sopra Io spazio., dalle quali si vede da ogni parte assalita, essa per cosi dire retrocede con qualche spavento dinanzi all'immensità ed alle magnificenza della creazione!
Mentre però il matematico e l'astronomo esercitano in tal modo Je più splendide facoltà del nostro spirilo, la sua scienza pro- muove non meno una felice influenza sopra i movimenti e le inclinazioni dell'anima umana. Le altre scienze posseggono, è vero, un genere d'influenza analogo a loro, poiché esse danno ovun- que a conoscere la traccia di una mano benefica ed onnipotente; ma però i soggetti che esse offrono ad esaminare, appartengono affatto al nostro mondo sublunare, soggetti, in generale parlando, troppo familiari per richiamare vivamente la nostra ammirazione e venerazione, e son troppo pieni , per cosi dire, della nostra fragilità per dar mollo peso ed importanza alle lezioni cui ò d' uopo sottomettersi per apprenderli. — Quanto è diverso io spettacolo che l'astronomo contempla! Quei corpi, dei quali egli calcola lo spazio e la distanza, non sono già slati creati pell'uomo, ai quale non è dato di poterli raggiungere. Il mondo che egli abita non è che un punto impercettibile di questo assembramento incommensurabile onde il mondo stesso fa parte ; e se a noi fosse dato di poterlo ravvisare stando sopra quei pianeti che da noi sono meno lontani, noi non iscorgeremmo in lui che una mac- chia., per così dire, od un. atomo fisso nello spazio. Uno spelta- colo costantemente cosi grandioso ed imponenente deve per ne- cessità incutere nell'uomo serie riflessioni riguardo alla sua esi* stenza e sua fragile forma in confronto al firmamento1, e quindi prepararlo a ricevere quelle sublimi verità le quali non prendono radice che nei cuori umili e sommessi. — L'ateo è tanto sfron- tato da palesare la fallace sua opinione, ma in cuor suo egli freme di terrore quando pretende di negare l'esistenza di un Dio.* Se tali uomini poi mostrano queste loro opinioni in buona fede., egb
40 è questo uno dei più imperdonabili falli d'uno spirito vanitoso, d' una mente leggera, che dimostra quanto 1' uomo sia piccolo e presontuoso! L'ateismo è la bestemmia della filosofia.
Un gran pensatore disse che l'ateo è come un pazzo che cerca distruggere per istabilire l'appoggio della sua opinione, e che mai non darà salde fondamenta all' edifizio che lenta innalzare. Esso è uno scellerato consumato il quale a ragionamenti sani e pro- fondi mesce errori splendidi ed incantevoli con una perfetta co- noscenza dei danni inseparabili che queste sue false dottrine operano sullo spirito umano. — Pascal descrive l' immensità del- l'universo nel modo seguente:
« Tout ce que nous voyons du monde n'est qu'un trait ini- perceptible dans l'ampie sein de la nature ; nulle idée n'approche de l'étendue de ces espaces; nous avons beau enfler nos con- ceptions, nous n'enfanlons que des atomes au prix de la réalité des choses ; e est une sphère infime doni le centre est partoutj, et la circonférence nulle part. »
Quesla definizione, che il filosofo francese tolse a prestito da Timeo di Locri, è veramente sublime, e rende giustamente r idea di ciò che riesce incomprensibile alla mente umana.
Ove Io spirito non sia ammaestralo ed esercitato al calcolo, riesce assai difficile il poter comprendere la vastità del nostro globo. Dietro un calcolo matematico fatto attualmente, gli abitanti delia terra, che montano a novecento milioni circa, potrebbero essere contenuti in uno spazio di due leghe quadrate di terreno. Supponendo tre generazioni per secolo, e calcolando i secoli pas- sati dalla creazione del mondo su questo ragguaglio, tutti gli uo- mini che hanno esistito verrebbero ad occupare, con quelli che tuttora esistono, uno spazio minore di 20 leghe quadrate.
Il sole è un milione di volte più grande della lerra, e di soli ve ne sono parecchi ! Dalla infinita vastità passiamo all'estrema minutezza. La natura è egualmente prodigiosa e perfetta nei piccoli quanto nei colossali oggetti. La natura, dice Plinio, non è in alcun' altra parte tanto perfetta quanto nella creazione de- gP enti più minuti; e dacché i microscopi vennero cosi meravi- gliosamente perfezionati non ci resta più alcun mistero fisico ri- guardo ai corpi. La struttura degli organi di un pellicello è ancora più meravigliosa, attesa la sua estrema minutezza, di quella d'un elefante o d'una balena nella sua mostruosa proporzione. Quale non deve essere la tenuità della sua lente cristallina, del suo
41 ventricolo, de' suoi intestini ! Eppure in quest'atomo vivente vi hanno e muscoli e nervi e vene e sangue; e in questo sangue degli umori, e negli umori dei corpuscoli composti di materie eterogenee. E lutti questi vasi, — tutti questi spirili clie vanno in circolazione insieme a! sangue sono rinchiusi nel corpo di un animale quasi imperceltibi!e. I! microscopio in ogni oggetto ci scopre ben mille altri oggetti, che per la loro impercettibile mi- nutezza sfuggivano alla nostra visla.
Aristotile, Empedocle, Ippocrate, Plinio e Lucrezio erano ben lontani dal sospettare la sorgente di tante meraviglie in oggetli di si ("falla minutezza. Essi avrebbero chiamato pazzo colui che avesse tentalo di descrivere l'occhio d'una mosca, e colui egual- mente che avesse assicurato che una goccia di aceto contiene quasi 40,000 vermi infusori Gli antichi erano hen lontani dal- l'immaginarsi che vi potessero essere circa i 20,000 specie d'in- setti, e circa 60,000 specie di piante. — A tale idea il pensiero dell'uomo rimane spaventato. Quante scoperte non vennero fatte dall'epoca di Aristotile sino a Linneo, e da Linneo sino ai nostri ultimi naturalisti !
L'uomo è posto fra due infiniti: infinito per ismisuralezza di corpi, ed infinito per minutezza; e se la distanza incommensura- bile dei corpi celesti caratterizza l' immensità del Creatore ., l'ammirabile organizzazione del corpo animale manifesta Y intel- ligenza sua infinila. «
Velocità infinila. — Un tempo le stelle si ritenevano fisse, ora non più. Infatti tutte hanno un corso, tutte hanno uà mo- vimento proprio diretto nello stesso senso, e destinato col volgere del tempo a framischiare le differenti costellazioni. E vi ha tulio ii fondamento di credere che quanto più questo movimento pro- prio è forte, tanto più la stella che si prende a contemplare è ravvicinala a noi. Dietro questo principio la 61 stella del Cigno, che ha un movimento annuale di 50 minuti secondi, si presenta naturalmente.
Vivamente penetrato da questa idea, il signor Bessel nel mese di ottobre del 1838, favorito da un tempo serenissimo,, piantò il suo grande eliometro di Fravenhofer verso la 61 stella del Cigno* e durante ventuna notti consecutive, ciò che è senza esempio a Kònig&berg a motivo delle frequenti nebbie nell'atmo- sfera, egli ha potuto seguitare le difficilissime sue investigazioni. Egli è di parere che siffatta stella abbia una paratasse effettiva
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di tre decimi di secondi, ed è quanto dire che il raggio dell'or- bita terrestre lo si vede sotto questo angolo., e conseguentemente che la distanza della 61 del Cigno dalla terra è uguale a 657,700 volte quella della terra al sole, o circa ventisei milioni di mi- lioni di leghe. Talché alla luce è d' uopo il corso di dieci anni per attraversare questo spazio infinito. — La luce partendo dal sole e pervenendo alla terra impiega dai sette agli otto minuti di tempo, che è quan!o dire la distanza di pressoché trentatrè milioni di leghe. All'epoca in cui Newton faceva questo calcolo non si aveva potuto calcolare iì tempo impiegato dalla luce a giugnere dalle stelle (che erano allora credute fìsse) fino al no- stro globo, essendo stata considerata una tale distanza affatto in" comensurabile. — Si ha quindi ragione di dire che i calcoli della Divinità incominciano dove finiscono quelli degli uomini! Mise- rabile ateo negherai tu l'esistenza di un Dio?
« Nume non v' è? de' fiumi i puri argenti L'aer che spiri, il suolo ove risiedi, Le piante, i fior, l'erbe, l'arene, e i venti, Tutti parlan di Dio; per tutto vedi Del gran esser di Lui segni eloquenti: Credilo, stolto, a lor, se a te noi credi ».
G. B. Cotta.
Siccome una stella doppia circolante (che è quanto dire una stella centrale con un satellite) maggiormente abbisogna d'essere osservata, così si può dedurre la somma delle masse: quindi il Bessel conchiuse che la 61 del Cigno non è un corpo più considerevole di un terzo del nostro sole. Questa stella, abbiamo già detto, si allontana lutti gli anni in linea diretta più di cinque secondi; ed ogni secondo corrisponde almeno a 150 milioni di leghe. Tutti gli anni essa dunque percorre almeno 750 milioni di leghe. Con tutto ciò, non è guari, essa veniva ritenuta una stella fissa!
Eppure vi ha qualche cosa che supera l'Universo., e questo è l'uomo, è il suo genio! E la sua ragione! Rivolgiamoci di nuovo a Pascal; « L'homme, dic'egli, n'est qu'un roseau le plus faible de la nature ; mais c'est un roseau pensant. 11 ne faut pas que l'uni vers enlier s'arme pour l'écraser. Une vapeur, une goutte d'eau, suffit pour le tuer. Mais quand l'uni vers l'écraserait, l'homme serait encore plus noble que celui qui le tue, parce qu'il sait
43 qu'il meurt; et l'avantage que l'univers a sur lui, l'univers n'en sait rien ».
Nulla vi ha di più attraente ed ammirabile che lo studio delia astronomia e della fisica, della loro storia e dei passi progressivi pei quali esse sono giunte allo stato attuale di perfezione. Co- minciando dai primi tempi e venendo senza interruzione sino al- l' età nostra questo studio ci presenta la storia più completa e più continuata dei progressi dello spirito umano, del genio dell'uomo. Vi sì scorge l'interessante spettacolo dell'uomo ognora in lotta co' suoi pregiudizi ed in certo qua! modo anche co' suoi proprj occhi. Vinto all'ultimo ogni ostacolo sì fisico che morale, che sembrava volerlo inceppare nelle sue intraprese, l'uomo giun- ge, colla potenza della sua ragione., colla sua operosità, colle sue scoperte ad una meta gloriosa portata al più alto grado cui è concesso al genio umano di raggiungere.
Dove poi maggiormente si manifestano il talento ed i progressi dell'industria umana si è nella navigazione. Quali maraviglisi ed utili risultati non si deggiono ai grandi navigatori? Osservate quello sterminato vascello fendere le acque con prepotente forza, e mae- stoso farsi strada tra gli schiumanti fluiti., e co' suoi pini squar- ciare le nubi, sfidando il furore degli aquiloni! Questo veramente può dirsi il prodigio dell'industria umana; lo spirito e l'imma- ginazione ne rimangono stupefatti. Ciascuno lo ammira attonito, e non sa persuadersi, nulla ostante il fatto, come quel punto impercettibile gettato sulla superficie dell' oceano possa volare dall' un polo all' altro recandovi l' incivilimento, le arti, la pace o la guerra., imponendovi il giogo, o meglio esercitandovi grandi beneficenze. Per questi miracoli delle arti e dello spirito umano si videro moltissimi uomini sommi impadronirsi di straniere con- trade, e dettar leggi a milioni d'uomini! — Le invenzioni della stampa, gli occhiali, la bussola, la polvere , sono i grandi mezzi pei quali 1' uomo ha potuto mettere in .esecuzione tutta la po- tenza onde la divina intelligenza lo ha dotato.
Fu nelle scienze fisiche massimamente che il genio dell'uomo presso i moderni fece grandissimi progressi,, di tale natura che gli slessi antichi filosofi furono superati. Nella fisiologia, in questa scienza tanto interessante in tutti i suoi risultati, i moderni fe- cero scoperte importantissime. Aristotile , l' ingegno più vasto e più profondo presso gli antichi, fu il primo che dietro i diu- turni suoi studi sopra gli esseri organizzati abbia sparso qualche
44 ìuee intorno ìa scienza delia vita. Le sue opinioni fondate per Io più sopra falsi prineipj fecero per molto tempo autorità e servi- rono di testo nelle scuole. Paracelso vi mischiò pure la astrologia giudiziaria, e distrusse le antiche dottrine per surrogarne di nuove. Ecco come avvenne in seguilo che gli imitatori ed i commen- tatori del filosofo di Slagira, si diedero ad amplificare e gua- stare sempre più quelle dottrine. Vesalio, Haller, Spallanzani, Harvev, Morgagni, Mascagni, i seguaci di Porta, per le infinite loro esperienze di anatomia comparativa, togliendo il denso velo che copriva i segreti della natura, fecero della fisiologia una scienza di osservazione., ed aprirono quella via poscia si gloriosamente percorsa da Bonnet, Bichat, Cirillo. Cotogno, Lorenzo Bellini, So- relli, Buffon, Cuvier, Fontana, Paletta, Cabanis, Vallisnieri, Ma- gendie., Barthez, Richerand, Pitaro., Rasori ed altri sommi ana- lizzatori delle fibre del corpo umano.
La scienza fisiologica dopo gli antichi fece immensi progressi. Ippccrate , Ermogene , Menecrate, Erasislralo, Galieno erano sa- pienti di gran genio, ma la loro scienza in confronto alla nostra era ancora bambina.
Per quelle scoperte si è potuto anatomizzare le differenti co- struzioni umane, i diversi temperamenti, le età, i difetti, le mo- struosità , le differenti specie., o varietà del genere umano, il magnetismo, le dottrine etnologiche , i sistemi fisionomici, ecc. La generazione che venne verso la fine del secolo passato è ol- tre ogni dire avida di sapere, nò vuole rimanere ignorante sopra alcun ramo dello scibile umano (1). Essa s'impossessa di tutti i vei- coli che la possano condurre nel seno della sapienza; a tal fine essa vuol conoscere e teorie e pratiche: sì grande curiosità, tanlo amore agli sludj d'ogni genere eccitano lo slancio e gli sforz ognor più crescenti e progressivi del genio dell'uomo
Tale è il gusto e il desiderio degli studiosi del nostro secolo, grande e memorabile epoca del mondo.
(1) Primi maestri tnatematici: Cavalieri, Viviani, Leibnitz, Grandi, Marchetti, Frisi, i due Zanolti,. Mascheroni, Tartaglia, Manfredi, Maraldi, Leonardo da Vin- ci, Conti, Poleno, Rampinelli, Manpcrtuis, Bernonilli, d'Alembert, Clairaut, Kil- ler, ecc. — Fisici: Rogero Bacone, Volta, Galvani, Franklin, Mariotti, Aldini, La- voisier, ecc. — Naturalisti: Aldovrand, Linneo, Buffon, Cuvier, Cocchi, Lacépède, Sonnini, Bonnet, Borelli, Riarsigli, Daabenton, Micheli, Torri, Bomare, Vallisnieri, T. Tozzetli, Spallanzani, F.ontana, Tournefort, Scilla, Jussieu, Galileo, Cassini, Tor- ricelli, Oriani, E. Zanotti, Zendrini, Kepler, Copernico, Herchel, Halley, Huygeos, Ticho-Brahe,"Borelli, Piazzi, Lalande, Plana, Arago, Grimaldi, Bianchini, Lagrancia, Boscovich, Mairan, ecc.
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CAPITOLO LX.
GENIO MECCÀNICO — GLOBI AREOSTATICI — DEDALO.
Riflettendo però intorno a! genio meccanico degli antichi, noi vediamo ch'essi avevano trovato i mezzi d'innalzarsi nelle regioni aeree. Il famoso Dedalo, ii quale fabbricò il Labirinto di Greta, inventò pure quelle statue mobili, che i più forti legami non potevano trattenere, e di cui parlano varj aulori e sopratutto Platone.
Si dice che Dedalo essendo stato in Egitto, fu colpito d' am- mirazione all' aspetto del labirinto costrutto con arte meravi- gliosa; ne fece uno consimile per Minosse, re di Creta. — Così Diodoro Siculo. — II labirinto di Dedalo non era che la cente- sima parte di quello d'Egitto, una delle maraviglie del mondo. — V. Plinio. — Gli Egiziani furono i giganti delle arti. — Dedalo era l'uomo più industrioso de' suoi tempi; ei può rappresen- tare il genio meccanico che allora dominava nelle scienze e nelle arti. — Dedalo inventò varj istrumenti, come la scure, il per- pendicolo, il livello, il traguardo, le vele dei bastimenti, ecc. Ei fu, come si è detto, eccellente nel fare automi. — Dedalo se ne fuggì d'Atene per avere gettalo dall' alto di una casa Calo o Acalo suo nipote e suo allievo, per gelosia, vedendolo diventare tanto abile, che avea fatta la sega all'imitazione di una mascella di serpente, il torno, il trapano, la riga, il compasso e la ruo- ta. — Dedalo si rifugiò alla corte di Minosse re di Creta, e ne ricevette l'accoglimento che meritavano i suoi rari talenti. Il grande artefice si fece pure conoscere ingegnosissimo nella orificeria ed eccellente architetto col labirinto che fabbricò a Cnosso, ove, per avere favoriti gì' infami amori di Pasifae, fu rinchiuso col suo figlio Icaro. Ingegnosissima fu pure, come ab- biamo già detto, la sua liberazione da quella inestricabile pri- gione.
In Omero, ove si vede l'origine ed il perfezionamento d'ogni arte, d'ogni scienza, d'ogni mestiere, si ammira il meccanismo delle statue di Vulcano , ciò che prova almeno che l'ingegno
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meccanico progrediva a* tempi suoi. — La fuga di Dedalo si operò senza dubbio pel mezzo dell'aria rarefatta, quindi il prin- cipio dell'invenzione moderna de' globi aerostatici. — La celebre sfera del grande Archimede , che rappresentava il mondo in piccolo, ed ove si vedevano i corpi planelarj descrivere il loro orbite con più o meno lentezza, perchè essi erano pieni,, senza alcun dubbio, di un'aria più o meno rara, affine di preci- pitare o di rallenlare i loro moti, non dovevano essere prodotti con delle ruote che sarebbero state troppo difficili di adattare ai globi di materia fragile, e che nuotavano, sicuramente, in un fluido. Claudiano, parlando di questa bellissima macchina, dice:
« Inclusus variis famulatur spiritus astris Et vivum certis motibus urget opus. »
Alberto il Grande diede una ricetta di un' aria elementare o gaz, la quale, insinuala in tunica de papiro volanti, doveva fare volare questa tunica sferica neil' aria , né più né meno che un globo aerostatico. F. lì suo libro Delle meraviglie della natura, — Più nota di quel che si crede era presso gli antichi l'arte di Montgolfier, Zambecari, Andreolti, Antonio Comaschi, del napo- litano Costa, di Blanchard, Scaramucci di Firenze, Wetinger cre- monese, Garnerin e varj altri odierni aeronauti.
Quando i palloni aerostatici comparvero , ognuno fu preso di stupore e di ammirazione. Questa invenzione può forse essere considerala come la più bella , la più ardita e la più sorpren- dente che si sia mai fatta. Onore all'ingegno ed al coraggio del suo inventore, Montgolfier ed agli altri quattro primi navigatori aerei: Carlo, Roberto, Rosier e d'Arlandes., i quali ardirono ab- bandonarsi ai venti in cosiffatte macchine di alto volo! Questa in- venzione è moderna, ed i primi viaggi aerei furon fatti dai Fran- cesi. Bella è Y ode del Monti diretta a Montgolfier intorno alia sua invenzione , il suo coraggio ed i suoi viaggi. Assai poetico n' è il soggetto. Blanchard., seguace di questi nuovi argonauti, ebbe Y audacia di passare per disopra il canale della Manica in un pallone e di trasportarsi d' Inghilterra in Francia a volo di uccello! — Inventò una specie di paracadute con cui si può cadere., senza alcun pericolo, dalla più grande altezza. Garnerin inventò dopo un'altra specie di paracadute e non temè lasciarsi
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cadere dopo essersi innalzato con un pallone all'altezza di 800 o di 1000 lese, e giunse pian piano a terra. Varie volte e con buon esito fece questa esperienza (1). I primi navigatori non pro- dussero più sorpresa e non fecero si audace tentativa. Le aquile nel loro altissimo volo rimangono molto al disotto di quell'altezza. L' uomo può in oggi vantarsi di essere Y animale che vola alla più grande altezza e che penetra il più innanzi nelle profondità della terra. L'inventore del battello che immergesi ebbe l'audacia di sprofondarsi sotto le acque e di trovare l'arte di ritornare al disopra. Si disse pure che all'aspetto di una tempesta si nascose entro il mare e rimase quieto al fondo, mentre che la superficie era sconvolta dall'impeto de' venti. — Si vede ora l'uomo per- correre tre elementi, quantunque a lui la natura non ne de- stinasse che uno solo per sua dimora! — Un americano disse: L'uomo è un animale giudizioso che dipinge coi raggi solari, viaggia col vapore e parla coi lampi.
CAPITOLO X.
GENIO DEI VIAGGI.
Commercio — Civilizzazione — Cognizioni — Navigazione — Scoperta — Vapore.
Ai viaggi si devono i progressi della cognizione del nostro globo e delle sue produzioni. Cotal cognizione promette a tutti gli uomini un accrescimento di piaceri e di risorse, ed offre una sorgente di prosperità pei popoli a cui la fortuna non fu propizia, senza nuocere punto a quelli che ha già colmi dei suoi favori, ed anche accordando loro nuovi doni.
(4) Paolo Guidotti, detto il Borghese, era dotato di una mente ardente ed inventiva. Tutte le scienze erano da esso possedute, ed esercitava quattordici arti di cui una sola basterebbe a fare la fortuna di un uomo. Con tutto ciò visse nella miseria e morì all'ospedale. Trovò il mezzo di volare con ali artificiali, e si sostenne durante un mezzo miglia circa. Dopo, cadde sovra un tetto cbe sprofondò, rompendosi una gamba. — <5B^a 1629.
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ì viaggiatori europei introducono nelle altre contrade del globo le nozioni delle arti, delle scienze, gli usi della loro civilizzazione, gl'istrumenli che le arti nascenti ponno impiegare, alcune pra- tiche di agricoltura, di economia domestica; — de' grani, delle piante, degli animali, delle materie su cui i nuovi operaj possano fare il loro tirocinio e provare di stabilire scuole per estendere e perpetuare i benefizj dell'istruzione e de'Iumi; — e preparanoie vie di un commercio regolare, e su cui possa fondarsi speculazioni come fra i popoli inciviliti.
Mercè i viaggi, le scienze idrografiche e geografiche hanno fatto immensi progressi. I viaggi marittimi intorno al globo hanno fatto si che le nazioni più incivilite hanno preso parte a! commercio di tutto l' universo. Ora, nelle contrade più remote., in quelle che si credevano inaccessibili agli uomini deli' Europa , si sono for- mati slabilimenti di commercio, e si consolidarono lasciando alle popolazioni che si visitavano le rimembranze più lusinghiere eie più atte a farle desiderare il ritorno dei loro amici d'Europa. Si è unito l'esempio al precetto; le nazioni iniziate gradatamente al costume di vivere europeo, ai godimenti ed alla felicità della civilizzazione., furono condotte per la via del piacere a tutti i miglioramenti intellettuali e morali di cui le trovarono suscet- tibili. — Perfezionando la geografia e l'idrografia delle coste, delle isole., de' mari lontani, si è aggiunto nuovi fatti a ciò che già si sapeva di quelle contrade. Si è raccolto e messi in ordine i mate- riali della loro statistica; si sono fatte conoscere le loro produzioni, i costumi e le usanze degli abitanti, i loro bisogni, ecc. Si sono formale collezioni de' loro libri e manoscritti e di tutti i rami della loro storia naturale e dei prodotti dell' industria locale. — In questi ultimi anni la geografìa ha fatto rapidissimi progressi, ed ha molto riveduto e rettificato per opera dei viaggiatori. Fra poco alcune importanti regioni abitale nelle epoche più remote, e da cui la moderna navigazione ci ha di sovente avvicinati, sa- ranno, lo speriamo, esplorate e conosciute. Ora 1' Europa è prepa- rata, ammaestrata per i grandi viaggi di scoperte e di civilizza- zione: i metodi di osservazione sono perfezionali, le cognizioni preliminari abbondano; Io spirito d'intrapresa è uno dei carat- teri della nostra eia , e ciò che rende più favorevoli ancora le circostanze, i mezzi di esecuzione si accumulano continuamente, ed il vapore ne diventa il più potente.
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Da N earco (1) bino a Colombo, le scoperte di nuove terre colpi- rono l'imaginazione dei popoli, sparsero grande splendore sovra i monarchi che ordinarono queste spedizioni, raccomandarono alla posterità gli uomini che vennero al loro soccorso con la loro fortuna, la loro influenza ed il loro sapere.
Infruttuose ed infelici furono le prime grandi navigazioni dei medesimi. Mancanti di dati certi sulle contrade le più lontane dell'Europa, i viaggiatori, i merendanti nelle loro prime specula- zioni, furono molto sfortunati ; — i commercianti, gelosi di approfit- tare della novità, si sforzarono di essere i primi a raggiungere lo scopo; i loro carichi furono male assortiti, e non conoscendo i paesi, i bisogni de' popoli a cui si diriggevano, non ebbero che poco spaccio; i cambi non furono più avventurati, — il nuovo mercato s'ingombrò di mercanzia non richiesta ; si guastarono, le perdile crebbero, gli appaltatori si rovinarono; — la dispera- zione fece rinunciare a rami di commercio che sarebbero diven- tati assai produttivi se fossero stati meglio diretti.
Queste sciagure non si attribuirono che alla mancanza della esatta cognizione de' luoghi e de' popoli. L'esperienza insegnò dopo che ii solo mezzo di acquistare queste cognizioni, era una esplo- razione metodica., accurata, che non si limita a vedere gli oggetti in massa e che s'interna nei dettagli tanto necessarj pel successo dille operazioni commerciali. Gli uomini dei viaggi, delie sco- perte, della civilizzazione, de' progressi del commercio, e dell'in- dustria e delle arti, hanno perfezionato la navigazione e l'arte de! viaggiare. La republica delle lettere e quelli che la governano e che presiedono ai suoi destini, avendo nelle mani l'immensa leva della pubblica opinione della quale la stampa trasmette l'a- zione in tutto l'universo., sono stati utilissimi co'lorostudj e con la loro persona, il cui potere si aumenta e diventa più salutare a misura che le nostre cognizioni si estendono e si perfezionano. Alcuni grandi, quelli il cui potere, o le molte ricchezze situano
(i) Grande navigatore delFanlichità , ammiraglio della fiotta di Alessandro il Grande. Questo principe e Tolomeo mandarono, in varie epoche, una spedizione per scoprire le misteriose sorgenti del Nilo. Impresa , particolarmente in allora , di grandissimo ardire e difficoltà. — Eguale e costosissima fu, ai nostri tempi, l'impresa diretta da Franklin e Parry fra i ghiacci polari, onde cercare verso il norde una via navigabile fra i due Oceani. Ciò nonostante i mezzi della naviga- zione moderna, quella spedizione sorprese per l'abilità e l'intrepidezza di quei grandi marinari.
50 alla testa delle nazioni, proleggendo la navigazione, hanno sparso fra i popoli maggiori cognizioni, e più mezzi di prosperità, e così ebbero occasione di esercitare la più bella, e la più nobile delie loro prerogative, quella di essere i benefattori degli nomini sottoposti alfa loro influenza, ed al loro potere.
1 viaggalori hanno preparato al commercio relazioni più eslese, più diversificate e per conseguenza nuovi mezzi di sfuggire alle sorti sfavorevoli, o compensarle con altri profitti ; — in questo modo sono stati più certi dell'esito delle loro operazioni nei mari le cui coste sono state meglio conosciute., ove non hanno avuto più a temere gli sbagli delle carte geografiche anch'esse dai viag- giatori corrette, e la naviga/Jone generale non è stata esposta a mille pericoli. Con le scoperte fatte delle grandi navigazioni si sono moltiplicati i canali per lo scolo dei prociotti del suo'o e delle fabbriche; si è dato più valore ai capitali procurando loro nuovi impieghi, e con ciò si accresce ogni sorta di ricchezza. Le nuo- ve esplorazioni del mondo commerciale mantengono l'attività delle manifatture, ^ponendo il consumo al livello' dell'enorme potenza di produzione di cui le macchine sono provviste e che per al- cun tempo hanno minacciato di una desolante sospensione tutti i lavori industriali. — L'andamento progressivo de' viaggi ha mi- gliorato la Condizione dei popoli situati ad una grande distanza e gli sforzi de* viaggiatori filantropi ed istruiti hanno banditi da molle di quelle contrade l'ignoranza, l'idolatria, la schiavitù ed hanno fatto progredire 'la morale dei popoli, questa feconda sor- gerne dei più grandi beni di cui possa godere l'umanità. — L'ar- chitettura navale ha perfezionatala nautica; l'immensa concorrenza, l'urgente bisogno di estendersi su tutti i mari, di solcarli in tutte le direzioni., e di creare delle contrade nuove o meno frequentate ove la scienza e 1J abilità nel marinaio sieno necessarie, hanno contribuito al prefezionamento dell'architettura navale., e air in- finito numero dei bastimenti.
Scoperte idrografiche, favorire i progressi della civilizzazione pratica, daresviluppi nuovi all'attività commerciale, il propagamento delle cognizioni utili, il perfezionamenlo morale, l'estensione dei rapporti commerciali, e crescere le cognizioni astronomiche, idro- grafiche., zoologiche, meteorologiche., mineralogiche., botaniche, chimiche, medicali, nautiche, geografiche., commerciali, industriali, morali, intellettuali, scientifiche, artistiche, letterarie, filosofiche, ecc. sono Io scopo de' viaggi, ed lì profitto utile, piacevole, soddisfacente
51 ed onorevole che se ne ritrae. — È dell'interesse e del bisogno dei popoli di difendere e rendere generali gli utili ritrovamenti nelle arti, nell'industria, nell'economia, nella meccanica, nell'agri- coltura, nella pastorizia, ecc.: questi sono i mezzi per cui giungono al loro benessere ed alla loro felicità.
Pisa, Venezia, e Genova produssero i primi grandi navigatori del mondo. — l Genovesi furono i primi navigatori che presero parte alle spedizioni delia Terra Santa. Mandarono in Siria, alla line del XI secolo ed al principio del XII, sette flotte diverse., delle quali alcune furono di settanta galere. Resero importanti servigi durante gli assedj di Antiochia, di Laodicea, di Torlosa; contribuirono potentemente alia presa di Cesarea, di Gerusalemme, di Tripoli, ed ottennero da Baldovino I una fulgidissima ricom- pensa del loro valore e del loro soccorso, la proprietà di un terzo delle città di Cesarea, d'Ascalonne e d'Assuro. Si accordò loro un quartiere e dei diritti di giuridizione a Gerusalemme, a Joppe, ad Antiochia, ed in altre città d'Oriente. — Floridissima era Pisa nel- l'epoca della prima Crociala, e disputava allora ai Genovesi l'im- pero del mare. Le sue spedizioni in Sardegna, in Sicilia, in Africa, ove essa s'impadronì di Cartagine, spargevano in tutta l'Europa, la sua gloria militare. Dessa manteneva abitualmente duecento galere, e spesso le sue flotte si unirono a quelle de' Crociati. — Si cita nel numero delle due memorande spedizioni del XII secolo, la liberazione di Alessandria., ove i Saraceni tenevano assedialo Amaury, re di Gerusalemme. — Una flotta veneziana di due- cento vascelli, apparve nel 1099 sovra le coste delia Siria. Gof- fredo si era già impadronito di Gerusalemme; ma i Veneziani concorsero alla presa di Joppe, ed il seguente anno, a quella di Tiberiade e di una gran parte delia Gallilea. Eglino molto si di- stinsero in seguilo agli assedj di Tolemaide, di Sidone, di Berito, di Ascalonne, di Tiro, ed ottennero nelle principali città del nuovo regno gli stessi privilegi dei Genovesi. — Simili vantaggi furono a loro accordati a Costantinopoli dal principio del Xi secolo; i Pisani ed i Genovesi ebbero in seguito parte a questa immu- nità. Da questo risultò un esteso commercio fra l'Oriente e l'Occi- dente: le produzioni, le ricchezze, l'industria del Levante entrarono nella generale circolazione; il commercio guadagnò gradatamente le varie coste di Europa ed alcune città del centro; la geografìa e l'arte della navigazione fecero de* progressi; le crociale diedero un nuovo vw\o all'umano ingegno; e se desse non ebbero una
pronta influenza sovra il risorgimento delie arti, desse il prepara- rono. Le sciagure islesse dell'Oriente fecero rifluire in Europa, sopratutto in Italia, le arti che vi erano conservate.
Un genovese (Cristoforo Colombo), scoprì, nel 1492, l'America; — un portoghese (Bartolommeo Diaz), scoprì, nel 1487, il Capo di Buona- Speranza; — un fiorentino (Americo Vespucci), diede, nel 1497 o 1498, i! suo nome all'America; — un portoghese (Vasco de Gama), ritrovò nel 1497, le Indie Orientali; — un altro portoghese (Magellano), scoprì, nel 1519, la terra di Foco ed il Canale a cui diede il suo nome; — uno spagnolo (Sebastia- no Cano), fece, il primo, il giro del mondo negli anni 1520, 1521 e 1522. Il grande Carlo Quinto, che avrebbe ambito di conquistare tutta la terrra, diede per armi a Sebastiano Cano, un globo., colla seguente eserga: Primus me tir cumdedisti. Pietro Alvares, Pizarro., Ferdinando Cortez, Giacomo Cartier, Cabras, s'il- lustrarono anche come navigatori. — Si osservi, che gl'Inglesi, i Francesi e gli Olandesi, i quali si sono forse più arricchiti poi pel commercio dell'America e dell'India, non ebbero veruna parte a queste grandi scoperte.
Altri grandi navigatori: Niccolò e Matteo Polo, veneziani, viag-. giarono nel 1248., in tutta la Tartaria e la Cina; Marco Polo, anch'esso veneziano, figlio di Niccolò, viaggiò, nel 1268, intuita l'Asia ; Sebastiano Cabolta, esso pure veneziano, scopri l'ago magnetico e perfezionò la Bussola, percorse l'America settentrio- nale, e l'Islanda; Antonio Cabotla, fratello di Sebastiano, fu anch' egli grande nella navigazione; i due Zeni, nel 1390, moltissimo navigarono e con assai profitto; Alvise Cadamosto, nel 1455, rinomatissimo per le sue grandi navigazioni. Degni di questi celebri navigatori furono: Josafal Barbaro, Ambrogio Contarino, Marin Sanudo , Niccolò Conti , e molti altri. La raccolta Storica che il Ramusio ha fatto de' grandi navigatori, e dei loro viaggi è assai interessante ed onora l'Italia. Egli la pubblicò verso la metà del seco'o XVL Interessanti sono an- che i viaggi di Pietro della Valle. I Veneziani , i Ge- novesi, i Pisani., i Toscani, furono i Fenicj, gli Ateniesi, i Car- taginesi, i Romani dei moderni (1). ì primissimi navigatori, astronomi e geografi italiani comparvero nel IX secolo. Le prime
(I) Veggasi l'interessante Storia dei tre celebri popoli marittimi dell'Italia, Veneziani, Genovesi e Pisani, e delle loro navigazioni e commercio nei bassi secoli, dell'avv. Battista Fanucci Toscano. Voi. 3. Pisa 1817 al 4828.
53 carte geografiche furono disegnale da Fra Mauro di Venezia pri- ma della scoperta dell'America (1). Flavio Gioia d'Amalfi, nel regno di Napoli , inventò la bussola. Una specie di bussola fu inventala nel 4248, a cui si diede il nome di Marmetta, ma con essa non si potè andare molto lungi dalle coste. — Ber- nardo Baldi , che pubblicò il suo poema La Nautica, nella metà dei XVI secolo, loda ne' seguenti versi la virtù della cala- mita, l'invenzione della bussola e Y ingegno e la gloria di Fla- vio Gioia:
«.... quella nobil pietra onde s'avviva Il volubile acciaio, e in lui si desta L'alta e strana virtute, ond'egli infuso Non può non mirar sempre il nostro polo : Divina pietra, senza cui già mai Scioglier non dei dal lido, a fin che quando, Come accade talor, l'ago s'infermi, Tu con questa il risani e l'avvalori. Ma chi di tanto effetto aprir l'interno Potè primiero, e trapassar col guardo Le fosche nubi, onde natura involve Profonda i suoi misteri? Opra mortale Questa certo non sembra. 0 sacre muse, Cui nulla invidioso il tempo asconde, Voi scopritemi il ver, sì che io por voi, Cantando il narri a le future etati. Flavio figlio d'Amalfi, una de l'alme Ninfe, cui fra' mirteti e fra gli allori Bagna il /Tirren vezzosamente il piede, Visse famoso, e in guisa tal ne l'arte S'avanzò del solcar gli umidi campi, Ch'ad ogni altro nocchiero antico o novo, Giudice anco l'invidia, involò il pregio. »
Si è provato che fino dal V secolo i popoli marittimi della Germania, sapevano non soltanto l'arte della navigazione, ma ancora si facevano temere sui mari, però sempre costeggiando,
(4) Il 28 marzo del 1380 i Veneziani, guerreggiando contro i Genovesi, fecero per la prima volta, dopo l'invenzione della polvere, l'uso della polvere da can- none. — Si sa che Y invenzione della polvere si deve al caso. Un monaco tede- sco, Bertold Schvvartz, buon chimico pe' suoi tempi, avendo fatto una composi- zione di salpelro, di solfo e di carbone, e coperto con una pietra il mortaio ove era, batteva l'acciarino vicino onde accendere un lume, una scintilla vi cadde, il fuoco si attaccò e fece saltare la pietra.
54 pel loro ingegno a manovrare ed ii loro coraggio ad attaccare e a difendersi (1). — Anson, Drake, Cook, Bougainviile ed i geo- grafi: Gulhrie, Men Ielle, Malte-Brun, Humbold, d'Anviile, Bolla, Acerbi, Gagnola, Beiloni, Champollion , Sègur , Balbi, Osculati, Carta, anche storico distintissimo e collaboratore del cav. Bossi, storico ed antiquario di primo ordine , e molti altri moderni sparsero nel mondo le interessanti ed utili notizie dei loro viaggi.
CAPITOLO XL
GENIO DELLE LETTERE.
La letteratura comprende: la grammatica, la logica, la relto- rica, la critica, l'eloquenza, la poesia, e con questi studii s'im- para a parlare., a ragionare, a giudicare, a scrivere, e si acqui- stano i mezzi onde abbellire le idee , i sentimenti , con tutti i vezzi dello stile che attraggono l'attenzione e l'interesse. Codesti studi fanno che i pensamenti si presentano con tutte le grazie e la forza dell' eloquenza , la quale conduce al convincimento. — Poco potere hanno le idee utili o belle, se il genio che le con- cepisce non può comunicarle convenevolmente. La comunica- zione delle cognizioni di tutti i popoli, di tutte le epoche, e ciò che costituisce la vera scienza. Senza gii ornamenti ed i pregi delle lettere, debolmente colpirebbero le più importanti verità, le quali, molte volte, per mancanza di coltura, rimangono sco- nosciute. - — Utile, bella e grande è l'unione delle scienze ideile lettere. Desse si offrono un mutuo appoggio; se da un Iato le lettere facilitano ed abbelliscono le scienze, dall'altro, le scienze contribui- scono al perfezionamento delle lettere. — I principj delle scienze sarebbero troppo ardui se le lettere non vi aggiungessero i loro vezzi, la loro bella vesta. Le verità, da loro presentate, divento- no più sensibili, acquistano forme leggiadre, vengono adorne da ridenti imagini, ed anche frammischiate alla favola, meglio risul- tano — non di rado le lettere si compiacciono di spargere fiori
(i) V. Sidonio Appollinare.
intorno a materie astraile, scientifiche, e con ciò ic fanno più dilet- tevoli ed interessanti; di tali opere porgono grandi esempi i poemi d'Esiodo, Kpicarmo, Parmenide, Empedocle, Aralo, Virgilio, Lucrezio, Senofonte, Manilio, Ovidio, Alamanni, Tasso, Capece,Tansillo, Pope, Rapin, Delille, Duiard., Voltaire, Casti, Lebrun, Mascheroni, Bru- mov, Bosehovich , Landini, Cassola, Milton, e vtfrj altri., non che Thomson, St. Lambert, Roucher, Darwin, Taute; i prosa- tori : Pascal, Fontenelle, Stay, Candorcet, Algarotti, Swift, ecc. Questi letterati e poeti si servirono acconciamente del linguag- gio delle muse per parlare a tutte le intelligenze, sopra ogni sorta di scienze. — Omero, Piatone, Plinio, Varrone, Coìumela, Cicero- ne, Catone, Dante, Buffon, trattarono ogni ramo dell'umano sapere, con tutta l'eloquenza del genio delle lettere. — • La letteratura è la pratica, l'esercizio abituale della nostra intelligenza, il profondo studio delle nostre diverse sensazioni e del loro sviluppo pel mezzo del pensiero.
Grandi sono i vantaggi che si ritraggono dalla letteratura e da suoi rapporti. — Le lettere e le scienze sono il più dolce, le- game della società, formano la vera gloria delie nazioni, sono il più polente incanto nella vita privata, nel ritiro, ciò che delizio- samente ne descrive il grande Marco Tullio ed il savio poeta Venosino. — I letterati e i dotti uniti dagli stessi sentimenti, daìle istesse inclinazioni, dall'istessa superiorità di lumi, dall'istesse grandi e nobili vedute, si comprendono in mezzo ai secoli, si comunicano i loro pensieri i più segreti, danno bando ai pregiu- dizj popolari, i quali variano secondo i luoghi, i tempi e le cir- costanze per non sottoporli che alla sola ragione. — Essi sono liberi senza indocilità, non piegono il ginocchio che innanzi al- l'eterna giustizia, alimentano il fuoco sacro della verità fra gli errori che han >o di mira di smorzarlo, conservono in mezzo al torrente delle opinioni depravate, corrotte dall'egoismo e dall'in- sensibilità, glJirremovibili principi , le giuste regole dell'onestà., della probità,, si studiano a spargere continuamente ne' cuori semi di dolcezza, di umanità,, di virtù, cose tanto necessarie alla felicità dele genti., e fare ascoltare ciononostante gli altroci fu- rori del cieco e stolto fanatismo, la voce sì soave dell'umanità. Gli studjj le lèttere, sviluppano in noi il germe dei talenti, ed i savj principj ci fortificano nell'amore della virtù.
« Doctriiìa... vim promovet insitam Rectique cuìtus pectora roborant, » Orazio.
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Tulle Io passioni, qualunque ne sia la loro vivacità, pouno addolcirsi, perchè uno si presti all'istruzione, all'esercizio delle lettere.
« Nemo adeo ferus est, ut non mitescere possit, Si modo cultura? patientem commodet aurem. »
Persio.
Il vero letterato, quello che con i suoi studi ed i suoi talenti ha meritato codesto nobile e rispettato titolo, è un uomo di cuore e di coscienza, poiché è naturale che coltivando la mente, illu- minandola ed ingentilendola, si produca V istesso effetto sul cuore; riflettendoci bene, le eccezioni sona poche. Il letterato accoppia una mente retta ad un'anima elevala. Egli consacra le sue veglie ed i suoi talenti a servire, ad istruire l'umanità co'suoi dotti scritti; — come legislatore, la regola, la dirigge; come pubblicista, si fa il difensore de' suoi diritti; come econo- mista, egli l'illumina intorno gl'interessi suoi; come moralista, egli li fa amare ed osservare i suoi doveri ; come storico, ei gli mostra gii errori, i delitti, e le virtù dei tempi passali, con- siderati come preservativi e come esempi per le epoche avve- nire ; come poeta, romanziere, autore drammatico, egli la sol- leva piacevolmente dalle sue noie, dalle sue fatiche, l'interessa, l'intenerisce, la diverte, V istruisce, la corregge, e gli addita la strada della virtù e della felicità. — Codesto uomo, il cui genio fa tanto onde procurare agli altri uomini l'istruzione ed alcuni momenti di distrazioni o di piaceri, si allontana, per raggiungere questo filantropico ed onorevole scopo, dalle vie che conducono alla fortuna, e con devozione si dà ad una esistenza laboriosa e malinconica. — Il letterato, si è detto, è una utopia vivente ed animata che va seminando voti, consigli, regole e consolazioni per amegliorare l'umana condizione. Solenne ed eterna ricono- scenza merita chi civilizza, istruisce, nobilita l'uomo, che si oc- cupa del di lui bene essere, e che l'innalza al grado ove ponno giungere le sue facoltà allorché sono coltivate dagli scrittori fi- losoO. — Ma la società il sa ed egli senza casa, senza terra, senza castelli, senza equipaggi, senza oro, vien ricercato da'* grandi e da' ricchi, e ne è stimalo; — la sua approvazione, i suoi consi- gli, la sua critica sono apprezzali; egli con una parola regola tutto, e tulio insegna. E tutto questo lo fa con eleganza di lingua e
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con modi urbani; egli ingentilisce tutto, dirozza tutto, il morale e l' intelletto, ed, emulo delle Belle Arti, dà forme più gentili alia scienza ed in tal modo la rende più gradita e persuasiva. — Il genio del letterato feconda e pubblica le virtù degli uomini grandi; raffrena non di rado il delitto; rattiene di spesso le malvagie azioni; consola almeno le vittime; mostra alia virtù altri cieli, altre terre; solca i campi della gloria,, vi semina le palme, offre l'appoggio della speranza, alien uà il dolore delle perdite, diminuisce l'orrore delia morte, dà premii e castighi in questo mondo, li perpetua in altro, e parla della divinità con modi i più degni che sono concessi all' uomo onde potersi esprimere.
Quanta nobrità e disinteresse, quanta forza,, coraggio e co- stanza non abbisogna il letterato per condursi come il fa! Pochi sono quelli che ricevono premio degno di tante fatiche! — Al- cuni debbonsi accontentare del solo onore, della sola gloria, e della propria soddisfazioue che si prova ne! fare del bene, nel rendersi utile a' suoi simili. — L'invidia, la gelosia., l'ingiustizia, la calunnia j l'orribile ingratitudine, le persecuzioni presentano poi quasi sempre al letterato il calice delle amarezze, ma il ge- nio e ia sapienza ne trionfano col tempo. — Spesse volte l'in- differenza ed il disprezzo sono il compenso degli scrittori ., però osservandoci con attenzione, si scorgerà in quel disprezzo ed in quella indifferenza , il desiderio dei talenti ed il dolore di non possederli. Tutto prova la forza del genio letterario.
L'eloquenza persuade ed attira a sé i più restii, commove i caratteri più duri in favore dell'infortunio, rende mansueti i più feroci, insegna loro la beneficenza., e li fa gustare le delizie della sensibilità; dessa fa regnare la giustizia e le leggi, svelando in- nanzi ai tribunali le trame del delitto, le ipocrisie della perfidia, gli artifici dell' infernale calunnia; spiega con maestà le grandi massime della religione, e cinge di corone le virtù dopo il loro fatale termine, in quegli elogi funebri e santi che la vile adu- lazione non può più corrompere; dessa scolpisce in lutti i cuori il coraggio e il disprezzo della morte nelle sanguinose bat- taglie, la umanità, la dolcezza, la moderazione nelle vittorie; dessa, nella grande arte delle politiche negoziazioni , sa disar- mare la gelosia delie Potenze rivali, vi/scere i pregiudizi, uni- re le nazioni, farle amiche, consolidare la fiducia degli alleati, stabilire la pace e la concordia, e fondare in cotesto modo la
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felicità dei principi e de' popoli, desunta dai loro interessi custo- diti con giustizia, onore e decoro. Tale è il trionfo del Genio dell'Eloquenza (1).
La letteratura accoppiala alle scienze morali ed alla filosofia, si ammira negli scritti di Luciano, Rabelais, di Erasmo, di Ni- cole, di Pascal, di Montaigne, di Labruyère, di Fénélon, di La Rochefoucauld , di G. G. Rousseau , di Voltaire , di Sterne, di Thomas, di Swift, di Wielaod, di Àlgarotti., Fontenelle, Bernar- dino di Saint-Pierre, ecc.
CAPITOLO XII.
GENIO DELL'ENCICLOPÉDIA
L'Enciclopedia, nonostante i suoi numerosi difetti, onora il secolo che la vidde nascere, e sparse su di esso vivida ed uni- versale luce. II grande Bacone ne concepì la prima idea., ma la gloria di presiedere alla esecuzione appartiene a Diderot e a d'Alembert. — Bacone., vasto e dotto ingegno, portò le sue vi- ste sovra tutto l'impero del sapere, ed il suo primo saggio fu un trattato intitolato: La più grande produzione dell'epoca. Però questo non era che Io schizzo di un più grande soggetto, ch'egli in seguito eseguì sotto il titolo del Ristabilimento delle Scienze. Vi si vede l'andamento della mente umana nella scoperta delle verità, ed una teoria universale sconosciuta fino a lui. La gran- dezza e la bellezza del suo sistema., poterono d'allora in poi, farlo considerare come un uomo che la natura aveva fatto na-
ti) L'eloquenza adorna di tutti gli abbellimenti delle lettere , potentissima è sulla mente degli uomini. Spesso l'eloquenza in tal modo anco trionfa del vero, e l'esempio famoso Io porge Gian Giacomo Rousseau, con quel suo eloquentissi- mo discorso ove pretese che le scienze e le arti avevano corrotto i costumi. Egli ne ottenne il premio, ma gli accademici di Dijon furono sedotti più dallo stile che prepotentemente sosteneva un paradosso, che dalla veracità del soggetto , poiché l'esperienza mostra quanto le scienze e le arti hanno purificato i costumi di varie nazioni, fra le quali l'ignoranza, anticamente, fu la sorgente dei più grandi delitti e delle più grandi sciagure.
39 seere onde illuminare ed istruire il genere umano. Da ciò si co- nosce il primo concepimento dell'Enciclopedia francese. Forse giammai codesta immortale opera, sarebbe stala concepita ed eseguila, senza un uomo come Diderot. Per giungere a questo scopo, bisognava unire alla più vasta e pronta memoria, alla cognizione delle lettere e di tutte le arti., l'assiduità del lavoro il più coraggioso ed il più ostinalo, poiché egli rividde quasi tutti gli articoli che trattavano delle arti meccaniche e dei mestieri, e corresse tutti i fogli dell'Enciclopedia! — In oltre di ciò, Dide- rot abbisognò del più forte coraggio onde resistere a lutle le tempeste che suscitarono i suoi nemici contro questo ricettacolo delle umane cognizioni. — Questo filosofo, acceso d'ardente pas- sione per le cose straordinarie, e fornito di prodigiosa erudizione, si sentì la forza ed il coraggio d'intraprendere una impresa alla cui vista., qualunque altro che non fosse stato infaticabile la- voratore come lui, si sarebbe compreso di timore. Diderot si avvidde presto del bisogno di un primo collaboratore onde divi- dere la cura di riunire tutte le parti da doversi affidare a'varj letterati, scienziati, ed artisti. D'Alembert, suo degno amico, accettò codesto penosissimo impegno, onorevole sì, ma di molta respon- sabilità. Non tardò questo impiego a suscitare da tutte le parti pericolose persecuzioni. Queste vicende, le polemiche ed una folla di ostacoli di ogni genere, impedirono Diderot e d'Alembert di terminare il loro lavoro., o almeno di correggerlo, di evitare o di attenuare i difetti ch'eglino stessi riconobbero poi con since- rità. I talenti di questi due uomini celebri e la loro ferrea vo- lontà di riuscire nel grande scopo., sono fondamento alla detta osservazione. L'Enciclopedia forma il caos delle arti, dei me- stieri, delle scienze, insomma tutte le parti., tutti i rami delle umane cognizioni. Vi manca 1' ordine, e spesso la scelta degli scrittori non fu falla con abbastanza criterio. Si ebbe., alcune volte,, riguardi, considerazioni particolari, e si dovette non di rado preferire lo scrittore lavorando senza onorario., al più dotto a cui bisognava dare largo compenso Scrittori distinti pretesero sottrarsi alia vigilanza de^li editori, e questi non furono sem- pre irriprovevoli. Da tutto ciò nacque l'imperfezione dell' Enci- clopedia (1). — Però questa opera colossale diffuse pel mondo
(1) Voltaire diceva di quest'opera: J'y trouve dcs arlicles pitoyablcs, quinte font hontc à moi qui snis Vini des gcurons de celle grande boutique.
60 le notizie e gli sludii di ogni cosa., ed è sempre la mina ove i dotti scaveranno Y universale erudizione. — • Quasi tutto, coinè dicono gli enciclopedisti, è sfato discusso, analizzalo, o almeno ricercato ed osservalo nella loro piramidale opera: dai principii delie Scienze profane sino a' fondamenti della Rivelazione; dalla mela fisica sino alle materie di gusto; dalla musica sino alla mo- rale; dalle dispute scolastiche dei teologi sino agli oggetti del commercio; dai diritti dei principi sino a quelli dei popoli; dalla legge naturale sino alle leggi arbitrarie delle nazioni j dalle que- stioni che più ci premono sino a quelle che più c'interessano.
CAPITOLO XIII.
GENIO DELLA POESIA.
11 più allo grado del sublime nell' esprimersi risiede nella Poesia. La grandezza, la bellezza, la nobiltà, V arditezza, l'energia, la maestà, la magnificenza, la splendidezza, costituiscono lo stile poetico ed il genio; codesto linguaggio soggioca , incanta, co- manda gli uomini. — Il linguaggio poetico è la più grande e la più bella espressione, espressione che civilizzò e trasse dalla barbarie, i primi popoli del mondo. La più remota antichità ci mostra i poeti, legislatori, oratori e ministri della divinila. — I primi uomini che parlarono a' loro simili, lo fecero trasportali da un molo appassionato. Essi, penetrati di entusiasmo sdegna- rono il volgare linguaggio, ne ambirono un elevalo, splendido, armonioso, misuralo, vibralo, solenne e che colpisce fortemente, che avesse del sovrumano; — quindi nacque la poesia. Dapprima, il potere di questa incantatrice della niente e del cuore, fu senza limili. Dessa offri i suoi voti agli dei; strappò dal fondo delle selve orde di selvaggi, dettò loro le leggi, inventò le arti, fab- bricò le città. 1 popoli presi d' alto stupore, commossi da rico- noscenza, colpiti d'ammirazione da sì prodigiosi effetti, si affret- tarono di esprimere i loro vari sentimenti, e credettero dovere, onde pervenirvi, porre in uso le figure adoperale da quelli che li trasportavano istruendoli, e le quali furono ricevute come fatti
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reali, tra le seguenti generazioni, poco dopo incapaci di scoprire T origine, la causa delle allegorie primitive. — Nel personaggio d' Orfeo, !a poesia adempì alla sua prima nobile missione, ed il poetico linguaggio di questo legislatore caro alle Muse, civilizzò ed educò a'cune contrade del mondo. Mai la poesia ebbe più bello ed utile ufficio. La storia del cantore della Grecia, è l'isto- ria de' primi legislatori. — Il genio si servì della poesia per le- gare con dolcezza gli uomini. II grande Licurgo scrisse in versi le sue leggi; — Solone, nome caro all'umanità, mostrando agli Ateniesi le loro colpe, li richiamò sul sentiero della virtù e li avviò alla gloria, col linguaggio delle Muse;' — Dracene, ristesso Dracene, tracciò con stile poetico il suo codice di «angue. — Aristotile c'insegna che i legislatori erano poeti. Gli oratori lo erano pure quando trattavano i grandi movimenti dell'anima, le passioni. — La sublime lingua del genio, la Poesia, fu la prima che cantò le lodi degli dèi, le meraviglie della creazione, che dettò leggi, che civilizzò, che condusse gli eserciti alla vit- toria, che esaltò le virtù., che immortalò i fatti della storia, e celebrò le opere gloriose. — Come il genio, grande, forte, estesa, potente, durevole è ia poesia. — Omero, Virgilio, Dante, Ariosto, Tasso, Shakspeare, Corueille, Schiller, Calderon,Camoens, lasciano al mondo eterni monumenti del genio della poesia.
Tutto ciò che il genio dell'uomo ha di vero, di positivo, di profondo, di esteso, di sublime, di sovrumano, d'ideale, di poe- tico, si vede ne' poemi filosofico-matematici, e ne' poemi didasca- lici, in cui cammina di paro la poesia colla scienza e colla filosofia.
Parmenide (i), Empedocle, Lucrezio, Torquato Tasso, Dubar- tas, Capece, Polignac, Dulard, Landini, Delille, descrissero la Crea- zione-, l'eguale soggetto descrisse Ovidio (nelle sue Metamorfosi) j il più grande teologo del Paganesimo, con una magnificenza senza pari. — Sul!' Astronomia, bei versi dettarono Manilio, Cassola, Mascheroni; — Arato sui Fenomeni celestij Frugoni sulla Sfera celeste ; Boscovich, sugli Fedissi. — \J Agricoltura^ la Coltivazio- ne ebbero i loro poeti in Esiodo, in Virgilio, in Delille, Alamanni, Lorenzi, Rosset, ecc., e cantarono le loro delizie: Teocrito, Sannaz- zaro, Guarini, Gessner, il Tasso, ed altri. — I Fasti ebbero in Ovidio, il loro storico. — Lemierre (Les FasteSj ou les usages
(i) Il primo che disse che la ferra è di forma sferica.
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de l'annèe.) Thompson, St. Lambert e Giulio Uberli, cantarono le quattro stagioni; — Parini e Bernis le quattro parti del giorno ; - Roucher, i mesi; — L'orticoltura, il giardinaggio, l'agricoltura, la pastorizia, ebbero a poeti: Tansillo, Vaniére, Rapir», Arici ; ~ Darwin e Castel, cantavano le Piante; — llucellai, le Api; — Spolverini, il Riso; — l'abbate Giorgetti^ e Betti, il Filugello, oil Baco da seta; — siili' Uomo, poetarono: Pope, Fontanes, Vol- taire, Boileau; — Brumov, descrisse le Passioni-, Drydn e Col- lins accennarono lo stesso soggetto. Sanlecque, scrisse sul Ge- sto; — Riccoboni, siiti' Arie rappresentativa, Dorat sulla De- clamazione teatrale; — Dufresnoy, Watelet., Lemièrre, Du Marsy, Paparo., Salv. Rosa, sulla Pittura; — Doissin, sulla Scol- tura e sulla Incisione; — Berlinelli sulle Raccolte e la Pittura;
— sulla Musica poelarono: Yriarte, Marmontel, Dorat, Salv. Rosa; — sul i?a//o: Dorat, Faggiuoli, Maldura, Despréaux, Ber- choux che fece anche un poemetto sulla Gastronomia; — sulla Nau- tica, Baldi ed Esménard; — sulla Caccia, Nemesiano, Valvasone e Tiraboschi; — Campbell, sulla Memoria; — Zimermann, sulla Solitudine; — Rogers, sulla Speranza; — Elvezio sulla Felicità;
— Ovidio e Gentil Bernard, sull'Amore; — Saccombe, su Luci- na; — Fraccastoro, sulla Sifillide; — Desmoustier, sulla Mitologia;
— Clemente Bondi e Delille, sulla Conversazione; — Vida, sul Giuoco degli Scacchi; — Pignolti, sulla Moda; — Roberti sulle Fragole _, le Perle _, la Moda; — Baruffaldi sul Canape', — Barotti, sul Caffè e la Fisica; — Brumoy, sulla Vetreria; — Neufchàleau, sui Tropi; — Orazio, Vida, Boileau, Menzini, Molza, Pope, Chiari, sull'Arte Poetica e la Critica; — Marmontel, sulla Scuola Militare;
— Federico il Grande, sulla Guerra; — Casti, sulla Politica ; — Luigi Racine, sulla Religione e la Grazia; — Bernis, sulla Religione rivelata; — Milton, sulla Crazione del Mondo, e molti altri ancora che dettarono poemi didascalici, filosofici, scientifici e artistici. — L'ab- bate Benedetto Stay, di Ragusa, ingegno esteso e profondo, ha tradotto in versi latini la Filosofia di Cartesio. Se ne lodò lo stile terso,, la dicitura chiara e robusta., i pensieri sublimi, ed il corredo di molte cognizioni.
Improvvisatori.
All'antica Grecia ed ai Latini, apparteneva anche l'arte dello Improvvisare in versi; dopo divenne una delle specialità dell'in-
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gegna italiano. In Grecia, molti dell'accademia di Tarso, si distin- sero in questo genere di poetare. — Fra i latini, Archia, Quinto Kennio, Favorino, Pulemone, salirono in molla fatua colle loro poetiche improvvisazioni. — In Italia., ogni poeta è quasi im- provvisatore. — Cristoforo Fiorentino, Bernardino Perfetti, Di Negro, Tallissi, Ferroni, Lorenzi, La Bandeltini, Sgricci che im- provvisò fino tragedie intiere, e Rosselli, poeta egregio, ebbero bella rinomanza di poeti improvvisatori. — II Gianni dotato di mollo sentire, di forte energia, e d'un ingegno veramente poe- tico, prese posto fra' celebri poeti contemporanei.
Net poetare in latino e in greco, pure primeggiano gl'italiani, Io che si vede in : Ponlano, Poliziano, Sannazzaro, Bembo, Casa, Navagerio, Fraccasloro, Vida, Marc' Antonio, Flaminio, Sadoleto, Baldassare Casliglioni, G. B. Amaltèo, Manuzio, Giovio, Colta, Rota, Dante, Ariosto Tasso, Petrarca, Gravina, Casti, ecc., ecc.
CAPITOLO XIV.
GENIO DRAMMATICO.
La rappresentazione teatrale è Io specchio che ritrae con fe- deltà il movimento della società, degli uomini, delle passioni, dei caratteri, de' costumi, de' luoghi, delle epoche, de' pregiudizj, de'vizj, delle virtù, de' personaggi storici, delle condizioni. II genio drammatico deve trasportare la nostra imaginazione ne' siti ove essa ne dipinge gli uomini e le cose. Lo spettatore deve essere testimonio di ciò che si offre agli occhi suoi e crederlo vero. II genio drammatico attento a tulio, deve lutto dipingere; — quanti dettagli di usanze, di costumi, quante varie idee, quante grada- zioni nella mente e nelle opinioni degli uomini, nelle inlime relazioni degli individui di una slessa nazione, quanti episodj nella vita di un uomo, devono essere riprodotti sulla vasta tela delle scritture drammatiche! — Quanto interesse scaturisce da tulio questo! L'interesse vien duplicato allorché il genio rivela uomini, costumi, caratteri superiori, i quali non ponnosi più osservare; costumanze, abitudini, che più non esistono; civilizza-
64 zioni, società, popoli, nazioni, città che il tempo cancellò dalla terra. — Onore e riconoscenza sono dovati al genio del teatro allorché con forte e dotto ingegno, esso ci mostra viventi i secoli passati, cui esso solo può certificare l'esistenza e richiamarne la memoria a' contemporanei. Florido è il suo scopo quando il suo ingegnoso lavoro giunge ad istruire gli uomini ed a con- durli con l'esempio degli scorsi avvenimenti, sulla via del bene e della felicità. — Il genio drammatico mirabilmente si distin- gue in Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Plauto, Shakspeare, Caldéron, Corneille, Rucine, Molière, Metastasio, Schiller, Voltaire, Alfieri, Goldoni, e .varj altri grandi uomini.
Grande ed utile scuola dell'uomo ò il teatro. Da' suoi giuochi scenici, quali imponenti lezioni ne derivono! La storia messa in azione, rivela le passioni le più nascoste,, i vizj i più reconditi, i caratteri più dissimulati, i falli misteriosi, e l'origine necessaria da sapersi, di tanti eventi interessanti. — Da un'altra parte si vedono le virtù, le generose azioni, i caratteri esemplari di uo- mini che hanno onorataci' umana specie. Da tutto questo lo spet- tatore ne trae conseguenze necessarie ed utilissime per la con- dotta che deve tenere nella società. L'applauso ed il biasimo del pubblico sanzioneranno le lezioni dello scrittore drammatico, che avrà per iscopo l'educazione, l'istruzione, la morale., la virtù, la religione.
Fissar l'attenzione, eccitar la sensibilità, non ferire il razioci- nio, accendere la fantasia, non destar la noia, provocar la curiosità, rispettar le opinioni, furon le molle possenti, che resero or com- movente, or terribile, sui Greci palchi., Melpomene, che promos- sero sulle Galliche ed Itale scene le tanlo care all'anime sensibili lagrime del sentimento, i sì necessari all'anime forti fremiti di magnanimo sdegno, le paventate, ma pur non fuggile dall'anime delicate, cupe emozioni dei terrore. Ad ottenere si pregiabile ef- fetto, scopo de' generosi sforzi degli Eschili, de'Sofocli, degli Eu- ripidi, dei Corneille, dei Racine, dei Voltaire, di quell'unico Me- tastasio, di Alfieri, di Niccolini , di Monti, la grand' arte usar conviene di dare alle metafisiche e morali forze dello spettatore quel preciso grado d'impulsione e trattenimento, che sia propor- zionato alla loro reazione e natura, e che formi nel fatto quel- l'armonico insieme, che esiste, o esister dovrebbe, nelle rispettive umane potenze, e di mente e di cuore. A che entusiastare la fantasia, se l'intelletto trova l'assurdo? A che persuader l'inlel-
66 letto, se il cuore si rimati freddo? L'uria e l'altra di queste forze che o inattiva se ne resti, o non agisca nel grado conveniente, è un impulso di meno al grande effetto proposto, o veramente è un* energia che a qu°slo effetto si oppone. Ni un potrà ade- quatamele definire con le parole, ma tutti polran ben sentire coi fatti la simultanea forza combinata di una scenica situazione in cui la mente ritrovi la ragionevolezza, la fantasia, il prestigio, il cuore, la commozione. — La forza di questa verità, che co- minciò con la piena cultura delle nazioni, terminerà quando sarà bandito dalla terra il buon gnslo.
CAPÌTOLO XV. i
6Ki\I0 DELLA MITOLOGIA,
La Mitologia, in varj punti si avvicina alla nostra divina Ri- velazione per quello che gli Egiziani ed i Greci avranno letto dell'opera di Mosèj e che colFajuto di essa si spiegano molle cose dell'antichità. Così gli scritti del legislatore degli Ebrei sono un'o- pera primitiva, e la Mitologia, in alcune parti, è una contraffa- zione di essi scritti. — La storia poi della Cosmogonia pagana presenta dei punti che sicuramente sono tratti dalla Genesi, cioè dalla Creazione del Mondo., e quella dell'uomo., la quale descri- zione si trova in lutto il primo libro delle Metamorfosi d'Ovidio con tutta la magnifica elocuzione della poesia. Si vede l'Uomo nato dal fango., fatto ad immagine divinaj e che deve dominare sugli altri animali. — Siffatta creazione, che doveva essere unica, e sorgente di tutto il genere umano in avvenire., si vede nella litologia ripetuta più volte a capriccio de' poeti. I Giganti si fanno nascere dalla terra bagnata dal sangue escito dalle parti pudende di Saturno, quando il suo figlio Giove lo fece mutilare. — Uomini di pietra si creano da Prometeo., e si ispira loro il fuoco animatore; i denti del dragone ucciso da Cadmo si trasfor- mano in altrettanti uomini, che servono a popolare Tebe, — e dai denti di altro dragone ucciso da Giasone seminati nei campi, ne nascono ancora degli uomini armati. Si ha ancora dalia Mito-
67 logia una menzione di formiche divenute uomini nel paese di Egina in Grecia, per rimpiazzare quelli che la peste mandala da Giunone colà aveva fatto perire, della cui discendenza pretende- vano essere i seguaci di Achilie alla guerra di Troja, chiamati Mirmidonij parola che in greco significa formica. I Funghi, se- condo la tradizione avvertita da Ovidio, divennero pure corpi umani. Finalmente una formazione di un intiero rinnovato genere umano si scorge dopo il diluvio di Deuealione_, codesto fatto si conferma col diluvio Universale., come ci viene narrato dalla Ge- nesi, sopravvenuto per castigo degl'infiniti mancamenti degii uo- mini; e per la stessa causa lo dice accaduto ristesso autore delle. Metamorfosi j nel sopracitato luogo. — E come Noè 'colla sua moglie fu presentato da Dio., per essere un uomo giusto, così di Deuealione e Pirra, come lasciò scritto Luciano nel libro: De Dea Syrcij si fa menzione del di loro ingresso nell'Arca coi loro figli, mettendovi eziandio coppia di ogni genere di animali., e dei- la colomba nunzia delia Pace. Allorché ebbe One il diluvio., Deu- ealione e Pirra, avendo consultalo T oracolo di Temi, sovra il modo di ripopolare la terra., ed avendo interpretato la risposta,, gettarono dietro di essi dei selci: quelli che uscirono dalle mani di Deuealione, si cangiarono in uomini, e quelli di Pirra., in donne. Dopo, gli animali uscirono dal fango scaldato da' raggi del sole.
linceo, per la sua nascita in Egitto, e. per gli altri avvenimenti della sua vita,, corrisponde a Noè o a Mosè. La Mitologia conta fino a tre Vulcani: il primo di essi pare che corrisponda a Tu- baicaino, che Mosè pone alla decima generazione dalla parte di Caino, e che fu il primo inventore dell'arte di ridurre i metalli, e cosi d'altre divinità.
La Cosmogonia presso gli Etnici tutta insieme sembra il deli- rio della mente umana. Varrone il più grande teologo del paga- nesimo fa ascendere il numero delle divinità a trentamila. Ogni parte del g'obo contava il suo nume; ogni passione, ogni bisogno ne contava l'altro. Egli numera fino a trecento Giovi, e così ancora moltiplicate le dodici divinità maggiori 3 le quali tutte dipendevano poi dal Fato. Chi potrebbe annoverare il numero de'Giganti, e degli Ercoli^ e gl'individui della famiglia dei Tita- ni? Dei superi j medioxumi, ed inferi; quindi i Penali,, i Lari,, ì Semidei, gii Eroi? La mente non regge ad averli presenti, dal che ne viene., che i loro attributi ed i loro emblemi sono se ai-
G8 pre incerti e vari. Si paria sempre enimmaticamenle e quando se ne voglia far uso, o se ne pretenda fare la spiegazione. Fra i nu- mi stessi vi sono quelli che* si sono conservati nello stato dell'in- nocenza, altri che si depravarono; quelli dell'età dell'oro sono di- versi dall' età di argento: le loro parentele sono infinite; ogni momento si presenta una metamorfosi. Le Muse in origine tre, in progresso giungono a nove. I Fiumi., le Ninfe, i Glauchi y i Tritoni, le Driadi, l'Amadriadi., le Napée, le Oneidi, le Nereidi., i Venti : insomma il Cielo, la Terra,, l'Acqua^ l'Inferno., ed ogni al- tra Regione tutto è nume, senza sapere in fondo quale esso sia.
La Mitologia Egiziana è ancora più stravagante e bizzarra., e Giovenale (V. la Sat. Vili, sul Fanatismo) ne fa la seguente curiosa descrizione: « Chi non sa,, die' egli _, quanti mostri adori l'insana Egitto. Tremante offre incenso al cocodrillo. Altri s'inchi- nano al Roslro di una cicogna ingorda di serpenti. In Tebe nei tempio di Mennone risiede alla pubblica venerazione uno scimiotto scolpito in oro. Qui la turba adora il gatto., là il pesce. Una intiera città si prostra ed invoca piuttosto per suo Dio il cane, che Diana. Il toccar con un morso un aglio, o una cipolla sareb- be cosa da essere bruciato vivo» — «Ma che sante genti sono codeste, che per fino nei loro orti nascono i Dei ! » — Finisce il poeta col far riflettere: «che se tu scanni in Egitto un uomo è un nulla in confronto di dar la morte ad un animale lanuto, quale sarebbe un agnello, una capra... »
È stalo alla prima vista., sempre oggetto di meraviglia il vede- re l'Egitto, che è stato la culla della scienza, cadere poi in tali pazzie, coinè poi i suoi seguaci, i Greci, dogati di molto spirito e di mollo raziocinio abbiano potuto sragionare sì grossolanamente; è parso impossibile, che delle nazioni per tanti altri rapporti il- Iuminatissime si proponessero di adorare quelli, che dessi poi disonoravano nell'imputar loro azioni tanto colpevoli, e lauto di- sdicenti alla purità, e gravità de' numi, ed adorare cose ed ani- mali vili, e schifosi. A tulio questo si aggiunge la serie Mitologica di tutti i deli! ti, di tulle le sozzure, di cui può assere capace l'uomo più abbietto: la poligamia, gl'incesti, gli adulterj, la sodo- mia, e la prostituzione più esecranda fra le divinila del primo ordine, e segnatamente di Giove Ottimo, Massimo; — innume- rabili poi sono gli omicidi. — A tulio questo si è risposto che la Mitologia è la spiegazione della Favola, come lo significa il suo nome il qual* S'gnifiea tesiuio di avventure.
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CAPITOLO XVI.
* EMO DELLE BELLE ARTI.
Lo scopo delle Belle Arti è (.rincivilire gli uomini, dando loro de' costumi più dolci.
« ... . Ingenuas dcdicisse fidclitcr artes Emollit mores, nec sinit esse feros. •
Ovidio.
Le Belle Arti si propongono tulle lo slesso scopo, quello di piacere e di commovere, cioè, di giungere in modo aggradevole perla via de' sensi e dell'immaginazione, a toccare l'anima ed a moverne gli affetti. — Ordunque, se il risultato delle produ- zioni delle arti è quello., gli è evidente che vi sono de' rapporti., dell'affinità, diremmo parentela fra la Poesia, l'Eloquenza, la Pittura, la Scoltura, la Musica, il Ballo. Le arti sono unite le. une alle altre con legami che non si ponno sciogliere. Nulla ars, non alterius artis, ani mater, aut propinque est. TERTULLIANO — Omnes artes, qnce ad umanitatem pertinente habent quoddam comune vinculum, et quasi cognatione inter se continentur. Cicerone.
Le Belle Arti sono il risullamento de' rapporti scoperti negli esseri naturali, e si applicano nel modo più convenevole a tutto ciò che può procurare piacere ed utilità. Le due leggi essenziali delle arti, sono: la verità e la bellezza, senza le quali non può esservi né illusione né effetto. Lo scopo è raggiunto allorché con una esatta imitazione della natura, si è commossa l'anima e lu- singato i sensi, o quando si ha sollevato l'uomo nelle sue fati- che e soddisfatto i bisogni suoi.
Le Arti sono imitazioni della bella natura, ed il buon gusto è il sentimento che le avverte della esattezza, o dei difetti di questa imitazione. — Forse le più antiche date delle Arti, sono indicate da' monumenti deli' India, del Messico, e sopra tutto di Cusco.
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Una delle sorgenti, anzi la principale sorgente delle bellezze di un lavoro delle Arti, è il cuore, poiché lo scopo dell' artista, dello scrittore, è di interessare, di affezionare il cuore agli og- getti, che gli si presentano. I più bei tratti, le più ingegnose invenzioni dell' immaginazione, i suoi più magnifici e brillanti quadri, invano sarebbero fatti per gli occhile per la mente se il cuore per animarli, non infondesse loro il sentimento, se ne fosse fuori la passione. Questa è la base ove si appoggia ogni composizione che deve piacere ed interessare. Il cuore è quello che deve parlare al cuore. Gli è in solo potere del cuore, il fare vibrare le corde la cui naturate simpatia commove gli altri cuori. Nel proprio suo fuoco, il cuore tempra i dardi più atti ad in- fiammarci; quindi l'entusiasmo, il genio, il patetico, forte o te- nero dei grandi scrittori e dei grandi artisti.
L'artista invaso dal fuoco del genio, e palpitante per la gloria, sente l' imperioso bisogno di scrivere, d'illustrare il suo nome; — a codesto scopo, ei si avvia animoso, gode nel comporre, ed insensibilmente l'entusiasmo che l'assale lo trasporta nelle regioni del bello, del grande, del sublime. — La gloria è il più grande incinlivo del genio delle arti. La brama di fare parlare di sé, di essere onorali da tulli, di lasciare un nome immortale, è ciò che fa i grandi artisti. — Questi nobili sentimenti animano egualmente i figli di Marte. Con ragione l' illustre Plutarco os- servò che gli eroi guerrieri e politici sono stati per lo più con- temporanei de' grandi maestri nelle Scienze e nelle Arti, perchè dessi si applicano sempre ad incoraggiare e ad onorare il me- rito, — Secondo Cicerone, l'Onore scalda le Arti; e la Gloria eccita le anime grandi alla coltura delle scienze. Gì' imperi fe- cero del Commercio la loro più grande potenza^ e delle Arti, tutto il loro splendore.
GÌ' immateriali pensieri, il genio, il talento, non vivono in ceppi, non sono sensibili alle ferite, non si spegnano sotto lugu* bri veli, non muoiono sotto il ferro, dessi fuggono, si ricoverano in regioni che dominano la terra, la loro potenza è quella di un demone misterioso, di un demone che sovrasta le forze fisi- che delr* uomo.
La Scoltura, la Pittura, la magnifica Architettura, la Musica, la Poesia, sono figlie del lusso, e provano la civilizzazione delle nazioni. Sono aggradevoli e splendide superfluità il cui godimento non può essere sentito e bramato che da un popolo quieto e
74 ricco, da princìpi potenti, magnifici, delicati, voluttuosi. Le Arti erano già grandi prima d'Omero, e quantunque il suo ardente e fertile ingegno abbia lutto ingrandito ed abbellito, i suoi poemi istessi Io provano, la sua sublime e perfetta poesia non sarebbe slata tale senza i poemi di Orfeo, di Lino, di Musèo, aJ quali furono tributati onori divini. Le Piramidi, il Laberinto, le sta- tue antiche che ci rimangono, e che sono anteriori all' Illiade ed all'Odissea provano la nostra asserzione. Certissimo è che la perfezione di un' arte suppone sempre il progresso più o meno rapido delie altre. 11 legame che le unisce naturalmente fa si ch'esse si arricchiscono mutuamente delle loro scoperte e tutte riconoscendo un centro comune che è l'imitazione della bella natura. — intanto, per noi la prima sorgente del genio e del bello artistico è sempre Omero, egli reclama con giusto impero una parte di tutti gli allori, di lutti gli onori, della gloria, che circondano i suoi imitatori, i suoi studiosi „ siano poeti od artisti.
La superiorità dei Greci sovra le altre nazioni dipendeva dalla forma favorevole del loro Governo, da' grandi fatti della loro csloria, da' forti ed elevati caratteri de' foro personaggi, dalla poetia loro religione, la quale favoriva fino all' ultimo grado la pittura., la scoltura, la poesia, ecc. In quella terra privilegiata, tutte le arti trovarono de' nobili protettori, de'generosi Mecenati, ed il clima non meno la favoriva. Bella era la natura, e gli abi- tanti assai bene organizzati.
Il corpo delle Arti come della letteratura, è in mezzo agli Siati, indipendente. Questo corpo non è soggetto a tutto le loro vicende; desso sfugge alle cause che ponno trascinarlo alla sua rovina, e se desso è esposto, come lo sono tutte le istituzioni morali, a quelle malattie che attaccano la mente umana, desso conserva nullameno un principio di vita e di al li vita che lo sostiene ancora, che permette al genio di abbandonare le vie ove desso si perdeva, e di rintracciare e di seguire i veri mo- delli. — Potenza del genio ! La Grecia fu ancora, in un tempo ove i lumi erano poco sparsi, ove appena ne rimaneva qualche leggiera traccia in Egitto, ove Roma non si ingrandiva che pel mezzo delle armi, la sola patria delle arti e delle scienze. Vi erano decadute dalla loro prima gloria, ma, paragonando i Greci agli altri popo!i, questo stato di decadenza serbava uno avanzo di maestà. Roma tolse da questo paese le sue prime leggi, vi
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cercò in seguito il gusto delle Lettere e delle beile Arti, e sì vidde un popolo vinto dando in tributo a' suoi padroni gli Dei, le Arti, le cognizioni che lungo tempo fecero la sua gloria. Quale maggior trionfo pel genio? — Se Roma non potè soccorrere la Grecia ne' suoi pericoli, almeno le porse aiuto nel sostenere il suo infortunio, e contribuì, in mezzo a questo esilio, a propagare nel mezzogiorno dell'Europa, i progressi della mente umana. (1)
I veri anelli dell'arte moderna, al Medio evo, ed al Risorgi- mento, si rinvengono nelle chiese; è in esse che meglio si può studiare le diverse epoche dell'architettura, degli ornali, delia pittura a fresco., o sulla tavola o sul vetro., della scoltura in marmo, in pietra, o in legno, della cesellatura, dell'intaglio, ecc. Le tombe , gli altari, non erano al loro vero posto, che nelle chiese, ove considerando l'arte, essi producevano tutto il loro ef- fetto, ed acquistavano il carattere del genio che li aveva ispirati.
l\ sentimento delle arti, il gusto del bello, non si manifestano soltanto negli edifici, nei quadri, nelle statue; — gli ornamenti, la forma dei mobili, dei vasi, delle suppellettili, degli finimenti, delle gemme, ponno anche sotto l'impero della fantasia, assumere r impronta dell'abilità e del genio dell'artefice ; essi sono una testimonianza irrecusabile del carattere di ogni epoca dell'arte, di ogni fase della civilizzazione.
II sentimento dell'arte, è proprio alle belle epoche, allorché co- testo sentimento è generale, quando passa dalla creazione all'e- secuzione, e che si riconosce la sua traceia nella mano d'opera.
Quale curiosità, quale incanto, non ispirano gli avanzi di un monumento, di una città antica! essi sono le testimonianze ove noi possiamo leggere l'istoria del passato. — 11 piano e la distri- buzione degli edificj . la decorazione interna, le mobiglie, le sup- pellettili, le armi, gli strumenti di ogni genere, ecc., sono le memorie della vita privata. L'erudizione, e l'immaginazione vi
(1) Quantunque egualmente di tulle le belle arti il fine sia d'istruire l'intel- letto e di correggere i costumi; pure alcune d'esse agiscono più ne'sensi e nel- l'intelletto: quali sono la musica, la scultura, la pittura il ballo, l'intaglio e l'architettura. Altre influiscono più su l'intelletto che ne'sensi, le quali sono la poesia, la rettorica, l'eloquenza. La musica è forse la meno atta all'insegnamento dell'intelletto; è però altrettanta maggiore la sua efficacia nel muovere gli affetti del cuore umano. Fino gli animali privi di ragione sentono l'efficacia dell'armo nia de' suoni.
73 trovano una restii dizione animata delle razze estinte , o delie generazioni dei nostri antenati. Ninna cosa ci ha fatto meglio conoscere l'antichità, che ìa disotterrata Pompei, e le rovine delle altre città sepolte dal terribile Vesuvio.
Pompei è slata ritrovata nell'andamento giornaliere delle sue abitudini domestiche. Gli avvenimenti sono raccontati negli annali scritti; ma ciò che meglio si fa capire, sono i monumenti, e sopratutto quegli che danno l'idea de' costumi, degli usi i quali ci fanno assistere alla vita comune de' vecchi secoli.
L'amore delie arti, il gusto di professarle, sono cose utilissime ; Io spargerli in tutte le classi della società, in tutte le professio- ni, eglino innalzano i sentimenti, e creano nella vita un dolce e salutare interesse, ed hi allora le rimembranze storiche avranno una influenza ancora più eftìcace sopra gli studiosi, sopra quelli che sanno.
CAPITOLO XVI!
DEL SENTIMENTO RELIGIOSO NELLE OPERE DEL GENIO.
La polente influenza dei soggetti religiosi anche neila lettera- tura e le belle arti., si è sempre fatta sentire con forza su i grandi ingegni. L'idea della divinità ingrandisce, innalza, trasporta l'umano intelletto, e Io spinge a volo al di là dei limiti che ad esso sembrano prescritti. L'idea che la religione Cristiana dà di Dio è la più grande e la più sublime che la mente dell' uomo possa concepire; diffatti ad essa dobbiamo i più potenti ingegni dell' universo. Si potrà forse opporre alia nostra asserzione la grandezza e la potenza dei Greci e di tutte le grandi nazioni del paganesimo; ma la loro religione non era in allora tra le false la meno assurda della terra? L'ardente, la brillante, l'elevata immaginazione de' Greci seppe abbellire , ingrandire le fole ed i sogni dell'aulico Egitto; perciò s'innalzarono al dissopra di tutti i popoli. In tal modo questa nazione coraggiosa, sensibile, frivola, che si prostrava nel tempio di Giove Tonante, e che sacrificava a Venere, alle Grazie, ad Amore, fu debiti ice dell' impero del
73 mondo all'incauto poetico delle sue» divinità. — Socrate fece co- noscere il vero Onnipotente, e questo pensiero sublimò mag- giormente tutte le menti. Ecco la gran molla, la molla divina delle più magnifiche operazioni dell'umano ingegno. Tutti i capi- lavori della poesia, della pittura, della scultura, della musica, sono quelli il cui scopo è stato di tributare omaggio alla Di- vinità, alle sue alte meraviglie, all'istoria della creazione. Quanto Omero è sublime nel dipingere l'Onnipotenza! Egli è il vero modello del Giove di Fidia (1). Havvi cosa più bella della de- scrizione che fa Virgilio della Divinità rappresentata ne'jjerso- naggi dei paganesimo? Dante, Tasso, Vida, Milton, Gorneille, Klopstock, Racine ed altri sommi poeti furono maggiori di sé componendo sempre sopra soggetti divini o religiosi. Raffaello si è immortalalo nel dipingere i fatti del Testamento Nuovo, e Michelangelo quelli del Testamento Vecchio. Quasi tutti i grandi pittori si sono eminentemente distinti nel trattare i soggetti sa- cri, e lo stesso si osserva ne' lavori degli scultori. — Palestrina, Allegri, Scarlatti, Marcello, Durante, Leo, Jomelli, Hasse, Kandel, Bach, Haydn, Mozart, Cimaroòa, Méhul e vari altri insigni com- positori sono debitori in gran parte della loro fama alle loro opere sacre, il cui più bello e più perfetto tipo è lo Stahui di S^ergolesi ,
« Che l'armonie divine Ha nelle dolci note. »
Tasso.
Questa opera fu pure il tipo di tutte le belle composizioni musicali nel genere patetico e sublime (2).
(4) L'idea che Giobbe ci porge della Divinità, ò veramente grande, sublime e terribile. Questui mmagine della divinità è la sola che superi l'imponenza di quella del Giove di Omero. — Le descrizioni ed i quadri del libro di Giobbe, provano di che è capace la poesia animala dal sentimento religioso.
(2) L'incantevole cielo della partenopea città, quella terra poetica, che aveva ispiralo a Virgilio i suoi più bei versi, ispirò anche a Pergolcsi le divine me- lodie dello Stabat Metter. Il genio sovrumano che produsse V Eneide, la Geru- salemme, V Apollo di Belvedere, la Trasfigurazione, sembra pure avere creato lo Stabat. DilTatti coteste scene meravigliose portano l'impronta dell' istessa no- biltà, dell' istessa bellezza, dell'istessa perfezione, dell' istesso sublime, dell' istessa divina espressione, dell'istessa poesia. — Il capolavoro del Raffaello della musica, dell' inimitabile Pergoiesi, durerà quanto i più bei poemi.
2 IO
74 Il popolo, nel visitare i sacri tempii nella Settimana Santa., at- tinge nel solenne spettacolo dei patimenti e della morte di Gesù Cristo, consolazioni e godimenti infiniti ; la sua anima si purifica, si sublima j si empisce di un santo orgoglio, e ad esso sembra di dividere i suoi dolori con un Dio ; idea che lo trasporta e che lo fa quasi superbo. Le miserie che gli danno rovello, i duri lavori che l'opprimono, le privazioni che abbreviano la sua vita, che f uccidono , tulli questi sacrifìci diventano in allora nella mente dell'infelice, nobile subbielto di gloria e di speranza ; — anche esso sente la sua fronte cinta di una corona di dolorose spine, ma è la corona dell'infortunio che apre le porte del cielo, codesta è agli occhi dell'Ente Supremo il più bel diadema, ed in tale istante, l'infelice non cangerebbe i suoi mali con tutte le prosperità dell' opulente. — Tale è il potere della religione, che innalza l'uomo al disopra di ogni punto di paragone, lo mette in intimo rapporto con la divinità, e arricchisce la sua anima de* più bei tesori della fede e della speranza.
Iddio, i suoi attributi., i suoi rapporti con l'uomo, la pietà, la religione naturale, il culto, la religione divina, le religioni uma- ne, il giudaismo, il cristianesimo, il catolicismo, occuparono le più forti menti, e fecero loro produrre i più sublimi scritti, fra* quali primeggiano la Bibbia, il Vangelo, l'Imitazione di Gesù Cristo e le opere dei Padri e dei Dottori della Chiesa (1).
(i) Giovanni Gersori, abbate di Vercelli (Piemonte), visse nel XIII secoio e fu l'autore dell'Uin-AZioNE di G. C, di questo ammirabile libro, il più bello che sia uscito dalla mano di un uomo , dice Fontenelle, poiché il Vangelo non lo fu. — L'opinione che attribuisce quest'opera della più sublime filosofia cristiana a Tommaso Kempis, è basata sul falso, poiché è provato che quest; ultimo è un essere immaginario. — G. G. Rousseau, Voltaire, Corneille, Fénélon, Bossuet, sono della stessa opinione intorno al sublime autore di questo prezioso libro. L'Imi- tazione di Gesù' Cristo è un tesoro di divina morale; e tale giudizio lo si vede sanzionato da tutti i gratuli filosofi, e dai più celebri scrittori.
75
CAPITOLO XVIII.
GENIO DELLE ARTI IMITATRICI.
Lo scopo principale delle Arti Imitatrici è dfraffigurare co' lo- ro particolari mezzi le produzioni della natura. La Poesia di un proprio linguaggio, di caldi ed evidenti imagini e*di parole ri- tmiche si vale per imitare e dipingere la natura. — La Pittura coi suoi contorni, coi chiaro-scuri, coi colori , colla prospettiva, siccome in uno specchio rappresentante tutte le cose. — L'impero della Scultura, molto meno esleso di quello della Pittura ne' con- torni, nelle forme rilevate, ritrae ed imita gran parte degli og- getti che prende a copiare. — La Musica, colla melodia e l'ar- monia producendo in noi le sensazioni che ci fanno provare la vista degli oggetti, giunse ad una imitazione che possentemente ci scuote. — Il Ballo, colle altitudini sue, co' suoi passi, con lutti i suoi svariati movimenti, imita tutto quanto ha di grazioso, di bello il fisico dell'uomo., mosso da dolci ed aggradevoli passioni. •— La Mimica, il linguaggio de' gesti, con la fisionomia, e tutti mai gli atteggiamenti del corpo, esprime le impressioni, le idee, le pas- sioni, nel modo più energico e più preciso. — La parola non è più espressiva del gesto. — Ecco la base su cui si appoggiano le Arti Imitatrici, i loro principj, che loro degg<ono mai sempre servire di norma e scuola. La Poesia che altro non presenta se non che parole semplici, studio della lingua, e che non viene dal cuore, è senza scopo — la Pittura che non mostra che figure senza idee, senza passione, e che dà solo lo sfarzo de/ colori — la Scul- tura che non imita dell'uomo^che il solo esterno, senza avvivarlo di quella passione che l'anima sempre imprime alfa materia; — la Musica che non produce che suoni, romore, modulazioni di voci e d'istromenti — il Ballo che non dice nulla all'immaginativa, all'a- nima — la Mimica che lascia inoperosa la mente, e freddo il cuore, non potrebbero essere considerate come arti imitatrici, ma bensì come lavori meccanici, fantastici, senza ragione, senza vita, senza filosofìa, senza buon gusto, e senza allettamento. L'opera di un artista deve parlare a la mente ed al cuore. — A questa no-
70 bile e grande mela non si giunge che con imitazioni piene di espressione (i).
Negli ingegnosi e dotti lavori delle Arti Belle voglionsi vedere le buone qualità e non i difetti dei loro modelli. Quanto più l'immaginazione è vivace e ardente, tanto più facile è lo smarrirsi; quindi le imperfezioni e le scorrezioni che si osservano in alcun» grandi ingegni. — Sempre guida al genio deve essere la ragione. — Spesse volte volendo essere originale, si di veni a stravagante. II desiderio di fare innovazioni èia principale cagione,, che allon- tana gli autori dall'imitazione della bella naturale che per conse- guenza opera la decadenza delle Belle Arti, il buon gusto svanisce ed abbisogna lungo tempo per farlo riapparire. Anche uomini di genio, temendo di essere tacciali di servile imitazioni, e ponendo forse troppa fiducia nelle loro proprie forze, inventano fuori di proposito, si allontanano dal vero sentiero del bello e producono non di rado mostruosità. Il peggio si è che trovano chi gli ap- plaudisce e gli imita, perchè la novilà abbacina sempre, co- me nella politica Y utopia. — Altri artisti si slanciano neir a- gone, e, bramosi degli slessi onori, cercano, con istravaganli innovazioni, di farsi degni emuli di quelli di cui seguirono le orme. L'uomo soggiogato da' sensi e dall'esempio, perpetua l'errore. Gii imitatori per lo più vanno al di là de' loro modelli. Le bizzarre invenzioni insensibilmente si moltiplicano, tutto si snatura, ed a quello che fa più stravaganze, che sorprende mag- giormente, vien concessa la palma, e ciò che è vero, bello, subli- me, escludesi da coleste produzioni. Pe^ fare cose buone^ cose degne di lode, cioè delle opere in cui il genio e l'arte camminino del pari, bisogna comporre secondo le lezioni de' grandi maestri, essere consentanei a'veri principj, studiandoli con filosofia, non perdere mai di vista il beilo, decor splendor boiii, e non aspirare che alla approvazione delle persone di gusto e dei conoscitori. Egli è in tal modo che si fanno opere che resistono alla falce distruggitrice del tempo.
(i) Questa teoria e la pratica di essa, unitamente all'analogia di vari ingegni e di vari lavori, comprovando gli unici ed immutabili principii delle Arti Imi- tatrici, si osservano nell'iliade e nel Laocoonle; in Virgilio e Raffaello; in Cor- neille e Michelangelo; in Annibale Caraccio, nel Guido e nel Tasso; nel Tinto- retto e in Lopez de Vega; in Valentin e Crébillon ; in David e Canova; nell'Hàn- del e Klopstock; in Gualtiero Scott e Paolo Veronese; in Mozart e nell'autore del Gladiatore; in Byron e Salvator Rosa; nel Guercino e in Tommaso Moore; in Haydn e Fidia; in Boccherini e nel Coreggio; nel Giordano e Garrick ; in Meta- stask) e Sacchini;in Davide e Marcello; in Palestrina e Dante.
77
CAPITOLO XIX.
ÌL GENIO DEL BALLO, DELLA MIMICA, DELLA COREOGRAFIA , DEI BALLI PANTOMIMICI, DELLE DANZE, DELLA DRAMMATICA. APPLICATA AL BALLO, IN RELAZIONE CON LE ALTRE ARTI:
Il Disegno, la Pittura, la Scultura. l'Incisione, la Poesia, l'Eloquenza, la Musica, la Declamazione, l'Architettura, l'arte Drammatica, ec.
QUADRO SINOTTICO
IL BALLO PROPRIAMENTE DETTO.
Civile.
3 ì |
Posizioni. |
Passi. |
|
J2 ) |
Attitudini. |
.j |
Gruppi. |
© ( CJD 1 |
L'Incisione. |
La Pittura. |
|
La Scultura, |
cs s-
cs
3
o
Religioso, Militare. Teatrale. Generi diversi.
L' Istrumentale . La Focale. La Bit mica. La Imitativa.
.- /■ |
Fisonoinia. |
I |
Gesti. |
§ |
Altitudini. |
si |
Quadri. |
•cf |
Umori. |
1 |
Passioni. |
S |
Condizioni. Imagini, ec, |
II.
LA PANTOMIMA o MIMICA QUINDI LA CHIRONOMIA
La Declamazione.
L'Eloquenza.
La Pittura.
La Scultura.
La Poesia descrittiva , sentimentale ,. drammatica.
La Musica sentimentale, vocale ? de- clamatoria
con
78
e S 62
DI.
LA COREOGRAFIA
QUINDI UNA SPECIE DI STENOGRAFIA
E SEGNI GEOMETRICI
Figure.
Forme.
Imagini
Piani.
Quadri.
Pan toni ima. Ballo o danza.
iCoreografia.
e iReeole drammatiche.
CD '
s
~| (Composizione. Decorazioni. Costumi. Accessori! e attrezzi.
Il Disegno. con^ La Prospettiva.
La Musica imitativa.
IV.
I BALLI.
con.
La Declamazione.
L' Eloquenza.
Il Disegno.
L'Incisione.
La Pittura.
La Scultura.
La Prospettiva.
La Scenografia.
La Meccanica.
L'Architettura.
La Musica _, la Tragedia li- rica., T Opera buffa, la Can- tata., l'Oratorio , la Sinfo- nia, ec.
v.
Scene.
■5 « Attrezzi.
LE DECORAZIONI.
La Pittura.
con
-S I Macchinismo.
Illuminazione.
La Prospettiva. V architettura. La Scultura. La Cesellatura. Il Modellare. la Plastica. La Diottrica, Y Ottica, la £a- totlrica.
79
.2 fl w 8
Àbito.
Acconciatura di capo, con
Calzatura,
VI.
I COSTUMI.
La Pittura.
La Scultura e tutte ie arti
del disegno.
vii.
LA COMPOSIZIONE DELLE DANZE.
^ . \ Serio, semiserio o mezzo § E < carattere. v ~ / Pastorale.
3
cu
53
Tempi.
Passi, legazioni.
Attitudini.
Arabeschi.
Gruppi.
Quadri.
Movimenti variati ed imitativi.
Attitudini e passi ca- ratteristici.
Coreografia.
con
Il Disegno.
L'Incisione.
La Pittura.
La Scultura.
La Prospettiva.
La Musica imitativa.
vili.
,j ( Pantomima. g j Ballo o la Danza. | \ Coreografia. 3 (Musica.
Regole drammatiche.
LA COMPOSIZIONE DEI BALLI
OSSIA
l/ÀRTE DKAlUMLtTMMi
APPLICATA AL BALLO.
La Poesia tragica , comica , pasto- rale, lirico drammatica, li Disegno. La Declamazione. La Pittura. \L' Eloquenza. <La Scultura. L'Incisione.
La Prospettiva, Y Ottica L'architettura.
La Pittura scenica, Y Acustica. La Musica sentimentale, declamata, imitativa, pittoresca., drammatica.
con
Sentimentale a.\o Patetico.
£ I Ammirativo
\o Descrittivo,
80
I&.
I GENERI.
Il serio, Io storico, il fLa Tragedia.
tragico. lLa Commedia.
Il sacro., il poetico, lLa Pastorale.
il mitologico. con ÌU Opera seria.
lì semiserio,il pasto- \V Opera buffa.
rale, il comico. IL' Oratorio.
x /il romantico, il grot- ILa Cantata, ec.
tesco, il misto. 1 1 Poemi.
Base fondamentale di codesto nuovo sistema: imitazione, ana- logia,'arti del disegno, geometria, fisica, morale, arti belle, bello ideale, letteratura, filosolìa.
CAPITOLO XX
GENIO DELLE ARMI.
La guerra è il terribile mezzo che impiegono il diritto, la giustizia, e la forza degli uomini affine di decidere e terminare le differenze che sorgono fra gli stati, le nazioni. Dessa è un grande male allorché viene motivata dall'ambizione, dall'orgoglio, dalla vendetta, dall'ingiustizia, ma diventa un male necessario, utile, quando Y interesse di uno stato lo esige per la conservazione de' suoi diritti, pel suo bene, pel suo onore, per la sua felicità; in queste circostanze, la guerra che si è in dovere di fare, serve ad evitare mali maggiori. — Gli è necessario per evitare la guerra di trovarsi sempre in islato di poterla fare, cioè, mante- nere per la guardia e la difesa del paese., un numero propor- zionato di truppe bene disciplinate, colle sufficienti [munizioni e danaro sempre pronto all'occorrenza. — Il genio delle armi contribuisce all' ingrandimento ed alla gloria eroica di uno stato, ma produce, alla lunga, la sua rovina, ciò che mille volte si é
81 visto nelle antiche bellicose nazioni, e nelle moderne. La saviezza di quelli che governano, deve reprimere la foga del genio mili- tare. Se Marte non è guidato da Minerva, diventa un furioso che si precipita da se stesso in sanguinosi ed infuocati abissi., che si apre per ogni dove. Il Genio della guerra inspira quello della conquista, della dominazione universale, ed il genio della domina- zione eccita il timore, l'odio, l'invidia, la vendetta degli stati vicini, i quali finiscono per sollevarsi, e diventano presto o tardi i vincitori di quello che voleva tutto soggiogare. — La sapienza, la giusti- zia e la forza riunite, sono il più solido ed il più duraturo so- stegno di uno stalo. — Questo è il grande principio dei savi legis- latori delle grandi società umane, cioè de' popoli. — L'autrice di Corinna, degna ammiratrice del Genio italiano, e della clas- sica Ausonia, descrisse i principali grandi caratteri della nazione italiana, i quali splendettero nelle tre grandi epoche della sua istoria: « La nalion italienne a été sous les Romains la plus mili- laire de toutes, la plus jalouse de sa liberto dans les républiques du moyen àge, et dans le seizième siècle la plus illustre par les lettres, les sciences et les arts. » — -Il genio delle armi, dopo di avere sotto i Romani soggiocato l'antico emisfero, rinacque e progredì in varie epoche della moderna Italia. Si videro nuove tattiche, valorosi capitani, gloriosi fatti d'arme, e per terra e per mare. — L' ordine, le marcie, le figure, Se evoluzioni della tattica moderna, sono a un dipresso quelle che furono stabilite in Eu- ropa, da un uomo che non era militare, da qual genio stragrande del Macchia velli, uomo enciclopedico, uomo senza pari! (V. Di- scorsi sull'Arte della guerra) — Egli con la sua polente penna mutò, insegnò, illuminò i suoi contemporanei e trasmise i suoi insegnamenti a' posteri.
Il Gran Duca di Firenze voleva che Io storico., il politico, l'autore delia Mandragora e della Clizia, comandasse l'esercizio alle sue truppe secondo il suo nuovo metodo. — Ma Macchiavelli rifiutò, prevedendo che gli ufficiali ed i soldati avrebbero scher- nito un generale con vesta borghese. Però gli ufficiali esercita- vano le truppe in sua presenza ed egli riserbossi pel consiglio. Nacque in Firenze il 1469, e morì il 1547.
Il grande De' Marchi contribuì immensamente a' progressi del- l' arte della guerra in Europa, e fu il modello del celebre Vau- ban, e de' grandi ingegneri ed architetti militari di tutte le nazioni.
2 fi
82 Francesco De' Marchi nacque nella dolla Bologna, nel 1516. Fu uno de' grandi maestri delia moderna archifeliura militare. Eglf insegnò a' suoi contemporanei ed a'suoi posteri; e Vauban, uno degli uomini illustri del secolo di Luigi XIV, trasse grande profitto del suo Trattato di fortificazione. Gli scritti del Demar- chi sparsero moltissima luce sull'arte degl'ingegneri militari. La grande opera su!P architettura militare dell' insigne italiano è divenuta rarissima; ma per buona sorte se ne fece, circa (reni' anni sono, in Roma, una magnifica edizione. Esempio da imilarsi-verso molle opere di uomini grandi, de' quali non rimane che pochissime copie. — Fra i successori del De* Marchi, mollo si distinse il San Micheli. Non fa d'uopo qui osservare che, stante l'invenzione della polvere, l'architettura militare e intieramente diversa da quella degli antichi, e che per conseguenza appartiene a' moderni,
Sebastiano Leprestre di Vauban nacque nel 1638. Era Mare- sciallo di Francia ed il più rinomalo ingegnere della sua epoca. Fece in Francia moltissime innovazioni neh' arte di fortificare Io piazze, di assalirle e di difenderle, e sempre sulle traccie del De' Marchi. Si dice ch'egli lavorò a 300 piazze auliche, ne coslrusse 33 nuove, si trovò in 140 combattimenti e diresse 53 assedi. Sembra che Voltaire non ammetta tutti questi falli ; egli osserva soltanto nella storia de! secolo di Luigi XIV, che Vauban molto contribuì co' suoi consigli alla costruzione del fa- moso canale del Languedoc; ch'egli era ignorantissimo, ciò che confessava con franchezza, ma non se ne vantava; che posse- deva un grande coraggio, un zelo che nulla ributtava, un ta- lento naturale per le scienze di combinazioni, ostinatezza nel lavoro, gran penelrazione nelle occasioni, ciò che non si rinviene sempre nò con le cognizioni né con il talento , tali furono le qualità a cui dovette la sua rinomanza. — Voltaire non parla del De' Marchi, però occorrerà farlo, poiché da ciò eh' ci dice di Vauban, questi, non avendo studialo, non poteva hve quello che fece , malgrado il suo grande ingegno naturale, senza il sussi- dio delle opere del grande ingegnere italiano, famosissimo a' suoi tempi e i cui scritti erano letti da lutti i teorici e pratici delle cose della guerra.
Lo scopo principale del Vauban fu quello di diminuire l'effu- sione di sangue, senza però diminuire con ciò nulla de' risultati delle operazioni militari. Questo grande uomo, !' uno de' più vir-
83 tuosi e de' migliori cittadini del secolo di Luigi XIV, volle pure sollevare ii popolo dalle imposizioni che lo rovinavano; a que- st' uopo, egli presentò un memoriale al monarca, ii quale cre- dendo compromessa la sua dignità dal zelo del filantropo Mare- sciallo, lo disgrazie., a malgrado tulli i grandi servigi che ne aveva ricevuti. Vauban ne morì di dispiacere nel 1707. Lo slesso successe a Racine. Questi due uomini celebri contribuirono mol- tissimo alla potenza ed alla gloria del loro sovrano.
La terribile arte della guerra trionfò sotto Luigi XIV, che si accusò di averla troppo amata, A cotesto grande progresso si aggiunse quello che le fece fare Federico il Grande, il quale la perfezionò. Contemporaneamente gli Inglesi con le loro tremende battaglie navali, signoreggiavano i mari de' due emisferi. L'arte della guerra è ormai diventata una scienza profonda, la quale è collegata coti tutte le altre.
11 trionfo delle armi sta nei Genio dell'antica Cavalleria} il quale si mostra in tutta la sua forza, la sua grandezza, la sua bellezza, la sua magnificenza, il suo eroismo, nel maraviglioso poema dell'Ariosto, l'Orlando furioso. 11 poeta è al livello del suo immenso e variato soggetto, ed immortalando sé, ha immor- talalo quell'epoca straordinaria, quasi favolosa, e che ebbe tanta influenza sopra tutte le cose di Europa. — Altri celebri poeti italiani l'illustrarono, ed onorarono la Francia, Carlo Magno., i suoi paladini, le loro portentose azioni, gli avvenimenti prodigiosi, le galanterie, gli amori e le vicende de' cavalieri delle contrade incivilite di quei (empi, con poemi che solo Italia sa produrre. — UJmadige di Bernardo Tasso, V Orlando innamorato del Bojardo, rifallo dal Berni, Girone il cortese dell'Alamanni, ed altri capolavori dell' epoca cavalleresca italiana, sono i Panorami dell'antica cavalleria.
Al sentimento religioso armato si dovettero le tante famose crociale., le quali potentemente influirono sull'Europa e sul mon- do Cristiano. Il Genio delle Crociate risplende di santa luce nella divina Gerusalemme liberata del gran Torquato, il quale diede al mondo il poema più compiuto, più bello, più perfetto, più sublime che sia mai uscito dal cervello e dal cuore di un grande poeta. Altro nobile omaggio della Musa italiana alla Francia, ai popoli cristiani. Nella Gerusalemme, si vede tutta l'immensa e sublime potenza del sentimento religioso, e tutto ciò che di gene- roso, di grajìde, di eroico, di virtuoso produce negli animi in
84 cui nasce. Molto ebbe a soffrire l'umanità in queste ardile, corag- giose, gigantesche imprese, ma ne risentì quindi grandissimi benefìci.
Dominò il genio militare in'Sesostri, in Ciro, in Semiramide, in Alessandro, Giosuè, Saule, Davide,, Joab, Abner, Giuda Maccabeo, Romolo, Epaminonda. Leonida, Senofonte, Archila, Tirleo, Mil- ziade, Alcibiade, Pirro, Cabria, Temistocle, Agesilao, Focione, Cesare, Pompeo, Siila, Mario, Camillo, Scipione, Anniba'e, Tor- quato, Flamminio, Poliione^ e cento e cento altri capitani della Grecia e di Roma. — In Carlo Magno., co' suoi Paladini, in Tamer- lan, Gengis-Kan, Maometto, nel Medio Evo, in tutta Italia e' Fran- cia, ne' Veneziani, Pisani e Genovesi, in Dandolo, Emo, Zeno, Morosini, in Ferruccio., e cento simili guerrieri di quell'epoca ; in Carlo Quinto., Francesco 1, Enrico IV, Alfonso d'Este, Anton da Leva, Gonzaga, Andrea Doria, Andrea Grilli, nel Marchese del Vasto, nel Duca d'Alba, in Pietro Strozzi, in Medichino., Marc' Anto- nio Colonna, Virginio Orsino^ nei due Farnesi, nel Duca Valen- tino, in De' Marchi, ecc., in Luigi XIV, in Turenha, in Monte- cuccoli, Vauban, ed in altri suoi Marescialli; in Pietro il Grande, in Carlo XII, in Federico II, nella Rivoluzione Francese, in Napo- leone I, in Massena, e negli altri suoi Marescialli; in Carnet, Vaccani, Colletta, inLomonaco,emilIe altri -- In Plutarco, in Corne- lio Nepote, si vede sin dove può giungere il genio delle armi (1). Della lattica militare e dell'arte della fortificazione^ specialmente si occuparono: Vegezio, Polibio, Vitruvio, De' Marchi, Vauban, il Sammicheli, da Ponte e molli altri. — Ne\Y Iliade e nella Geru- salemme domina il genio militare, e si vede quanto Omero ed il Tasso erano forniti di cognizioni nella tattica e nella strategica, e come sempre opera con giustezza il genio guerriero. Il Tasso sarebbe stalo un grande capitano, un grande guerriero, come fu un grande poeta.
La guerra che si termina felicemente dopo rapidi fatti, lascia nelle orme della sua sanguinosa corsa, semi di grandezza; ma se durante troppo lunghi anni, le violenti scosse di un solleva- mento generale, affliggessero l'umanità, desse infrangerebbero le molle dei governi, smorzerebbero il fuoco del genio, e ricondur-
ci) Il generale Colletta, Vaccani, Lomonaco e Lombroso hanno pubblicalo in questi ultimi tempi la Storia delle gesta militari degli Italiani contemporanei
ss
rebbero l'ignoranza de' secoli barbari, la cui ruggine profonda* mente impressa, non può cancellarsi che con la lima del tempo, e con faticosi ed innumerevoli lavori. — Il grande scopo di un governo conservatore è di sapere fare a tempo la guerra e la pace.
CAPITOLO XXI.
Il, GENIO E LE PASSIONI (1).
Le Passioni sono ispiratrici del Genio, e lo pongono in azione; esse favoriscono la sua natura produttrice. Giammai si esprimerà con forza e verità ciò che si sente debolmente. Non mai si parla meglio che quando si è compresi del soggetto che dobbiamo trat- tare. Dalla scelta del soggetto, dall'impressione che produce sulla nostra anima, dipendono lo slancio e lo sviluppo del Ge- nio. — Ed è per ciò che tale scrittore, od autore, con genio e talenti mediocri, e tale altro con genio e talenti superiori, hanno corrisposto in modo sì differente a ciò che da loro si aspettava. Ciò non deve sorprendere, che nulla è più naturale; il primo non ha consultato che il suo cuore, l'altro che la sua mente; l'uno ha preso in sé, ciò che ha scritto o fatto, l'altro lo ha cercato altrove. Quegli sentiva la passione, questi la simulava. — Le grandi cose che interessano e commuovono l'anima, hanno ispi- rato i versi d'Omero, di Virgilio, del Tasso; l'amore ispirò Ovi- dio, Saffo, Tibullo, Petrarca, Racine; l'amore di patria ispirò i bellici versi a Tirtèo : l'odio e la vendetta temprarono lo stile del bilioso e violento Archiloco; l'amore della virtù, l'orrore del vizio, e la più nobile indigna/ione dettarono al coraggioso Gio- venale le sue terribili satire; le stesse passioni, unite alla più ardita ironia, mossero la penna dell' audacissimo Casti; con indi- gnazione e bile pari al satirico d' Aquino, scrisse Gilbert, flagel- li) 11 soggetto di questa dissertazione fu -dato all' autore da sua sorella Virgi- nia, la celeberrima Attrice-Cantante, che la chiese pel suo. Album Artistico-Lel- terario, nel 48£7.
86 landò i (risii del suo secolo; 1' ironia più spiritosa, più pun- gente ispirò l'elegante ed armoniosa Musa del Parini; le dolci, le tenere, le nobili, le generose, le grandi, le eroiche passioni dettarono i musicali versi dell'inimitabile Melaslasio; alla melanco- nia si devono le pagine d Young, di Gray, di Foscolo, di Torli ; in Crébillon, in Otway si scorgono le espressioni delle cupe passioni ; in Alfieri il verso è sempre il linguaggi© delle passioni forti, violenti, grandi, coraggiose, eroiche, terribili; il genio di Shakspeare mosso, invaso da tutte le passioni, le espresse tutte; Dante egualmente, concentrando in sé tutte le passioni, tutte le espresse; il suo sterminato genio ne divenne l'interprete più energico; ma più di tutte le passioni, l'indignazione, la bile, Podio, la vendetta, la più terribile ironia, misero mano, per così dire, al suo maraviglioso poema, sublimalo poscia dal sentimento religioso. Le passioni dominanti dell' Allighieri si potrebbero assomigliare al suo inferno profondo, tenebroso ed ardente. — Il motteggio, la deri- sione, il ridicolo, il sarcasmo, la satira animavano l'estro, il genio di Luciano, di Erasmo, di Swift, di Molière, di Voltaire, di Piron, di Casti, tulli dominati dalle passioni che accesero Diogene e Democrito. — Alle eroiche passioni dobbiamo i canti delia lirica musa di Pindaro, canti che empivano di meraviglia il poeta di Venosa. Il dispetto, la collera, l'indignazione, -il disprezzo, face- vano deporre di quando in quando a Sai vai or Rosa il pennello, per prender la penna, e segnalare quelli che più meritavano il generale biasimo. — L'amore, i piaceri, la voluttà, la tristezza, le sciagure, guidarono la penna incanlatrice del Cigno di Sul- mona. Egli non era fatto per iscrivere secondo gl'impulsi delle passioni più violenti e odiose; i suoi versi furono sempre composti senza fiele, ma il giusto risentimento a cui si abban- donò contro un perfido amico che lo tradiva durante il suo esilio, fece scorrere ad un (ratto dalla sua penna tutto ciò che il furore poetko giammai immaginò di più tremendo; prova sia questa che le passioni sanno fareallri uomini degli slessi uomini. •— L'amore, i piaceri, la dissolutezza, infiammarono e spinsero il genio di Catullo, d' Orazio, di Anacreonte, di Petronio, di Mar- ziale, del Marino., di Voltaire, di Lafontaine, di Casti, del portentoso Ariosto, a produrre versi elegantissimi e di rara bellezza. Nell'Ario- sto, il genio ci presentò tutte le passioni con tizianesco colorilo. La riflessione, la meditazione, la curiosila, V ammirazione, l'os- servazione mossero i! genio di Galileo, e degli altri matematici,
87 agronomi, e dei filosofi. Dante, Boccaccio, Petrarca, Alamanni scrissero animali dall'amor patrio; Dante, Casti, Macchiavelii, mostrano fin dove giunge il coraggio civile; Achille, Cesare, Fer- ruccio furono tipi di coraggio militare; l'ardire, la brama della novità, la curiosità furono gli stimoli de! genio di Colombo; le grandi passioni, le fiere, le sublimi, le terribili guidarono il pen- nello e lo scalpello di Michelangelo; l'amore del beilo, del cele- ste, del divino formarono il genio di Raffaello. L'amor proprio, i' emulazione, l'amor delta gloria, dell' immortalità, l'entusiasmo, l'ambizione, il sentimento religioso, l'amor patrio hanno formato i grandi scrittori, gli artisti, i guerrieri, i filosofi illustri; la bile (movente potentissimo dell'animo nostro), l'invidia, la gelosia, Todio, la collera, la malvagità, la calunnia, il timore, la vendetta hanno anche contribuito aMa creazione di un numero infinito d'opere., le quali hanno naturalmente più onorato l'attività e la versatilità del genio, che il cuore. Le passioni che ingrandi- scono il genio, dovrebbero essere le sole ispiratrici degli uomini, onde fare cose belle, poiché le passioni viziose non hanno in fondo che 1' accecamento e l'ingiustizia. Il loro scopo è la mal- vagità, ne è la debolezza il principio, ed il loro effetto., il tor- bido ed il deviamento. Le passioni ragionevoli solo dovrebbero essere favorevoli al genio, ma sventuratamente ìe passioni odiose e pazze producono lo stesso effetto, colia differenza che ciò che spargono alia luce porta infallibilmente con sé l'impronta del vizio e della stravaganza. La filantropia, 1' amicizia, la giustizia la gratitudine., ¥ amore della verità, delia religione, della patria hanno guidato la penna dei grandi scrittori che ben merita- rono della umanità. Le passioni sono, secondo V uso che se ne fa, vizi, o virtù.
Un autore non iscrive mai con più facilità che quando è pie- no della passione che lo domina; ma non bisogna che ciò sia nel bollore di essa; presentandosi in allora i pensieri con troppa confusione, come in troppo gran numero, il criterio ne rimane abbattuto, e quindi succede che nulla si dice, allorché si crede dir tutto — Le tre più polenti facoltà della natura umana sono: il pensiero, il genio., e la passione; da loro derivano lutti i movimenti delle azioni, dell'immaginazione e dei talenti dell'uomo: l'amor proprio, l'emulazione!, l'invidia, la gelosia, l'ambizione, l'amore, il desiderio della gloria, dell'immortalità, la collera a la vendetta, la cupidigia, il fanatismo, lo spirilo di
88 parlilo, l'amicizia, ia filari! rupia. A colesti motori della macchina umana, potrebbonsi aggiungere la necessità, la povertà, la bile. — La passione è la madre del genio e dell' arte. Elia detta rapidamente espressioni, frasi, immagini, che inutilmente si cer- cherebbero senza di lei. Ma la sterilità succederebbe a codesta fertilità dal momento in cui le si cangerebbe il suo oggetto. — L'abbiamo detto, è la passione che ha operato tutte le maravi- glie, lutti i prodigi che ci colpiscono nelle arti, nella letteratura e nelle scienze. Elia di quando in quando si riposa, e quindi derivano tutte quelle inuguaglianze che si osservano nelle più belle produzioni.
Spesso anch'essa si rianima, scoppia con più violenza, e quindi sorgono quelle parli sublimi , che sono sempre quelle che meno costarono fatica all'autore. Ella è che fa i grandi uomini in tutte le arti, ella è per essi Apollo, le Muse, è la di- vinità qualsiasi che li guida, che li istruisce; ella è la sola che sopravive agli Dei del Parnaso; è ciò che i poeti e gli artisti chiamano l'estro, l'entusiasmo, il demone. — Uno scrittore senza passione nulla può ispirare al suo lettore, né un artista a' suoi spettatori, ed è anche per ciò che essi non devono sperare di commoverli, d' interessarli quantunque possano essere sapienti ed utili le loro opere. L' arte deve seguire la passione e non andarle innanzi; l'arte deve obbedirle, e non comandarle, ella non è fatta per l'arte, l'arte è fatta per essa. La pittura, la scultura, la musica, la declamazione, il ballo, la mimica, senza passione mancano d' anima, di vita, di espressione, di fuoco. — Fa d'uopo conoscere le passioni per dipingerle; quegli che non le ha sentile non le conosce. La passione contribuisce a formare i grandi capitani, egli eroi; ella fa commoventi e patetici gli ora- tori, dà loro facondia e ardenza, li fa regnare sur una mol- titudine che li ascolta; ella creò i Demosteni, i Ciceroni, i Sarpi, i Savonarola, i Bossuet,iMirabea^Ciò che si chiama la complessione, il temperamento, il carattere, è ben altra cosa che quella pas- sione, ia quale dà legge in noi a tutte le altre? In ciascuno di noi, la natura imprime, non solo sopra la mente ed il cuore, ma eziandio sul viso, queila passione dominante, come un suggello, come un segno distintivo, che c'impedisce d' esser confusi con altri, e con ciò e' insegna che noi non siamo atti ad ogni cosa, ma solo a certe cose, e secondo le circostanze.
La passione, il pensiero dominante è quello che ci preoccupa
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lulta la vita. Ella s' impadronisce della nostra mente e ci con- duce in mezzo agli avvenimenti del mondo. Questo è forse il nostro destino! — In Cesare, il pensiero, la passione dominante era 1* ambizione, quella che fa i grandi conquistatori. Egli im- piegò lulta la sua vita per giungere allo scopo che gli prescri- veva questa imperiosa, indomabile, insaziabile passione. — Ciò fu pure la storia morale di Alessandro. — L' immortale gloria che doveva risultare dalla sua Gerusalemme liberala, occupò senza posa il Tasso; il suo pensiero era sempre rivolto all'opera del suo potente ingegno, eh' ei perfezionava, abbelliva, ingran- diva ad ogni istante. — Sono queste le principali passioni che dominano tutte le altre. — Generalmente i poeti drammatici le dipingono ne' monologhi de' loro personaggi, e ciò serve a farli meglio conoscere.
Shakspeare, Metastasi©, Ovidio., ne'suoi poemi, offrono bellis- Lsiiiii esempi di questo genere. - — L'inclinazione, altro nome che si è dato alla passione., è un seguito e gradazione di quella segreta destinazione che la natura fa di ciascun uomo; ella li determina e spesso previene tulle le loro riflessioni; e ne addila loro la carriera; ella vi entra per la prima, ella cammina innanzi loro; — se essi la perdono di vista, se prendono un'altra strada, si affaticano inutilmente, e quasi non mai raggiungono il termine. — Girano e non avanzano, — Se l'uomo studiasse bene le sue inclinazioni,, non si lascerebbe trascinare al male da quelle vi- ziosi*, e seguirebbe quelle che So condurrebbero al bene. In generale, qualunque uomo, il quale conoscendo la sua passione dominante vi si abbandonerà e sceglierà un'arte., che gli sia analoga, non fallirà nella riuscita, poiché egli avrà operato se- condo l'impulso della sua mente e del suo cuore riuniti. — Le passioni alimentano l'anima e sono l'attività dell'esistenza. L'uomo privo di passioni s'intiepidisce, s'agghiaccia, il languore sJ impa- dronisce dell'intiero suo essere; non ha per agire né nervi, né forza, né volontà. Di tal guisa il fuoco, tanto pronto a spargersi, sprovveduto d'alimento, langue e muore sulla cenere. E il giuoco delle passioni che dà al cuore, alla mente un calore attivo, che solo li alimenta e li pone in moto, e imparte loro lo spirilo. Le passioni sono l'origine delle nostre azioni, ed é a loro che il genio va debitore delle opere sue, delle sue scoperte e di tutto ciò che è uscito dal pensiero e dalle mani dell'uomo. L'anima è fatta per sentire; ella dunque vuole essere commossa; l'ina-
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90 zionc è per essa una morte lenta, poiché essa deve al fuoco ed al molo delle passioni quella attività che la caratterizza. Il cuore e la mente sono avidi di forti emozioni; essi amano i grandi avvenimenti, i pericoli, i combattimenti; essi si compiac- ciono allo spettacolo del mare, sur una navicella minacciata dagli scogli, trascinala dalla corrente e vicina ad essere in- ghiottita negli abissi; essi ammirano un uragano, e una tempesta, l'eruzione d'un vulcano. — Hanvi pure anime e menti per le quali l'agitazione, l'inquietudine è un benefìcio, l'ordine una pena. E soffrire., per quelli che vivono della guerra, lo stalo della pace. E una noia, una tristezza, un amore tranquillo, fe- dele che non ha he contrasti, né alternative, e che mai non presenta le risorse delle lagrime o della gelosia. Essi cercano nella storia, ne' romanzi, gli avvenimenti tragici, le grandi scia- gure, l'orrore ed il sangue. Tale è la disposizione dell'anima e della mente di alcune persone, che vi trovano le loro più vive emozioni. L'anima tutto abbellisce; ella ha l'esclusivo privilegio d'attirare a sé tutti i cuori, di trascinassi, di soggiogarli, e far ioro credere e vedere ciò che vuole. I grandi moli dell'anima innalzano l'uomo ad una natura ideale in qualunque classe della socielà ove la sorte lo ha situato, di ciò abbiamo mille esempi, e basta citare quelio di Spartaco e dì Masaniello. Havvi sempre, nel fondo della nostra an ina, qualche cosa di superbo e di generoso, che ne difende contro l'abbiezione, e che ognora ci isospinge verso l'ingrandimento del nostro destino.
Il genio, mosso dal conflitto di passioni diverse, produce nella sua azione, varietà e contrasto di cose. — ■ Onde presentare uno schizzo de' contrasti, delle varietà, delle contraddizioni, che si rimarcano nelle passioni dell'uomo, e che muovono il suo genio, analizzeremo il carattere di alcuni uomini di grande sentire; è ne' grandi scrittoli, ne' grandi artisti che comunemente si svilup- pano con forza le qualità morali e intellettuali, Per esempio ve- diamo in Orazio un uomo pieno di vita, ed una mente vigo- rosa, e nelio stesso tempo inclinala alla indolenza ed alla poltro- neria; predileggeva lo studio e le arti ed il riposo; fu scrittore coraggioso, e guerriero timido; amico tenero, ed incostante ne' suoi affetti; sensibile ad un vero e grande amore, e dissoluto con tulle fé donne; saggio filosofo, ed uomo mondano e volut- tuoso; moderatissimo, amava il vino, la tavola e la crapoìa; re- ligioso, ed incredulo; filantropo, e satirico; serio, e faceto; su-
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hi ime, e prosaico; casto in parecchi suoi scritti, e licenzioso in altri; socratico, platonico, cinico ed epicureo; ei riuniva l'estremo buon senso e capriccio; una mente forte ed un cuore volubile, una immaginazione attiva, ed un'anima infingarda; la modestia e ^am- bizione. Apprezzava la gloria, e teneva in disprezzo i beni mondani ; amava la società., e la solitudine; godeva di tutto, e da nulla dipendeva; da per tutto Orazio, si scorge sensibile ed insensi- bile, forte e debole, costante e volubile; tale ce lo dipingono diversi parti del suo genio, vere espressioni della sua anima.
li grande Venosino fu uno de' più versatili ingegni che abbia mai esistito, ed è per ciò che lo vediamo caro ad Apollo, a Venere, alle Grazie, a Cupido, alle Muse; egli fu tra i lavoriti delia filo- sofia, delle lettere e delle arti; da ciò derivano il suo coraggio nel dolore e nella sventura; la sua indiflerenza per le ricchezze e la prosperità. Nelle auree poesie del Cigno di Venosa, appaiono lutti i contorni più amabili, più variati, più eleganti, più ener- gici dei genio, a cui dà vita e colore un'anima sensibile, buona, affettuosa, ed io pari tempo energica. Tali sono i contrasti, U' differenze che presentano Ja parte morale (le passioni), e la parte intellettuale (il genio) dell'uomo (1).
In Virgilio., le passioni movendo il genio, — la dolcezza, l' urba- nità, la modestia, la bontà, la saviezza, l'affetto, la semplicità, la grazia; — la grandezza, la nobiltà, l'energia, l'elevatezza, la ma- gnificenza, la sublimità, la forza, l'eleganza, la versatilità, l'amore, il belio, la perfezione caratterizzano le creazioni della sua musa. — Gli stessi moventi resero divino il genio di RafiaeSlo. — iJanle e Michelangelo, animati egualmente dalle passioni forti, grandi, sublimi, terribili, poterono col loro sterminato genio spaziare per gì' immensi campi del creato. — Le passioni degli antichi romani dettarono i versi di Lucano e di Corneille. — L'anima più eccentrica formò prima il genio multiforme di Voltaire, Proteo ne' pensieri e nella letteratura. In niun uomo più che nel grande Torquato si vede l'agitarsi delle passioni tutte nell'azione del genio. L'anima ehe tutto sente, che tutto abbraccia, che dà
(1) Nelle epistole, nelle satire, in alcune odi di Orazio, dominano la bontà, la semplicità, l'ingenuità, la franchezza, l'urbanità, l'amicizia, l'amabilità, la grazia, la saviezza, la filosofia, l'amore, ecc; nelle altre odi e nell'Arte poetica si ammi- rano l'energia, il vigore, la forza, la grandezza, lo slancio, 1' elevatezza, la subli- mità, la versatilità, il coraggio, l'ardire, la nobiltà, la perfezione, ecc.
92 forza e sviluppo estremo al genio, e riesce in tulio, si ammira in Dante, Macchiavo Ilo, Giordano Bruno, Fra Paolo Sarpi, Wolf, Leonardo da Vinci, Michelangelo., Benvenuto Cellini, uomini enciclopedici, e che noi chiameremo conquistatori delle arti.
Le passioni adunque imprimono al genio lutti i gradi delia loro forza, della loro potenza, del'a loro focosa energia, della loro espressione., tutte le emozioni, le affezioni, i dolori, i piaceri dell'anima; ed il genio li espone con tulli i modi, colle forme, eoi colori, colla potenza che gli suggeriscono lo studio. l'arte, la scienza ed il buon gusto.
CAPITOLO XXII
GENIO DELLA RELIGIONE.
La Religione è il culto reso alla divinila. Le emozioni che producono ih noi le meraviglie dell'universo e tutte le cose della natura, le quali ci circondano, fanno nascere in noi il senti- mento dell' esistenza dell' autore di lauti prodigi, di un Dio, un Ente Supremo che tutto fa, che lutto muove. Questo profondo e alto sentimento dispone la nostra anima e la dirige verso Iddio, presa da stupore, da meraviglia, da divozione, li primo sentimento dell'uomo situato in mezzo ad oggetti vari, impo- nenti, utili, fu d' innalzare i suoi sguardi verso l'Ente Supremo che li aveva creati , che li dirigeva con un ordine si meravi- glioso. Dopo la maraviglia, l'ammirazione, la contemplazione, egli si sentì mosso da altri sentimenti ; — il malvagio fu preso da spavento; l'insensato dubitò; i' empio bestemmiò; il buono fu penetrato d'amore. — Iddio è Y unica base ove si appog- già la vera e sublime religione. Uno de'grandi adoratori ed ap- prezzatori della creazione, Buffon, dice: « Toule religion fondée sur des opinions humaines est fausse et variante, et il n' ajamais appartenu qu'à Dieu de nous donner la vraie Religion. » La re- ligione non inganna la fiducia che ispira. Il cercarvi conso- lazioni allorché il dolore opprime , o piaceri allorché si pos-
93 seggono virili, è attingere alla sorgente dei prodigi. La religione fa i destini con l'incanto del suo sublime sentimento. — L'irre- ligione è più dispregevole dell' ateismo; — questo è l'errore della mente, l'altro ne è il delitto e l' insolenza. L'ateo non cura, obblia il pubblico, e tutto sacrifica alla sua opinione ; la morte non pose spavento ad alcuni atei. — Lo scandolo della irreli- gione ha una causa affatto opposta. II suo primiero motivo è di occupare il pubblico, e di godere con orgoglio del disprezzo della opinione sua. L' irreligione distrugge le più belle virtù ; man- cando la religione., quale altra base potrà rimpiazzarla affine d'in« Balzare l'uomo a nobile, degno ed onesto scopo delie sue azioni? — Il delirante ateo distrugge per ricostruire , e che mai darà fondamenta all' edificio che tenta d' innalzare. Egli, con mente traviata e cuore perverso mischia profondi raziocini a splendidi errori, però con perfetta cognizione del pericolo di codesto modo di operare sull'umana mente. Le princeathée pourrait èlre le flèau du genre humain. Profonda riflessione dì Voltaire, dettatagli dalla sua coscienza più saggia che il suo ingegno. Egli sapeva benis- simo che chi stoltamente non riconosce un Dio, che ardisce ne- garne l'esistenza, è capace di ogni sfrenata ed iniqua azione. Gli esempi non mancano. Ecco come codesto sceltico filosofo parla della Divinità :
« Toni annonce d'un Dieu l'éternelle cxistence; On ne peut le comprendre, on ne peut l'ignorer. La voix de l'Uri ivers attesterà puissance, Et la voix do nos coeurs dit qu'il Jaut Tadorer. »
« Quoi! le monde est visible, et Dieu scrait cache I »
• Que le sage l'annonce et que les rois le craignent. Rois, si vous m'opprinifiz, si vos grandeurs dédaignent. Les pleurs de l'innocenl que vous faites couler, Mon vengeur est au ciel, apprenez a trembler. .
« L'univers m'embarrasse, et je ne puis songer Que cette horloge existe et n'ait poinrd'horloger.
Je crois pourlant un Dieu, puisqu'il faut vous le dire.
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» Consulte Zoroastro, et Minos et Solon, Et le martyr Socrate, et le grand Ciceroni lls ont adoré lous un maitre, un jugc, un pére. Ce sy stèrne sublime à l'homme est nécessaire. Cesi le sacre lien de la société, Le premier fondement de la sainte équité, Le frein du scélérat, l'espérance du juste.
Si les cieux, dépouillés de son empreinte auguste, Pouvaient cesser jamais de le manifesler, Si Dieu n'existait pas, il faudrait l'lnventer.»
L'empio giunge alla pazzia con i suoi pensieri , ed alia fero- cia colie sue azioni.
La religione ha un assai maggiore potere sulla mente umana che se ne persuade, di quello che abbia la filosofia: ed essa ci fa meglio soffrire le vicende della fortuna, e i dolori e le infer- mità annesse allo slato umano.
L'ignoranza del vero Dio, è il maggior danno di un governo. Distruggere la Religione è uno scuotere da' fondamenti tutta l'umana società. Ogni ben regolato governo deve ad unque riguar- dare gì' increduli, gli atei, come suoi nemici. Gli antichi legis- latori e filosofi su questa santa verità basarono le leggi della morale e della politica.
Veri Dei ignoralio est summa omnium Rerum -- Publicarum peslis. Itaque omnis iiumaiMB societatis. fundamcnlum convelliti qui Religioncm, convelli!. - Platone.
Iddio è la fonte della giustizia, della virtù, della morale, ed offre i mezzi di essere buono e felice. Ogni potere ben regolato ci viene da Lui;
Omnis poleslas a Deo ordinala est.
S. Paolo.
Invece, ogni potere sregolata non viene da Dio, ed è evidente- mente l'opera di uomini corrotti, per cui è da considerarsi come una usurpazione manifesta, una vera tirannide che Iddio deve riprovare, e che non si potrebbe, senza bestemmia, rivestire delia sua autorità. La religione infonde spirito a tutto. Ella è come l'anima del corpo politico; ed è un freno che ferma il popolo^ e modera 1' autorità dei sovrano. Chi attenta alla me-
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desima, distrugge la prima e la niigHor costituzione del Regno ; — e ciò avvenne più voUe, come si legge nella storia.
Omnia Religione moventur.
Cicerone.
Non havvi veri diritti che quelli stabiliti sopra la giustizia; né havvi autorità giusta che quella che è di vantaggio alla so- cietà. Iddio essendo considerato come il tipo della giustizia, non può conferire che diritti conformi all'equità , al benessere della vita sociale. Donde ne viene che i diritti che si chiamano divini, o derivati da Dio, non ponno giammai essere contrari alla pub- blica felicità.
I Romani avevano per massima che la Religione deve essere preferita a tutto, e che ne!le più grandi estremità ella dee pren- der posto al disopra di ciò che noi abbiamo di più raro; ella sola ci consola, e' incoraggisce., ci off-e uno appoggio, ci dà spe- ranza. Valerio Massimo: Omnia namque post Religionem ponenda, semper nostra Civitas duxit. Gli eserciti non muovevano al ne- mico che dopo avere prima invocato con ferventi e solenni preci l'aiuto degli Dei. Il grande oratore romano, attribuiva i felici successi delle armi della sua patria, più alla divozione de' guer- rieri che al loro coraggio Noi, die' egli, abbiam soggiogale le na- zioni piuttosto con la pietà e con la Religione, che col valore, e con la politica Non caliiditate, ani robore, sed pietate, ac Reli- gione omnes gentcs, natìonesque superavimus. — - Cicerone incul- cava con coscienza codesto grande principio, di cui conosceva 1' onnipotenza, al popolo ed ai legislatori di Roma. Orazio, an- ch'esso apprezzatola di ogni cosa e grande filosofo, del mede- simo rispello per là Religione rifondeva nel disprezzo di essa lutti i mai che affliggevano nel suo tempo l'impero. O Romani, esclamava egli con energica eloquenza, voi porterete la pena de' vostri Padri, finché non rialzerete i templi], e gli altari ca- duti, e non rinnoverete le sagre statue, che il tempo ha sfigu- rate. Se voi siete padroni del mondo, ciò è stalo per la vostra sommissione agli Deij dopo che essi sono veduti disprezzali da voi, hanno afflitta l3 Italia con una infinità di mali (1). Parole
(\) « D elicla majorum immeritus lues,
Romane, doncc, tempia refeceris, /Edesque labenles Deorum, ci Faldata nigro simulacra fumo. Di multa noglecti dederunt Hesperises mala luctuos». »
96 rimarchevolissime e piene di senno. — il pirimo dovere di un buon sovrano, dice Senofonte, è di ristabilire il cullo divino, s'egli è decaduto; e di veglare alla sua conservazione quando vi è già stabilito (1), Ciò fu praticato da tutti i legislatori, da' migliori politici, da' conquistatori di senno. Questo fu messo in pratica da Napoleone dopo la tremenda epoca rivoluzionaria francese, appena giunto al supremo comando. Fénélon, con bei esempi, nel suo Telemaco, che potrebbe essere il vademecum de' Principi, e di tutti quegii destinati a governare le nazioni,, insiste ognora a consacrare il culto della Religione ed a riconoscere nell'Ente Supremo il volere di ogni cosa. Filangieri, Genovesi, G.G.Rous- seau fecero di queste sante verità cardini alla teoria delle loro scienze politiche. — Un popolo religioso è sempre onesto, giusto, umano ed è sempre fedele al saggio Governo che lo di- rige. — Platone, nella sua Republica, prescrive al saggio Prin- cipe, di bandire dal suo Regno ogni libro empio, e dannoso aìCiiie di preservare i cittadini dalia seduzione.
« Omnes libri vani, aut in Dcum blasphemi a bonD Principe lollendi. •
Pelilio Pretore fece abbruciare in Roma alla presenza del popolo alcuni libri greci, che miravano a distruggere la Religione. Gli antichi nulla soffrivano., che potesse distogliere il popolo dal culto divino (2).
In un governo ben regolato non debbono tollerarsi le perico- lose dispute contro Iddio, e la sua Provvidenza, essendo cosa malvagia il mettere controversia contro !a divinità, o seriamente si faccia, o bernescamente, il timore d'Iddio è l'appoggio più fermo deli' equità. Così pensavano gli antichi sebbene pagani, e questa grande verità fu subii inamente espressa da Pittagora, da Socrate, da Epitleto, da Marco Aurelio, da Seneca, da Platone di cui citiamo le parole: Nequaquam in Republica bene morata tolerandce vel dispulationes ispce contra Deum, et ejns providen- tianij sive id ex animo fiat„sive simulate. — Firmamentum cequi- tatis est Dei metus.
(1) • Est boni Ragis in primis divini cultus constituendi, et conslituti coer- eendi curam haberc. »
(2) « Greeeos libros, qui ad solvendum Religionem pcrtinero exislimabanlur L. Petilius ex auctoritate Senatus per victimarrios igne facto in conspectupopuli cre- mavit. Nolverunt enim prisci Viri quicquam in hac asservari Civitate, quo ani- mi nominimi a divino cultu avocarenlur. » Valerio Massimo.
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Plinio il giovane dice, nel suo celebre Panegirico a Trajano : Gli uomini non faranno mai alcuna intrapresa con saviezza, e con buon successo, senza i lumi ed il soccorso d' Iddio, quindi la preghiera deve precedere lutle le nostre azioni (1).
De' prosperi avvenimenti non è ministro che il cullo, e la pietà verso Iddio ; siccome la cagione delle privale e delle pub- bliche calamità non è che il disprezzo e la irriverenza dell'Es- sere Supremo. Ciò è detto dal grande Tito Livio: Omnia prò- spera eveniunt sequentibus deos; adoersa aiilv.m spernentibus. — - Tale origine degli umani eventi era insegnala dalla sacra musa di Orfeo, Lino, Musro, Omero, Es;odo, Virgilio a1 popoli dell'an- tichità.
La Religione pagana esigeva un grande rispetto da quelli che volevano partecipare de' suoi misteri. Approssimatevi a Dio con purità, diceva ella, tenete custodia della pietà, ritiratevi dalle ricchezze e dal lusso. Che se alcuno ardirà comportarsi altri - mente, sarà punito dalla Divinità (2). 1 ministri degli altari deb- bono essere gl'interpreti delle intenzioni divine; Iddio vuole che dessi annunciano a' popoli i doveri eh' Egli impone a lutti gli uomini, e Dio non pretende che i suoi ministri ne sieno esenti. — Da codesti principj che ragionevolmente non si ponno contestare, i sacerdoti, non solo non sono legati dagli stessi do- veri che obbligano gli altri cittadini, ma dippiù sono, per la loro condizione, più strettamente tentiti di adempirli. Va sacer- dote senza costumi sarebbe un ministro ribelle alla divinità, che gli prescrive le regole della morale eh' ci deve predicare a tutti gli uomini. Diciamolo in una sola parola; secondo i principi di ogni Religione legala con la morale, ogni sacerdote ingiusto e perverso, ogni sacerdote turbulento o indocile alle giuste leggi del suo paese, ogni sacerdote ingrato o orgoglioso, che si rifiu- terebbe a soccorrere la sua patria, e di essere utile ai suoi con- cittadini, sarebbe un prevaricatore, un ministro infedele, un tra- ditore del suo Dio, e potrebbe essere sospettato di non avere religione, di non riconoscere autorità divina.
La religione di Cristo, da lungo tempo adottata da tutte le nazioni europee, è divisa in più sette, le quali tutte si accor-
(1) • Nitrii rite, nihilque prudontor auspicantur homincs sine Dei immorlalis opc, et Consilio: itaque rerum agcndarum iniliu a precationibus sunt capicnda »
(2) «Ad Divos adeunto caste; pietatem tenenlo, opes amovalo. Si quis secus faxit, Deus ipse vindex. »
2 13
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dano a fondare Sa sua preeminenza e la divinila delia sua origine sovra !a bellezza della sua morale, sovra i vantaggi che dessa procura alla vita sociale, sovra gli effetti che produce ne' costumi dei cittadini, sovra la virtù che semina nelle famiglie. In tal modo questa celeste legislazione fonda i suoi titoli sovra l'eccel- lenza della dottrina elvella annunzia; quindi dobbiamo conchiudere che una legislazione veramente morale e giusta è una legisla- zione divina e religiosa, e che per conseguenza ella ha diritto di comandare ai ministri della religione come a (ulti i cittadini. — Tanto che le umane leggi sono giuste, esse devono essere supposte conforme alle leggi divine: è obedire a Dio, i' obedire a queste leggi. — Allorché il Cristianesimo dichiara che meglio è obedire a Iddio, che agii uomini, egli insegna unicamente che vale meglio obedire a leggi giuste . che a leggi tiranni- che, le quali sono l'opera dell' ingiustizia desi? uomini Quando ì ministri della Religione , per scusarsi di obedire ad alcune leggi umane, dicono che è meglio obedire a Dio, che agli uo- mini , eglino indicalo con questa -massima che la legge degli uomini non può ordinare che ciò che è giusto; che non si debba obedire ad ingiuste leggi; che ogni cristiano è obbligalo di resi- stere alle volontà di un tiranno, perchè le umane volontà sono allora ingiuste, e conseguentemente opposte alle volontà che si suppone alla Divinità.
Queste semplicissime riflessioni ci provano , che realmente non può esservi due regole o due legislazioni opposte in uno stato cristiano saviamente costituito. Subito che le leggi umane sono giuste, esse devono essere considerate come divine dai di- scepoli di una religione ehq fa emanare ogni giustizia dalia Divi- nità. Ma da un'altra parte ogni ingiusla legislazione, cioè a dire, opposta al pubblico bene, non può essere riputata divina; ella non può essere che l'opera dell' impostura umana, dell'interesse particolare contrario all'interesse generale, a cui tulli gli ordini dello slato sono obbligali di concorrere affine di conformarsi alle divine viste. — La giurisprudenza che fra le nazioni cristiane si chiama ecclesiastica, o il diritto canone, non può essere contra- ria alla giustizia, alla morale, al bene della società; poiché allora non sarebbe emanata da Dio, che non approva l'ingiustizia ed il male morale, che non può volere che i suoi minislri sieno inu- tili o nuocevoii al'a patria loro, che vuole che il sacerdote sia un buon cittadino, che insegni la virtù co'suoi costumi e le sue
99 lezioni , che inspiri i' orrore dei vizio , che soccorra il pove- ro., che consoli l'afflitto, che curi Y ammalato, che si distingua particolarmente colla sua umiltà, la sua moderazione, la sua tempe- ranza, la sua purezza, il suo disprezzo per le ricchezze, il suo zelo ptr i buoni costumi, il suo umore pacificò e pieno di dolcezza. Quindi si vede che-i doveri che la legge divina impone ai mini- stri della religione sono esattamente gli stessi che la morale universale prescrive a tutti i membri della società; che questa legge non sarebbe divina se dessa contradicesse questa morale, falla per giudicare la condotta dei preti, e per decidere dell'utilità e dell'equità del diritto canone, delle immunità, delle prero- gative, dei privilegi, in somma, degli avantaggi dei quali le nazioni fanno godere il clero.
Il genio del Vangelo, del Cristianesimo dettò gli aurei scritti di s. Girolamo, s. Tommaso d'Aquino, s. Cipriano, s. Ambrogio, s. Agostino s. Gio. Crisostomo, s. Leone Magno, s. Gregorio Ma- gno, sant'Andrea Cretese, s. Bernardo, sani' Eucherio, s. Cirillo, san Francesco Zaverio, san Tomaso Scoto, s. Francesco di gaìèsj san Filippo Neri , san Carlo Borromeo, santa Teresa, santa Ca- terina da Siena; dei beati Liguori, Leonardo da Porto Maurizio, Yen. Palafax, Corsone, del card. Bellarmino, di Diodati., Passavano, del card. Gerdil, di Viesm'onzio, Bartoli, Bossaet., jYIascaron, Miche- liè* Scupolij Diotallevi, Salazar, Lailemand, Segneri, Maboul, Pel" legrlni, Giullari, Marchetti, Roberti-, Turchi, Venieri, Savonarola, De la ìvue, Paolo Sarpi, Bourdaloue, Fléehier, Massillon. Biosioij" Granala, Cesari, Ventura, Barbieri, Lamennais, Calmét, Saev, Mar ti ni , Land ,- e ce. . « t
Padri della Chiesa : saul'lrt'iio, i due Ilario, Gregorio tauma- turgo, Vincenzo di Levine, Osio, Geuiodio , Isidoro, Massimo ., san Prospero, sant'Anselmo^ - sant'Atanasio 3 san Basilio Nazian- zeno, sari Donisio^ Nemesio, san Bonaventura, TeodoreU.o. Euse- santildefonso; Iìduino, san Clemente d'Alessandria, san Donato, san ! io, san Gregorio di Tours, Beda, Niceforo, Inemare,
Elia dei Pkì, .Anastasio, . s. Filiberto, s. Pietro Damiano,' Mau- rino, Trilemo, Sisto da Siena, Teodoro, Lattanzio, Sosomeno. Ruf- fino, Gassiodoro, Simmaco, Boezio, Possovin, Labbe, Montano; Ter- tulliano, Origene, Pon'irio, Celso, Giuliano, Alenilo, Eginardo, ecc.
Primi scrittori sacri: — Mosè, Salomone, Davide, Isaia, Gere- mia, Giobbe , 'ecc. — san Matteo . san Giovanni . san Marco, san Luca, san Paolo Quanta melalisica, sapienza, eloquenza, sen- tunento religioso in tulli questi illustri teologi!
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A questo specchio di antica civiltà europea, pensiero del si- gnor L. Corsi, aggiungiamo i nomi di Giordano Bruno, di Ber- nardo Telesio, di Niccolò Maccbiavelii, di Giambattista Vico, e di s. Tommaso d' Aquino, uomini il cui genio sublime e domi- natore, immensamente influì sulle generazioni de' loro tempi, sulla società, sull'incivilimento, sulle scienze, e contribuì al per- fezionamento che vediamo in tutto l'operare dell'uomo morale e intellettuale.
Il precursore dei più celebri filosofi moderni, quello che pre- senti le loro dottrine e le loro scoperte, Giordano Bruno, cele- berrimo filosofo, nacque a Nola, nel regno di Napoli, il 17 feb- braio 1549, e morì a Roma nel 1600. Quattro anni dopo, nacque a Pisa Galileo; entrambi egualmente grandi e sfortunali, ma orribile fu la morte del filosofo nolano. Giordano fu il primo che dichiarossi contro la filosofia aristotelica, i sogni dei peripate- tici, quindi si videro nelle sue profonde e sublimi opere i germi di tutte le cognizioni, delle opinioni, delle invenzioni, dei sistemi che si sono insegnati e pubblicati dopo di lui , come sarebbe- ro: i Vortici di Cartesio, ed i Globi che girano intorno al loro centro, gii Atomi di Gassendi , l'Ottimismo di Leibnizio, il si- stema di Copernico, alcune delle teorie di Francesco Bacone, ed altri sludi sulla Fisica, la Metafisica, e la Morale. Italiani! Italiani! — Gli storici della scienza non saprebbero bastante- meute encomiare questo grande ingegno precursore della mo- derna filosofia , il quale, morto in età ancora giovane, ha la- scialo opere il cui merito e numero sono prodigiosi. Egli fu cer- tamente il primo maestro di lutti, ed il più celebre filosofo del secolo XVI.
Seguace della filosofia di Platone, e dotato d'un immenso spirito indagatore, svestì l'abito da monaco domenichino. e perseguitato dall'inquisizione, esulò in Inghilterra, in Francia e in Germania, ove ebbe più largo campo a disputare coi dotti in argomenti religiosi e filosofici, e a svolgere le sue dottrine dalla cattedra In queste contrade ove molto si studiava e si cercava, il Bruno fece grande sensazione; sorprese, fu ammirato, persuase e trasse seco i primi dotti, e ne fece suoi seguaci, illuminandoli di nuova luce. Nulla di più impo- nente, di più energico, che i suoi profondi e sublimi ragionamenti. Spinosa, come Leibnitz, Cartesio ed altri grandi filosofi, ebbero da GiordanoBruno la spirila e la direzione nelle loro investigazioni e teorie filosofiche. —Tratto dall'amore del natio paese ritornò in
10^ Italia; ma per tranello consegnato al Santo Ufficio, fu dopo due anni di prigionia, bruciato vivo in Roma siccome eretico. A questo contribuì lo essersi fatto luterano. La sventura dell' im- mortale Giordano Bruno, fu grande quanto il suo genio (1).
Bernardo Telesio nacque a Cosenza nel regno di Napoli, nel- 1' anuo 1588. Egli fu uno dei più celebri ristoratori della filo- sofia. Aristotile dominava allora tirannicamente in tutte le scuo- le, e Telesio meditava in silenzio l'idea della guerra ch'ei vo- leva movere ai filosofo di Stagira. Studiò la fisica e le ma- tematiche nella celebre Università di Padova da cui usci sì gran numero di dotti ed insigni scrittori. Narrasi che rifiutò un arci- vescovado per non essere distolto dalla sua impresa; — agì da vero filosofo. — Oppose dottrina a dottrina, e colla diffusione del suo sistema cessò in parte il gioco Aristotelico per tanto tempo sostenuto. Coraggioso nel campo della scienza, si lasciò vincere dai dolori morali per la perdita della moglie e di due suoi figli. Ecco l'uomo! — Egli morì a Cosenza.
Niccolò Machiavelli, ingegno universale, profondo, sublime, unico, la cui influenza nel XV secolo fu grandissima in tutto il mondo, e giammai cesserà. Egli è il gran maestro nell'arte del governare e nella politica, storico al pari di Tacito, e publicisla insigne. Fu pure letterato, poeta, filosofo, scienziato di grandis- simo merito, ed insegnò le arti della pace e della guerra. Gloria di Firenze sua patria, dell'Italia, e dell'umano ingegno. Tutto egli possedette, per essere il dominatore della sua epoca. (1469-1547). — Il segretario della repubblica fiorentina mostrò tanto nella sua vita privata quanto nella pubblica, ottime qualità e virtù che lo fecero amare, stimare, come i suoi prodigiosi talenti lo facevano ammirare. Nato in tempi turbolenti, sedette nella magistratura dei Dieci, ond'ebbe il soprannome di Segretario fiorentino. Àvver-
(1) Libri di Giordano Bruno divenati rarissimi: Spaccio della bestia trion - fante. Parigi 1584, in 8." — Libro ateistico ma rarissimo; l'autore di esso fu bruciato in effìgie. Così l'editore.
Degli eroici furori. Parigi, per Antonio Bajo, 1585, in 8.*
Cabala del cavallo pegaseo, con l'aggiunta dell' 'Asino cillenico. Parigi» per Antonio Bajo, 1585. in 8°.
Dell'infinito universo e mondi. Venezia, 1584, in 8.°
La cena delle ceneri. Parigi, 1584, in 8.°
Il candelaio, commedia. Parigi 1582 in 8.* - Queste opere furono da me vedute solo in Parigi ed in Londra.
103
so alla licenza come alla tirannide, a Savonarola come ai Medici, fu allontanalo dai pubblici affari, e da uomo d'azione diventò uomo di lettere. Le sue principali e più stupende opere sono: il suo famosissimo libro del Principe, i Discorsi sulla prima Decade di Tito Livio, quello sull'arte della guerra, e le Storie fiorentine;
— poi, drammi, poesie, ecc. Queste opere furono scritte nella solitudine campestre, ove visse poveramente; alcune delle quali furono interpolale in senso contrario dai critici suoi ; anche questo genio sterminato ebbe molto a soffrire dagli uomini. Nic- colò Macchiavelli e Fra Paolo Sarpi furono nella storia e nella politica, di una profondità che reca stupore.
Giambattista Vico, onore e splendore della filosofia., nacque in Napoli, sede de' forti studi, nel 1670, e morì nel 1730. Non crediamo che avvi chi superi in capacità ed estensione di mente questo sommo filosofo e letterato. — Quanto il Vico sia profondo nella scienza e sublime ne' pensamenti, lo dimostra la sua cele- bre ed immortale opera: Principii di scienza nuova d'intorno alla comune natura delle nazioni j — - ove lo spirilo di ricerca, di penetrazione, di analisi, di analogia è portato al sommo grado. Questa vastissima opera è scritta, come alcuno disse, con profon- dità di oracolo. E sempre sostenuta dalle più sane e migliori dottrine, da ragionatissima giurisprudenza, da un sapere che mai fallisce, che mai inganna, di una nuova e robusta metafisica, da una logica cui nulla resiste., da una erudizione e cognizioni uni- versali, da uno infinito numero di nuove osservazioni e scoperte.
— Considerando la tempra del genio del Vico, ed il corredo del suo sapere, con ragione di lui si disse eh' egli era il Dante deJ moderni filosofi. La stupenda opera della Scienza nuova può somministrare materie a comporre cento volumi. Le più belle idee sono quelle che più ne producano; ii miglior libro è quello che ne produce degli altri. — - Immensa è stata l'influenza del genio di Vico, suìrincivilimenlo, sulla società, sul mondo morale.
— Romagnosi non si saziava di studiare e di ammirare la grande opera del filosofo napolitano.
.... Romagnosi, smisurato cranio Onde a torme l'idee chiedenti il giorno Sg-orgàr giganti e nuove .... »
L'autore di questi versi., l'elegante, il forbito, lo spiritoso Giù
104 .
iio liberti, elle Sembrò ereditare dalla lira del Perini, cosi parla del semàio Vico :
« Che nella notte de' suoi tempi un faro Scoverto a ciechi nauti, il pianto sparse Del genio non compreso, e trasvolando il secol tardo, ai posteri rivela Tra le tenebre il balenato Vero.
Mausoleo d'entrambi, o Italia, è il mondo ; E i tuoi, cui spenta è utilità d'.'esempio, Disdegnan marmi, che non fere il senso De'superstiti onor d'urna profuso Sì al vii che al grande: e oh! venga il dì che sciolti I frementi inni miei per te non fièno Come l'ultimo addio di gemebonde Memori trombe e d'irruenti sparì All'orecchio ed al cor di traboccalo Prode sotterra! Ue'lnoi (ìenj allora La vita pria non soffrirai che incude Sia di fortuna, indi dal vii distinte, Fiamma ai nepoti, eleverai le tombe.
S. Tommaso d'Aquino, nacque nel 1226. Egli fu il più profon- do, il più giudizioso, ed il più chiaro di lutti gli scolastici. Venne sopranominato il Dottore angelico, o angelo della scuola. L'o- pera sua principale, Summa Theologìca, conserverà sempre tuKa quell'altissima stima die ebbe da principio, e che merita giu- stamente, li' illustre Erasmo, universale nella scienza e dolalo di grande ingegno, chiamò san Tommaso d' Aquino il più dolio nomo del suo secolo, e tale a cui ninno de3 moderni teologi puossi agguagliare né per diligenza, né per ingegno 3 né per eru- dizione Questo encomio di Erasmo non è sospetto. — li più grande teologo e filosofo del medio evo, e che venne a tale ri- nomanza che ebbe per eccellenza il glorioso titolo, come abbiamo già detto, di angelo della scuola, non doveva immensamente influire sull'epoca, e farsela, per cosi dire, discepola? S. Tom- maso è forse il più celebre dottore della Chiesa, e lasciò gran numero d'open in cui i nostri moderni teologi trovano im arsenale completo di argomenti. Le sue virlù ed i suoi rari la- lenti lo posero in gran favore presso san Luigi. 1226-1274(1).
{{) Dante nacque nel 42G!>. Egli può anche essere considerato come un grande teologo.
105
Questo santissimo e dottissimo uomo mori aia Badia «li Fossa Nuova, iiK'fìlr'egli andava al concilio di Lione; fallo avvelenare, secondo Dante, da Carlo d' Angiò re di Puglia, uomo di scelle- rati costumi, il quale temeva che da Tommaso fossero sco- perte e processate le sue malvagie opere. (V. come l'Allighieri ne scrive nel Purgatorio e nel Paradiso.)
Quanto l'età nostra deve ai lavori, alle scoppile, alle inven- zioni, al genio dell'immortale Volta!
IO-
INDICE
SVILUPPO E PROGRESSO DEL GENIO.
Capitolo l.
III. IV. V. VI. VII. Vili.
IX.
X.
XI.
XII.
XIII.
XIV.
XV.
XVI.
XVII.
XVIII.
XIX.
XX
XXL
XXII
XXIIL
Slancio del genio Pag.
Il genio della Società
Genio della Società, del Commercio e delle Arti
L'Agricoltura
Commercio e Industria
Genio della Legislaziono .
Genio dell'Educazione
Genio delle Matematiche , dell'Astronomia, della scienze Fisiche
Genio meccanico -— Globi areoslatici — Dedalo
Genio dei viaggi
Genio delle Lettere . . . . .
Genio dell' Enciclopedia
Genio della Poesia
Genio drammatico
Genio della Mitologia
Genio delle Belle Arti
Del sentimento religioso nelle opere del genio
Genio delle Arti imitatrici ....
// genio del Ballo , delta Mimica, della Coreografia, dei Balli pantomimici, delle Danze, dell' arte Drammatica applicata al Ballo in relazione con le altre arti . •
Genio delle armi •
// genio e le passioni ....-..»
Genio della Religione »
/ sette piedestalli morali del mondo antico formanti im- basamento al moderno e disposti per ordine ecc. .
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48 21 26 29 30 35
38 45 47 54 58 60 63 66 69 73 75
86 80 85 92
100
x.
ALTRE OPERE DELLO STESSO AUTORE
Manuel compie* de la Danse, comprenant l'origine et les progrès de la danse , et une description des danses nationales ; — La Théorie de la danse théàtrale ; — Un traité de pantomime ; — Un traité de la composition des ballets et de la chorégraphie , -- Un recueil de programmes de ballets ; — Un traité de la danse de société ; — Une dissertation sur l'analogie qui existe cntre la danse et les beaux-arts. Ouvrage orné d'un grand nombre de Figures et de Musique. — Paris, à la Librairie encyclopédique, 1830.
The Code of Terpslehos'e (with engravingsj. London, 1829.
Code de la Pause (avec planches et musique). Paris, 1830.
Traile de la Danse de» Ville. Paris, Londres, Milan.
Studi sulle Arti Imitatrici, (il Disegno, la Pittura, la Scultura, l'Incisione, la Poesia, l'Eloquenza, la Musica, la Declamazione, l'Architettura e l'arte Dram- matica). Milano, 1844.
Biografia di Fuseli. Genova.
Biografia di Raffaello. Milano.
Biografia di Pergoiesi. Genova, Milano, Napoli.
Biografia di Garriek, di Tibullo, Catullo, Properzio, Oliviero di Serres. Milano.
Curiosità dell'antico Teatro Busso e Cenni sul moderno* Torino.
Dello stato attuale del Balio, della Mimica e della Coreografia. Torino,
— Lo stesso tradotto in francese e pubblicato ne\V Europe artiste, Paris.
Amalia Ferraris. Un fenomeno artistico. Torino.
Rise, Progress, Declive and Revival of Dancing. London.
The Origine, Progress, and Presesat State ef the Imperiai and Rovai Acadeniy of dancing ai Miiaa. London.
Della Musica Drammatica taiiana in Francia e della Musica Francese dal secolo X¥1I sino ai principio del secoSo XIX (fl8«0) — Sunto Storico Biografico. Milano, 1841.
Traité Flémentaire, Théorique et Pratique de l'Art de la Danse, ouvrage orné de Planches. Milan, 1830.
Notes upon Dancing, Historical and Practical. London, 1847.
£>el carattere della Musica sacra e del sentimento religioso* Milano 1855.
Memoria di Virginia De Rlasis. Milano 1853.
Biografia di Annunziata Ramaccini De Blasis, artista coreografica.
Programmes de Ballets. Paris, 1830 ; London, 1847.
Prospetto di un grande trattato di Pantomima naturale e Pan- tomima teatrale. Milano, 1841.
In corso di stampa: DIiaULA STORIA M DELL'ARTE: DEL DALLO
DAI TEMPI PIÙ REMOTI SINO ALL'EPOCA NOSTRA.
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PiMTEO^ ** * ^afìa Universale degli Uomini Illustri
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